CASTELLI, Filippo
Figlio dell’ingegnere e architetto Giuseppe, nacque nel 1738 a San Damiano d’Asti. Compiuti i primi studi a Torino, si recò nel 1757 a Roma per dedicarsi all’architettura (presso Paolo Posi) e, marginalmente, alla pittura. L’interesse per la classicità romana lo indusse a occuparsi degli scavi in corso a Ercolano e Pompei, eseguendo disegni e rilievi, di cui si ha notizia in una lettera al padre (9 apr. 1757). S’ignora in che data esatta rientrasse a Torino, ma al 1763 sono ascrivibili i primi disegni per la chiesa interna che l’Ospedale Maggiore di S. Giovanni Battista e della città di Torino aveva deciso di erigere.
Su componenti iuvariane, non immuni da echi tardobarocchi e vincolate anzi a tale matrice, innestò predilezioni neopalladiane e classicistiche dando al luogo forma circolare, sovrastandolo di un’alta cupola e dotandolo di colonnato e due ordini di gallerie per comodità degli infermi. I lavori durarono almeno fino al ’68; la chiesa venne consacrata il 3 ott. 1769.
Nel frattempo il C. aveva atteso all’ospedale civico di Vigone (1764). Al ’70 risalgono interventi nel palazzo Isnardi di Caraglio a Torino (abbellimenti) e in quello dei Roero (poi Provana di Collegno) a Guarene, continuando l’opera dell’arch. C. G. Roero di Guarene che vi aveva ininterrottamente operato dal 1726 al ’32. Nel 1773 elevò il campanile della parrocchiale di Cigliano e lavorò quindi al salone e, nel ’77, alla cappella di palazzo Roeroe può darsi attendesse, nel 1770 stesso, al restauro del castello di Villadeati senza però conferma di documenti. A Guarene tornò tra il 1780 e l’82 (ma dell’88 è ancora un suo benestare per lavori in palazzo) per curare l’ampliamento della chiesa dei SS. Pietro e Bartolomeo, apprezzabile più che per la sobria facciata per l’interno ovale avvivato da eleganti ornamenti in stucco. Oltre a ciò ultimò nel 1778 a Livorno Ferraris la parrocchiale di S. Lorenzo, iniziata dal padre (ma un disegno d’altare è del 1792), e due anni dopo restaurò e ingrandì il palazzo Broglia a Torino. Più importante il compimento della parrocchiale di S. Michele a Cavaglià, avviata nel 1779 e compiuta nell’86 (o ’87), classicheggiante nel portale (a colonne binate con frontone triangolare) ma di ritmo ancora barocco nel contrasto fra la centralità della cupola e lo sviluppo in lunghezza della navata.
Del 1783 è la decisione della comunità di Azeglio di costruire, sull’area occupata dalla Confraternita di S. Giovanni, la chiesa parrocchiale di S. Martino. Per essa il C. stese una relazione il 22 novembre, ma i lavori durarono dal 1786 al ’90, mentre il campanile (disegnato nel ’97). fu eseguito solo tra il 1807 e il 1810. Più evidente è nell’edificio la contrapposizione (o giustapposizione) di un gusto tardobarocco a quello ormai neoclassico, segno di sensibilità orientata all’avvenire ma in qualche modo nostalgicamente ancorata alla tradizione: e si è parlato infatti per esso di “contegnosa moralità e sostenuto decoro “come pure di tensione esasperata a “effetti chiaroscurali ed atmosferici” (Carboneri).
Contemporaneamente (1786-87) il C. si assumeva l’incarico di ampliare l’ala nord del palazzo civico di Torino e di innalzare per il medesimo comune una nuova torre all’angolo delle attuali vie Milano e Corte d’appello.
Per quest’ultima fu indetto un concorso tra architetti locali e forestieri, dovendosi l’opera caratterizzare quale simbolo rappresentativo (e perciò ostensibile) d’importanza e ricchezza. Non solo, ma inserendosi – per volontà dei committenti – in un settore urbano da poco riplasmato (ne aveva dato avvio Iuvara), la scelta veniva pragmaticamente a esprimere l’idea della città stessa, quale era andata configurandosi da Emanuele Filiberto a Carlo Emanuele III.
