LINATI, Filippo
, Filippo Primogenito del conte Claudio, di antica e nobile casata di Parma, e di Isabella Bacardi, appartenente a una rinomata famiglia catalana, nacque a Barcellona il 9 genn. 1816.
A causa di una grave malattia agli occhi non poté seguire regolari studi scolastici, ma riuscì ugualmente ad acquisire una considerevole formazione umanistica, facendo propri gli interessi poliedrici del nonno paterno, Filippo, che gli fece da secondo padre ed educatore.
Trascorse la prima infanzia e l'adolescenza fra la Spagna, la Francia e Parma, coinvolto con la famiglia, dopo il 1821, nelle drammatiche iniziali peregrinazioni del padre in esilio e successivamente nelle vicende processuali del nonno, a seguito dei moti parmensi del 1831.
Risalgono a quel periodo le prime prove poetiche, fra cui la cantica Il sogno delpellegrino, pubblicata nel 1839. Seguirono la novella Adelina di Rubbiano (Parma 1840), il carme Gli spedalieri (ibid. 1842), sui fasti dell'Ordine religioso-militare di S. Giovanni di Gerusalemme, il racconto poetico Maria (ibid. 1847), il poema in otto canti Elena di Belforte, ispirato a una leggenda medioevale delle montagne parmensi (ibid. 1862). Dal 1841 il L. cominciò a occuparsi anche di filosofia, di fisiologia trascendentale, di magnetismo animale, e in seguito pubblicò vari saggi - fra cui Studi sul planisfero oEsposizione del senso storico o biologico dei simboli siderali (Torino 1859) - che gli valsero l'aggregazione a molte accademie italiane.
Il 10 marzo 1841 divenne cavaliere di devozione del Sacro militare Ordine gerosolimitano di Malta; il 26 genn. 1843 fece professione religiosa cavalleresca, e da allora firmò spesso scritti e documenti con l'indicazione "F.F. Linati" o "Fra Filippo Linati". In quegli anni fu nominato anziano del Municipio di Parma, membro della congregazione della Carità e ispettore degli asili infantili.
Le tradizioni patriottiche familiari lo portarono, nel 1846, all'accesa ammirazione di Pio IX e ad accostarsi al partito liberale.
Alla morte della duchessa di Parma Maria Luisa d'Austria, nel dicembre del 1847, il L. accettò l'incarico di recarsi da Carlo Ludovico di Borbone, duca di Lucca in procinto di cingere la corona ducale di Parma con il nome di Carlo II, che già lo aveva insignito della Chiave d'oro e della Croce di S. Lodovico per convincerlo ad attuare una serie di riforme. Deluso per la fredda accoglienza e per l'insuccesso della missione, rifiutò la nomina di ciambellano alla corte borbonica. Con lo scoppio dei moti rivoluzionari (20 marzo 1848), si lasciò di nuovo coinvolgere in un vano tentativo di conciliazione fra il re di Sardegna Carlo Alberto e Carlo II.
Nell'aprile del 1848 fu tra gli ottantotto anziani che sottoscrissero la nomina del governo provvisorio; fu eletto anche membro della commissione per redigere la nuova legge municipale, consigliere degli ospizi civili e commissario per la formazione del Patronato degli ex carcerati.
Negli anni successivi il L. si dedicò quasi esclusivamente ai suoi interessi storico-politici, in particolare al sistema educativo parmense che mise a confronto con quelli più avanzati di Germania, Svizzera, Piemonte, Toscana (Sulle pubbliche scuole primarie e secondarie degli stati parmensi, Firenze 1856), favorendo così l'introduzione di alcune riforme a sostegno dell'educazione popolare, anche femminile.
Pubblicò inoltre importanti riflessioni storico-politiche: Nuova teoria del sistema rappresentativo (Torino 1848) e Dellecondizioni morali materiali politiche ed amministrative degli Stati di Parma innanzi al 20 marzo del 1848 (Parma 1848), severo bilancio del governo della duchessa Maria Luisa e tuttora validi strumenti storiografici.
Furono gli avvenimenti vorticosi del 1859 a portarlo in primo piano sulla scena politica, e tuttavia con iniziative non sempre chiare e del tutto apprezzate. Nominato in agosto podestà di Parma, fu incaricato di presentare a Napoleone III una protesta ufficiale contro la possibile restaurazione dei Borbone negli Stati parmensi: in quell'occasione fece molto discutere la notizia di un suo "fantasioso" progetto per la creazione di un borbonico "Grand Duché de Lunigiana", per cui scrisse in sua difesa un opuscoletto dal titolo Spiegazioni e commenti. Simile disorientamento aveva prodotto, nel giugno precedente, una sua Memoria al conte Diodato Pallieri, primo rappresentante in loco del governo sardo, che conteneva fra l'altro suggerimenti per procedimenti epurativi a carico degli impiegati del cessato Ducato.
