FILIPPO l'Ardito, Duca di Borgogna
Figlio cadetto del re di Francia Giovanni II il Buono (1350-1364), della dinastia di Valois, F. nacque a Pontoise nel 1342 e morì a Hal, nel Brabante, nel 1404. Al ducato di Borgogna, ottenuto dal padre nel 1363, si aggiunsero poi la Franca Contea con le Fiandre e l'Artois, queste ultime ereditate dalla consorte Margherita di Fiandra alla morte del padre Luigi di Mâle nel 1384. F. svolse le funzioni di reggente del giovane Carlo VI (1380-1422) nel 1380 e nuovamente nel 1392, conducendo una politica espansionistica a favore del ducato di Borgogna.In qualità di committente F. promosse la costruzione di molti edifici, ma non sembra aver condiviso con il fratello Jean de Berry (v.; 1340-1416) o il nipote Louis d'Orléans (1371-1407) lo stesso gusto per l'eleganza e la raffinatezza in ambito architettonico. Anche il cantiere più noto fra quelli legati al suo nome, la certosa di Champmol, presso Digione, affidato in un primo tempo all'architetto Drouet de Dammartin (1383), non sembra fosse contrassegnato da una particolare originalità. La cappella stessa consisteva semplicemente in una chiesa a navata unica con un ridotto apparato decorativo.Nemmeno le residenze ducali furono oggetto di particolari attenzioni. A Digione l'antico palazzo dei duchi capetingi (1016-1361) venne completato da una torre a tre piani, la Tour de Bar (1365 ca.), un edificio massiccio privo di particolari attrattive, dagli ambienti vasti ma non molto sontuosi. Poco più tardi nella residenza digionese venne ultimata, senza preoccupazioni di fasto, la costruzione della Sainte-Chapelle, anch'essa iniziata dai predecessori di F.; solo un coro gotico, distrutto all'epoca di Napoleone III, testimoniava una certa ricchezza.Nei castelli borgognoni della Côte-d'Or, ereditati insieme al ducato, F. fece eseguire numerosi lavori di risistemazione di cui è ormai impossibile valutare la portata; così a Rouvres, a Pontailler e ad Argilly, castello in cui vennero chiamati numerosi artisti e dove il duca fece costruire un camino sul modello di quello del castello reale di Creil (dip. Oise).Il solo castello in cui si conservano ancora alcuni elementi di rilievo è quello di Germolles (dip. Saône-et-Loire), edificato nel 1370 per la duchessa Margherita di Fiandra: si tratta di una dimora di proporzioni modeste, chiusa da un portale fortificato. L'accesso alla residenza, tuttora conservato, presenta un'elegante incorniciatura gotica.Anche nelle Fiandre F. fece eseguire lavori di restauro e di risistemazione nelle residenze ducali del suocero Luigi di Mâle, a Bruges, Gand, Lilla e nel castello di Mâle, nei pressi di Bruges. La sua impresa architettonica più significativa fu di carattere militare: il castello di L'Ecluse (od. Sluis, Paesi Bassi), costruito allo sbocco del canale che porta da Bruges al mare su progetti di Drouet de Dammartin dal 1384 al 1396, era una massiccia fortezza nota esclusivamente attraverso alcuni antichi disegni.Più forte doveva essere l'interesse di F. per la scultura, che lo indusse a varare importanti programmi che denotano esigenze specifiche. L'opera realizzata da Jacques de Baerze (v.) per i due retabli del 1390-1399 dipinti e dorati da Melchior Broederlam per la certosa di Champmol (Digione, Mus. des Beaux-Arts) non è però sufficientemente rappresentativa in tal senso, dal momento che tali sculture in legno rivelano un gusto gotico privo di particolare originalità.Successivamente F. si rivolse agli scultori Jean de Marville e Claus Sluter, entrambi provvisti di un'importante bottega. Celebre è soprattutto il loro intervento nella certosa di Champmol a partire dal 1385, ma