BELLARDI, Filippo Diego
Nacque a Ravenna il 12 nov. 1696 (il Ginanni, che rimane la fonte principale per la biografia del B., corresse la data, fornita da lui stesso al Mazzuchelli, in quella del 13); il padre Francesco, che dopo la perdita della moglie s'era dedicato alla vita religiosa, gli comunicò questa sua tarda vocazione e quella, di gran lunga precedente, della poesia, per cui s'era guadagnata una modesta fama provinciale.
Per lunghi anni la vita del B. trascorse quieta nella città natia: dopo aver compiuto in Ravenna l'usuale corso di studi, dalle belle lettere alla filosofia e alla teologia, entrò nella carriera ecclesiastica dapprima come insegnante, e lo troviamo già nel 1722 precocemente esordire come lettore di filosofia e teologia morale. Distinto per doti morali e per cultura, fu scelto nello stesso 1722 dall'allora arcivescovo di Ravenna Girolamo Crispi a suo segretario, ufficio da lui svolto con tanta passione, serietà e competenza da meritargli via via la nomina a preposto della chiesa parrocchiale di S. Agnese nel 1724, quella a esaminatore sinodale e a consultore del S. Uffizio per l'arcivescovo, e infine l'ufficio di censore alla stampa per la città di Ravenna.
Uomo di cultura e letterato, il B. non aveva tardato a brillare d'una sua modesta luce nel provinciale ambiente culturale ravennate, entrando con lode nelle due accademie cittadine dei Concordi e degli Informi, spesso intrattenendone con sue poesie od orazioni i membri, e meritando di essere ascritto a parecchie altre consimili dello Stato pontificio, tra cui quelle di Faenza, Cesena, Forlì. Della sua notevole cultura, e della peraltro insuperabile mediocrità delle doti letterarie, sono testimonianza varie opere a stampa di questi anni: dalle Rime al Signor Ercole Maria Zanotti predicatore eloquentissimo nella Chiesa metropolitana di Ravenna (Ravenna 1723, con dedica del B. al cardinale Imperiali) alle altre Rime nella solenne consacrazione delle momache di S. Andrea di Ravenna (Ravenna 1728: sono del B. il sonetto di dedica all'arcivescovo Maffeo Niccolò Farsetti, una canzone e l'opera di raccoglitore), dall'impegnativo Oratorio sacro da cantarsi per la festa de' Santi Gaetano Tiene e Filippo Neri (Ravenna 1728), dei quali il B. diffuse grandemente il culto nella sua città, alla raccolta da lui curata di Rime per la morte della N. D. la contessa Maria Teresa Lunardi Gambi (Ravenna 1730), contenente alla fine una sua men che mediocre composizione, sino all'ambizioso dramma sacro "da cantarsi in Ravenna" La fuga di Agar (Ravenna 1732).
Ma ben presto il B. avrebbe avuto occasione di prestare l'opera della sua fertile penna di letterato e lo zelo delle sue mansioni ecclesiastiche a fatiche di maggiore momento. Già nominato protonotario apostolico dal vescovo di Tricala Dionigi Pieragostini nel 1730, per la prudenza e l'abilità dimostrate nell'espletare mansioni ufficiali nell'ambito della burocrazia ecclesiastica, ebbe alfine la ventura di entrare nella segreteria del prelato più battagliero e discusso del tempo, il cardinale Alberoni. Questi, che aveva assunto la difficile legazione di Romagna nel 1735, aveva impresso subito alla sua azione di governo un ritmo assai più dinamico e spregiudicato dei suoi predecessori, portando innanzi con coraggio un'opera assidua di repressione dei disordini e della corruzione largamente diffusi nella legazione. Uno dei meriti precipui della legazione romagnola dell'Alberoni, la sistemazione idraulica dei due fiumi che da tempo minacciavano rovina alle campagne e ai monumenti ravennati, fu illustrata a splendide tinte dal B. in un suo Ragguaglio istorico della diversione dei due fiumi il Ronco ed il Montone della città di Ravenna (Bologna 1741).
