FIORENTINI, Filippo
Nacque ad Imola nel 1876 da Giuseppe, bellunese trasferito a Roma nel 1881 come funzionario del ministero dell'Interno, e da Maria Galotti di Imola, proveniente da una ricca famiglia di industriali delle fornaci.
Ancora studente di ingegneria, comprese l'importanza dei progressi tecnici conseguiti in altri paesi dall'industrializzazione e, spinto dalla volontà di apprendere quanto avveniva al di fuori dei confini nazionali, iniziò a lavorare dopo le ore di studio in modo da guadagnare quanto necessario per trascorrere le vacanze all'estero. Apprese così diverse lingue: l'inglese, il francese ed il tedesco, e si appropriò di conoscenze tecniche che sfruttò, in seguito, durante la sua attività lavorativa.
Laureatosi nel 1900 in ingegneria civile ed elettrotecnica, pur potendo avere agevole accesso all'amministrazione statale, preferì intraprendere la libera professione ed iniziò a lavorare in una stanza dell'appartamento paterno. Dal 1906 si dedicò esclusivamente all'attività che poi portò avanti per tutta la vita: la meccanizzazione del lavoro edilizio, settore in cui, in quell'epoca, eccellevano la Germania, l'Inghilterra e gli Stati Uniti. L'ostacolo più duro che inizialmente il F. dovette affrontare fu rappresentato dalla resistenza della classe imprenditoriale ad accettare i vantaggi indubbi della meccanizzazione del lavoro delle maestranze. Ciò lo spinse ad importare direttamente dalla Germania un'escavatrice su cingoli per dimostrare i vantaggi di efficienza ed economicità che un tale macchinario consentiva. Nonostante le iniziali difficoltà, fu comunque realizzata la meccanizzazione di diversi cantieri come quelli per la costruzione della linea ferroviaria Roma-Napoli e per la costruzione del monumento a Vittorio Emanuele III in Roma.
Agli inizi del secolo gli ostacoli allo sviluppo dell'industria meccanica italiana erano stati di diversa natura. In particolare, la larga protezione di cui godevano le industrie siderurgiche e metallurgiche rallentava la crescita dell'industria meccanica (già penalizzata dal basso consumo interno, difficoltà di esportazione, alti costi delle materie prime, limitata dimensione degli impianti, ecc.) anche perché favoriva l'assorbimento dello scarso personale specializzato esistente sul mercato verso quelle aziende che, non essendo esposte alla concorrenza, potevano erogare salari più alti. Tuttavia, attraverso la creazione di scuole e l'attività delle officine, venne gradatamente formata una manodopera più esperta anche nel settore della meccanica edile.
La parentesi della guerra bloccò l'attività edilizia e, nel 1915, il F., un anno dopo il suo matrimonio con Paolina Blasetti (dalla quale ebbe due figli: Annamaria e Giuseppe), sospese la sua attività per partire volontario come tenente del genio. Dopo un periodo di servizio al fronte, fu scelto per organizzare a Roma il comitato per la mobilitazione industriale che, in seguito, si sviluppò come organo del ministero della Guerra e, sotto la sua guida quale segretario generale con il grado di maggiore, organizzò i collegamenti e la sorveglianza degli stabilimenti che ricevevano dallo Stato le commesse di materiale bellico.
Nel 1919, avendo raggiunto il grado di colonnello di complemento, ricominciò con alcuni collaboratori a dedicarsi alla meccanizzazione dei cantieri edili realizzando lavori privati e pubblici in un momento in cui il settore edilizio riceveva particolare impulso, anche per dare sbocco occupazionale ai mimerosissimi ex combattenti che rientravano dalla guerra.
Il 10 marzo 1919 fu costituita in forma di anonima la Società Ing. Fiorentini & C. che disponeva di 20 addetti, principalmente disegnatori ed ingegneri (il capitale iniziale era di L. 500.000 in azioni da L. 100 e, finché fu alla guida della società il F., esso fu progressivamente aumentato a L. 1.200.000 nel 1925, a L. 2.000.000 nel 1931, a L. 3.350.000 nel 1935).
La società disponeva di una sede centrale in Roma e, in un quartiere periferico, di un magazzino e di una piccola officina di montaggio nella quale lavoravano alcuni operai specializzati. La sua attività consisteva nel proporre ad imprese appaltatrici di lavori edili soluzioni meccanizzate di diversi problemi tecnici fino ad allora risolti con attrezzature elementari.
Inizialmente i principali macchinari venivano acquistati dalla società all'estero, mentre le strutture di carpenteria erano realizzate da officine locali su brevetti Fiorentini.
Nella produzione di macchinari da cantiere l'officina cominciò con la progettazione e la realizzazione di un attrezzo apparentemente umile: il verricello elettrico avente la funzione di sostituire quello manuale, spesso di legno, che nei cantieri edili ancora ai primi anni del secolo era l'unico mezzo utilizzato per sollevare i materiali da costruzione al di sopra dell'altezza dell'uomo. L'attrezzo fu ritenuto utilissimo nei cantieri, tanto che la richiesta divenne sempre crescente. In seguito l'officina cominciò a produrre betoniere e molazze (macchine impastatrici di calcestruzzo e di malta). Nel periodo compreso fra il 1919 ed il 1935 l'azienda passò da 20 a 100 operai e lo stabilimento fu notevolmente ampliato. Dal 1925, due macchine (i frantoi spaccapietre e le gru a torre) che prima erano fornite dalla società, ma fabbricate in Italia settentrionale, cominciarono ad essere prodotte negli stabilimenti Fiorentini. Quando la crisi del 1929 giunse a colpire anche il settore edilizio, la società si era ormai consolidata e, superata la crisi, riprese a lavorare a pieno ritmo.
