DE FILIPPI, Filippo
Nacque a Torino il 6 apr. 1869 da Giuseppe, avvocato, a da Olimpia Sella, della stessa famiglia biellese cui apparteneva il grande statista Quintino. Era nipote di quel Filippo De Filippi che nel 1862 aveva partecipato alla spedizione italiana in Persia, alla quale avevano preso parte pure G. Doria e M. Lessona.
Si dedicò inizialmente allo studio della medicina. Chirurgo e fisiologo, si interesso a problemi di chirurgia sperimentale e di chimica biologica, studiando in particolare le possibilità di eseguire l'anastomosi perlio-cava e le modificazioni indotte da tale intervento, gli effetti sul ricambio dell'asportazione di ampi tratti dell'apparato digerente, la presenza di varie sostanze nei liquidi dell'organismo. Tra l'altro riuscì per primo a dimostrare la presenza di trimetilammina nelle urine dell'uomo sano (in Zeitschrift für physiologische Chemie, IL [1906], p. 433). Libero docente di medicina operatoria, egli venne incaricato dell'insegnamento di tale disciplina nel 1896 nell'università di Bologna e nel 1900 in quella di Genova.
La sua passione per la montagna che lo aveva già portato a compiere numerose ascensioni sulle vette delle Alpi e sulle catene del Delfinato e dell'Oberland bernese (vedi a questo riguardo gli articoli e le relazioni da lui pubblicate sulla Rivista del Club alpino italiano a partire dal 1887) indusse il duca degli Abruzzi a chiamarlo nel 1897 come storiografo e collaboratore della spedizione che si proponeva di percorrere in Alaska tutto il tratto che separa la costa occidentale della baia di Yakutat dalla vetta del S. Elia che venne conquistata il 31 luglio.
Il D. avrebbe steso un'interessantissima e dettagliata relazione dell'impresa, durata quarantasette giorni nel corso dei quali venne eseguita una serie ininterrotta di osservazioni metereologiche e furono raccolti alcuni esemplari zoologici presi sulla neve che ricopriva il ghiacciaio Malaspina, nonché alcuni campioni di minerali.
Nel 1903 percorse diverse province della Russia europea, attraversò il Caucaso ed il mar Caspio e visitò il Turkestan russo e Buchara, facendo ritorno in Europa attraverso il mar Nero e la Crimea.
In seguito venne incaricato dal duca degli Abruzzi di stendere la relazione del terzo viaggio di esplorazione nella catena del Ruwenzori, al quale il D. non aveva partecipato, ma di cui seppe curare ugualmente, con l'abituale capacità e precisione, il resoconto che venne pubblicato nel 1908 in italiano, inglese, tedesco e spagnolo. Subito dopo il principe sabaudo, di cui era diventato il più devoto ed affezionato collaboratore, lo invitava a far parte della sua quarta campagna diretta all'Himalaya e al Karakorum, della quale pure avrebbe steso la relazione edita in italiano ed in inglese, illustrata dalle meravigliose fotografie eseguite da V. Sella, ricca di interessanti osservazioni e considerazioni di carattere psicologico e scientifico, nonché di precise ed accurate descrizioni delle regioni percorse e dell'organizzazione politica e sociale delle popolazioni che le abitavano.
In un capitolo finale vennero inoltre raccolti e presentati tutti i rilievi di natura scientifica condotti sul bacino superiore dei ghiacciaio Baltoro, del quale fu redatta pure una buona carta e venne precisata la configurazione e l'altezza del circo terminale col metodo fotogrammetrico. Dodici europei e quindici "coolies" vivendo per circa due mesi ad altezze superiori ai S.000 metri e lavorando regolarmente, senza che si manifestasse un solo caso, neppure passeggero, di malessere attribuibile al cosiddetto "mal di montagna", riuscirono a dimostrare le possibilità dì resistenza dell'uomo nelle regioni più alte della terra, spingendosi fino ai 7.500 metri, che rappresentavano allora il punto più alto mai raggiunto.
La vasta esperienza acquisita in questa circostanza lo portò a concepire (grazie anche all'aiuto ed all'interessamento del senatore V. Volterra e dell'ammiraglio A. Leonardi Cattolica, allora ministro della Marina, ed all'appoggio finanziario del governo italiano, nonché di alcuni mecenati e di numerose accademie e società scientifiche) l'ambizioso programma di una spedizione diretta sempre sulla catena dell'Himalaya occidentale e del Karakorum, ma più ad oriente del ghiacciaio Baltoro che era stato oggetto dell'esploirazione di Luigi Amedeo di Savoia nel 1909.
