MAGALOTTI, Filippo
Figlio di Cione, nacque a Firenze con molta probabilità nel primo decennio del Trecento. La prima notizia sul suo conto risale al 1350 quando compare come primo gonfaloniere. Nel maggio del 1352 fu eletto quale membro dell'ambasceria, formata da cinque "oratores et nuntios" (con Tommaso Corsini, Pino de' Rossi, Gherardo Bordoni e Uguccione de' Ricci), che si recò in rappresentanza di Firenze presso l'imperatore Carlo IV di Lussemburgo.
Scopo della missione era sollecitare la presenza del sovrano in Lombardia e l'intervento imperiale contro Giovanni Visconti signore di Milano, il quale, dopo l'acquisto di Bologna nel 1350, accerchiava il territorio fiorentino. In quegli anni il Comune gigliato non poteva più contare sulla tradizionale alleanza guelfa con la monarchia angioina di Napoli e si trovava in potenziale conflitto con il Papato, che già manifestava l'intenzione, di lì a poco realizzata attraverso il cardinale Egidio de Albornoz, di rinsaldare il dominio pontificio nei territori del Patrimonium. Per poter affrontare la crescente minaccia dell'espansionismo visconteo non restava alla città che accogliere le istanze della fazione capeggiata da Uguccione de' Ricci e rivolgersi direttamente alla Curia imperiale. Si avviò così una serie di trattative che portarono, nel 1355, alla concessione del vicariato imperiale per il Priorato delle arti, nonché al riconoscimento da parte del sovrano delle istituzioni e del dominio facenti capo alla Repubblica.
Come riferisce la relativa provvisione dei Consigli cittadini e come sottolinea il cronista Matteo Villani, i personaggi che ricevettero il delicato e importante mandato erano uomini politici di ottima fama e grande esperienza. La delegazione fu accompagnata da un sindaco il quale, come ulteriore garante della sua legittimità, poteva obbligare il Comune a eseguire quanto da essa stabilito nelle trattative con il sovrano. Tuttavia - precisa sempre il cronista - poiché gli ambasciatori erano anche "i più reputati caporali di cittadina setta" e alcuni temevano che la loro permanenza a corte potesse portarli ad agire a danno della Repubblica e della sua libertà, fu imposto un limite massimo di quattro mesi per la durata della missione, prevedendo la sostituzione dei diplomatici con altri plenipotenziari qualora i colloqui si fossero protratti nel tempo.
In realtà il M., insieme con Uguccione de' Ricci, rimase più a lungo al seguito dell'imperatore. Nel 1353 l'ormai provata abilità diplomatica del M. fece sì che la Signoria lo scegliesse, insieme con Tommaso Corsini e Tommaso Dietaiuti, per avviare nuove trattative con la corte napoletana. Di questi tre personaggi scriveva con grande stima e rispetto Niccolò Acciaiuoli, elogiando il loro operato (Léonard).
Altre testimonianze relative all'azione del M. nella vita pubblica del Comune si traggono dai registri del fondo Consulte e pratiche dell'Arch. di Stato di Firenze, relativi al periodo gennaio-marzo 1355. In questi mesi cruciali per le trattative tra Firenze e l'imperatore furono numerose le "consulte" incentrate sugli obiettivi che i rappresentanti della Repubblica dovevano perseguire. In primo luogo il M. propose, nel gennaio, la prosecuzione dell'ambasceria presso il sovrano. Il 6 febbraio intervenne in un consiglio di collegi e di arroti e chiese, a nome dei gonfalonieri delle Compagnie, che i legati, per meglio conoscere le intenzioni dell'imperatore, si rivolgessero anche al suo emissario, il patriarca di Aquileia Nicola. Il M. era infatti propenso, in virtù della sua esperienza personale di rapporto diretto con Carlo IV, a concedere al medesimo la somma che questi chiedeva quale censo annuo per la Camera imperiale, onde ottenere in cambio la sua protezione e il riconoscimento formale della giurisdizione cittadina. Poiché, tuttavia, erano presenti anche altre istanze nelle assemblee fiorentine, intenzionate a sborsare meno denaro possibile, la Signoria deliberò nel febbraio del 1354 di offrire 50.000 fiorini, per poi salire, eventualmente, fino a un massimo di 100.000 qualora Carlo IV si fosse mostrato assolutamente inflessibile e avesse minacciato di rompere le trattative. Sembra, però, che la notizia di tale segreta deliberazione fosse pervenuta in qualche modo alle orecchie dell'imperatore, prima che gli inviati della Signoria lo raggiungessero a Pisa. Egli pretese, per conseguenza, la cifra massima stanziata.