essi lavorarono anche per le residenze ducali e in particolare per i castelli di Argilly e Germolles. Si hanno poche notizie sulle opere di devozione realizzate dai due artisti; si può accogliere però l'ipotesi di Verdier (1975), che individua in un avorio conservato a Houston (Mus. of Fine Arts) un'opera di Jean de Marville, o almeno un riflesso diretto di sue creazioni, ricollegabile alla commissione da parte di F. di una Trinità per l'altare maggiore della certosa di Champmol. Questa ipotesi induce a vedere nell'artista un temperamento eccezionale per l'epoca, in virtù della forza del modellato, ma anche dell'invenzione iconografica, che potrebbe risalire a F. o ai suoi consiglieri: in effetti nell'Europa settentrionale questa sarebbe una delle prime, se non la prima, rappresentazione di Dio Padre in piedi che sostiene il corpo del Cristo morto.Le indicazioni del duca per il progetto della sua tomba, destinata alla cappella della certosa di Champmol, dovettero essere ancora più precise. Fu certamente F. a suggerire la presenza dei pleurants, secondo la formula che si era affermata in Francia agli inizi del sec. 12°, e probabilmente si deve a lui l'idea di attribuire loro un risalto particolare. Infatti i pleurants da figure in bassorilievo - come quelle che si trovano in Saint-Jean a Joigny (dip. Yonne) nella tomba della contessa Adelaide, del sec. 13° - divennero sculture indipendenti che esigevano di essere accolte in uno spazio più ampio. È verosimile che la struttura della tomba, con la galleria di colonnette che sorreggono la pietra destinata all'effigie sepolcrale, sia stata concepita dal primo scultore Jean de Marville; è invece da riferire a Claus Sluter e al nipote Claus de Werve il progetto dello straordinario corteo funebre composto da quarantuno statuette. La raffigurazione del duca e della sua consorte sulla lastra tombale non è particolarmente originale, ma è nuovo l'intento fastoso testimoniato dall'ampiezza delle figure dei giacenti e di quelle degli angeli che le accompagnano.È inoltre innegabile l'originalità della concezione del Calvario, nel grande chiostro della certosa, di cui si è conservata unicamente la base, il c.d. pozzo di Mosè, del 1402-1405; immaginare uno zoccolo così importante affiancato da rappresentazioni di profeti a grandezza naturale presuppone infatti sia un'invenzione iconografica che si integri agevolmente nella tipologia tradizionale sia soprattutto una creazione plastica sufficientemente forte da giustificare un simile progetto, senza precedenti nell'Europa settentrionale. Erano necessarie quindi a tale scopo tanto l'audacia propositiva di un grande scultore quanto la fiducia del principe nel proprio artista.La tendenza di F. a moltiplicare le proprie effigi si inscrive nella tradizione dei lavori commissionati da suo fratello Carlo V il Saggio (1364-1380) al Louvre, nella Grande vis e altrove. Ritratti scolpiti del duca e della duchessa figurano nel castello di Germolles, ma il programma più importante realizzato in quest'ambito resta quello del portale della certosa di Champmol, i cui lavori erano stati cominciati da Jean de Marville. Il primo progetto sembra aver ripreso la disposizione del distrutto portale della chiesa dei Celestini a Parigi, includendo quindi solo tre figure, il duca e la duchessa sui piedritti e, al centro, la Vergine con il Bambino. Sluter, prendendo in mano il cantiere, apportò delle modifiche alla concezione originaria, ampliando i piedritti, prevedendo quattro e non più due mensole e introducendo due santi a presentare le figure principesche: s. Giovanni Battista per il duca e s. Caterina per la duchessa. È