FILIPPO I d'Angiò, imperatore nominale di Costantinopoli
Quarto figlio di Carlo II d'Angiò, dal 1285re di Napoli, e di Maria di Ungheria, nacque nel 1276. Fino all'età di tredici anni soggiornò nel Regno, dove venne educato da Etienne de La Forêt. Il 3 nov. 1289 Carlo II lo fece venire in Provenza, dove egli si trovava impegnato nelle trattative di pace con gli Aragonesi: nei piani del re F. avrebbe dovuto ricoprire un ruolo importante per il riordinamento dei possedimenti angioini in Grecia. Il Despotato di Epiro costituiva il fulcro dei piani di Carlo II: in effetti buoni rapporti con questo paese erano il presupposto per poter conservare i possedimenti greci degli Angiò. Quindi nel giugno 1291 il re ordinò al principe d'Acaia Fiorenzo di Hainaut e a Pierre de l'Isle di negoziare il matrimonio tra F. e la principessa d'Epiro Thamar. Per rendere il matrimonio più allettante per la casa d'Epiro, Carlo II prospettò la possibilità di investire il figlio del principato di Taranto; Thamar invece avrebbe ricevuto come dotario un terzo del principato d'Epiro. Ciò comportava però la ricostituzione del principato di Taranto, che sin dall'ascesa al trono di Manfredi nel 1258dipendeva direttamente dalla Corona.
Dopo lunghe e complicate trattative, verso la fine del 1293 si giunse ad un accordo e nel luglio 1294 fu sottoscritto il definitivo contratto di matrimonio. La dote di Thamar comprendeva i castelli di Lepanto, Vonitza, Euloco, Angelocastro e Giannina. Alla morte del despota Niceforo metà dell'Epiro sarebbe andata a F., mentre l'altra metà gli sarebbe toccata solo dopo la morte della despina Anna, madre della sposa. Inoltre Carlo II (che il 16 dic. 1293 aveva concesso a F. il principato di Taranto come feudo per lui, trasmissibile ai propri discendenti, e lo aveva investito anche di vaste zone della contea di Acerra) investì suo figlio, il 13 ag. 1294, delle isole di Corfù e di Butrinto, ultime teste di ponte angioine in Albania, e gli cedette tutti i diritti e le rivendicazioni angioine in Acaia, Atene, Albania e Tessaglia, mantenendo per sé solo la "superioritas", l'alta signoria feudale. La celebrazione del matrimonio di F. con Thamar d'Epiro nel dicembre 1294 concluse la prima fase del grandioso progetto di fondare per F. un dominio feudale dipendente dal Regno di Napoli, che si estendeva sulle due sponde del mar Ionio. F. era ormai uno dei più potenti feudatari del Regno: le due investiture gli erano state confermate con un solenne privilegio in occasione della sua ordinazione a cavaliere il 4 febbr. 1294, e le rendite annuali dei due feudi ammontavano a 2.000 once d'oro.
Nel 1294 e nel 1295 F. ricoprì per tre brevi periodi l'ufficio di vicario del Regno in assenza del padre, insufficienti comunque per acquisire un profilo politico. Solo nel 1299, quando la guerra per la Sicilia aveva raggiunto il suo culmine, il principe ebbe la possibilità di agire autonomamente sul piano politico e militare. Nel giugno 1299 ricevette l'ordine di dirigersi con una flotta di quaranta galere verso Catania, espugnata poco tempo prima dalle forze riunite angioino-aragonesi, per portare rinforzi al fratello maggiore Roberto, che si trovava a capo del contingente angioino. Con le truppe riunite i due fratelli avrebbero dovuto muovere contro Federico III, che si trovava con il suo esercito presso Enna. La decisione di Carlo II di inviare F. in Sicilia suscitò le irose proteste di papa Bonifacio VIII e dei cardinali Gerardo di Parma e Matteo Rosso Orsini; ma, nonostante tutti gli ammonimenti, il principe si imbarcò in autunno per la Sicilia. In alto mare però egli cambiò i piani di propria iniziativa decidendo di sbarcare a Trapani. L'errore di dividere le truppe angioine permise a Federico III di sferrare una controffensiva affrontando separatamente i due eserciti. Il sovrano aragonese condusse tutte le sue truppe verso Trapani scontrandosi con il contingente di F. nella piana Falconaria (l'attuale Birgi). Grazie alla superiorità numerica delle sue forze e ad alcuni errori tattici di F., Federico III inflisse il 10 dic. 1299 una terribile sconfitta alle truppe angioine. F. fu fatto prigioniero insieme con molti dignitari angioini. Riottenne la libertà solo con il trattato di Caltabellotta del 29 ag. 1302, dopo essere rimasto prigioniero a Cefalù e poi a Butera, presso Casteltermini, e rientrò a Napoli il 16 ott. 1302.