Ma soprattutto fu la penna del B. animosa ed instancabile fiancheggiatrice della spregiudicata condotta dell'Alberoni nei riguardi della Repubblica di S. Marino. Approfittando di disordini interni, di trame interessate d'ambiziosi e dei diffusi malumori delle popolazioni, il cardinale legato, con una politica che gli era tipica di buoni uffici e di minacce, si era impadronito il 17 ott. 1739 di Serravalle e di Borgo San Marino, forte di un breve papale emesso troppo precipitosamente, aveva con audacia celebrato il 25 dello stesso mese l'atto di solenne dedizione della Repubblica alla S. Sede. Proteste, atti di saccheggio e soprattutto fastidiose complicazioni diplomatiche avevano ben presto però la meglio sulla debole volontà politica della curia romana, che di fronte al pericolo di conflitto preferì sconfessare l'audace iniziativa del suo legato e reintegrare il 5 febbr. 1740 la vecchia Repubblica indipendente.
Le recriminazioni, le accuse, le polemiche di quei mesi videro in prima fila il B., la cui penna, guidata dal protagonista stesso dei fatti, si eresse a difesa dell'operato dell'Alberoni. Uscirono alle stampe uno dopo l'altro un Ragguaglio della maniera tenuta dall'eminentiss. sig. card. Alberoni legato di Romagna e delegato apostolico nell'accettare la libera e spontanea soggezione de' popoli di S. Marino alla S. Sede (Ravenna 1739); un Ragguaglio dello stato in cui era la Repubblica di S. Marino prima della libera e spontanea dedizione di que' popoli alla S. Sede (s. l. né d.); una polemica Risposta ad una relazione anonima uscita ultimamente dalle stampe, con cui si pretende confutare l'operato nella libera e spontanea dedizione di S. Marino, colle postille in margine, che dimostrano l'insussistenza di tal relazione (s. l.né d.); e ancora la Piena esposizione del fatto e ragioni del sig. auditore Antonio Almerighi ferrarese al presente podestà della città d'Imola, che militano a favore del suo operato, e sentenza promulgata in S. Marino li 26 maggio 1739 contro le due relazioni anonime de'Sammarinesi (Faenza 1739), sino ad un conclusivo Manifesto in difesa dell'operato del cardinale Alberoni nella liberae spontanea dedizione de' Sammarinesi (s. l.né d.). Il contenuto di tutta questa serie di scritture era quello, espresso a chiare lettere sin nei titoli, di una difesa dell'operato dell'Alberoni sulla base dei gravi torbidi interni di S. Marino e della spontaneità assoluta di quegli abitanti nella loro dedizione alla S. Sede: la fragilità della tesi polemica, che traspare dalla sua stessa impostazione e testarda ripetizione, non toglie alle pagine del B., soprattutto per la larga parte che l'Alberoni vi ebbe nella stesura, il loro valore di documento storico di quelle vicende.
Destinato l'Alberoni ad altro incarico subito dopo le torbide vicende sammarinesi, finì con lui il periodo di più intenso impegno del Bellardi. Tornato alla normale routine del suoi incarichi burocratici e dell'attività letteraria, morì a Ravenna il 10 nov. 1760.
Bibl.: G. M. Mazzucchelli, Gli Scrittori d'Italia, II, 2, Brescia 1760, p. 619; P. P. Ginanni, Mem. storico-critiche degli scrittori ravennati, I, Faenza 1769, pp. 67-70; G. A. Coleti, Catalogo delle storie particolari, civili ed eccles. delle città e de' luoghi d'Italia, Venezia 1779, p. 200; G.Melzi, Diz. di opere anonime e pseudonime, II, Milano 1852, pp. 156, 341 s., 402 s., 421; P. Ellero, Relaz. della repubblica sammarinese, Bologna 1868, paragr. 29; G. Ricciardi, La repubblica di S. Marino e l'Italia, Napoli 1871, p. 43; C. Padiglione, Diz. bibl. e istorico della repubblica di S. Marino, Napoli 1872, pp. 8, 224, 284 s., 368 s., 374; C. Malagola, Il Cardinale Alberoni e la repubblica di S. Marino, Bologna 1886, passim; (riporta tra l'altro, pp. 24 ss., il Ragguaglio dello stato del B.); P. Castagnoli, Il card. G. Alberoni, III, Il Legato pontificio, Piacenza 1932, passim; A.Garosci, San Marino. Mito e storiografia tra il Sei e il Settecento, Milano 1959, pp. 83-102.