difficile stabilire quale parte abbia avuto lo stesso F. nella modifica del programma iniziale, ma, anche se l'iniziativa non è ascrivibile direttamente a lui, la decisione non fu certamente assunta senza il suo consenso. Bibl.: C. Monget, La Chartreuse de Dijon d'après les documents des archives de Bourgogne, 3 voll., Tournai 1898-1905; R. Vaughan, Philip the Bold, London 1962 (19792); A. Erlande-Brandenburg, Le portail de Champmol. Nouvelles observations, GBA, s. VI, 80, 1972, pp. 121-132; P. Verdier, La Trinité debout de Champmol, in Etudes d'art français offertes à Charles Sterling, Paris 1975, pp. 65-90; P.M. de Winter, The Patronage of Philippe le Hardi, Duke of Burgundy (1364-1404) (tesi), Ann Arbor 1976; D. Goodgal Salem, Sluter et la transformation du portail à Champmol, Mémoires de la Commission des antiquités du Département de la Côte-d'Or 35, 1987-1989, pp 262-283; A. McGee Morganstern, Le tombeau de Philippe le Hardi et ses antécédents, "Actes des Journées internationales Claus Sluter, Dijon", Dijon 1992, pp. 175-191.A. ChâteletMiniatura e collezioni. - Lo specifico ambito della produzione miniatoria mette in luce quanto F. debba considerarsi l'erede e il continuatore del fratello Carlo V, al quale si deve la creazione della più grande biblioteca del tempo, la prima in senso moderno. Sulla scia del proverbiale mecenatismo dei Valois, anche F. e la sua consorte Margherita di Fiandra misero insieme una cospicua biblioteca, comprendente non meno di duecentoquindici volumi, ai quali si deve aggiungere un'altra cinquantina di manoscritti sparsi tra le varie dimore ducali. Dall'inventario redatto nel maggio del 1404 dopo la morte di F. (de Winter, 1985) si evince che la quasi totalità dei manoscritti commissionati da F. furono eseguiti a Parigi.Al copista-editore Jean l'Avenant, che aveva già lavorato per Carlo V, si deve la realizzazione delle Grandes Heures de Notre Dame du duc, terminate nel 1378 (Cambridge, Fitzwilliam Mus., 3-1954; Bruxelles, Bibl. Royale, 11035-11037), e del Livre de prières et de dévotions du duc (Bruxelles, Bibl. Royale, 10392); la decorazione del primo manoscritto fu affidata da Jean l'Avenant alla bottega del Maestro aux Boqueteaux, che aveva già eseguito manoscritti per Carlo V; in questo caso si avverte un'evoluzione nello stile, che diviene maggiormente lineare, con le proporzioni dei personaggi più allungate. La miniatura con l'Annunciazione (Cambridge, Fitzwilliam Mus., 3-1954, c. 13r), che mostra il ritratto di F. in preghiera, deriva da un'analoga composizione di Jean Pucelle (New York, Metropolitan Mus. of Art, The Cloisters, Acc. 54.1.2, c. 16r), trasmessa poi alla corte di Carlo V dal pittore Jean le Noir nel Bréviaire de Charles V, del 1364-1370 (Parigi, BN, lat. 1052). La figura ritratta in preghiera ha i tratti fisionomici di F., come dimostra la grande somiglianza con l'orante che Claus Sluter scolpì sul portale della certosa di Champmol (de Winter, 1985, p. 89).F. fu il primo acquirente, nel 1379, del Livre du Roy Modus et de la Royne Ratio (Parigi, BN, fr. 12399), che mostra nello straordinario ciclo di miniature a soggetto laico una concezione più moderna rispetto al consueto e ormai superato stile del Maestro aux Boqueteaux, forse per l'influsso di Giovanni Benedetto da Como, come dimostrano i confronti stilistici con il Libro d'ore di Bianca di Savoia, del 1375 ca. (Monaco, Bayer. Staatsbibl., Clm 23215).In seguito all'accesso alla contea di Fiandra di un Valois, la corte di Borgogna divenne il luogo privilegiato d'incontro di artisti e tendenze diverse, dal realismo drammatico di Claus Sluter allo stile più sereno di Jacques