MASSINI, Filippo
– Nacque a Perugia il 1° maggio 1559, da Innocenzo e da Lodovica Carbonchi. Ebbe due fratelli, Fabrizio e Flaminio, alla cui prematura scomparsa dedicò alcuni componimenti poetici.
Studiò diritto nello Studio cittadino, avendo come maestri Rinaldo Ridolfi, Bernardino Alfani, Giovanni Paolo Lancellotti, e come condiscepoli Tobia Nonio, Sforza Oddi e Alberico Gentile. Nel 1580 conseguì la laurea in utroque, a seguito della quale ricevette il cavalierato dello Speron d’oro e un dottorato di diritto civile nel medesimo Studio perugino.
Agli studi giuridici il M. alternò l’attività letteraria. Nel 1588 pubblicò alcune dissertazioni tenute nella perugina Accademia degli Insensati, di cui era membro. Le quattro Lettioni dell’Estatico Insensato, recitate da lui publicamente in diversi tempi nell’Academia de gli Insensati di Perugia (Perugia, P.G. Petrucci) rivelano una vasta dottrina filosofica e letteraria, sostenuta da una logica rigorosa, da giurista, qual era il M.; sicché caratteristico è lo stile argomentativo, che confuta le tesi avverse ribattendo punto su punto.
Nella prima lezione, Della difesa del Petrarca, tenuta il 25 ag. 1582, il M. torna sulla famosa polemica che oppose A. Caro a L. Castelvetro, facendosi «publico difensore et avvocato» (p. 2) di F. Petrarca e di fatto conducendo un’abile difesa del poeta dalle accuse mossegli da Castelvetro nel suo commento alla Poetica di Aristotele. La seconda lezione, Della contemplatione dell’huomo estatico, tenuta il 17 genn. 1585, prende spunto dal sonetto di G. Guidiccioni, Avvezzianci a morir, se proprio è morte, e tratta «dell’estasi, o della contemplazione, che altro non è che una morte ai sensi» (p. 46); nell’argomento va visto un ossequio alla tematica morale eletta a nome dagli Insensati. Anche la terza lezione, Della conversione dell’huomo a Dio, tenuta il 30 ag. 1587, prende le mosse da un sonetto di Guidiccioni, Traggeti a più bel rio l’ardente sete, e dà occasione al M. di sottolineare il bisogno dell’anima di elevarsi dalla vanità delle cose terrene per rivolgersi al Creatore. La quarta lezione, tenuta il 28 apr. 1581 (dunque la prima per cronologia), tratta del madrigale, e il M. contesta le norme proposte da Girolamo Ruscelli e da Antonio Sebastiani (detto il Minturno) circa questo genere poetico.
L’accoglienza delle Lettioni fu assai positiva e segnò il successo del M. anche fuori dalla cerchia cittadina. Ne dà testimonianza Annibale Roero in Lo scolare… (Pavia 1604, pp. 30 s., 61, 95 s.), che consiglia la lettura dell’opera al giovane studente desideroso di una salda cultura.
Irrintracciabile il «cod. 396 della Magliabechiana» menzionato da Vermiglioli (p. 97), una prima testimonianza a stampa della produzione poetica del M. è la Canzone dell’Estatico Insensato in lode della Santissima Casa Lauretana (Fermo, S. de’ Monti, 1592; poi Perugia, V. Colombara, 1595), la cui composizione, come si ricava dalla dedicatoria, risaliva a oltre otto anni prima. Al 1593, composto a Firenze «in una villa de’ signori Ricci», secondo la testimonianza di Francesco Visdomini nella prefatoria alle Rime del M. (pubblicate da A. Viani a Pavia nel 1609), risale un componimento intitolato La villa.
Lo stesso Visdomini avverte che sia la Canzone sia La villa furono stampate per errore sotto il nome di «Monsignore [Francesco] Panigarola» nella Corona d’Apollo di Piergirolamo Gentile (Venezia 1605, parte I, pp. 13-21, 191-202); con l’attribuzione a Panigarola la sola Canzone figura anche ne Le muse sacre, scelta di rime spirituali di Pietro Petracci (Venezia 1608, pp. 90-95). Altre testimonianze sparse della produzione lirica del M. sono il sonetto encomiastico in appendice a La Semiramis boscareccia di Muzio Manfredi (Bologna 1603, p. 130) e una sestina in chiusura dell’Oratione dell’Accademico Insensato Marcantonio Salvucci in morte di monsignore Federico Abbate Della Cornia (Perugia 1614, pp. 22 s.).
