DELL'ANTELLA, Filippo
Nacque a Firenze il 19 sett. 1513 da Giovanni di Filippo e da Fiammetta Pandolfini. Avviato dal padre, senatore e poi ambasciatore ducale a Roma, alla carriera politica, nel 1534 fu inviato come tesoriere a Civitadipenne in Abruzzo.
Questa città, insieme a Campli e a Cittaducale, era stata concessa in feudo nel 1522 da Carlo V ad Alessandro de' Medici, futuro duca di Firenze, che la governava attraverso un suo luogotenente e vari funzionari, tra i quali appunto un tesoriere. Con ogni probabilità questo primo incarico deve essere considerato una sorta di.apprendistato che i giovani rampolli dell'oligarchia, destinati alla carriera nella burocrazia, dovevano superare per potere essere poi immessi nella pubblica amministrazione del Ducato di Toscana. L'episodio conferma inoltre i buoni rapporti della famiglia Dell'Antella con i Medici.Dopo aver ricoperto nella città di Firenze vari uffici riservati ai cittadini (Dodici buonuomini, Otto di guardia e balia) nel 1549 il D. sposò Maria di Niccolò di Andrea Capponi. L'imparentarsi con una delle maggiori famiglie del vecchio patriziato conferma l'importanza della famiglia che, nonostante il fallimento economico del secolo XIV, si inserisce nuovamente al vertice della società fiorentina, grazie alla costante presenza, per oltre un secolo, di suoi membri nelle massime cariche amministrative del governo mediceo. Pochi anni dopo, nel 1553, con l'inizio delle ostilità per la conquista di Siena il D. fu nominato commissario generale per la guerra di Siena.
Questo incarico potrebbe essere collegato con l'elezione del D., per quello stesso anno, fra i Cinque conservatori del contado e distretto fiorentino. Dal momento che a questa magistratura era demandato, attraverso la riscossione delle "spese universali", il provvedere a buona parte delle entrate dello Stato, si può fare, infatti, l'ipotesi che ad uno dei suoi componenti fosse affidato l'incarico specifico di seguire la riscossione e la gestione delle somme occorrenti per la guerra. È verosimile quindi che la scelta fosse caduta sul D., che, come si è detto, doveva già avere una certa esperienza in campo finanziario.
Dopo la morte del senatore Bartolomeo Dell'Antella, zio del D., questi venne chiamato a succedergli nel Senato de' quarantotto (15 febbr. 1558). Insieme al titolo ereditò, come era consuetudine, la carica di provveditore del Monte comune, che Bartolomeo aveva ricoperto in quegli anni. Il D. che già in precedenza era stato nominato sindaco di questo ufficio, fu eletto provveditore il 4 febbr. 1558.
Conferite ormai "a beneplacito" del principe a coloro che, attraverso una regolare carriera, avevano acquisito una notevole esperienza nel maneggio degli affari, queste cariche "più propriamente amministrative (proveditori, cancellieri, camarlinghi)" vedono accrescere la loro importanza rispetto ai tradizionali uffici collegiali assegnati per tratta e riservati ai cittadini fiorentini. In particolare la carica di provveditore del Monte, che il D. terrà per oltre trent'anni, cumulandola con altri incarichi, comportava la gestione del debito pubblico fiorentino ed era considerata "la più degna et onorevole di tutte le altre rispetto alla sua antichità e preminenza e per tal riguardo si vede esser state sempre assunte a tal posto persone costituite in dignità senatoria. Richiede il suo ufficio prudenza, auctorità e pratica nei maneggi pubblici ...". Il provveditore del Monte comune faceva inoltre parte della Pratica segreta, una sorta di consiglio ristretto, formato dai principali funzionari dello Stato mediceo, al quale era affidata la trattazione delle più importanti questioni di politica interna.
Il 2 giugno 1559 unitamente a Carlo di Bernardo de' Medici, il D. succedette a Carlo Marucelli e a Giuliano Del Tovaglia. accusati di scarsa diligenza e di aver sminuito l'autorità dell'ufficio, nella carica di "soprassindaco".
Con la legge del 10 nov. 1552, che ribadiva un precedente decreto del 1549, erano stati deputati due cittadini, con il titolo di soprassindaci, al controllo contabile di tutti gli uffici finanziari della città di Firenze e del suo ducato. L'importanza di questa magistratura appare evidente dato che essa viene ad ingerirsi in tutti gli affari economici dello Stato esercitando appunto un potere di controllo su molte cariche di natura finanziaria, a partire dallo stesso depositario generale per arrivare, attraverso i provveditori dei vari uffici, ai camarlinghi della città, del contado e del distretto.
