FILIPPO II Augusto, Re di Francia
F. nacque nel 1165 da Luigi VII, re di Francia (1137-1180), e da Adele di Champagne (m. nel 1206) e successe al padre nel 1180, dopo essere stato incoronato a Reims nel 1179; regnò fino al 1223, anno della sua morte.F. diede salde basi alla monarchia francese, attuando importanti innovazioni nel sistema di governo e proseguendo la politica paterna di affermazione del potere regio sulle più potenti famiglie feudali, specialmente nei confronti della casata di Blois-Champagne e dei conti di Fiandra, nonché contro i sovrani inglesi della dinastia plantageneta. Il sovrano francese partecipò inoltre insieme all'imperatore Federico I Barbarossa (1152-1190) e al re d'Inghilterra Riccardo Cuor di Leone (1189-1199) alla terza crociata. Alla riconquista di Acri nel 1191 sembra riferirsi un affresco del 1200 ca. nella chiesa danese di Hornslet, dove sarebbe possibile riconoscere un'immagine di F. (Soøderstrøm, 1991). F. attaccò poi i territori inglesi in Normandia, per continuare il conflitto anche contro il sovrano inglese Giovanni Senzaterra (1199-1216), fino a occupare Normandia (1204), Bretagna, Poitou e Aquitania. Sostenitore di Federico II di Svevia (1194-1250) contro Ottone di Brunswick (1182-1218), F. mantenne sempre un atteggiamento indipendente nei confronti del papato e sostenne in Francia le organizzazioni cittadine contro la feudalità. Le prime biografie ufficiali e semiufficiali di F., in latino, vivente ancora il sovrano, si devono a Rigord de Saint-Denis (Gesta Philippi Augusti) e a Guglielmo il Bretone (Historia de vita et gestis Philippi Augusti; Philippis).Gli inizi del regno di F. furono impegnati in una vasta guerra di fortezze, in rivalità con i Plantageneti. Il corpo specializzato nell'arte dell'assedio che questi avevano organizzato fu uno dei fattori che determinarono lo straordinario perfezionamento dell'architettura fortificata dell'età di F. (ErlandeBrandenburg, 1982; Châtelain, 1991), assolutamente innovativa e risultato di una mirata politica edilizia, sostenuta non solo dal desiderio di conquista, ma soprattutto dalla volontà di occupare il territorio e di mantenere le nuove frontiere, disponendo di strutture razionali e funzionali.L'estensione del programma di fortificazioni - sia edificate sia acquisite - risulta dalla lista di centotredici castelli e fortezze appartenenti a F. contenuta nel registro A, detto Vetus Registrum (Roma, BAV, Ottob. lat. 2796), che interessa solo il primo decennio del Duecento (registri successivi contengono sull'argomento solo scarse indicazioni). Frammentarie sono invece le notizie su lavori di minore entità.Le iniziative promosse da F. nel campo dell'architettura militare prevedevano tre tipi di intervento: la costruzione di strutture ex novo, il ripristino di precedenti impianti fortificati e, soprattutto, il più originale, l'edificazione di opere di difesa aggiuntive installate in fortificazioni già esistenti, che si esplicò nella costruzione di torrioni cilindrici; questi erano estremamente funzionali dal punto di vista costruttivo e militare per semplicità d'impianto e qualità della messa in opera e di grande efficacia psicologica, in quanto richiamavano alla mente il torrione più importante, quello parigino del Louvre, assumendo in tal modo la funzione di simbolo del potere capetingio.Eretti secondo una formula costante, tra loro simili in pianta e in alzato e per dimensioni (altezza m. 25-30 ca.) e caratterizzati da proporzioni fisse - a Dun-le-Roi (od. Dun-sur-Auron nel dip. Cher) il maestro Abelin venne incaricato di erigere la struttura nella stessa dimensione della torre di Parigi -, i torrioni di F. sono donjons cilindrici, a pareti lisce di spessore considerevole (m. 3-4 ca.), dall'apparecchio murario regolarissimo, privi di contrafforti, poggianti su una base piena troncoconica, alta m. 6 ca. (con qualche precedente in Inghilterra e in Terra Santa; Châtelain, 1991). Normalmente protetti da un fossato circolare e con base a scarpa - elemento di maggiore stabilità e di migliore difesa, destinato peraltro a divenire una costante nelle fortificazioni a partire dal sec. 13° (Mesqui, 1991-1993, I) - e pavimentazione in pietra, essi presentavano un'analoga sistemazione interna degli spazi, in linea di massima costante. Costituisce uno dei tratti più specifici di questo tipo di donjon la presenza di due porte d'ingresso con ponti levatoi (pontes tornatiles), una delle quali sovente chiamata 'porta dei campi', che facilitava la fuga in caso di assedio troppo lungo e consentiva la controffensiva e la mobilità, secondo una concezione tattica di difesa attiva. I due accessi introducevano nella torre a tre piani, voltati in genere i primi due a crociera ogivale - sei