Subito dopo il ritorno dalla prigionia il F. riottenne il principato di Taranto, che Carlo II aveva fatto amministrare nel frattempo da parte di un vicario. Nel 1304 con una seconda investitura di F. il principato fu ancora considerevolmente ingrandito, e inoltre il principe ottenne anche l'alta giurisdizione criminale del suo feudo.
Risolti i problemi precedenti, dal 1304 in poi F. cercò di rafforzare la sua posizione in Epiro e Acaia ove già tra il 1296 e il 1298 era morto il despota Niceforo. Nell'aprile del 1304 legati angioini chiesero ad Anna d'Epiro la consegna di metà del Despotato come previsto dal contratto di matrimonio. La despina non accettò questa richiesta, poiché voleva assicurare al figlio Tommaso la signoria sull'Epiro. Inoltre la politica religiosa angioina aveva destato risentimenti tra gli Epiroti: funzionari di F. nei territori sottomessi al principe non avevano rispettato la religione ortodossa, contravvenendo agli accordi che garantivano libertà religiosa ai Greci. Carlo II rispose con la guerra: nel giugno 1304 Filippo di Savoia, principe di Acaia dal 1301, invase l'Epiro alla testa di un esercito, ma dopo un iniziale successo Anna, mediante pagamento, lo convinse a ritirarsi in Acaia. Quando il tradimento di Filippo di Savoia fu noto a Napoli, Carlo II, il 6 ott. 1304, concesse a F. la signoria diretta sull'Acaia. Il 5 giugno 1306 Filippo di Savoia e Isabella di Villehardouin sua moglie, principi di Acaia, furono formalmente deposti da Carlo II.
All'inizio F. non aveva preso parte personalmente agli avvenimenti del 1304, perché nel luglio di quell'anno si era recato in Catalogna per condurre in Italia meridionale Sancia di Maiorca, sposa del successore al trono, Roberto. Dall'autunno 1304 condusse però personalmente i preparativi per la campagna d'Epiro. Il padre gli promise un finanziamento di 6.000 once e il 7 ottobre lo nominò capitano generale delle province di Capitanata, Terra d'Otranto e Terra di Bari, in modo che egli potesse disporre delle risorse di tutte le Puglie. Ma le difficoltà finanziarie risultarono infine insormontabili: così l'8 giugno 1305 F. strinse un patto con gli ambasciatori della despina, nel quale, tra l'altro, si prometteva alla casa epirota la metà del despotato che originariamente doveva andare a Filippo.
Il trattato rimase però lettera morta, poiché F. e Carlo II riuscirono a stringere il 18 ott. 1305 un'alleanza con Giovanni Orsini, conte di Cefalonia, per la conquista dell'Epiro. All'inizio del 1306 furono quindi di nuovo intrapresi febbrili preparativi; per finanziare l'impresa F. ipotecò le rendite di Lepanto per un anno contro 31.000 iperperi e vendette con il consenso del padre una parte dei suoi feudi per 16.000 once. Al principio del giugno 1306 F. salpò dalla Puglia con una flotta di 24 galere, 4.000 cavalieri e 6.000 fanti. Due erano gli scopi della spedizione: in primo luogo voleva rafforzare la sua signoria sulla Acaia, sulla quale Filippo di Savoia, nonostante la deposizione, avanzava ancora pretese; in secondo luogo egli progettava di attaccare l'Epiro con la sua armata, rinforzata dalla nobiltà francese di Morea e dalle truppe di Giovanni Orsini. In effetti F. trovò in Acaia un riconoscimento generale. Dopo una breve campagna in territorio bizantino con la presa del castello di Tripotamo, invase l'Epiro. La spedizione si concluse però con un completo fallimento, poiché le truppe angioine furono decimate da un'epidemia di dissenteria. F. si vide costretto a stringere un trattato di pace con la despina, ma riuscì almeno a ottenere la restituzione dei castelli di Lepanto e di Vonitza e del porto albanese di Butrinto, che nel frattempo era stato occupato dalle truppe epirote.