Nel 1590 il M. lasciò Perugia per Fermo, dove era stato chiamato a insegnare diritto nella locale università. Alla partenza dalla città natale è dedicato il sonetto Orsella, io parto, altrove honor mi chiama (Rime, p. 118), mentre dal sonetto Far risonar del picciol Lete indarno (ibid., p. 130) si evince che a Fermo gli sarebbe giunto l’invito per un insegnamento a Napoli, che avrebbe rifiutato, preferendo Pisa; la notizia di una sua lettura a Macerata è smentita da Vermiglioli (p. 93). Dal 1592 lesse a Pisa. Quattro anni dopo si trasferì a Pavia, dove, in virtù dei suoi meriti professionali e letterari, ottenne la cittadinanza onoraria e fu ascritto alle Accademie degli Intenti e degli Affidati; della seconda fu anche principe. Nel 1602 prese in moglie una nobile perugina, Virginia Narducci (morta a Pavia nel 1608), con cui ebbe cinque figli (il primogenito, Innocenzo, seguì le orme paterne e fu docente di diritto). Da un secondo matrimonio, con la perugina Lodovica Riviera, ebbe un figlio, Carlo.
Al soggiorno pavese risalgono la sistemazione e la stampa di alcune opere giuridiche: Ad rubr. et L. I. C. de edendo praelectiones, cum primarius in Firmano Gymnasio esset professor anno 1590 elaboratae… (Pavia, Eredi G. Bartoli, 1599); In secundam codicis partem Commentaria (ibid. 1601); Tractatus ad L. I. Cod. de edend. et eius comment. in secund. partem Codicis. Tract. de bonor. posses. iure accrescendi et subst. (ibid. 1601); un volume di Repetitiones (ibid. 1601); Selectarum iuris distinctionum centuria prima, quibus centum difficillima iuris problemata… solvuntur (ibid. 1610). Nello stesso periodo il M. diede alle stampe le sue principali opere poetiche. Composto probabilmente in anni anteriori è il Candore amoroso (Venezia 1609; Pavia 1610; «corretto et accresciuto», Perugia 1610). Si tratta di 123 madrigali, una sestina e una canzone, che cantano la signora Agna Busca e, pur indulgendo al concettismo della lirica contemporanea, mostrano «lucidità di stile, castigatezza di forma, facilità di rima e delicatezza di sentimenti» (A. Massini, p. 13). Al 1609 risale anche il volume delle Rime (Pavia, con dedica al granduca Cosimo II de’ Medici), raccolta in cui confluisce, talvolta con varianti, la maggior parte della produzione lirica compiuta fino a quel momento.
Nella prefatoria Visdomini elogia la chiarezza stilistica del M., capace di variare registro secondo la diversità della materia. Il punto di vista di Visdomini, derivante da una posizione di attardato classicismo, peculiare di un ambiente provinciale quale quello degli Insensati, contrappone la poesia del M. a quella contemporanea, la quale, allontanatasi dalla via indicata dal grande modello petrarchesco, tendeva a «mandar fuori […] certi sonettoni forniti di parole sonanti, di translationi smoderate, et di sensi così oscuri, che noi stessi non gl’intendiamo». Il M., al contrario, possiede uno stile maturo, in cui «lo splendore della favella non oscura la luce de’ sentimenti». Tali meriti furono riconosciuti anche dal contemporaneo G. Ghilini (nei versi del M. «vedesi al vivo effigiata la chiarezza dello stile del Petrarca», p. 54). Tuttavia, già a un primo superficiale sguardo, colpisce la natura eterogenea dei componimenti inclusi nella raccolta, che sembra ricusare qualsiasi coerenza strutturale. Inoltre, la molteplicità e difformità dei temi trattati avvicinano l’insieme proprio a quel gusto barocco deprecato da Visdomini. La raccolta include anche 69 madrigali giovanili dedicati a un «Lucherino», a proposito dei quali lo stampatore A. Viani avverte trattarsi di una ristampa, senza però che si abbia notizia della princeps. Inoltre, va ricordato che da alcuni componimenti si evincono le relazioni amichevoli del M. con T. Tasso (due sonetti sulla sua prigionia e uno in morte), con G.B. Marino e con il già ricordato M. Manfredi.
Nel 1612, al termine della condotta pavese, il M. tornò nello Studio pisano, che lo aveva sollecitato dal 1609, come risulta da una lettera di M. Cutini al letterato perugino Marco Antonio Bonciari datata Pisa 1609 (Perugia, Biblioteca Augusta, Mss., B.21, c. 157). Di questa seconda lettura pisana parla Gian Giacomo Lagerio in un’altra lettera (datata Pisa 1613, ibid., B.55, c. 288) a Bonciari, che, inoltre, introduce il M. tra gli interlocutori del suo Estaticus sive De ludicra poesi dialogus (Perugia 1615). Intorno al 1616 il M. accettò una nuova condotta a Bologna. Nell’anno accademico 1616-17 lesse l’Inforziato nella seconda ora pomeridiana (In secundam Infortiati partem Commentarii, Bologna 1617), l’anno successivo fu destinato «ad lecturam Digesti novi»; nel 1617 pubblicò a Bologna il Tractatus de legatis et ad l. Falcidiam.
La produzione scientifica del M. risulta strettamente legata alla sua attività didattica. Fedele all’indirizzo del mos Italicus, egli mostra una ricca conoscenza della scienza giuridica medievale e contemporanea, alla quale si rivolge nella lettura razionale dell’abbondante casistica offerta dalla prassi. Un maggior impegno sistematico si coglie nell’analisi del legato, per la quale adotta la forma letteraria del trattato, che consentiva di presentare in modo ordinato la pluralità dei problemi della vita concreta e la molteplicità delle interpretazioni degli stessi elaborate dalla dottrina.
