CASSOLI (Cassola, de Cassolis, de Casolis, de Caxolis, Cazola, Philippus de Regio, Filippo di Reggio), Filippo
Di nobile famiglia, figlio di Giacomo (Iacopo), nacque a Reggio Emilia nei primi anni del sec. XIV: con tutta ptobabilità non oltre il secondo decennio, se si vuole accettare la sua identificazione con il Filippo Cazola che compare tra i giuristi cui fu affidata nel 1348 la revisione degli statuti di Milano, per volere di Luchino Visconti. Già validamente e ripetutamente confutata l'ipotesi di una sua nascita piacentina, asserita da Antonio da Ripalta, cui contraddice in modo palese l'appellazione d'origine, costante nei documenti.
In base all'attuale conoscenza di fonti, in particolare degli elenchi di studenti di discipline giuridiche di città italiane finora pubblicati, non è dato di sapere presso quale università, presumibilmente padana, studiò diritto conseguendo il dottorato. Si può solo ricordare che, negli anni in cui il C. completò la sua istruzione, a Reggio fioriva uno Studio di una certa rinomanza; Bologna ancora deteneva il primato, e alcune città del Veneto, della Lombardia e dell'Emilia-Romagna non molto distanti da Reggio, erano sede di scuole di diritto più o meno celebri.
La sopra ricordata inclusione del C., nel 1348, fra gli undici membri della commissione che doveva rivedere gli statuti milanesi del 1330, sempre che possa essere accettata, è il più risalente dei dati biografici cronologicamente determinati a lui relativi, e lo mostra già operante nella sfera della corte viscontea, di cui tuttavia pare divenire assiduo solo parecchi anni dopo. Essa comproverebbe che fin dal 1348 il C. godeva di quella buona fama come consulente per cui venne sempre celebrato da contemporanei e posteri; ma che trova un esiguo riscontro nelle comunissime raccolte di consilia pervenuteci, dal momento che del C. se ne trovano citati per intero non più di due e altrettanti sono ricordati, inframmezzati a quelli del perugino Baldo degli Ubaldi.
A dire del Diplovataccio, che scriveva poco più di un secolo dopo la morte del C., le opere di questo giurista sarebbero state abbastanza numerose, ma già divenute irreperibili ai suoi tempi. Oggi se ne conosce una sola, brevissima opera, la Repetitiode testamentis, pubblicata la prima volta a Pavia nel 1496, per i tipi di Michele Garaldo e Giovanni Andrea da Bosco, in un in folio assai raro che contiene anche il De alienatione muliebri di Cristoforo Casfiglioni (per un certo periodo erroneamente attribuito al C.); inserita poi in più vasti trattati come la Raccolta di trattati sulle successioni, Venetiis 1570, e il Tractatus universi iuris, Venetiis 1584.
Dal 1363 il C. dimorò certamente a Padova, dapprima in contrada S. Antonio, poi in contrada S. Margherita. Nei documenti relativi a quegli anni è qualificato "doctor legum" e come tale appare inserito nella matricola dei Collegio dei dottori giuristi compilata per il periodo 1349-1382, senza indicazione degli estremi cronologici delle singole aggregazioni. Trattandosi di un forestiero per il quale l'ascrizione al Collegio era possibile solo nel caso che fosse anche lettore nello Studio patavino, il Gloria asserì che il C. dovette insegnare a Padova in tali anni; ma tale affermazione contrasta con la testimonianza di Paolo di Castro, legato al C. dalla diuturna consuetudine della vita universitaria, il quale afferma espressamente che il C. iniziò il proprio insegnamento a Pavia.