costoloni con chiave centrale, ricadenti su mensole talora a decorazione fogliata, a crochets o anche con testine, secondo una tipologia praticamente identica in tutti gli esempi conservati - e copertura lignea all'ultimo livello: la presenza della volta ogivale in quasi tutti i piani costituiva un'innovazione originale. Nei torrioni si trovavano camini, pozzo e latrine, oltre a scale in spessore di muro o a vista, sufficientemente ampie da permettere il rapido passaggio da un piano all'altro in caso di necessità; le aperture erano costituite, oltre che da rare arciere - tra le prime del genere, caratterizzate da sguancio poco aperto, con feritoia semplice -, da piccole finestre rettangolari, più ampie mano a mano che si saliva, disposte lungo tutto l'alzato, secondo un uso destinato a diffondersi nel corso del Duecento. Un ulteriore tratto innovativo di queste strutture erette da F. - integrate nelle mura della città o del castello, spesso in posizione d'angolo - era costituito dal loro posizionamento, sempre periferico rispetto all'impianto, che attesta una volontà di difesa di tipo inedito: non più un donjon come ultimo rifugio, imprigionabile al centro della piazzaforte, bensì un bastione avanzato (Châtelain, 1991). Questa finalità spiega anche l'impianto circolare, che aveva il vantaggio di eliminare gli angoli morti e di consentire una migliore sorveglianza dall'alto. La messa in opera, inoltre, e quindi l'edificazione dei torrioni erano rese facili e celeri grazie all'uso di pietre lavorate tutte in maniera identica.Il donjon di Villeneuve-le-Roi (od. Villeneuve-sur-Yonne, in Borgogna), impostato sulla cinta delle mura urbiche (Vallery-Radot, 1967), e quello di Dourdan (nell'Ile-de-France) consentono di identificarne altri, con caratteristiche similari, attribuibili a F., specie nella regione normanna: la Tour du Prisonnier a Gisors, nel Vexin, del 1196 (inserita come quella di Laon sulla fortezza di età precedente; Bruand, 1958), la Tour Jeanne d'Arc a Rouen (1205), la Tour des Archives a Vernon (1196), la Tour Grise a Verneuil-sur-Avre (eretta a completamento della cinta muraria urbica; Salet, 1953), il donjon di Lillebonne (post 1204; Vallery-Radot, 1966) e la Tour Talbot a Falaise (1207) - dove F. fece rinnovare le mura sia del castello sia della città -, innestata su due donjons di età precedente, moderatamente larga e molto alta, a sei livelli, più slanciata delle altre (Decaris, 1988). A S della Loira si segnalano il torrione di Loudun, il donjon nello Château du Coudray a Chinon (probabilmente successivo al 1204) e, forse, il donjon del castello di Montreuil-Bonnin (Châtelain, 1991).L'esame degli interventi costruttivi promossi da F. come fortificazioni erette integralmente ex novo risulta più complesso, in quanto si tratta di opere edilizie sostanzialmente scomparse. I castelli eretti da F. presentavano impianto geometrico, generalmente quadrato, impostato su terreno piano e di estensione non superiore a ha 0,5, secondo un tipo di disposizione di tipo ortogonale e torri d'angolo già presente occasionalmente in alcuni esempi francesi e noto in Terra Santa nel sec. 12°, per es. Byblos (od. Jebail), in Libano, e Belvoir nella Franca Contea, entrambi però di dimensioni assai maggiori (Mesqui, 1991-1993, I). Tale impianto, desunto peraltro dai castra romani, non costituì una innovazione dell'architettura militare di F., che ne rese tuttavia sistematica l'adozione, con perfezionamenti che ne fecero un archetipo imitatissimo, uno dei vettori più dinamici della diffusione dello schema rettangolare regolare (Mesqui, 1991-1993, I). Sul piano tattico, con le innovazioni di F. si passò da una difesa 'in profondità', basata sulla moltiplicazione degli ostacoli per impedire l'accesso al nucleo centrale dell'impianto, a una difesa concentrata sulla cinta muraria; questa era dotata di cammino di ronda e parapetto, base a scarpa e fossato largo eprofondo, pavimentato e talora contenente acqua con una regolazione a chiuse, torri di fiancheggiamento cilindriche a distanza regolare (m. 30 ca.) analoghe ai donjons ma di dimensioni minori, collocate sia lungo il muro di cinta sia sugli angoli dell'impianto e provviste di innumerevoli feritoie per moltiplicare le possibilità di tiro. Gli edifici residenziali si addossavano alle mura di cinta, liberando la corte interna. Particolare attenzione era rivolta agli ingressi dei castelli, anch'essi tratto originale dell'architettura militare di F., che si aprivano al centro di uno dei lati della cinta muraria ed erano costituiti da uno stretto passaggio inquadrato da due torri, spesso collegate tra loro al piano superiore (Châtelain, 1991): oltre a rinforzare il punto più vulnerabile della struttura, tale soluzione soddisfaceva