MALABAILA, Filippo
Nacque il 18 ag. 1580 a Castellinaldo nell'alto Monferrato. Era figlio cadetto di Maria Pelletta appartenente all'illustre casato dei signori di Cossombrato, e del conte Daniele del ramo di Canale, antica e nobile famiglia astigiana, la cui ascesa era iniziata alla fine del Duecento, grazie a una fortunata attività creditizia. Alla metà del Trecento, i Malabaila operarono per circa un ventennio come banchieri papali ad Avignone.
Avviato alla carriera ecclesiastica, studiò a Roma, dove vestì l'abito dei foglianti, ramo dell'Ordine cistercense, fondato in Francia nel 1577. Durante la sua permanenza a Roma, poco più che quindicenne scrisse i Concetti predicabili e indirizzò a Cesare Baronio una dissertazione volta a dimostrare che il "Divus Gregorius magnus fuit vere monachus Benedectinus" (Vassallo, 1886, pp. 78 s.).
Ritornato in Piemonte, nel 1618 pubblicò a Torino la Vita del gran padre et mellifluo dottore s. Bernardo divoto citarista di Maria Vergine, agiografica biografia del fondatore dell'Ordine cistercense. Per la rinomanza conseguita con i suoi lavori e per la crescente considerazione che il suo Ordine stava acquisendo presso Carlo Emanuele I di Savoia, il M. fu nominato abate del santuario della Madonna di Mondovì a Vico.
Durante gli anni di permanenza nell'abbazia cistercense non ebbe nessuna difficoltà ad attingere notizie dai preziosi manoscritti conservati negli archivi del monastero. Nel 1622, a Parigi, uscì l'opera Sacrae imaginis Deiparae Virginis prope Montem Regalem in Subalpinis miraculis coruscantis historia, e cinque anni dopo, a Mondovì, l'edizione in italiano dal titolo Historia dell'imagine di Nostra Donna del Mondovì a Vico.
Sin da questa opera, il M. rivelava chiaramente la sua concezione del lavoro dell'istoriografo. Egli, infatti, aveva copiato e manipolato, senza dichiararlo, parti dell'opera del gesuita Giuseppe Alamanni, sulla Narrazione de' successi intorno alla miracolosa immagine della gloriosissima Vergine scopertasi a Vico l'anno 1595, custodita ancora manoscritta nel santuario, inserendovi suoi riferimenti a eventi che l'ingenua devozione popolare riteneva miracolosi.
Il M. ottenne tutte le cariche del suo Ordine, fino a diventare generale, a Roma nel 1633. Dopo avere vagato "veluti patria exul, quasi quadraginta sex annos in variis provinciis", verso la fine degli anni Trenta si ritirò ad Asti nel monastero dei cistercensi (cfr. Vassallo, 1886).
Pubblicò a Roma, tra il 1638 e il 1639, il Compendio historiale della città di Asti, attribuendo il testo al fratello Guido Antonio, conte di Canale, e a suo figlio Annibale Onorato Malabaila.
Di quest'opera esistono due differenti stesure: la prima composta da venti capitoli, la seconda da soli dodici, ma di un terzo più lunga dell'altra. Il M. riprendendo tradizioni leggendarie sull'origine della città ne attribuiva, secondo uno schema storico genealogico di carattere mitico diffuso nella prima età moderna, la fondazione a un nipote di Noè, Gomer. Sosteneva poi che Asti sarebbe stata rifondata da Pompeo, e per avvalorare la sua tesi si rifaceva a un'antica trascrizione rivelatasi contraffatta. Da allora, l'opinione di Asta Pompeia si radicò fra gli studiosi - da S. Guichenon a L. Cibrario - dando vita a una notevole quantità di falsificazioni, che giunsero alla fine dell'Ottocento.
Nella diatriba sull'origine di Asti si inserì mons. Francesco Agostino Della Chiesa, con la sua Cardinalium, archiepiscoporum, episcoporum, et abbatum Pedemontane regionis chronologica historia, pubblicata a Torino nel 1645. In questo testo il vescovo di Saluzzo sosteneva che il Comune di Asti si era affermato nel Medioevo ribellandosi ai vescovi, suoi legittimi signori, e che l'aristocrazia cittadina aveva potuto assumere la guida della città soprattutto grazie alle ricchezze accumulate gestendo banchi di pegno. Una risposta a questa opera è il Clypeus civitatis Astensis ad retundenda tela quae auctor Chronologicae Historiae de praesulibus Pedemontanis in eam intorsit pubblicato anonimo (Asti 1647), in nome del Comune di Asti (come appare dalla breve prefazione Benevolo lectori Consilium Astense), in realtà scritto dal Malabaila.
Nei diciassette capitoli del libro il M. correggeva alcuni errori di Della Chiesa, come la localizzazione di Asti nel contado alessandrino, e soprattutto replicava alla tesi che la nobiltà astigiana si era arricchita con il commercio e il credito, sostenendo che vi era stata costretta per assicurarsi un tenore di vita confacente al suo status, non disponendo di molte risorse nel contado, a causa della forza del potere comunale.
Le obiezioni di Della Chiesa non si fecero attendere molto. Nell'Illustratio historica undecimi cap. Chronologicae Historiae praesulum Pedemontii, pubblicata a Mondovì nel 1649, egli si scaglia apertamente contro il M., definendolo "nasutulus sophista", e giudicando il Clypeus opera non attendibile.
Il vescovo saluzzese evidenziava le inesattezze, le modifiche e le contraffazioni del M. e difendeva la veridicità delle sue fonti, rifacendosi a cronisti illustri quali Ogerio Alfieri, che, nella sua cronaca astigiana, scritta alla fine del Duecento, aveva addirittura fissato l'inizio dell'attività feneratizia della nobiltà nel 1226.
