CORBIZZI, Filippo
Figlio di Varini, nacque a Firenze intorno al 1280 da antica famiglia del popolo di SS. Apostoli, come si trae dal fatto che un ramo di essa possedeva una casa con torre presso la chiesa di S. Piero Maggiore. Il C. parteggiò probabilmente per i Cerchi: infatti nel corso dei disordini, che insanguinarono la città fra il 5 e il 7 nov. 1301 dopo il rientro di Corso Donati, la torre dei Corbizzi presso la porta S.. Piero venne attaccata e saccheggiata dai neri. Dopo questi avvenimenti il C., come altri bianchi, lasciò Firenze e, probabilmente, non dovette più ritornarvi. Indirizzato da Montecchio Corbizzi, un súo parente socio degli Spini - i banchieri ed esattori della Camera apostolica, che sin dagli ultimi del Duecento avevano stabilito loro filiali anche a Marsiglia -, forse stimolato dalla fama dei lauti guadagni che molte compagnie commerciali fiorentine realizzavano in quegli anni nei paesi d'Oltralpe, si recò in Provenza proprio quando la corte pontificia aveva posto la sua stabile sede in Avignope. A causa della scarsità delle notizie in nostro possesso, nulla sappiamo della biografia e delle attività svolte dal C. negli anni seguenti: le fonti a noi note riferiscono solo di una sentenza, pronunziata contro di lui a Firenze nel 1316, che lo condannava al taglio della mano destra per aver giurato il falso davanti alla Corte giudiziaria di Salon.
Nel 1332 il C. costituì in. Avignone, insieme con Iacopo Girolami e con Tommaso di Ghino Corbizzi, un fiorentino anch'egli del popolo di SS. Apostoli e probabilmente suo cugino, una compagnia per il prestito del danaro ad usura. Aveva concorso alla formazione del capitale sociale ("chorpo di conipagnia") di 7.000 fiorini d'oro con la somma di 2.000 fiorini, così come il Girolami, mentre i restanti 3.000 fiorini erano stati versati da Tommaso Corbizzi. Nel patto sociale fu stabilito che ai "fatti" della compagnia avrebbero atteso i due Corbizzi: il C. avrebbe risieduto ed operato ad Avignone; Tommaso avrebbe invece svolto la sua attività a Montiglio Amari (Montélimar), dove venne aperta una filiale arredata con masserizie del Corbizzi. Sia il C. sia suo cugino tenevano in particolari registri la contabilità delle loro operazioni finanziarie: il C. nel Libro vermiglio di charte di Roma e di Vignione del segnale del C, e Tommaso nel Conto del Montiglio. Il Girolami, pur non partecipando direttamente alla.conduzione della compagnia, ne dividevq gli utili nella stessa misura degli altri; secondo quanto ci riferiscono le fonti, aveva inoltre "messo sopra chorpo in detta chompagnia... fiorini mille d'oro", che sarebbero dovuti rimanere nel "chorpo di compagnia" per tutta la durata della società. Lavoravano per la compagnia, come stipendiati, due fattori, Francesco di Gherardo Corbizzi e Perotto Buonsostegni, e due "fanti", Rostagnone e Coletto Pesce. Varia era la clientela del C. e dei suoi compagni: ecclesiastici e laici italiani e stranieri appartenenti a differenti strati sociali; tra gli italiani, in particolare si rivolgevano al C. sop rattutto compagnie commerciali e cambiatori fiorentini. Fra questi ultimi ricordiamo qui un Lapo Corbizzi, che aveva presenziato in qualità di testimone all'atto di fondazione della società e che partecipò più tardi con la somma di 1.000 fiorini ad un grosso prestito effettuato dalla stessa società.