de Baerze e Melchior Broederlam, dalla dotta Christine de Pisan a Jean, Paul e Herman de Limbourg.L'influsso della pittura senese è più evidente nella produzione pittorica su tavola, mentre la coeva miniatura dei manoscritti parigini restò in gran parte fedele allo stile autoctono del Maestro aux Boqueteaux. Decisivo fu il ruolo del mercante di origine lucchese Jacques Rapondi nel diffondere idee e mode italiane alla corte borgognona: costui nel 1402 fornì al duca una copia del Livre des propriétés des choses (Bruxelles, Bibl. Royale, 9094) - traduzione francese del De proprietatibus rerum di Bartolomeo Anglico, del sec. 13° - illustrata come di consueto contemporaneamente da diversi ateliers, così da costituire un prezioso documento dell'evoluzione stilistica nella miniatura contemporanea, dallo stile del Maestro aux Boqueteaux a quello di un miniatore più evoluto che usa scorcio e prospettiva nelle sue raffigurazioni.L'anno seguente Jacques Rapondi offrì al duca la prima copia del Livre des femmes nobles et renommées (Parigi, BN, fr. 12420), traduzione francese del De mulieribus claris di Giovanni Boccaccio. La decorazione di questo manoscritto si articola in un ciclo di centonove miniature dall'iconografia assolutamente nuova, elaborata appositamente, che inizia da Eva per terminare con la regina di Napoli Giovanna I d'Angiò. La critica ha convenzionalmente chiamato l'ignoto miniatore Maestro del Livre des femmes nobles et renommées de Philippe le Hardi o Maestro dell'Incoronazione della Vergine (Meiss, 1967; Sterling, 1987), dal soggetto di una miniatura presente nella Légende dorée del 1402 (Parigi, BN, fr. 242, c. 1r). Le stringenti analogie che legano la produzione di questo maestro con quella del Maestro di Boucicaut, il maggiore miniatore parigino degli anni 1406-1407, hanno fatto pensare a un'opera giovanile di costui, confermando il ruolo preminente della corte di Borgogna nella diffusione del nuovo stile affermatosi a Parigi in quegli anni, caratterizzato da un raffinato equilibrio ritmico e da un'idealizzazione nell'eleganza del costume; la nuova corrente cortese sembra essere originaria della valle del Reno (de Winter, 1985, p. 98), mentre la ricchezza della gamma cromatica dell'artista è affatto rara per un esclusivo miniatore.La scrittrice e letterata Christine de Pisan per i propri libri sembrò invece preferire una decorazione a grisaille, come dimostrano il Livre du chemin de longue estude del 1403 (Bruxelles, Bibl. Royale, 10982) e il Livre de la mutacion de fortune, offerto al duca nel 1404 (Bruxelles, Bibl. Royale, 9508). Quest'ultimo manoscritto rivela la presenza di un artista, chiamato convenzionalmente Maestro dell'Epître d'Othéa, del quale sono state messe in luce affinità stilistiche con coeve miniature lombarde, particolarmente con quelle di Giovannino de Grassi, ma anche con l'ambiente eterogeneo della corte di Venceslao IV di Boemia (1378-1419).L'ultimo manoscritto commissionato da F. costituì il suo più ambizioso progetto: una Bible moralisée (Parigi, BN, fr. 166), iniziata nel 1400-1402, che avrebbe dovuto contenere ben cinquemila tavole miniate e che rimase incompiuta. La Bibbia, detta poi di F., mostra ormai, nelle miniature dei primi tre quaderni, dovute a Jean e Paul de Limbourg agli esordi della loro carriera, l'affermazione del nuovo stile, caratterizzato da toni di colore tenui e graduati per influsso della coeva oreficeria, che mantiene un senso di tattile realismo per figure e oggetti ed evidenzia la naturale corporeità dei personaggi.F. e la sua consorte furono committenti di arazzi a soggetto laico e religioso, tessuti per lo più con fili