STECCHI, Filippo Luigi Maria
– Nacque a Firenze il 12 aprile 1756 da Giovan Battista di Arcangiolo e da Elisabetta di Paolo Marchi.
Il padre era libraio a Firenze dal 1745 in via della Condotta, la via dei librai fiorentini, e titolare, assieme al nipote Anton Giuseppe Pagani, della stamperia del Giglio. Essi stamparono in prevalenza grandi opere, che comportavano per lo più contratti di associazione, quali le Vite de’ pittori di Giorgio Vasari e le Opere di Filippo Baldinucci in venti tomi, diversi volumi sull’agricoltura, e due periodici, il Giornale di Firenze e il Mercurio storico, politico, letterario e di commercio.
Filippo iniziò a collaborare da giovane nella stamperia paterna e poco dopo, nel 1777, aprì bottega autonoma. Tra le prime opere pubblicate figura la traduzione (1778-1783), dovuta all’accademico fiorentino Luigi Semplici, degli Annali politici, civili e letterari del secolo decimottavo di Simon-Nicolas-Henri Linguet, con falsa data di stampa «all’Haya».
Il revisore alle stampe, Francesco Seratti, si era opposto alla pubblicazione, ma il granduca Pietro Leopoldo d’Asburgo Lorena la approvò. Non a caso nel quarto tomo dell’opera la Toscana era presentata come un modello di buon governo, «esempio di una ben pensata e savia legislazione» (Landi, 2000, p. 267), con commenti favorevoli alla politica riformatrice del granduca, ‘principe filosofo’.
La rivista riscosse subito notevole successo, tanto che ne vennero ristampati i primi cinque quaderni, e ottenne favorevoli recensioni nella stampa periodica fiorentina, dalla Gazzetta universale alle Novelle letterarie. L’iniziativa portò rapidamente Stecchi ai vertici dell’editoria cittadina. Ma nel 1779 Pagani se ne dissociò, mettendo in difficoltà Stecchi (Baldacci, 1989, p. 33), che ne perse il controllo dal 1781.
Anche negli anni successivi parte consistente della sua attività editoriale si concentrò nella traduzione di testi francesi, tra i quali Les Incas di Jean-François Marmontel, a opera di Francesco Zacchiroli. Importante fu inoltre la versione dal francese (1779) della Storia della decadenza e rovina dell’Impero romano di Edward Gibbon, con la falsa data di Losanna, che incontrò la censura dell’arcivescovo di Firenze, Francesco Gaetano Incontri, ma venne sostenuta dal granduca. Diverse furono anche le stampe di operette riguardanti Voltaire, tradotte nel 1779, poco dopo la morte del filosofo.
Attorno al 1778 Stecchi rivolse una supplica al granduca, chiedendo un prestito di 6000 scudi per l’erezione di «una copiosa stamperia» (Baldacci, 1989, p. 28): richiesta rimasta senza esito. Poco prima, però, Pietro Leopoldo gli aveva consentito di recarsi a Venezia per assumere il letterato romagnolo Zacchiroli per la pubblicazione di opere originali, traduzioni e altre incombenze presso la sua stamperia. Il contratto prevedeva un compenso di sette zecchini mensili a favore di Zacchiroli (Pasta, 1978, p. 105 nota).
Nel 1779 Stecchi si associò a un altro stampatore, Ranieri Del Vivo. Dalla collaborazione, destinata a interrompersi bruscamente nel marzo del 1781, nacque nel 1780 il disegno di un’ambiziosa raccolta periodica, il Magazzino universale istorico, politico, letterario, che avrebbe dovuto sintetizzare, in 40 fogli mensili, «tutto ciò che in un anno esce di buono in Italia, in Francia, in Inghilterra» (Baldacci, 1989, p. 44): i testi, che contavano su circa 700 associati, erano acquistabili presso Stecchi e Del Vivo, in piazza del Granduca.