Egli si proponeva soprattutto di determinare gli effetti della gravità e del magnetismo terrestre sugli altipiani dell'Asia centrale attraverso le catene dell'Himalaya, del Karakorum e del Cuen Lun, della radiazione solare, delle condizioni metereologiche, dei movimenti dell'alta atmosfera, con strumenti di grande precisione che comportavano l'impianto di veri e propri laboratori scientifici campali in un paese aspro ed accidentato lontano da regioni abitate e che avrebbe comportato notevoli difficoltà anche per una semplice ricognizione. Un altro obiettivo dì fondamentale importanza era l'accertamento e la determinazione dello spartiacque indoasiatico fra il ghiacciaio Siàcen ed il valico Karakorum, per stabilire il quale venne conipletamento esplorato il ghiacciaio Rimu, fino ad allora sconosciuto, scoprendo che esso era all'origine di due fiumi, a sud dello Shayok, affluente dell'Indo, a nord dello jàrcand o Ràschun Daria, che si perde nei deserti del Turkestan (sia del ghiacciaio Rimu, come di tutta la regione circostante, vennero eseguiti una precisa triangolazione ed un completo rilevamento topografico).
Per ottenere questi risultati egli chiese ed ottenne la collaborazione di studiosi come il tenente di vascello, prof. A. Alessio, libero docente di geodesia teoretica all'università di Padova, che assunse anche il comando in seconda della spedizione; il marchese N. Venturi Ginori; il tenente del genio C. Antilli; il prof. G. Abetti, astronomo dell'osservatorio del Collegio Romano, libero docente in astrofisica all'università di Roma; l'ing. J. A. Spranger; il maggiore del genio inglese H. Wood, dell'ufficio trigonometrico indiano, che fornì pure i due topografi indiani Jamna Pranad e Shib Lal; O. Marinelli, professore di geografia presso l'Istituto di studi superiori di Firenze; e G. Dainelli, professore di geografia all'università di Pisa. Poté valersi inoltre della collaborazione della famosa guida valdostana G. Petigax, che aveva già seguito il duca degli Abruzzi in tutte le sue precedenti imprese.
Partita dall'Italia nei primi giorni dell'agosto del 1913 per farvi ritorno alla fine di dicembre del 1914, la spedizione promossa e guidata dal D. avrebbe percorso più di 2.000 chilometri, partendo dal Kashmir per arrivare fino a Taškent, capitale del Turkestan russo, da dove sarebbe rientrata in Europa.
Gli imponenti ed eccezionali risultati scientifici raggiunti - i cui dati essenziali erano stati anticipati già nel corso del 1914-1915 in numerose relazioni inviate alla Società geografica italiana, alla Società di studi geografici e coloniali di Firenze, alla Società italiana per il progresso delle scienze ed all'Accademia dei Lincei, nonché, dopo il rientro in Italia, in alcune conferenze e nella relazione, svolta nel 1921, nell'ambito dell'VIII congresso geografico italiano - furono elaborati dai diversi partecipanti dopo la prima guerra mondiale e raccolti in un'opera di più di seimila pagine (Relazioni scientifiche della spedizione italiana De Filippi nell'Himalaia, Caracorum e Turchestan cinese (1913-1914), Bologna 1925-1934), divisa in due parti, la prima di tre volumi contenenti le relazioni di geodesia e geofisica, la seconda, di complessivi dodici volumi, affidati alla direzione scientifica ed editoriale di G. Dainelli, comprendenti gli studi di argomento geologico e geografico.
Dopo essere tornato in Italia, allo scoppio della prima guerra mondiale, il D. si arruolava volontario come ufficiale medico e veniva nominato ispettore delle unità sanitarie della Croce rossa mobilitate al fronte. In seguito venne inviato in missione in Inghilterra per la sua larga conoscenza di quel mondo, dove, fra l'altro, ebbe occasione di tenere numerose conferenze, come quella sulla geografia del fronte italiano, letta il 26 nov. 1917 alla Reale società geografica di Londra, o quella sulle relazioni della casa di Savoia con la corte d'Inghilterra, svolta alla British Academy l'11 nov.1918.
Rientrato in Italia alla fine del conflitto, nel 1921 lasciava Roma per trasferirsi nei dintorni di Firenze a Settignano (assieme alla famiglia del fratello Lodovico, capitano di vascello morto sulla sua nave nel corso della grande guerra), in una villa (la Capponcina) appartenuta a Gabriele D'Annunzio, dove poté dedicarsi con maggiore tranquillità ai suoi studi geografici ed attendere alla pubblicazione dei risultati della spedizione del 1913-1914, per la quale, nel 1931, otterrà il premio Mussolini dalla Reale Accademia d'Italia. Dal duca degli Abruzzi ebbe ancora una volta l'incarico dì curare la pubblicazione dei diario della spedizione dalle sorgenti dell'Uebi Scebeli alla Somalia, redigendo, anche in questa circostanza, un interessante volume condotto sui diari e sulle note di viaggio del principe sabaudo e dei suoi compagni.