Ciononostante, F. non abbandonò i suoi progetti. Già al principio del 1307 si recò a Poitiers presso la Curia papale per ottenere l'appoggio di Clemente V per i suoi piani nei Balcani. Questi nel maggio 1307 gli concesse effettivamente una decima biennale nelle contee di Provenza e Forcalquier, ad Arles e nel principato di Acaia, per difendere i possedimenti angioini nella Romania. Nello stesso tempo F. riuscì a raggiungere un compromesso con Filippo di Savoia: l'11 maggio quest'ultimo gli cedette tutti i suoi diritti sull'Acaia e ottenne in cambio la contea d'Albe in Abruzzo, presso Avezzano. Questo compromesso però non divenne mai effettivo, poiché F. si rifiutò di adempiere all'impegno preso a Poitiers.
La morte di Carlo II, il 5 maggio 1309, frustrò il piano di F. di muovere di nuovo guerra all'Epiro. Il 6 giugno 1309 il nuovo re Roberto, in procinto di recarsi presso la Curia di Avignone, nominò il fratello capitano generale del Regno, cosicché F. fu costretto a rimandare la campagna di Romania sino al ritorno del re. Tuttavia, poco dopo il rientro di Roberto nel Regno, un altro avvenimento sconvolse i piani di F.: il 15 marzo 1311 la Compagnia catalana aveva annientato le truppe del duca di Atene Gualtiero V di Brienne lungo il fiume Cefiso. Re Roberto tenne conto della nuova situazione, proponendo al re aragonese della Sicilia Federico III di cedergli l'isola in cambio della signoria sul principato di Acaia e sui resti del Regno di Albania. Ma poiché Federico III non accettò le proposte di Roberto, non se ne fece niente.
Già il 1º apr. 1311 inviati fiorentini avevano chiesto a F. di assumere il comando della "taglia" (contingente di milizie) guelfa di Toscana. I guelfi toscani volevano probabilmente ottenere la protezione degli Angioini, dopo che i contrasti con l'imperatore Enrico VII si erano inaspriti e un conflitto armato sembrava inevitabile. Ma il re impedì al fratello di accettare l'incarico, poiché voleva evitare in quel momento un'aperta rottura con l'imperatore. Nell'autunno del 1311 F. si recò a Vienne, dove avrebbe dovuto prendere parte, come rappresentante di re Roberto, al concilio indetto da Clemente V. Egli cercava in primo luogo di allearsi con la Compagnia catalana con la mediazione di re Giacomo II d'Aragona, per utilizzare ai suoi fini questa formidabile forza militare, ma sembra che i colloqui fossero infruttuosi, e F. cominciò a progettare un nuovo intervento militare in Epiro.
L'intento principale di F. presso il concilio era comunque quello di ottenere il permesso di sposare Caterina di Valois, figlia di Carlo di Valois e Caterina di Courtenay, ed erede dell'Impero latino di Costantinopoli, matrimonio reso ora possibile dall'annullamento del precedente con Thamar d'Epiro. Papa Clemente V infatti aveva negato la dispensa matrimoniale a causa del precedente (1302) fidanzamento di Caterina con il duca Ugo di Borgogna. Ma, sotto le pressioni del re di Francia, Caterina il 30 sett. 1312 dichiarò infine di voler sciogliere il fidanzamento con Ugo, visto che questi non era abbastanza potente per riconquistare Costantinopoli, motivo per cui ella desiderava sposare Filippo. Il 27 dic. 1312 il papa concesse finalmente la dispensa desiderata.