Il M. rispose, ancora, pubblicando in forma più ampia del primo, a Lione nel 1656, il secondo Clypeus civitatis Astensis liber apologeticus, varia eruditione de istitutione et iuribus Regni Italiae exornatus, in cui contestava tutte le accuse mosse dal Della Chiesa; giustificando, fra l'altro, l'attività mercantile dell'aristocrazia astigiana con un diploma contraffatto di Federico Barbarossa, in cui la nobiltà di Asti veniva autorizzata all'esercizio della mercatura e dei cambi senza pregiudizio della qualità nobiliare, e con un altro diploma imperiale, risalente al 1037, in cui anche Corrado II permetteva ai nobili astigiani di praticare il commercio. In tal modo il M. difendeva anche la storia della propria famiglia, che aveva operato nel settore mercantile e bancario nei secoli XIII e XIV accumulando ingenti patrimoni, ed entrando poi nella diplomazia e nell'esercito.
Gli fece eco la Corona reale di Savoia, o sia Relatione delle provincie, e titoli ad essa appartenenti che Della Chiesa diede alle stampe a Cuneo (1655-57).
In quest'opera il vescovo saluzzese, senza più mezzi termini, attaccava il M.: "aspettando noi da un certo monaco di San Bernardo riformato asteggiano, che si professa historico di questa città, le memorie più volte richieste [(] non habbiano mai potuto riportar altro che alcuni scritti pieni di vanità apocrife, fondati sopra iscrizioni inventate o da alcuni supposti memoriali di persone, che furono mai al mondo cavate overo dal medesimo monaco insegnate" (Corona reale, II, pp. 46 s.).
Il M. questa volta non poté difendersi: era infatti morto ad Asti nell'ottobre del 1656.
Del M. restò per anni inedita una orazione funebre recitata nel 1622 a Lione sul letto di morte di Francesco di Sales. Venne invece stampata ad Asti nel 1644 la sua Esortazione ai cittadini d'Asti a rinnovar la divozione dei loro maggiori verso li santi protettori di essi. La sua Disquisitio de s. Brunonis Astensis, Signiensis episcopi et abbatis Montis Cassini, ortu, canonicatu, et recessu a Cassinatibus fu pubblicata a Venezia nel 1651, nel primo volume delle opere di s. Brunone astense. Gorrini, nella sua Istoriografia di Asti, menziona ancora tra i testi di M. due manoscritti esistenti nella Biblioteca Ambrosiana di Milano, intitolati: De Ecclesia apostolorum et de actis s. Secondi Astensis patroni; De Alrico et de schismate Astigianorum sub Aenobardo imperatore (Vassallo, 1886, p. 78).
Il M. nel corso della sua lunga vita aveva inoltre raccolto numerose epigrafi astigiane. Le inesattezze e le modifiche apportate dal M. furono parecchie. Diverse epigrafi, in parte vere e in parte false, furono mandate al Guichenon, che le inserì nel 1660 senza riserve nella sua Histoire généalogique de la maison de Savoie. Lo stesso fecero i bollandisti, che inclusero negli Acta sanctorum la vita di s. Secondo "ex pervetustis membranis ecclesiae Astensis descripta submisit nobis eruditus vir Philippus Malabayla, Congregationis reformatae S. Bernardi Ordinis Cistercensis, olim Generalis, patria Astensis et rerum Ecclesiasticarum peritus" (Acta sanctorum, Martii, 1735, pp. 797-811). Ma la pratica di falsificare la storia si estese anche nell'ambito delle notizie raccolte sui vescovi astigiani, mandate a Ferdinando Ughelli, che le inserì nell'Italia sacra, sive De episcopis Italiae et insularum adiacentium, stampata a Napoli dal 1643 al 1648.
Fonti e Bibl.: C. Promis, Della città di Luni, Massa 1859, p. 170; G. Gorrini, Il Comune astegiano e la sua storiografia, Firenze, 1884, pp. 95-99, 104 s.; C. Vassallo, Rassegna bibliografica. Il Comune astegiano e la sua storiografia. Saggio storico-critico di Giacomo Gorrini, in Arch. stor. italiano, s. 4, 1884, t. 14, pp. 375-377, 380 s.; A. Manno, Bibliografia storica degli Stati della monarchia di Savoia, Torino 1884, I, p. 67; II, pp. 79, 249, 359, 366, 373, 375, 377 s., 382, 385, 387 s.; C. Vassallo, Le falsificazioni della Storia astegiana, in Arch. stor. italiano, s. 4, 1886, t. 18, pp. 76-84, 177-182, 184, 189, 193 s.; Id., La chiesa dei Ss. Apostoli in Asti, Asti 1891, pp. 6-67; G. Bosio, Storia della Chiesa d'Asti, Asti 1894, pp. 10, 23, 29, 39-43; G. Gomino, Un testamento inedito per un reliquiario gotico: ricerche sulla devozione a s. Bernulfo nel Monregalese, in Studi piemontesi, XIX (1990), 1, pp. 245-255; P. Cozzo, "Regina Montis Regalis". Il santuario di Mondovì da devozione locale a tempio sabaudo, Roma 2002, pp. 18 s., 52, 57, 58, 70, 156 s. La bibliografia più completa sul M. è di A. Merlotti, Le nobiltà piemontesi come problema storico-politico: Francesco Agostino Della Chiesa tra storiografia dinastica e patrizia, in Nobiltà e Stato in Piemonte. I Ferrero d'Ormea. Atti del Convegno, Torino-Mondovì, 2001, a cura di A. Merlotti, Torino 2003, pp. 21, 28-31, 33 s., 37-40, 45 s., 48, 53, 91.