Il prospetto prometteva notizie su quanto edito nei giornali oltramontani, annunciava la pubblicazione di classici italiani, francesi e inglesi ed elencava corrispondenti e distributori in varie città italiane ed europee. La dedica dell’opera al granduca, avanzata da Stecchi, venne giudicata «stravagante» dalle autorità e rifiutata. Rispetto al progetto iniziale più che i classici vennero stampate opere di attualità quali l’Elogio di Maria Teresa Imperatrice de’ Romani di Francesco Saverio Catani, «una delle opere più vive pubblicate in occasione della morte di Maria Teresa» (Venturi, 1984, IV, 2, p. 619 nota), le Lettere americane di Gian Rinaldo Carli in due parti, il Genio del signor di Buffon di Giovanni Ferri de Saint-Constant, tradotto dall’originale francese, Dello stato e della sorte delle colonie degli antichi popoli di Guillaume-Emmanuel-Joseph Guilhelm de Clermont-Lodève, che discuteva anche le ragioni del conflitto tra le colonie americane e la Gran Bretagna: testi offerti al pubblico italiano a poca distanza dalle edizioni originali. All’interno del Magazzino venne, inoltre, pubblicata l’edizione tascabile della Istoria della Toscana sotto la Casa dei Medici di Riguccio Galluzzi, da poco presentata in edizione maggiore dallo stampatore granducale Gaetano Cambiagi.
In concorrenza con altri tipografi-librai, nel 1781 sottopose al sovrano un progetto di stampa italiana dell’Encyclopédie, basata sull’edizione in 4° di Losanna, che però non fu accolto, così come non si realizzò un’analoga proposta di traduzione avanzata da Del Vivo e da Luigi e Benedetto Bindi e Vincenzo Pazzini Carli di Siena. L’insuccesso e la rottura con Del Vivo dovettero sconvolgere Stecchi che, come risulta dalle carte giudiziarie, fu definito «maniaco» e «molto miserabile» e venne rinchiuso per alcuni mesi nel manicomio di S. Dorotea (Baldacci, 1989, pp. 61 s.).
Superata questa drammatica fase, tra il 1782 e il 1784 troviamo impegnato Stecchi nella pubblicazione di due periodici: Lo spione italiano, di cui si conoscono solo tre numeri e che fu proibito nel luglio del 1782, e il Corriere europeo (settembre 1782-1784), entrambi all’Indice ed entrambi dovuti alla collaborazione di Catani. La rottura con Del Vivo aveva, intanto, costretto Stecchi ad abbandonare la bottega di piazza del Granduca e gli era costata la perdita del magazzino (p. 58), fatti che non gli impedirono la ripresa dell’attività. Nel 1786 sfruttò l’eco europea dello scandalo della collana di diamanti che il cardinale de Rohan avrebbe offerto a Maria Antonietta, regina di Francia, e pubblicò una congerie di interventi sull’argomento. Contestualmente diede alle stampe una variegata pubblicistica antiromana, in appoggio al riformismo leopoldino e parallela all’Assemblea dei vescovi toscani del 1787.
Due anni prima aveva aperto un gabinetto letterario (Magazzino letterario) in piazza del Granduca (Borroni Salvadori, 1981, pp. 13 s.), dove era possibile leggere e noleggiare libri e gazzette estere. Nel 1787 il negozio fu trasferito nella vicina via dei Tavolini, dove la ventina di fogli esteri disponibili affiancava un servizio di lettura a pagamento (una lire al mese). Nel 1791 spostò la sede nella prossima loggia de’ Cerchi e nel 1793 riuscì a riportare l’attività nella centralissima piazza del Granduca. Non venne meno la sorveglianza della polizia nei suoi confronti, che portò nel 1788 a una perquisizione dei locali e a una breve incarcerazione del titolare (ibid., p. 106). Se la produzione editoriale comprese allora la versione italiana delle Memorie di Carlo Goldoni (10 tomi, 1788-1790), un lungo articolo di Stecchi sulla Gazzetta toscana (1793, n. 38) illustrò i servizi che la bottega di piazza del Granduca offriva nel procurare libri e periodici italiani e stranieri. Il gabinetto di lettura era ormai divenuto il «punto di riferimento per le persone di genio francese» (Baldacci, 1989, p. 143). In tale quadro, Stecchi mise in circolazione alcuni testi sulla nuova realtà repubblicana, tra cui la Constitution de la République française une et indivisible. Nel 1793 aprì un secondo gabinetto di lettura in piazza del Duomo, dietro al teatro del Cocomero, dove si davano anche libri in prestito (Borroni Salvadori, 1981, p. 15).