Il re di Francia stabili le modalità del trattato matrimoniale. Il 6 maggio 1313 fu prospettato un risarcimento di 55.000 libbre tornesi per il duca di Borgogna. Luigi, fratello minore di Ugo, avrebbe sposato Matilde di Hainaut, che avanzava anch'essa pretese sull'Acaia. F. avrebbe dovuto quindi cedere agli sposi il principato di Acaia, per il quale essi dovevano prestargli omaggio. F. si impegnò ad ottenere il consenso del fratello per questa operazione, poiché era da lui che aveva ottenuto l'Acaia in feudo. Il 29 luglio 1313 a Fontainebleau fu siglato il trattato definitivo: qualora fossero nati degli eredi dal matrimonio di F. con Caterina, l'Impero latino alla morte dei genitori sarebbe andato a loro. Se il matrimonio fosse stato sterile e Caterina fosse morta prima di F., metà dell'Impero sarebbe andata al F. e metà a suo figlio Carlo, e alla sposa di questo, Giovanna di Valois. Ma questi avrebbero ricevuto la loro parte dell'Impero come feudo da F., che da solo avrebbe portato il titolo imperiale. Nel caso in cui anche il matrimonio di Carlo di Taranto fosse rimasto senza eredi, tutti i diritti sul trono di Costantinopoli sarebbero tornati alla casa di Valois. F. da parte sua promise di assegnare come dotario a Caterina la contea di Acerra e una rendita annuale di 1.200 once d'oro.
Nello stesso giorno, 29 luglio 1313, si celebrarono a Fontainebleau i matrimoni di F. con Caterina e di Luigi di Borgogna con Matilde di Hainaut, che furono investiti da F. del principato di Acaia. F. era riuscito quindi ad aggiungere a tutti i suoi titoli anche quello di imperatore di Costantinopoli, un titolo privo di contenuto quanto lo era quello di despota della Romania, poiché non era collegato ad alcun potere reale.
Per il momento F. non ebbe modo di realizzare con le armi le sue rivendicazioni, e gli anni successivi gli riservarono altri compiti. Poco dopo il ritorno in Italia meridionale egli prese parte nel 1314 alla fallita invasione della Sicilia condotta dal fratello Roberto. Questi nell'estate del 1314 aveva inviato il fratello minore Pietro detto Tempesta, conte di Eboli, per guidare l'armata guelfa contro i ghibellini di Pisa, guidati da Uguccione Della Faggiuola. Dato che l'operazione del conte di Eboli non ebbe successo, Firenze chiese a re Roberto, di inviare F. in Toscana come capitano della taglia guelfa.
F. si mise in marcia verso Firenze l'11 giugno 1315, accompagnato dal figlio Carlo oltre che da 500 cavalieri e da 300 fanti, ma giunse a Firenze solo il 6 agosto. Lungo il cammino si erano aggiunti alla sua armata confingenti toscani, portando il numero degli armati a 4.200. Dopo aver raccolto altre truppe egli avanzò verso Fucecchio, dove si trovava Pietro conte di Eboli con una parte della sua armata. Le operazioni furono rese più difficili dalle precarie condizioni di salute di F., che fu ripetutamente colpito da attacchi di quartana. Il 28 agosto, puntando verso Buggiano, F. cercò di tagliare la ritirata ad Uguccíone, che assediava con le sue truppe il castello di Montecatini, e di costringere i Pisani ad ingaggiare battaglia. Evidentemente egli non dubitava della propria vittoria poiché la cavalleria guelfa, formata da 4.000 cavalieri, era nettamente superiore a quella ghibellina, forte di soli 2.500 cavalieri. Al mattino del giorno seguente, mentre F. era colpito di nuovo da un attacco di malaria, Uguccione attaccò di sorpresa l'armata guelfa, che non ebbe neanche il tempo di disporsi in ordine di battaglia. La vittoria ghibellina fu completa: quasi tutta l'armata nemica fu massacrata o spinta nelle paludi di Fucecchio. Il figlio Carlo, e il fratello Pietro caddero anch'essi sul campo di battaglia. Solo a stento F. riuscì a salvarsi raggiungendo Firenze, dove rimase fino al principio del 1316 a causa delle sue cattive condizioni di salute. Già nel dicembre 1315 era stato sostituito da Bertrando Del Balzo come capitano della Lega guelfa.