Allo Studio pavese il C. fu chiamato da Galeazzo II Visconti che, ottenuto nel 1361 l'ambitissimo diploma imperiale, attese negli anni successivi alla sua organizzazione chiamandovi ad insegnare uomini di chiara fama, la cui rinomanza era destinata ad attrarre allievi nel maggior numero possibile. La presenza del C. come lettore a Pavia è documentata dall'aprile del 1374 ed è quindi lecito anticipare il suo ingresso agli ultimi mesi del 1373, in coincidenza con l'inizio dell'anno scolastico; essa non segna necessariamente l'esordio del C. a Pavia, che si vorrebbe da taluni anteriore, ma certo non di molto al 1370, anno intorno al quale (a quanto sappiamo nonostante la lacunosità delle fonti per i primi anni di vita dello Studio) l'università cominciò veramente a funzionare. Fin dal primo atto universitario nel quale è nominato, il conferimento della laurea in diritto civile ad Antonio Miglio di Cremona (28 maggio 1374), il C. è riconosciuto "doctor legum famosissimus", qualifica non priva di contenuto, dal momento che trova poi sempre riscontro in una effettiva preminenza, attestata dall'essere quasi sempre nominato per primo in una pluralità di professori nonché dall'ammontare del suo stipendio mensile, 213 lire oltre ai soldi e ai denari (dato relativo agli anni 1389 e 1391), rispetto a quelli degli altri lettori, talora famosi, che oscillano da un minimo di 8 ad un massimo di 80 lire. Lettore del Codice giustinianeo, egli appare, dal 1374 fino alla morte, regolarmente assiduo dello Studio pavese, allontanandosene (ma del tutto solo nel 1379, 1384 e 1389-90, anni per i quali non è attestata alcuna sua attività universitaria a Pavia) per adempiere a uffici diversi, per lo più di natura diplomatica, o comunque di stretta e diretta collaborazione con i Visconti.
L'attività diplomatica del C. risale almeno al 1369, quando presenzia alla stipulazione del patto contro le compagnie di ventura (Bologna, 15 marzo) stretto dalla lega costituita tra il papa, l'imperatore e le signorie dell'Italia settentrionale. Quando l'8 genn. 1375 presenzia con altri cinque eminenti personaggi all'emancipazione del conte di Virtù, può considerarsi ormai operante nella più stretta cerchia degli uomini di fiducia di Galeazzo II. L'anno successivo è tra gli ambasciatori inviati dallo stesso Galeazzo per trattare la pace con Gregorio XI, presenziando alla stipulazione avvenuta in Val Samoggia, presso Bologna, il 19 luglio. Nel marzo 1377 viene inviato a Roma per trattare la difficile vertenza tra i Visconti e il marchese di Monferrato, rimasta aperta e impregiudicata dal trattato di Val Samoggia. Con facoltà di procuratore promuove la conclusione delle nozze di Violante Visconti con il marchese di Monferrato Secondotto (agosto 1377). ottenendo, con tutta probabilità durante questo soggiorno romano, il titolo di consigliere della Camera apostolica conferitogli da Gregorio XI. Allo stesso modo del padre,Galeazzo conte di Virtù, più tardi Gian Galeazzo, si avvale dell'opera del C. che appare al suo fianco in varie circostanze, come per esempio in occasione della donazione del castello di Vigano a Iacopo dal Verme (31 ott. 1378) o per la definitiva formazione dei capitolato d'accordo fra gli Astigiani e i Visconti (Asti, 27 marzo 1378). Il 1379 lo vede impegnato in una serie di incarichi politici che lo portano dal Monferrato, nel quale si vanno delineando nuove gravi tensioni antiviscontee, a Pavia, dove prende parte alla stipulazione dei patto con gli Scaligeri (14 maggio), e ancora l'anno successivo rappresenta il proprio signore per stringere rapporti di alleanza con Venezia (23 aprile).
Di nuovo impegnato dalla contesa con il Monferrato, il 16 genn. 1382 presenzia alla stipulazione della pace con il marchese Giovanni. L'attività di ambasciatore è documentata da una lettera del 26 sett. 1388 diretta dal Visconti al doge di Venezia nella quale si confermano le dichiarazioni del C. relative ad una eventuale assegnazione di Treviso alla Repubblica in caso di conquista. Infine, il conferimento in data 12 ag. 1391 della procura al C. e a Guglielmo Bevilacqua, entrambi consiglieri, a Pietro Corti e a Paolo Arzoni, per contrarre in nome di Gian Galeazzo "vera e perpetua e irrevocabile pace co' Fiorentini, Bolognesi e loro seguaci ed aderenti", fa ritenere che la sua posizione era immutata e l'attività diplomatica ugualmente fervida che negli anni precedenti. Del titolo di consigliere il C. appare insignito dal 1378, ad opera di Gian Galeazzo.