Nel 1937 la società si presentava con un complesso di 300 dipendenti, fra tecnici ed operai, e due stabilimenti, uno a Roma ed uno a Fabriano (quest'ultimo creato nel 1935, rilevando una unità ceduta dalle Officine Miliani), detenendo il primato della produzione, in termini sia qualitativi sia quantitativi, di macchine per cantiere in concorrenza soltanto con un'altra ditta di Milano (l'80% delle aziende produttrici di macchine per industrie edili era concentrata nell'Italia settentrionale). Altre piccole officine di manutenzione (in cui lavoravano 6-7 persone) facenti capo all'azienda erano situate a Milano, Bologna e Napoli.
Oltre ai macchinari già citati (utilizzati nella costruzione della rete stradale metropolitana e coloniale) fu incrementata la produzione di gruppi di frantumazione, argani, derricks a benna mordente, ecc. Alle imprese richiedenti vennero forniti impianti speciali di betonaggio, ideati dal socio Armando Taddei (che con il F. deteneva l'80% della società), utilizzati, fra l'altro, per la costruzione del ponte di Neuilly a Parigi, delle dighe del canale Alberto nel Belgio, dei porti di Orano e di Alessandria di Egitto e della diga di Mixniz in Austria.
La guerra di Etiopia e le conseguenti sanzioni economiche, comminate dalla Società delle nazioni contro l'Italia, posero seri problemi per l'acquisto all'estero di macchine escavatrici (rivelatesi, fra l'altro, essenziali per la società nei lavori delle Paludi pontine). In tale occasione si palesò il forte spirito imprenditoriale del F., il quale riuscì a persuadere gli industriali anglo-americani che - invece di lasciare libero il campo in Italia ai Tedeschi, loro unici concorrenti in questa produzione - conveniva consentire alla Fiorentini di produrre una versione italiana di escavatori in attesa che le relazioni tra i vari paesi migliorassero. Così, scelto un gruppo di collaboratori tecnici particolarmente qualificati, decise di costruire per la prima volta in Italia una macchina escavatrice di grande complessità tecnica e per di più, di costruirla a Roma, in una zona di limitata esperienza industriale. Nel 1935 il F., già sessantenne, ebbe quindi il coraggio di investire in questa impresa, che suscitava un diffuso scetticismo, tutti i guadagni della sua vita (nello stesso anno la Fiorentini incorporava la s.p.a. Romana industrie meccaniche).
Nell'arco di un anno fu realizzato il primo escavatore da 12 tonnellate di peso e dalla capacità di cucchiaio di 500 litri. Il lavoro della macchina, denominata Rorentini FB50, corrispondeva a quello di 100 uomini (fattore che suscitò anche alcune reazioni per la possibile conseguenza di perdita di posti di lavoro) e consentiva di caricare su camion fino 50 metri cubi l'ora nello scavo di sbancamento, di scavare canali fino a 15 metri di larghezza e di approfondire quelli già esistenti, di trasformarsi in autogru su cingoli cambiando poi di postazione. Essa fu subito acquistata da una impresa che la utilizzò nei lavori per la "E-42". Dal 1939 al 1943 il nuovo escavatore fu prodotto in piccole serie e ne fu avviata l'esportazione anche in Iugoslavia, Cecoslovacchia, Ungheria, sfidando la concorrenza dei prodotti tedeschi. Nel 1941 fu prodotta una macchina, FB90, analoga alla precedente, ma di peso e potenza triplicati. Gli stabilimenti lavoravano a doppio turno, con 250 dipendenti a Roma e quasi 100 a Fabriano.
Nel 1938 il F. venne nominato consulente dell'Istituto nazionale per le sperimentazioni dell'edilizia, organo del Consiglio nazionale delle ricerche.
Proprio quando la seconda guerra mondiale si avviava al suo epilogo, si aprì un periodo tragico per l'azienda e per il Fiorentini. Il 3 marzo 1944, un bombardamento aereo colpiva lo stabilimento romano e alcune bombe caddero proprio sul rifugio antiaereo dove si erano riparati 117 lavoratori che rimasero tutti uccisi. Fra loro (operai, tecnici ed organizzatori) c'era anche il genero del Fiorentini. I danni arrecati all'azienda furono notevolissimi e riparati lentamente con grandi sforzi finanziari da parte del F. stesso. Il suo patrimonio, eccezion fatta per la sua partecipazione azionaria nella società, in quel momento prossima al dissesto (si riprenderà soltanto negli anni Cinquanta), era rimasto quello dell'inizio della sua carriera.
Il F., fortemente provato dalla distruzione della sua azienda, morì a Roma il 18 nov. 1944.
Fonti e Bibl.: Confederaz. gen. dell'industria italiana, Creatori di lavoro, Roma 1954, pp. 83 s.; Id., Creatori di lavoro, Roma 1968, pp. 245 s.; Artefici del lavoro italiano, Roma 956, pp. 274 s.; Associazione fra le società italiane per azioni, Repertorio delle Società italiane per azioni, I, Roma 1973, p. 1213. Sull'industria meccanica in generale si veda: E. Corbino, Annali dell'economia ital., V, 1901-1914, Napoli 1931-1934; A. Jacoboni, L'industria meccanica italiana, Roma 1949, passim.