Negli anni successivi F. intraprese sporadici tentativi di conquistare Costantinopoli cercando alleati, ma senza alcun successo.
Mentre questi tentativi erano ancora in corso, F. insieme con re Roberto e con il fratello minore Giovanni conte di Gravina si era recato a Genova (luglio 1318) per liberare la città da un assedio dei ghibellini. Dopo il successo di questa impresa, che garantì a Roberto la signoria della città per dieci anni, nella primavera del 1319 i tre fratelli si recarono ad Avignone presso la Curia papale, e qui F. rimase fino all'estate del 1320. Nel frattempo però erano accaduti fatti che rendevano più difficile la realizzazione dei suoi piani nei Balcani e minacciavano l'unità della casa d'Angiò.
Dopo la morte di Luigi di Borgogna (2 ag. 1316), il duca Ottone, suo fratello, aveva rivendicato per sé il principato di Acaia, poiché nel trattato del 1313 era stato stabilito che in mancanza di eredi di Luigi la Morea sarebbe dovuta restare alla casa di Borgogna. Ma la vedova Matilde di Haìnaut, cui era stato assicurato l'usufrutto vita natural durante, non voleva rinunciare alle sue pretese sull'Acaia, poiché, in quanto figlia di Isabella di Villehardouin, si considerava legittima erede del principato. Dal canto suo anche F. rivendicava nuovamente per sé il dominio diretto sulla Morea, visto che dopo la morte di Luigi di Borgogna egli considerava il principato come un feudo decaduto. Ad accrescere la confusione si aggiunse nella contesa Roberto d'Angiò in qualità di supremo signore feudale. Poco prima della sua partenza per Genova egli fece condurre con la forza Matilde dall'Acaia a Napoli, e la costrinse a sposare Giovanni conte di Gravina e a cedergli tutti i suoi diritti sull'Acaia. Ora anche Giovanni si considerava principe d'Acaia, cosicché tra questo e F. si accese ben presto un aperto conflitto. Contemporaneamente il despota d'Epiro Tommaso, con cui F. si era appena riconciliato, fu assassinato da Giovanni Orsini. F., tuttavia, il 19 apr. 1319 investì il suo secondogenito, Filippo, figlio di Thamar, del despotato d'Epiro. Per quanto riguarda l'Acaia F. cercò di accordarsi con Ottone di Borgogna, per cui nell'estate del 1320 si recò personalmente nella Francia settentrionale. Il duca Ottone però cedette il 14 apr. 1321 i suoi diritti sull'Acaia al conte Luigi di Clermont per 40.000 libbre tornesi. Quindi il 29 aprile F. si accordò con il conte di Clermont, che non aveva alcuna intenzione di far valere nei fatti le sue pretese sull'Acaia. Sua figlia, Beatrice, avrebbe dovuto sposare il despota titolare d'Epiro Filippo, portandogli in dote le 40.000 libbre tornesi pagate a Ottone da Luigi di Clermont. I diritti sulla Morea passarono invece al principe di Taranto.
Per quel che riguardava l'Acaia, il 5 genn. 1322 re Roberto riuscì a condurre i suoi due fratelli ad un compromesso: il re investì dell'Acaia F., che a sua volta investì del feudo il fratello minore. I due fratelli, nella primavera del 1322, organizzarono insieme una piccola spedizione in Albania, guidata dal figlio di Giovanni, Roberto, per riconquistare Durazzo, caduta nel 1318 nuovamente in mano serba e praticamente autonoma dal 1320. Realizzato questo obiettivo, cessò bruscamente anche la concordia tra i due fratelli: a partire dall'autunno 1322 cominciarono entrambi, ognuno per conto proprio, ad organizzare una campagna in Grecia, finché nel maggio 1323, sotto la minaccia di un imminente attacco contro Corfù da parte del despota di Epiro, i due fratelli si decisero nuovamente a coordinare la loro azione. Il 19 maggio siglarono perciò un accordo per una spedizione in Epiro e Acaia fino al golfo di Corinto. Nel gennaio 1325 Giovanni di Gravina, comandante dell'impresa, partì finalmente per la Morea con 25 galere, ma la spedizione si risolse in un completo disastro.