Il M. iniziò l’anno accademico 1617-18, ma non risulta che lo abbia portato a termine; la data della sua morte, avvenuta a Bologna, è dunque collocabile tra la fine del 1617 e l’inizio del 1618 (nel 1617 secondo Crescimbeni, IV, p. 73; Ghilini, p. 55). Gli furono tributati solenni funerali in S. Petronio.
Rime del M. sono edite in: A. Aprosio, La grillaia, curiosità erudite di Scipio Glareano, Napoli 1668, pp. 43 s.; Rime di Leandro Signorelli, ed altri poeti perugini, a cura di G. Vincioli, Foligno 1729, pp. 149-190; B. Croce, Lirici marinisti, Bari 1910, pp. 189 s., 532; Opere scelte di Giovan Battista Marino e dei marinisti, a cura di G. Getto, Torino 1962, pp. 80, 276-279; F. Massini, Il madrigale, a cura di G. Fanelli, Urbino 1986.
Fonti e Bibl.: Arch. di Stato di Bologna, Senato, Partiti, vol. 16 (1614-21), cc. 33v, 47v-48r, 78v; Assunteria di Studio, Requisiti dei lettori, b. 17, f. 35; Perugia, Biblioteca Augusta, Mss., A.41, f. IV, c. 4v (lettera di M.A. Bonciari al M., Perugia 1614); B.17, cc. 146-147, 150, 151r, 155, 156r; B.18, c. 320; B.21, cc. 118, 119r (lettera di G.B. Sacco al M., Milano, 9 maggio 1608); B.55, cc. 184r; 205r (1588), 220r, 288 (lettera di G.G. Lagerio a Bonciari), 408r (Pisa, 14 genn. 1615); ibid., 1220, cc. 46r, 47r (lettera a Bonciari con il sonetto Viva neve che ’l sol tinge e non sface, Catrano, settembre 1580), 56r (lettere a Bonciari, Catrano, 1580), 63r (lettera di B. Regio al M.); Firenze, Biblioteca nazionale, Magl., VIII.809, serie IV, t. VII, n. 13 (lettera di Bonciari al M., Perugia, 1° febbr. 1615); M.A. Bonciari, Epistolarum volumen primum, libri XII, Perugia 1613, pp. 427 s., 629 s.; M.A. Querini, Lettere, Venezia 1613, c. 15v; S. Tolomei, Lettere, Perugia 1617, pp. 726 s.; F. Visdomini, Lettere, Roma 1623, pp. 289 s., 303 s., 316 s., 323-325; G.B. Lauri, Epistolarum centuriae duae, Coloniae Agrippinae 1624, cent. II, pp. 267 s.; Lettere di uomini illustri scritte a M.A. Bonciario perugino, Venezia 1839, pp. 15 s.; C. Alessi, Elogia civium Perusinorum…, Fulginiae 1635, p. 195; G. Ghilini, Teatro d’huomini letterati, I, Venezia 1647, pp. 54 s.; A. Oldoini, Athenaeum Augustum…, Perugia 1678, pp. 286-288; G.M. Crescimbeni, Comentarj intorno alla sua Istoria della volgar poesia, I, Roma 1702, p. 350; IV, ibid. 1711, p. 73; F.S. Quadrio, Storia e ragione d’ogni poesia, I, Bologna 1739, p. 173; II, Milano 1741, p. 291; III, ibid. 1742, p. 119; VII, ibid. 1752, pp. 19, 61, 69, 102, 162; M.A. Belforti, Lycaeum Augustum, seu Literatorum Perusinorum memoriale, Neapoli 1731, p. 91; A. Fabroni, Historiae Academiae Pisanae, II, Pisis 1792, pp. 202-205; G.B. Vermiglioli, Biografia degli scrittori perugini e delle opere loro, II, Perugia 1829, pp. 92-98; U. Dallari, I rotuli dei lettori legisti e artisti dello Studio bolognese dal 1384 al 1799, II, Bologna 1889, pp. 329, 333; A. Solerti, Vita di Torquato Tasso, I, Torino-Roma 1895, p. 821 n. 23; Ed. nazionale delle opere di Galileo Galilei, a cura di G. Abetti, XII, Firenze 1934, p. 178; XX, ibid. 1939, p. 478; A. Massini, F. M. giureconsulto e poeta: 1559-1618, Perugia 1939; L. Simeoni, Storia della Università di Bologna, II, Bologna 1947, pp. 129, 246; G. Ermini, Storia dell’Università di Perugia, Firenze 1971, p. 531; S. Mazzetti, Repertorio di tutti i professori antichi e moderni della famosa Università e del celebre Istituto delle scienze di Bologna, Bologna 1988, p. 204; V. Massini, La famiglia Massini, s.l. 1996; L. Sacchini, Ricerche intorno a F. M., tesi di laurea, Università cattolica del Sacro Cuore di Milano, a.a. 2006-07.