Queste attività si situano in un contesto nel quale anche altri librai avviarono centri di lettura di gazzette e libri, iniziative cui Stecchi cercò di opporsi con memorie e suppliche; il governo non accolse ulteriori richieste da parte dei concorrenti, ma sottopose a controllo di polizia i frequentatori dei negozi di Stecchi: tra i ‘giacobini’ e gli stranieri segnalati figurano anche il celebre fisiologo Felice Fontana, direttore del Museo della specola, e il giurista Lorenzo Collini. Le autorità proposero di vietare la lettura delle gazzette, ma il granduca Ferdinando III preferì soprassedere sino a quando non si fossero verificati reati precisi. Gli organi di polizia continuarono in seguito la sorveglianza e nel 1794 un’indagine tentò di accertare se Stecchi vendesse uno scritto di Filippo Buonarroti (Baldacci, 1989, pp. 145-150).
Nel 1794 abbandonò, non sappiamo se volontariamente, il negozio di piazza del Duomo, ma raddoppiò «il più bello e comodo Gabinetto Letterario» di piazza del Granduca (p. 151). In questi anni l’attività di Stecchi si caratterizzò, tra l’altro, per la stampa e la diffusione delle commedie di Goldoni, ma gli venne negata l’impressione di altre opere, quali il calendario repubblicano francese. S’impegnò quindi nella pubblicazione dei ritratti di personaggi illustri e di figure della Rivoluzione francese (p. 153), per un totale di 120 ritratti, e di opuscoli sulla situazione politica francese ed europea. Nel 1795 pubblicò, per un anno, un nuovo quotidiano, il Giornale diplomatico universale, e per alcuni mesi (26 marzo-3 luglio 1799) il Monitore fiorentino, che esprimeva posizioni radicalmente democratiche (Baldacci, 1989, pp. 185, 190). Nel triennio 1796-99 la sua bottega venne più volte perquisita dalla polizia. L’attività del gabinetto di lettura si affiancava, intanto, alla stampa della collana Collezione di opere di pubblica utilità, che nel 1800 arrivò a 172 volumi, tra i quali figurano le Rivoluzioni d’Italia di Carlo Denina (1799), il Viaggio in Egitto e in Siria di Constantin-François Volney (1798) e le Istituzioni democratiche per la rigenerazione del popolo italiano del giacobino fiorentino Girolamo Bocalosi (Baldacci, 1989, pp. 168, 188 s.).
Con la Restaurazione granducale del 1799 iniziò per Stecchi un periodo difficile. Fuggito a Pisa e Livorno, venne arrestato, processato e condannato all’esilio (ottobre 1799), mentre le opere della sua bottega vennero bruciate in piazza del Granduca. Con il ritorno dei francesi a Firenze, il 15 ottobre 1800, Stecchi riprese il lavoro e partecipò direttamente alla vita politica divenendo, per pochi mesi, vicecapo della polizia quale ‘segretario alla vigilanza’ della Presidenza del buongoverno: ruolo delicato da cui, a metà novembre, venne allontanato (p. 201).