Per il momento F. dovette astenersi dall'organizzare una nuova campagna in Oriente, poiché il basileus Andronico era in trattative con papa Giovanni XXII e re Carlo IV di Francia per una riunificazione delle Chiese. Subito dopo il fallimento di queste, F. ricominciò a progettare un nuovo intervento nei Balcani; verso la metà del 1326 cercò ancora di ottenere l'appoggio della casa d'Aragona, in modo da poter utilizzare per i suoi scopi la Compagnia catalana, stabilitasi nel frattempo nel ducato di Atene. Dopo il rifiuto di re Federico III di Sicilia di stringere rapporti matrimoniali con la casa di Taranto, F. alla fine dell'anno propose a re Giacomo II, fratello di Federico, un doppio matrimonio: il figlio di F., Filippo despota titolare d'Epiro, avrebbe dovuto sposare Iolanda, figlia di Giacomo, e la figlia Bianca un principe aragonese. Le trattative si conclusero con successo, e papa Giovanni XXII concesse il 14 ott. 1327 le necessarie dispense matrimoniali. Per il matrimonio di Bianca la scelta di Giacomo cadde sul suo quintogenito Raimondo Berengario, conte di Prades. I due matrimoni furono celebrati nell'estate dell'anno successivo. Non si realizzarono però le speranze di F. di spingere così la Compagnia catalana alla collaborazione. Mentre F. trattava con gli Aragonesi nel gennaio 1327 suo figlio cominciò i preparativi per una spedizione in Epiro. Ma questi andarono per le lunghe e un attacco degli Epiroti contro Corfù e Lepanto ritardò ulteriormente la partenza.
La morte del figlio Filippo, nel giugno 1331, vanificò comunque ogni impresa. Nell'agosto 1331 F. strinse un altro accordo con il duca titolare di Atene Gualtieri (VI) di Brienne, in base al quale questi si impegnava ad invadere l'Epiro nell'autunno del 1331, mentre F. avrebbe dovuto finanziare l'impresa. Due terzi delle conquiste sarebbero andate a F. ed il resto al duca. Questa campagna ebbe effettivamente luogo, e Gualtieri ottenne anche alcuni successi. Nell'autunno del 1331 fu conquistata la capitale dell'Epiro, Arta; Giovanni Orsini, che si era insediato come despota, inviò ambasciatori a Napoli, che prestarono a F. giuramento di vassallaggio per l'Epiro.
Durante il suo ultimo anno di vita si prospettò a F. l'inattesa possibilità di ottenere per la sua casata la contea di Provenza. Dopo la morte del successore al trono Carlo di Calabria, re Roberto cercò di assicurare alle due nipoti Giovanna e Maria, nate dal matrimonio di Carlo con Maria di Valois, la successione nel Regno di Napoli e nella contea di Provenza. Ma il testamento di re Carlo II era d'ostacolo a questo progetto, poiché prevedeva solo la successione maschile nella contea di Provenza. In base a questo testamento F. pretese per sé la Provenza. Tra il re e F. scoppiò quindi un conflitto aperto che costrinse papa Giovanni XXII ad intervenire. Sotto le pressioni del papa F. alla fine cedette e il 3 marzo 1331 prestò a Napoli attraverso i suoi procuratori un giuramento con il quale riconosceva Giovanna o sua sorella minore Maria anche come eredi della contea di Provenza.
F. morì a Napoli il 24dic. 1331 e lì fu seppellito nella chiesa di S. Domenico Maggiore; il lato frontale del sarcofago, scolpito da Tino di Camaino, è ancora visibile. Dal matrimonio con Caterina di Valois F. ebbe due figlie, Margherita e Maria, e tre figli: il primogenito Roberto gli succedette in tutti i feudi e titoli, il secondogenito Luigi sposò nel 1348 la regina Giovanna I, il terzogenito Filippo succedette al fratello Roberto morto senza eredi nel 1364.
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