Nell'ambito del Comitato geografico italiano promosse la costituzione di un fondo per lo studio della Palestina e propose la pubblicazione di un'edizione critica della raccolta di relazioni di viaggio compilata da Giovan Battista Ramusio e non più riedita dallInizio del Seicento. Nel 1933 tenne in Campidoglio la conferenza inaugurale dell'Istituto italiano per il Medio ed Estremo Oriente, parlando dei viaggiatori italiani in Asia ed in particolar modo di padre Ippolito Desideri, dei cui famoso ed importante resoconto di viaggio in Tibet (1712-1727) preparò, negli ultimi anni della sua vita, un'edizione inglese.
Morì improvvisamente a Settignano (Firenze), per paralisi cardiaca, il 23 sctt. 1938.
Il D. era stato designato membro di numerose accademie nazionali e straniere; fu segretario dell'Unione geografica internazionale ed ottenne dal re d'Inghilterra il titolo di Knight Commander of the Indian Empire.
Tra gli scritti del D. vanno ricordati: Laspedizione di S.A.R. il principe Luigi Amedeodi Savoia, duca degli Abruzzi, al monte Sant'Elia (Alaska 1897), Milano 1900; Il Ruwenzori. Viaggio di esplorazione e prime ascensioni delle più alte vette nella catena nevosasituata fra i grandi laghi equatoriali dell'Africacentrale, ibid. 1909; La spedizione di S.A.R. il principe Luigi Amedeo di Savoia, duca degliAbruzzi, nel Karakorum e nell'Himalaia occidentale (1909), Bologna 1912; Storia dellaspedizione scientifica italiana nell'Himalaia, Caracorum e Turchestan cinese (1913-1914), ibid. 1924, volume dedicato al duca degli Abruzzi (otto anni dopo, l'opera, completata con un riassunto dei risultati scientifici, a quell'epoca ormai quasi del tutto discussi e pubblicati, apparve anche in edizione inglese); Valle Shàksgam e catene Aghil, in Bollettino della Società geografica italiana, s. 6, IV (1929); Il "Ragguaglio" e le "Memorie dei viaggi e missione nel Tibet" dipadre Ippolito Desideri di Pistoia, ibid.; An account of Tibet. The travels of IppolitoDesideri of Pistoia, 1712-1727, edited by F. D., with an introduction by G. Wessels, London 1932; Il duca degli Abruzzi. Il vigffiatoreel'esploratore in Nuova Antologia, 10 apr. 1933), pp. 331-342. Il D. compilò inoltre numerose voci per l'Enciclopedia Italiana.
Bibl.: L. Giannitrapani, Le relazioni sulla spedizione di S. A. R. il duca degli Abruzzi nel Caracorum, in Riv. geogr. ital., XIX (1912), pp. 668-679; Explorations in the Eastern Kara-Koram and the Upper Yarkand Valley. Narrative Report of the Survey of India, Dehra Dûn 1922; G, Dainelli, Paese e genti del Caracorum. Vita di carovananel Tibet occidentale, Firenze 1924; D. Giordano, Scritti e discorsi..., Milano 1930, p. 355; E. Migliorini, F. D., in Educaz. fascista, IX (1931), pp. 612-619; G. Vacca, Sui manoscritti dell'operasul Tibet del p. Ippolito Desideri e sulla nuova ediz. inglese del dott. F. D., in Boll. della Soc. geogr. ital., LXIV (1932), pp. 525-532; D. Giordano, Chirurgia, II,Milano 1938, p. 25; G. Abetti, F. D., in L'Universo, XVIII (1938), pp. 1036 ss.; Id., F. D., in Riv. geogr. ital., XLVI (1939), pp. 1-12; G. Dainelli, F. D., in Rend. della R. Accad. naz. dei Lincei, classe di scienze morali, storiche e filologiche, s. 6, XV (1939), pp. 72 ss.; Acta MedicaItalica, IX (1943), pp. 3-19; G. Anegliariello, Chimica biologica, in Un secolo di progresso scientifico..., IV,Roma 1939, p. 165; G. Dainelli, Esploratori ed alpinisti nel Caracorum, Torino 1959, passim; G. Abetti, Un medico grande esploratore, F. D., in Nuova Scienza, LXXXVI (1969), pp. 47 ss.