Stabilmente insediatosi nella élite di governo del principato mediceo il D. divenne, specialmente per quanto concerne i problemi relativi alle finanze dello Stato, uno dei principali consiglieri di Cosimo e poi del figlio Francesco, quando questi, nel 1564, succedette al padre nella direzione degli affari di politica interna. Da questa data lo troviamo infatti costantemente presente nei principali uffici dello Stato e il suo parere venne richiesto per la risoluzione dei più importanti problemi. Così, ad esempio, quando i Medici intrapresero varie iniziative minerarie, negli anni intorno al 1560, per accrescere la produzione di allume in Toscana, fu il D. che si interessò direttamente della questione. Contemporaneamente fu eletto a vari uffici, sia "per tratta" (capitani di Parte guelfa, Otto di pratica, Nove conservatori, Magistrato supremo, dove ricoprirà anche la carica di luogotenente del granduca nel 1563 e nel 1587), sia "a beneplacito" (Abbondanza, Sanità) a dimostrazione della costante fiducia di Cosimo I e di Francesco I. Sarà proprio quest'ultimo, pochi mesi prima della sua morte improvvisa, a nominarlo soprassindaco dei Nove conservatori della giurisdizione e del dominio fiorentino il 29 maggio 1587.
Sulla base della Cronaca di Giuliano de' Ricci è possibile ricostruire i retroscena della nomina del D. a questa importante carica. Dopo la morte di Carlo Pitti, nel 15 86, l'ufficio disoprassindaco era stato infatti esercitato pro tempore da Giulio di Antonio de' Nobili, provveditore della stessa magistratura. Sia il Pitti, prima, sia il Nobili si trovarono però a scontrarsi con il granduca in occasione di una controversia sorta tra la città e la Comunità di Pisa e i cittadini fiorentini che possedevano beni in quella zona a causa del pagamento degli estimi. Mentre infatti i Nove avevano sposato la causa dei cittadini fiorentini, i quali sostenevano di non dover pagare l'estimo a Pisa, Francesco I, su parere del suo auditore Iacopo Dani, aveva appoggiato le richieste dei Pisani, imponendo ai Fiorentini il pagamento "sopra tutti li beni a lira et soldo equalmente". Di fronte al temporeggiare del Nobili vi fu l'intervento deciso del granduca che "con aspro rescritto disse villania a Bonaccorso Bonaccorsi cancelliere et rimosse detto Giulio de' Nobili. Messo in suo luogo lo Antella".
Il D. prese servizio nella carica il 10 giugno 1587 e vi rimase fino alla morte, avvenuta il 25 dic. 1590. Fu sepolto nella chiesa di S. Croce.
Dal matrimonio del D. con Maria Capponi nacquero cinque figli: Giovanni, morto in giovane età, in occasione dell'esequie di Cosimo I era stato fra i "50 giovani deputati a portare il baldacchino sopra il corpo del Granduca"; Lisabetta, andata in sposa a Niccolò de' Nobili nel 1576;Niccolò, Cosimo e Francesco, destinati alla carriera burocratica.
Dopo la morte della prima moglie (28 luglio 1570),il D. sposò Fioretta di Dati di Antonio Masi.
Fonti e Bibl.: Cenni biogr. sul D. si trovano in Archivio di Stato di Firenze, Carte Sebregondi 162, e Archivio Ceramelli Papiani 170. Per il curriculum politico vedi Ibid., Tratte 86, 87 e Magistrato Supremo 4307-4315. Per la nomina a tesoriere a Civitadipenne cfr. Ibid., Mediceo del Principato 181, cc. 12r, 107v, 133v. Sempre in questo archivio utili indicaz. sulla sua attività politica si possono trovare nelle filze delle magistrature alle quali fu eletto (Monte comune, Sindaci, Nove conservatori)e, per determinare le caratteristiche di questi uffici in Misc. Medicea 413 (a c. 527r sono le notizie sul Provved. del Monte citate). Per la data di morte cfr. Ibid., Morti della Grascia, f.8, c. n. n., G. de' Ricci, Cronaca, a cura di G. Sapori, Napoli 1972, pp. 105, 288, 484, 488, 511; D. M. Manni, Il Senato fioren. ossia notizie di senat. fiorentini..., Firenze 1776, p. 10; L. Cantini, Saggi istor. di antichità toscane, V,Firenze 1796, pp. 121-28; A. Anzilotti, La costituzione interna dello Stato fiorentino sotto il duca Cosimo I de' Medici, Firenze 1910 (in particolare p. 175); Gli ordini di Margarita d'Austria per li suoi Stati di Abruzzo del 1571, a cura di G. De Caesaris, Casalbordino 1934, p. V; utili per delineare compiti e funzioni della burocrazia medicea di quel tempo oltre all'Anzilotti sono gli studi di A. D'Addario, Il problema senese nella storia italiana della prima metà del Cinquecento (La guerra di Siena), Firenze 1958 e Burocrazia, economia e finanze dello Stato fiorentino alla metà del Cinquecento, in Arch. stor. italiano, CXXI(1963), pp. 362-456; F. Diaz, Il granducato di Toscana. I Medici, Torino 1976, pp. 1146, 242 ss., 366; Potere centrale e strutture periferiche nella Toscana del '500, a cura di G. Spini, Firenze 1980, pp. 190 ss.