Per quanto riguarda la sua attività di lettore di diritto civile e di giurista, da un documento del 1383 si apprende che il C. teneva scuola con Cristoforo Castiglioni in una casa d'affitto in Pavia, sita alla porta di S. Pietro "ad muruni": lo stesso immobile nel quale gli subentrava nel maggio 1389 un altro lettore, Ambrogio Bozzoli. Quest'ultima notizia, che cioè il C. lasciava ad altri la propria scuola nel maggio, unita a quella della sua presenza, che parrebbe certa, nello Studio verso la metà di marzo (il 17 di tale mese la suddetta casa è ancora detta sede della scuola del C.) fa presumere che proprio in questo periodo egli si trasferisse nello Studio patavino, recandovisi, come altri illustri professori di Pavia quali Signorino Omodei, Giovanni da Bobbio, Paolo Dugnani, Tadiolo Vimercati, quasi certamente in ossequio ad una precisa volontà di Gian Galeazzo desideroso di imporre più saldi vincoli su Padova da poco conquistata (24 nov. 1388). A partire dal 25 genn. 1390, data in cui risulta abitare in via Maggiore, fino al 18 marzo, è variamente documentata la sua attività di lettore e giurista nella nuova sede. Ma l'improvvisa riconquista di Padova da parte dei Carraresi (A giugno 1390) determina l'allontanamento dei molti lombardi che vi si erano stanziati, probabilmente anche quello del C. il cui ritorno a Pavia è peraltro documentato solo dal 1391.
Gli eventi bellici che accompagnano la presa di Padova costano al C. danni patrimoniali rilevanti, come si apprende dagli atti di una causa per risarcimento, ancora pendente ad un anno dalla sua morte. Il rientro nello Studio pavese, ancora per in segnarvi, è legato all'episodio che gli assicurò notorietà presso i posteri. A quanto racconta Paolo di Castro il C. lanciò una sfida giuridica dichiarandosi pronto a rispondere pubblicamente ed estemporaneamente a qualsiasi quesito in materia di successioni, ma fu sconfitto da Baldo di Perugia, il più illustre fra i colleghi dello Studio, chiamato a Pavia nel 1390 all'apice della carriera e in assenza del Cassoli. Vero o no in tutti i suoi particolari (la testimonianza di Paolo di Castro, allievo di Baldo, potrebbe essere viziata da partigianeria), l'episodio è indice chiaro di una forte rivalità fra maestri egualmente famosi ed acclamati. Alla sfida e al desiderio di recuperare il credito Perduto si ricollegherebbe l'unica, già citata operetta del Cassoli.
Secondo il Panciroli, dalle due mogli, una Sangiorgio di Bologna e Caterina di Riccardo Anguissola di Vigolzone e di Fresca di Pietro de' Rossi, piacentina' non ebbe figli. Lasciò il suo ingente patrimonio costituito da beni in Piacenza, Pavia e Bologna ai fratelli Taddeo e Maffeo. Dispose che la rendita di 3.000 fiorini depositati a Venezia fosse spesa per mantenere agli studi legali tre giovani reggiani; ma il legato non ebbe seguito perché Maffeo dovette riscattare la propria libertà per essere stato imprigionato da Ottobono Terzi con una cospicua somma di denaro. Si ha notizia di altri due fratelli del C. periti nel crollo di un ponte a Pavia il 3 apr. 1374.
Morì a Pavia l'11 novembre 1391. forse improvvisamente se ancora il 4 novembre, come appare da un atto universitario, svolgeva le sue consuete funzioni di professore. Fu sepolto per sua volontà in Piacenza, nella cappella di S. Tommaso della chiesa dei predicatori detta di S. Giovanni del Canale.
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