FILIPPO (Filippino) da Bergamo
Nacque a Bergamo, come risulta anche dalla dedica della sua opera a Gian Galeazzo Visconti ("et patrie mee pergamensis per qua preces inculco"). Nulla si sa di preciso sui suoi anni giovanili, se si esclude la notizia riportata da un biografo secentesco, D. Calvi, secondo la quale F. sarebbe entrato da giovane nel monastero benedettino cluniacense di S. Giacomo di Pontida. In età più matura entrò nella Congregazione dei benedettini di Padova, che erano detti popolarmente albi dal colore bianco della veste, un Ordine relativamente povero rispetto a quello dei benedettini neri. F. arrivò a ricoprire funzioni direttive all'interno della Congregazione, in un periodo - la seconda metà del sec. XIV - piuttosto oscuro per l'economia di molti monasteri. Al maggio 1377 risale infatti la sua rinuncia alla carica di priore del monastero padovano di S. Maria in Vanzo, carica che egli aveva fino ad allora ricoperto per un periodo imprecisato. Il monastero versava in precarie condizioni sia economiche sia architettoniche. Nessun altro priore gli succedette: cinque mesi dopo la rinuncia di F. il monastero venne affidato in commenda a Michele abate di S. Maria di Saccolongo. F. divenne invece priore di un altro monastero albo, quello di S. Maria dei Tressoni. Alla nuova carica se ne aggiunse presto un'altra, più prestigiosa: nel settembre del 1377 il vescovo di Padova Raimondo lo nominò suo vicario. Le funzioni di F., pur condivise con altri due frati, erano ampie e comprendevano quella di presidente dei collegi per l'esame e la laurea degli studenti, e quella di giudice delle cause civili e penali.
Si ignora la data della sua morte, collocabile a ridosso della fine del sec. XIV.
Esperto di diritto canonico e fornito di una vasta erudizione filosofica, F. compose lo Speculum regiminis, un voluminoso commento ai Disticha Catonis, noto anche sotto i titoli di Cato moralizatus (o glosatus) e di Ethica Catonis. Il regimen cui siriferisce il titolo è inteso nel suo duplice significato di "governo politico" e di "condotta morale", con una maggiore accentuazione del secondo. All'introduzione e all'indice delle cose notevoli (cc. 1-26v; la numerazione si riferisce al codice Vat. Lat. 1521 della Biblioteca apost. Vaticana) segue il prologo con la dedica a Gian Galeazzo Visconti, di cui F. saluta la vittoria contro lo zio Bernabò (6 maggio 1385) e cui chiede che governi con clemenza la sua città natale. Al commento dei Disticha sono premesse quattro partes prohemiales (cc. 29r-54v) dedicate alle virtù cardinali, morali e teologali e ai vizi capitali. La prosa scolastica e classificatoria di F., puntellata da citazioni bibliche e patristiche, si ravviva a tratti con digressioni aneddotiche e concisi schemi riassuntivi. Notevoli i riferimenti alla filosofia morale classica, da Aristotele a Seneca; grande spazio viene riservato anche a Valerio Massimo. La parte dedicata ai vizi è quella in cui il discorso morale si fa più esplicitamente politico e si danno indicazioni sul governo e l'autogoverno degli uomini, improntate alla conoscenza dei vizi propri delle diverse classi sociali (governanti, possidenti e lavoratori) e alla capacità di moderarli. Il commento vero e proprio (cc. 55r-220v) è diviso in cinque parti: una prosayca pars dedicata alle 56 sentenze brevi che fungono da prologo e quattro partes metricales dedicate ai quattro libri dei Disticha. Nella parte prosaica F. riprende il tema delle virtù, individuando in esse il filo conduttore delle breves sententiae, e lo approfondisce trattando singoli casi. Il discorso è sostenuto da "casi" tratti dal diritto canonico, da citazioni aneddotiche dell'Exameron di s. Ambrogio e dai Facta dictaque memorabilia di Valerio Massimo, dall'Etica di Aristotele. Scopo dichiarato della prima parte metrica è la messa in fuga degli errori morali e teologici.
La seconda parte si sofferma sul giusto indirizzo da dare al desiderio umano di conoscenza. Prendendo spunto dai distici II ("Mitte arcana Dei") e XII ("Quid Deus intendat, noli perquirere"), F. tratta dei problemi della conoscenza (impossibile) del futuro, di quello ad esso collegato della prescienza divina e del libero arbitrio umano (garantito proprio dal volere di Dio), dell'influsso delle costellazioni sull'uomo, dell'arte divinatoria e dei sortilegi (illegittimi). I temi morali sono al centro della terza parte metrica. F. traduce il buon senso pagano dei Disticha nel suo orizzonte religioso e scolastico, al cui interno grande parte hanno i problemi del diritto sia civile sia canonico. Introduce la quarta parte metrica una dettagliata descrizione degli influssi positivi degli astri sull'indole morale dell'uomo (ma non sulle azioni). Seguono i commenti ai precetti, svolti secondo i criteri già descritti. Benché sia Agostino l'autore più citato (insieme con la Bibbia), F. è debitore a Tommaso dell'impianto scolastico della sua opera. Il più antico codice dello Speculum regiminis, ilcitato Vat. Lat. 1521 (c. 1v), conserva infatti un breve inno all'Aquinate.