anche esigenze di rappresentanza, esaltando la monumentalità della porta.L'imponente fortezza del Louvre a Parigi, che sorvegliava l'accesso occidentale alla città, fu la prima eretta da F. (tra il 1190 e il 1202), con un formidabile torrione, a quattro piani tutti coperti a volta, destinato a conservare tra l'altro il tesoro e gli archivi e situato al centro del cortile quadrangolare delimitato dalle mura, alle quali si appoggiavano a O e a S grandi sale voltate. Gli scavi (1985) hanno evidenziato la pavimentazione in pietra da taglio del donjon cilindrico, scomparso nel 16° secolo. Le caratteristiche della fortificazione parigina nel suo insieme possono comunque essere desunte dal castello di Dourdan - solida fortezza edificata, per ordine di F., nel settore sudoccidentale del domaine royal con cinta rettangolare a otto torri e mastio d'angolo cilindrico - e da quello di Yèvre-le-Châtel (Vallery-Radot, 1930).Agli interventi promossi da F. nella capitale vanno aggiunti quelli in Normandia e nell'Ile-de-France: Bourges (entro il 1190), Amiens (1190-1195), Evreux (1199), Corbeil, Melun, Montargis, Dun-le-Roi (1202), la fortezza di Caen, Falaise (1207), il castello nuovo di Rouen, Orléans, Laon (1204-1212) e Péronne. F. puntò anche al potenziamento delle capacità difensive delle città, alle quali il sovrano ordinava di realizzare opere edilizie, sostenendo tuttavia in genere solo una parte delle spese per le nuove strutture, tra le quali particolare importanza rivestivano le mura: alte m. 7,5 ca., circondate da ampio fossato e rinforzate da bastioni.Nella conoscenza di opere dei teorici romani, in particolare di Vegezio, e nell'analisi dei monumenti antichi, oltre che delle fortificazioni conosciute nel corso della crociata, trovano in parte una spiegazione le innovazioni architettoniche dell'età di F. (Erlande-Brandenburg, 1982), il quale doveva disporre di un gruppo di esperti di lavori di fortificazione, ricordati nei conti regi (tra gli altri, i magistri Abelin, Adam, Bavo, Eudes, Gutier de Mullent, Hugues, Mathieu, Raoul, Ren', Th'), incaricati di vigilare sull'efficienza delle strutture difensive sotto tutti i punti di vista. F. interveniva del resto personalmente nelle scelte edilizie, anche di dettaglio, come attesta l'espressione sicut rex divisit, frequentemente riportata nelle fonti. La formula costruttiva che caratterizza le fortezze di F. era destinata a essere adottata nel corso di tutto il sec. 13°, con un'influenza importante anche nell'Europa centrale a partire dagli inizi del Duecento (Meckseper, 1975).Al di fuori dell'architettura militare, non sono numerose le opere che si devono all'entourage regio di F., al nome del quale tuttavia è legata nel campo della miniatura la definizione di style Philippe Auguste, con la quale si è voluto identificare lo stile di transizione che caratterizza i codici di Parigi e dell'Ile-de-France intorno al 1200 (Deuchler, 1967; The Year 1200, 1970), ribattezzato successivamente, in maniera meno restrittiva, 'stile 1200' (Deuchler, 1982). Il Salterio della regina Ingeborga (Chantilly, Mus. Condé, 9, già 1695), legato alla sovrana di Danimarca (1176-1236), seconda moglie di F. dal 1193, costituisce il codice più importante dell'epoca del suo regno. Si tratta di un codice di lusso legato alla corte, come indicano dettagli iconografici allusivi alle prerogative regie (Deuchler, 1967), commissionato forse per una dama di alto rango ma appartenente probabilmente alla capella regis (Branner, 1975). Il codice fu realizzato forse a Parigi (Avril, 1975; Haussherr, 1975) oppure nel Nord della Francia (Branner, 1975), ovvero nell'area nordorientale del domaine royal (diocesi di Noyon, Soissons, Laon, forse Tournai; Deuchler, 1967; Grodecki, 1969); la sua datazione oscilla tra il 1195 ca. (Deuchler, 1967) e il 1210 ca. (Haussherr, 1975). Definito opera né romanica, né gotica (Grodecki, 1969), con scarsa influenza sulla miniatura di età successiva, se ne possono tuttavia seguire i riflessi nell'arte vetraria della regione francese settentrionale. Venne realizzata presumibilmente per F. anche una Bibbia moralizzata di altissima qualità (Vienna, Öst. Nat. Bibl., 1179; Branner, 1977).Come committente, F. offrì alla cattedrale di Soissons la vetrata che è da identificarsi forse con quella dell'albero di Iesse, fortemente restaurata (Grodecki, 1953), oggi smembrata in diverse collezioni; varie figure sono state riconosciute come appartenenti al medesimo insieme (datato tra 1210 e 1223; Caviness, 1990). F. donò nel 1205 a Saint-Denis due reliquiari in oro, oggi perduti (Gauthier, 1982), e importanti reliquie, sembra nel 1218, alla cattedrale di Notre-Dame (Hinkle, 1966).
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