In data 2 marzo 1355 emerge, dal primo volume delle Consulte, la richiesta avanzata dal M. che il podestà facesse cercare e punire chi aveva tradito la Repubblica svelando tale strategia. In quella stessa occasione propose anche di aumentare la vigilanza contro gli sbanditi della città, che si aggiravano nel contado resi più audaci dalla presenza dell'imperatore a Pisa. Occorreva, infatti, pervenire alla stipula dei capitoli in una posizione di maggiore forza e in condizioni di sicurezza.
Poiché Carlo IV esigeva alcuni ostaggi a garanzia del patto da siglare, i Fiorentini gli offrirono un'elevata somma di denaro per evitare l'esecuzione di tale richiesta. Onde poter ottenere introiti sufficienti, il M. prospettò nel consiglio del 10 marzo che una tassa speciale già in vigore, detta sega, fosse esatta per altri sei mesi, che venissero comminate pene a coloro che si rifiutavano di pagare, che in ogni quartiere della città un camerario del Comune fosse addetto alle riscossioni e che, infine, fosse previsto un contributo eccezionale a carico dei residenti nel contado.
La partecipazione attiva del M. ai consigli della Repubblica è documentata anche per gli anni successivi dai volumi delle Consulte e pratiche, nei quali in più occasioni il M. esortò alla concordia fra le parti e alla pacificazione. La sua posizione sembra essere stata quella di un uomo in larga misura indipendente, che godeva di stima e generale rispetto.
Il M. morì con molta probabilità tra gli anni Settanta e gli anni Ottanta del XIV secolo.
Fonti e Bibl.: Arch. di Stato di Firenze, Libri fabarum, 31, c. 66r; Provvisioni, regg. 32, c. 51; 39, cc. 124v-126v; Signori, Missive I Cancelleria, 10, c. 131r; Consulte e pratiche, 1, cc. 144v, 147r, 149v, 150r, 154v, 158v, 159r, 167r; 2, cc. 5v, 69r, 159v, 190v; Manoscritti, 248: Priorista Mariani, 1, cc. 72v-73r; Firenze, Biblioteca nazionale, Poligrafo Gargani, 1174, c. 56; D. Velluti, Cronica domestica, a cura di I. Del Lungo - G. Volpi, Firenze 1914, pp. 212 s.; M. Villani, Cronica, a cura di G. Porta, I, Parma 1995, p. 344 (III, 13); S. Ammirato, Dell'istorie fiorentine libri venti, Firenze 1600, pp. 348, 374, 394; G.M. Mecatti, Storia cronologica della città di Firenze, I, Napoli 1755, pp. 191 s., 221; F.-T. Perrens, Histoire de Florence depuis ses origines jusqu'à la domination des Médicis, IV, Paris 1879, p. 309; F. Baldasseroni, Relazioni tra Firenze, la Chiesa e Carlo IV, 1353-55, in Arch. stor. italiano, s. 5, 1906, t. 37, pp. 37-39, 44, 50; E. Léonard, Histoire de Jeanne Ire, reine de Naples, comtesse de Provence (1343-1382), III, Paris-Monaco 1936, pp. 503 s.; Th. Mommsen, Italienische Analekten zur Reichsgeschichte des 14. Jahrhunderts (1310-1378), Stuttgart 1952, nn. 362, 366, 407, 412, 416, 424, 428; G.A. Brucker, Florentine politics and society, 1343-1378, Princeton 1962, pp. 147 s., 151 s., 164, 172, 179, 184; R. Fubini, "Potenze grosse" e piccolo Stato nell'Italia del Rinascimento. Consapevolezza della distinzione e dinamica dei poteri, in Il piccolo Stato. Politica storia diplomazia. Atti del Convegno di studi, San Marino, 2001, a cura di L. Barletta - F. Cardini - G. Galasso, Città di Castello 2003, p. 104.