L'opera di F. è da considerarsi come un capitolo dell'enorme fortuna che nel Medioevo ebbero i Disticha Catonis, espressione elementare di un moralismo pragmatico e di buon senso che ben si prestava ad una reinterpretazione cristiana e ad una utilizzazione nella istruzione di base. Il suo commento, accanto a quello di Roberto da Euremodio, è più lungo di tutti quelli composti in precedenza e segna il punto di saturazione di una tradizione scolastica che aveva prodotto commenti sempre più particolareggiati. La notevole fortuna dello Speculum regiminis, è testimoniata da una cospicua tradizione manoscritta di diffusione europea, e sottolineata da una seconda redazione del testo che, essendo dedicata a Francesco Novello da Carrara, signore di Padova dal 1388, dovrebbe risalire almeno a quell'anno. Nel 1475 lo Speculum venne stampato nella prima redazione; nel ventennio successivo fu stampata altre tre volte, ma nella seconda redazione, più corta, e con l'aggiunta di una lettera di Roberto da Euremodio (autore a sua volta di un proprio commento ai Disticha) a Pietro da Saluzzo. Il secolo XVI vide la fortuna dello Speculum e del suo enciclopedismo medievale declinare bruscamente. Tutti gli eruditi che hanno lasciato qualche nota biografica di F., hanno accennato a una sua produzione perduta (forse perché orale) di sermoni. Se è lui il "Philippus de Preganis" di cui nella Biblioteca capitular y colombina di Siviglia si conserva una Summula seu liber sacerdotalis pro rudibus confessoribus (come sostiene il Kristeller), parte della sua opera di carattere più strettamente ecclesiastico potrebbe venire risarcita.
Della produzione di F. sono conosciute le seguenti edizioni: Ethica Catonis (Speculum regiminis), Augustae Vindelicorum, A. Sorg, 1475; Speculum regiminis, con un'aggiunta di Roberto da Euremodio (Cato moralisatus), Lugduni, M. Huss, circa 1485; Idem, Basel, M. Wenssler, circa 1486-87; Idem, Lugduni, J. de Vingle, 1497. Per i manoscritti cfr. P. O. Kristeller, Iter Italicum, I-IV, ad Indices.
Fonti e Bibl.: F. S. Dondi dall'Orologio, Dissertaz. ottava sopra l'istoria eccles. padovana, Padova 1815, pp. 117 s., 246, 249-52;I. Trithemius, De scriptoribus ecclesiasticis, Parisiis 1512, p. 134; I. F. Foresti, Supplementum supplementi chronicarum, Venetiis 1513, p. 254; A. Wion, Lignum vitae, II,Venetiis 1595, p. 453; I.Trithemius, De viris illustribus Ordinis S. Benedicti (1507), in Opera pia et spiritualia, Moguntiae 1605, p. 57; A.Possevino, Apparatus sacer, III, Venetiis 1606, p. 76(dà, come Wion, inforinazioni molto succinte); D. Calvi, Scena letteraria degli scrittori bergamaschi, I, Bergamo 1664, pp. 136 s.(amplifica retoricamente le notizie del Foresti e del Trithemius); J. A.Fabricius, Bibliotheca Latina mediae et infimae aetatis, V, Hamburgi 1736, p. 848; C. G. Jöcher, Allgemeines Gelehrten Lexicon, III, Leipzig 1751, p. 1522; G. M.Mazzuchelli, Gli scrittori d'Italia, II, 2, Brescia 1760, p. 935(con ricca bibliografia); M. Boas, Een vergissing van Erasmus, in Het Boek, XXV (1938-39), pp. 282-285; R.Hazelton, The christianization of "Cato": the "Disticha Catonis" in the light of late mediaeval commentaries, in Mediaeval Studies, XIX (1957), p. 171; G. Billanovich, Epitafio, libri e amici di Alberico da Rosciate, in Italia mediev. e umanistica, III (1960), p. 254;M. Universo, S. Maria in Vanzo, in Padova. Basiliche e chiese, a cura di C. Bellinati - L. Puppi, I, Vicenza 1975, p. 277; J. Quetif-J. Echard, Script. Ordinis praedicatorum…,I, p. 743.