Indetti dal dittatore L.C. Farini i comizi elettorali, il L. fu eletto all'Assemblea dei rappresentanti del popolo delle province parmensi per il collegio di Colorno. Il 12 sett. 1859 tenne un appassionato discorso a favore dell'annessione, in occasione della nomina della deputazione da inviare a Vittorio Emanuele II: nelle Memorie autobiografiche ricordò di essere stato il primo a presentare a C. Benso conte di Cavour l'atto dell'adesione plebiscitaria al Piemonte. Pur convinto fautore dell'Unità, operò perché fossero lasciati alle città di Parma e Piacenza, a garanzia delle sorti incerte dell'antico ateneo parmense, i beni demaniali ducali. Il 18 marzo 1860 fu nominato senatore del Regno e in tale veste votò, con pochi altri, contro la cessione di Nizza alla Francia.
Come provveditore agli Studi (1860-61), favorì l'istituzione di scuole serali (due ospitate anche nella propria abitazione) e festive, di una scuola normale per la formazione degli insegnanti e di una scuola professionale femminile, detta di S. Antonio, e stese un'accurata relazione Sulle antiche e nuove istituzioni scolastiche della provincia di Parma (Parma 1861) al ministro della Pubblica Istruzione, T. Mamiani.
L'istruzione pubblica, dalla elementare all'universitaria, continuò a essere al centro dei suoi interessi e delle sue pubblicazioni: Intorno alle condizioni fatte ai maestri municipali dalla legge scolastica del 13 nov. 1859 (ibid. 1861); Le leggi Minghetti e la pubblica istruzione (ibid. 1861), in cui prese netta posizione contro un eventuale decentramento nel sistema scolastico, punto di vista ribadito in articoli apparsi nell'autunno 1861 nel giornale da lui diretto, Il Patriota; La legge Matteucciriformata (Milano 1862); Intorno al progetto disopprimere parecchie università italiane. Osservazioni dirette alParlamento italiano (Parma 1867).
Dopo aver ottenuto lo scioglimento dai voti religiosi di cavaliere di Malta, il 15 ag. 1863 il L. sposò Angelica Ciaudano, maestra di Vercelli, da cui ebbe nel 1867 l'unico figlio, Pier Maria.
Innumerevoli furono le sue iniziative a favore della pubblica beneficenza, con laute elargizioni per i poveri e i malati, in particolare per il nuovo Dispensario oftalmico, di cui curò anche il Regolamento (1862). Altrettanto numerosi gli incarichi presso varie istituzioni cittadine. Dal 1873 al 1878 ebbe la presidenza dell'amministrazione del collegio Maria Luigia, di cui protesse il patrimonio fondiario. Iscritto dal 1860 alla Deputazione di storia patria per le provincie parmensi, ne divenne presidente nel maggio 1877 e mantenne la carica fino al giugno 1895. Nominato presidente della Commissione araldica di Parma (1891), collaborò alla compilazione dell'Elenco delle famiglie nobili e titolate della regione parmense, pubblicato nel Bollettino ufficiale della Consulta araldica (1894).
La sua attività parlamentare, oltre che su questioni giuridiche e finanziarie, fu spesa, come esponente dell'area cattolico-liberale, a difesa degli interessi religiosi: si batté con successo in Senato contro la legge sugli abusi del clero (Discorsopronunciato… nella seduta del 1° maggio 1877, Parma 1877); procurò sussidi ai curati poveri; protesse il personale e le rendite di vari conventi e seminari locali.
Numerosi furono i suoi scritti a favore del mondo cattolico: Il diritto di associazione italiana minacciato dalla legge Vacca. Lettera… ai deputati della Sinistra, Napoli 1865; Il divorzio, Firenze 1881; Gli astensionisti cattolici in Italia, Parma 1891; Come la conciliazione tra la Chiesa e lo Stato sia possibile in Italia, ibid. 1894. Nel 1893 dette alle stampe una raccolta anonima di sonetti politico-sociali d'intonazione satirica, intitolata Povera Italia (Torino 1894), che fu sequestrata.
Nel giugno 1894 ricevette il riconoscimento del titolo ereditario di conte di Gaiano.
Il L. morì nel suo palazzo di Parma il 17 sett. 1895.
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