Parteciparono alla gara vari artisti tra i quali C. Barberis, M. L. Quarini, C. A. Rana, P. Bonvicini, ma l’incarico toccò al C. che, per angustie finanziarie, non vide ultimata l’opera ma la concluse provvisoriamente (e definitivamente) con un cornicione a soli 24 metri d’altezza.
Pure del 1787 è la chiesa di S. Francesco a Moncalieri, che per le affinità con quella di Tonco fece ascrivere la stessa al C.; mentre -esaurito nel ’90 un intervento per la chiesa di S. Martino a Revigliasco – l’artista attese nello stesso anno alla ricostruzione delle scuderie dei principi di Carignano, previste dal Guarini per quarantacinque cavalli e ampliate ora ad accoglierne il doppio. Ne sussiste la facciata, da poco incorporata all’edificio modernissimo della Biblioteca nazionale, le cui linee (appesantite dal restauro) mostrano un’adesione anche più canonica al neoclassicismo. Può darsi abbia anche sovrinteso, in tale fase, alla decorazione di interni del palazzo; ma non ve n’è traccia documentaria. Sullo scorcio del secolo (1797) eseguì la scalea del giardino dell’odierno palazzo comunale (già castello Grosso di Brozolo) a Riva di Chieri e nel 1810, sotto l’occupazione francese, l’ospedale civico di Valenza.
Attribuiti (cfr. Carboneri anche per bibl. preced.), ma non certi, sono il coro del monastero di S. Orsola a Bianzè, l’ospedale civico di S. Lorenzo (incompiuto alla sua morte) a Carmagnola, rifacimenti in palazzo Chiablese e rimodernamenti nei palazzi Marolles (poi d’Azeglio) e Grondona oltre a restauri nel convento carmelitano di S. Teresa a Torino e lavori analoghi nel palazzo Garretti a Ferrere d’Asti. Dubbia è l’attribuzione della chiesa di S. Maria Assunta e S. Giuseppe a Tonco d’Asti, del 1782. Il C. fu anche membro del Congresso degli edili e risulta elencato nell’Almanacco piemontese Palmaverde fino al 1818.
S’ignora l’anno esatto della morte del C.: M. Paroletti (Turin et ses curiosités, Turin 1819, p. 380) lo dà ancora vivo.
Fonti e Bibl.: Schede Vesme, I, Torino 1963, p. 294; F. Daneo, Vite di Sandamianesi segnalati nelle scienze, lettere ed arti, Torino 1889, pp. 7174; A. E. Brinckmann, Theatrum novum Pedemontii, Düsseldorf 1931, p. 25; S. Solero, Storia dell’Ospedale Maggiore di S. Giovanni Battista e della città di Torino, Torino 1959, pp. 131 s.; L. Mallé, Le arti figurat. in Piemonte, Torino 1962, pp. 319, 324, 409; N. Carboneri, in Mostra del barocco Piemontese (catal.), Torino 1963, I, pp. 75, 86 s., tavv. 198 s.; D. G. Cravero, Trecento anni di vita del palazzo civico di Torino, 1663-1963, Torino 1964, pp. 27, 38; C. Brayda-L. Coli-D. Sesia, Ingegneri e archit. del Sei e Settecento in Piemonte, Torino 1963, p. 28; A. Griseri, Le metamorfosi del barocco, Torino 1967, pp. 56 n. 17, 322 n. 28, 361 n. 5, 362 n. 7; Forma urbana ed archit. nella Torino barocca, Torino 1968, 1, 2, pp. 1043 ss.; M. Bernardi, Tesori d’arte antica in Piemonte, Milano s.d., pp. 234, 266, 433, 452; U. Thieme-F. Becker, Künstlerlexikon, VI, p. 150.