Negli anni del Regno d’Etruria (1801-07) abbiamo notizie di lui in due lunghe suppliche. La prima, inviata al governo toscano nel gennaio del 1801, espone i danni subiti dal rogo della libreria, chiedendone l’indennizzo e ricusando l’accusa di indebita appropriazione di denaro pubblico, che gli era stata mossa e da cui fu assolto (pp. 206 s.). A questa data la sua situazione economica era drammatica. Nella seconda supplica, al re d’Etruria, del 7 luglio 1804, delineava le ardue condizioni della famiglia, ritrattava o negava gli errori del passato e presentava il progetto di un settimanale (Prospetto di morale e di religione per servire d’istruzione al popolo etrusco), con una tiratura di 5000 copie, che avrebbe dovuto essere finanziato dal governo. La Presidenza del buongoverno, cioè l’organo di polizia, dette parere negativo, ritenendo anzi Stecchi «sospetto ed anche pericoloso» (Baldacci, 1989, pp. 217 s.), così come parere negativo ottenne una successiva supplica del 3 agosto 1804. Abbiamo un’ultima notizia che lo riguarda dalle carte di polizia del 1807, in cui risulta proprietario di un caffè.
Aveva sposato Maria di Giovanni Calvetti, che gli diede quattro figlie (Elisabetta, Rosa, Carolina e un’altra di cui non si conosce il nome) e che gli premorì il 15 agosto 1803. Stecchi morì a quasi cinquantotto anni a Firenze, quale ‘caffettiere’, nella sua abitazione in via dei Cerchi n. 610, il 4 marzo 1814, di ‘febbre putrida nervosa’, e fu tumulato nel cimitero di Trespiano.
Fonti e Bibl.: Archivio di Stato di Firenze, Reggenza, 843, ins. 16; Segreteria di Gabinetto, 150, n. 15, Memoria del libraio Filippo Stecchi relativa al commercio dei libri ed alla legislazione toscana; Segreteria di Stato, 1804, 57, n. 21, Supplica al re d’Etruria, 7 luglio 1804; Presidenza del Buon Governo (1784-1808), a. 1804, ins. 431, a. 1807, ins. 501; Firenze, Archivio della Curia arcivescovile di Firenze, S. Michele in Orto, morti, a. 1814; Archivio dell’Opera di S. Maria del Fiore, Battesimi, maschi, alla data. Per il testamento del 3 marzo 1803: Archivio di Stato di Firenze, Notarile moderno, notaio Antonio Chelli, n. 34.327, cc. 67v-69; per la morte: ibid., Stato civile, vol. 151, 4, c. 47, atto n. 739; Firenze, Archivio storico del Comune, Comunità di Firenze, Deliberazioni, aa. 1799-1800, cc. 118, 122v; Biblioteca nazionale centrale, Poligrafo Gargani, 1938.
R. Pasta, Il “Giornale letterario di Siena” (1776-1777) ed i suoi compilatori, in Rassegna storica toscana, XXIV (1978), pp. 91-135 (in partic. p. 105 s.); F. Borroni Salvadori, Riunirsi in crocchio, anche per leggere: le origini del gabinetto di lettura a Firenze, ibid., XXVII (1981), pp. 11-33; F. Venturi, Settecento riformatore, IV, La caduta dell’antico regime, Torino 1984, t. 1, pp. 390-405, t. 2, p. 619; V. Baldacci, F. S. Un editore fiorentino del Settecento fra riformismo e rivoluzione, Firenze 1989; J. Boutier, Les imprimés révolutionnaires français en Toscane: paradoxes d’une liberté surveillée (1789-1792), in Mélanges de l’Ėcole française de Rome, 1990, vol. 102, n. 2, pp. 423-468; R. Pasta, Editoria e cultura nel Settecento, Firenze 1997, pp. 252, 267 (per la segnalazione delle lettere di Stecchi alla Société typographique de Neuchatel); M.A. Morelli Timpanaro, Autori stampatori librai: per una storia dell’editoria in Firenze nel secolo XVIII, Firenze 1999, ad ind. (in partic. pp. 403-405, 532 s.); S. Landi, Il governo delle opinioni. Censura e formazione del consenso nella Toscana del Settecento, Bologna 2000, pp. 236, 266 s., 323, 327, 335 s., 338.