d'oro e di seta. Pierre de Beaumetz ne produsse tre con Storie della Fama, ispirati al Trionfo della Fama di Francesco Petrarca, prima testimonianza visiva di un'opera petrarchesca a N delle Alpi; gli arazzi, oggi perduti, figuravano ancora nell'inventario di Filippo il Buono (1396-1467; Laborde, 1849-1852, II, pp. 67, 268). L'eccezionale collezione di arazzi della corte borgognona comprendeva grandi insiemi rappresentanti raffigurazioni del Roman de la Rose, come per es. gli arazzi a fondo bianco commissionati dal duca a Nicolas Bataille nel 1393 (de Winter, 1985). Devoto a s. Antonio Abate, perché nato il 17 gennaio, il duca aveva inoltre commissionato arazzi e gioielli con storie della vita del santo.F. e Margherita furono veri e propri collezionisti di opere d'arte, oltre che di manoscritti, nel senso moderno di colto e raffinato gusto per l'Antico che il duca condivideva con Carlo V, possessore di una delle più importanti collezioni d'arte dell'epoca (v. Collezionismo). Grazie a monumentali ricerche (Prost, Prost, 1902-1913) sono note l'entità e la ricchezza delle collezioni di oggetti antichi e gioielli del duca, ma pochi pezzi sono stati riconosciuti, per es. una croce d'oro cesellata finemente con piccole sculture, oggi incorporata nel Calvario di Mattia Corvino (Esztergom, Bazilika Kincstára; Nagy, 1987-1988), eseguita prima del 1403 su commissione di Margherita di Fiandra quale dono prezioso per il suo sposo.
Bibl.: Fonti. - C.C.A. Dehaisnes, Documents et extraits divers concernant l'histoire de l'art dans la Flandre, l'Artois et le Hainaut avant le XVe siècle, 2 voll., Lille 1886; B. Prost, H. Prost, Inventaires mobiliers et extraits des comptes des ducs de Bourgogne de la maison de Valois (1363-1477), 2 voll., Paris 1902-1913.Letteratura critica. - L. de Laborde, Les Ducs de Bourgogne, 3 voll., Paris 1849-1852; H. David, Philippe le Hardi, duc de Bourgogne, protecteur des arts, Dijon 1937; id., Philippe le Hardi. Le train somptuaire d'un grand Valois, Dijon 1947; J. Porcher, L'enluminure française, Paris 1959 (trad. it. La miniatura francese, Milano 1959); M. Meiss, French Painting in the Time of Jean de Berry, I, The Late Fourteenth Century and the Patronage of the Duke (Studies in the History of European Art, 2), 2 voll., London-New York 1967; id., French Painting in the Time of Jean de Berry, II, The Boucicaut Master (Studies in the History of European Art, 3), London-New York 1968; id., French Painting in the Time of Jean de Berry, III, The Limbourgs and their Contemporaries, 2 voll., London 1974; P.M. de Winter, The Patronage of Philippe le Hardi, Duke of Burgundy (1364-1404) (tesi), Ann Arbor 1976; F. Avril, L'enluminure à la cour de France au XIVe siècle, Paris 1978; P.M. de Winter, Christine de Pizan, ses enluminures et ses rapports avec le milieu bourguignon, in L'Aquitaine. Etudes archéologiques, "Actes du 104e Congrès national des Sociétés savantes. Section d'archéologie et d'histoire de l'art, Bordeaux 1979", Paris 1982, pp. 335-376; id., The Grandes Heures of Philip the Bold, Duke of Burgundy: the Copyist Jean l'Avenant and his Patrons at the French Court, Speculum 57, 1982, pp. 786-842; id., La bibliothèque de Philippe le Hardi, duc de Bourgogne (1364-1404). Etude sur les manuscrits à peintures d'une collection princière à l'époque du "style gothique international" (Documents, études et répertoires publiés par l'Institut de recherche et d'histoire des textes), Paris 1985; C. Sterling, La peinture médiévale à Paris. 1300-1500, 2 voll., Paris 1987; Z. Nagy, Antonio del Pollaiolo: il piedistallo del Calvario di Mattia Corvino, AAAH 33, 1987-1988, pp. 5-104.