Non risulta che la compagnia dei C., la quale svolse la sua attività tra gli ultimi anni del pontificato di Giovanni XXII ed i primi di quello di Benedetto XII, si sia impegnata in iniziative od imprese industriali. a differenza della maggior parte delle società finanziarie medievali che sono a noi note. Dalle annotazioni apposte sul Quaderno bianco - unodei molti libri di conti ricordati nel Libro vermiglio - risultatuttavia che il C. ed i suoi compagni compartecipavano per i due quindicesimi allo sfruttamento di un pedaggio fluviale, il "pedaggio dei Basi e del Pultino per aqua montando e disciendendo", comprato da Naldino Geppi nel Natale del 1333. Poco più di tre mesi dopo la costituzione della compagnia, nel giugno del 1332, Tommaso di Ghino Corbizzi venne coinvolto, a Montélimar, in un procedimento giudiziario, di cui è ora difficile poter delineare la storia e valutare la portata, a causa della intenzionale reticenza delle fonti in nostro possesso. Nelle annotazioni del Libro vermiglio si accenna infatti con parole volutamente vaghe alla vicenda: si parla di "accidente" o di "briga" col signore del luogo, Giraldo Amari, e con i suoi fratelli Ghigo ed Ugo. In realtà si dovette trattare di qualcosa di molto più grave di quanto il C. voglia far apparire, se la compagnia, prelevando contro le norme statutarie ingenti somme dal capitale sociale, giunse a pagare tangenti agli uomini d'arme e alle guardie di polizia giudiziaria e dispensò con munificenza mance a persone influenti, a giudici e a notai, perché usassero riguardi nel portare avanti l'inchiesta. La vicenda si concluse, dopo un certo tempo, con un compromesso finanziario. A cose fatte, la compagnia addebitò a Tommaso Corbizzi 2.099 fiorini, 10 soldi e 5 denari, che in parte furono coperti dalla quota dei "chorpo di compagnia" e in parte dalla sua rinunzia ad ogni ulteriore diritto agli utili della società, come si precisa in una "ricordanza" nella quale il C., il Girolami e Tommaso Corbizzi dichiarano anche di essere soddisfatti l'uno dell'altro. Questa disgraziata vicenda, tuttavia, rese'precari i rapporti esistenti fra i soci e portò infine alla rottura della stessa compagnia il 6 febbr. 1334, quando Tommaso Porbizzi venne escluso da ogni partecipazione agli affari registrati nel Libro vermiglio. I residui attivi spettanti a Tommaso restarono al C. e al Girolami, i quali crearono una nuova compagnia, cui assegnarono anche l'ulteriore definizione dei crediti del Libro vermiglio. Il C. assunse la direzione della nuova società, che sviluppò i suoi traffici senza interruzione sino ad oltre il 3 ott. 1336, quando il Girolami morì. Nel Libro vermiglio sono registrate operazioni sino al 15 luglio 1337.
Il C. svolse in quest'occasione le funzioni di esecutore testamentario del socio defunto, provvedendo a restituire alla vedova del Girolami, Bartola, la sua dote, curando la corresponsione dei lasciti stabiliti dal testamento ed il pagamento dei "torti". Nell'espletare tale compito incontrònonpoche difficoltà. perché molti debitori della compagnia si rifiutavano di estinguere l'intero loro debito, temendo molestie da parte di eventuali futuri aventi diritto. Il C. riuscì tuttavia a portare a termine la sua opera di liquidazione, impegnandosi a rispondere eventualmente di persona.
Dopo questa data le fonti non riportano più alcuna notizia sul C. e sulla sua successiva attività.
Fonti e Bibl.: Firenze. Bibl. nazionale, Mss. Passerini, Indice delle famiglie nobili [sec. XIX], nn. 187, 217; Ibid., Poligrafo Gargani [sec. XIX], lettera C., nn. 654 e 658; Il Libro vermiglio di carte di Roma e Avignone ... del segnale del C. della compagnia fiorentina di lacopo Gerolami, F. C. e Tommaso Corbizzi (1332-1337), a cura di M. Chiaudano, Torino 1963; A. Sapori, La crisi delle compagnie mercantili dei Bardi e dei Peruzzi, Firenze 1926, p. 267; Y. Renouard, Les rélations des papes d'Avignon et des compagnies commerciales et bancaires de 1316 à 1378, Paris 1941, p. 104; W. ed E. Paatz, Die Kirchen von Florenz, Frankfurt 1952, IV, p. 637; N. Ottokar, Il Comune di Firenze alla fine del Dugento, Torino 1962, p. 63; A. Sapori, Studi di storia econ., III, Firenze 1967, pp. 104 ss., R. Davidsohn, Storia di Firenze, I, Firenze s. d. [ma 1956], p. 867; IV, ibid. s.d. [ma 1960], pp. 126, 249, 321; VI, ibid. s.d. [ma 1965], p. 658; VII, ibid. s.d. [ma 1965], pp. 482 s.