MANCI, Filippo
Primo di quattro fratelli, nacque a Trento il 3 ag. 1836, da Vincenzo e da Lucilla Figarolli.
Apparteneva a una famiglia nobile, e fu legato da rapporti di parentela con protagonisti del Risorgimento trentino come Gaetano Manci (1817-85), podestà di Trento dal 1857 al 1860 e deputato al Parlamento italiano dopo l'annessione del Veneto al Regno d'Italia (1866), e Massimiliano Manci (1851-1918), padre di Giannantonio, medaglia d'oro della Resistenza antifascista.
Rimasto orfano della madre in tenera età, il M. compì gli studi inferiori nella città natale. In seguito frequentò la facoltà di giurisprudenza presso l'Università di Padova, senza conseguire la laurea. Nel 1857 diede il proprio contributo alla sottoscrizione promossa dalla Gazzetta del popolo di Torino per la costruzione di cento cannoni destinati alla fortificazione di Alessandria. Fu tra i protagonisti del moto studentesco di Padova in occasione dei funerali del professor B. Zambra (7 genn. 1859), e dovette rifugiarsi in Piemonte per evitare l'arresto.
Arruolatosi nel corpo dei Cacciatori delle Alpi guidato da G. Garibaldi, il M. partecipò al conflitto tra i Franco-piemontesi e gli Austriaci (la seconda guerra d'indipendenza), distinguendosi nei combattimenti di Varese e San Fermo (26-27 maggio 1859) e, soprattutto, nello sfortunato assalto notturno al forte di Laveno (30 maggio) che gli valse la stima e la considerazione di Garibaldi. Dopo l'armistizio di Villafranca (11 luglio), il M. militò, al seguito di Garibaldi, nell'Esercito dell'Italia centrale (comandato da M. Fanti), e tornò infine a Milano all'inizio del 1860.
Il 3 maggio 1860 partirono da Milano, guidati da G. Missori, gruppi di giovani della città e di altre province dell'Italia settentrionale, tra i quali il M., E. Bezzi e F. Tranquillini, di comuni origini trentine (che sarebbero stati ricordati come "i tre moschettieri dei Mille"). Giunti a Genova, la sera del 5 maggio, condotti da N. Bixio, si impadronirono dei vapori "Piemonte" e "Lombardo" della compagnia Rubattino, a bordo dei quali i Mille sbarcarono in Sicilia sei giorni più tardi. Il M., inquadrato nel corpo delle guide comandato da Missori, combatté valorosamente a Calatafimi (15 maggio 1860). Il 27 maggio, insieme con F. Nullo, Bezzi e Tranquillini fu tra i primi a entrare a Palermo: nei giorni seguenti si distinse nei combattimenti accesisi in vari punti della città (porta Maqueda, palazzo Reale e l'Alberghesca), contribuendo alla sua definitiva conquista. Nella seconda fase della campagna di Sicilia, il M., aggregato alla brigata comandata da S. Türr, prese parte alle operazioni nella zona di Catania, cui fece seguito, il 21-22 agosto, lo sbarco in Calabria. Il 7 sett. 1860 il M. fu tra gli otto ufficiali che accompagnarono Garibaldi nella trionfale entrata a Napoli. Una febbre tifoidea gli impedì tuttavia di partecipare all'ultima fase della campagna e alla battaglia del Volturno.
Insignito con la croce dell'Ordine militare di Savoia, il M. fece ritorno a Milano, dove portò a termine gli studi di giurisprudenza. Frequentò anche qualche lezione presso la Regia Accademia scientifico-letteraria con il proposito, destinato a rimanere senza esito, di laurearsi in lettere. Non si estraniò comunque dalla vita politica e dalla cospirazione contro l'Austria: dapprima fu in missione a Londra e a Parigi, poi, nel luglio 1861 - insieme con Bezzi, Tranquillini e altri esuli trentini -, si recò nell'alta Val Camonica per elaborare i piani di un'azione nel Trentino che sembrò potersi concretizzare, fra aprile e maggio del 1862, con l'arruolamento di alcune colonne di volontari. Ma il 15 maggio 1862 l'Esercito italiano stroncò sul nascere a Sarnico e a Palazzolo la progettata spedizione per la quale Garibaldi aveva già nominato un comitato trentino composto da Bezzi, dal M. e da altri esuli.
Subito dopo, scartata la primitiva ipotesi di dirigersi in Grecia, Garibaldi decise di compiere un tentativo in direzione di Roma: l'8 ag. 1862 a Villalba diede ai pochi volontari al seguito il nome di Prima Legione Romana, nominando il M. suo aiutante di campo. Sbarcato in ritardo sulle coste della Calabria, perché malato, il M. si unì alle milizie garibaldine appena in tempo per partecipare al decisivo scontro di Aspromonte (29 ag. 1862). Insieme con E. Cairoli, G. Civinini e T. Malato, il M. trasportò Garibaldi ferito fino a Scilla, accompagnandolo poi a La Spezia. Arrestato e mandato prigioniero al forte di Bard, in Valle d'Aosta, tornò in libertà nell'ottobre 1862, in seguito a un'amnistia.
Tali insuccessi causarono al M. un grave scoramento, dal quale si riprese quando, nell'ottobre del 1862 a Lugano, l'amico Bezzi concepì insieme con G. Mazzini il disegno di un vasto movimento insurrezionale che, partendo da una guerriglia di bande armate sulle Alpi del Trentino, doveva coinvolgere le nazioni oppresse dell'Europa orientale. Ancora una volta il M. offrì la propria disponibilità ma, convinto che solamente la presenza di Garibaldi avrebbe dato credito all'impresa, nel febbraio 1863 scrisse un'accorata lettera al generale, allora a Caprera. Garibaldi accettò la direzione dell'insurrezione e, d'accordo con Mazzini, nel settembre 1863 promosse la costituzione del Comitato centrale unitario italiano, composto da B. Cairoli, presidente, dal M. e da Bezzi, G. Nicotera, A. Mosto, G. Chiassi, A. Lemmi. Nell'atto costitutivo del Comitato, la sollevazione nel Veneto e nel Trentino era prevista per la primavera del 1864 con la direzione di Bezzi e del M., ai quali furono affidati anche l'intermediazione tra i nuclei insurrezionali in territorio austriaco e, una volta iniziata l'insurrezione, il comando sul campo in attesa dell'arrivo di Garibaldi. Le difficoltà nell'arruolamento delle bande e nel reperimento delle armi ritardarono però l'inizio del moto. Lo stesso atteggiamento ondivago di Garibaldi, propenso, d'intesa con Vittorio Emanuele II, ad assumere il comando dell'insurrezione nelle province asburgiche dell'Europa orientale, disorientò non poco i patrioti trentini. Nell'agosto 1864, grazie alla delazione del trentino G.B. Rossi (uomo di fiducia del M. e di Bezzi), la polizia austriaca poté scompaginare le file dei cospiratori e stroncare sul nascere la grande insurrezione prefigurata da Mazzini.
Nella guerra per la liberazione del Veneto (giugno-luglio 1866) il M. ebbe il grado di capitano delle guide nel Corpo dei volontari garibaldini.
Dopo la tregua d'armi sottoscritta da Italia e Austria il 25 luglio, il M. ebbe, insieme con F. Martini, il compito di organizzare un vasto moto insurrezionale nel Trentino (concepito da Vittorio Emanuele II, d'accordo con B. Ricasoli e con Garibaldi, al fine di poterne rivendicare l'annessione al momento delle trattative di pace sulla base dell'uti possidetis).
Con soli quaranta uomini, il M. e Martini penetrarono in Trentino la notte fra l'8 e il 9 ag. 1866: dopo poche ore dovettero però rinunciare al velleitario tentativo in seguito alla repentina sconfessione da parte del governo italiano.
La tremenda delusione per la mancata annessione del Trentino al Regno d'Italia minò in maniera irreversibile la salute del Manci. Tornato a Milano con l'intenzione di intraprendere la professione forense, cadde in una profonda depressione (nonostante l'affettuosa assistenza dei vecchi compagni d'armi), aggravatasi alla notizia del disastro di Mentana (3 nov. 1867). Ottenuto il permesso di rientrare a Trento all'inizio del 1868, non trovò alcun sollievo alla propria condizione.
Ormai completamente pazzo, ferì a morte l'anziano padre e fu internato in un manicomio a Milano, dove morì l'8 luglio 1869 per una cancrena sorta in seguito a un'autolesione.
Fonti e Bibl.: Ed. naz. degli scritti editi ed inediti di G. Mazzini, Indici, II, 1-2, a cura di G. Macchia, Imola 1973, ad nomen; Ed. naz. degli scritti di G. Garibaldi, XIII, a cura di S. La Salvia, Roma 1986, p. 212; XIV, a cura di S. La Salvia, ibid. 1991, ad ind.; XVII, a cura di G. Monsagrati, ibid. 2002, pp. 72, 85; P. Candelpergher, Ricordi di un garibaldino (Aspromonte-Bezzecca), Ancona 1908, passim; G.C. Abba, Da Quarto al Volturno. Noterelle di uno dei Mille, a cura di G. De Rienzo, Milano 1997, pp. 43, 102. Riferimenti al M. in: G.C. Abba, Cose garibaldine, Torino 1907, pp. 175, 181 s.; O. Brentari, Il secondo battaglione bersaglieri volontari di Garibaldi nella campagna del 1866, Milano 1908, pp. 68, 244-248, 254; Id., I trentini dei Mille di Marsala, in Nuova Antologia, 16 ott. 1910, pp. 583-593; Id., I trentini ad Aspromonte, ibid., 1 sett. 1912, pp. 146-157; G. Castellini, Pagine garibaldine (1848-1866), Torino 1909, ad ind.; L. Marchetti, Il Trentino nel Risorgimento, I-II, Milano-Roma-Napoli 1913, ad ind.; G. Locatelli Milesi, Ergisto Bezzi. Il poema di una vita, Milano 1916, passim; G. Castellini, Eroi garibaldini, a cura di C. Agrati, Milano 1944, ad ind.; O. Brentari, I trentini nella spedizione di Sicilia 1860. Centenario 1860-1960, a cura di B. Rizzi, Trento 1960, pp. 62-70; L.E. Funaro, L'Italia e l'insurrezione polacca: la politica estera e l'opinione pubblica italiana nel 1863, Modena 1964, pp. 52, 54; A. Zieger, Il tentativo mazziniano del 1863-64 attraverso gli atti ufficiali, Trento 1964, passim; R. Gasperi, Per Trento e Trieste. L'amara prova del 1866: storia politico militare del 1866, I-II, Trento 1968, ad ind.; A. Scirocco, I democratici italiani da Sapri a Porta Pia, Napoli 1969, ad ind.; A. Zieger, Voci e volti del Risorgimento nel Trentino e nell'Alto Adige, a cura di A. Ragazzoni, Bolzano 1994, pp. 282 s., 302; Storia del Trentino, IV, Personaggi della storia trentina, a cura di S. Benvenuti, Trento 1998, ad ind.; Diz. del Risorgimento nazionale, III, sub voce.