MELANTONE, Filippo
Nacque a Bretten (Basso Palatinato) il 16 febbraio 1497, dall'armaiuolo Georg Schwarzerd e, dopo i primi studî in casa, mortogli il padre, fu mandato a scuola a Pforzheim, presso la nonna materna, sorella di Giovanni Reuchlin. Il celebre umanista ed ebraista sorvegliò così l'educazione del giovinetto, che si veniva formando sotto la direzione di Georg Simler: e gli foggiò, traducendo in greco il cognome, quel nome umanistico (Melanchthon, dal 1531 semplificato in Melanthon) sotto il quale è celebre. E M. già nell'ottobre 1509 entrava nell'università di Heidelberg, dove superava l'esame di baccelliere due anni dopo; e nel settembre 1512 in quella di Tubinga, dove ritrovava il Simler e dove egli, giȧ in Heidelberg appassionato lettore dei classici e del Poliziano, era messo a contatto con i testi originali di Aristotele, che l'umanesimo si vantava di avere riscoperto. Divenuto magister artium nel 1814, incominciò a insegnare: pubblicò un'edizione di Terenzio (1516) e la grammatica greca (1518); parteggiò con gli umanisti e difese con essi il prozio Reuchlin nella celebre polemica accesasi intorno a lui; studiò teologia, soprattutto da sé e con indirizzo spiccatamente umanistico, rifacendosi cioè alla patristica e al Nuovo Testamento nell'originale greco, per intendere e far suo l'"autentico" cristianesimo delle origini. Ma appunto il suo umanesimo gli rendeva penoso lo stare a Tubinga; accettò pertanto con piacere la chiamata dell'università di Wittenberg.
Il 29 agosto, M. vi pronunciava la sua prolusione, De corrigendis adolescentiae studiis, ch'era un progetto di riforma universitaria ispirato agl'ideali dell'umanesimo e gli procurò, con l'ammirazione generale, quella di Lutero, che divenne presto amicizia. Dapprima M. è attratto verso Lutero allo stesso modo di tutto il mondo umanistico: vede in lui il ripristinatore della pura fede cristiana secondo il Vangelo, il correttore di abusi, il realizzatore della riforma vagheggiata da tanti e preconizzata da Erasmo. Poi l'unione si fa più intima: M. assiste alla disputa di Lipsia, scrive contro Giovanni Eck, per consiglio di Lutero sposa (18 agosto 1520) Caterina, figlia del borgomastro Krapp, diventa il confidente, il collaboratore e il difensore di Lutero, ne accoglie in tutto la teologia, che espone sistematicamente nella prima forma della sua grande opera, i Loci communes rerum theologicarum seu Hypotyposes theologicae (dicembre 1521); durante il confinamento di lui nella Wartburg, n'è l'alter ego, luogotenente timido e fedele che all'aggravarsi della situazione, invoca la presenza del capo e lo induce a ritornare a Wittenberg.
Ma già poco dopo si verificano le prime incrinature nel blocco di quella sua dedizione assoluta a Lutero. Di fronte alla ribellione aperta a Roma e al carattere decisamente rivoluzionario della predicazione di Lutero, che ogni giorno sembra farsi più audace, il mondo degli umanisti arretra sbigottito; e con esso M., cui l'educazione umanistica, l'ammirazione per la filosofia antica, specie l'aristotelica e le dottrine morali esposte da Cicerone, soprattutto un intimo bisogno di equilibrio e di pace, rendono esitante ad accogliere le conseguenze estreme della riforma luterana. Da questo momento incomincia una fase della sua evoluzione spirituale, contrassegnata da caratteristiche, le quali a prima vista possono apparire contraddittorie: da una parte, la progressiva rivalutazione delle facoltà umane e della libertà del volere, un non celato desiderio di trovare un'intesa con i cattolici, una certa fiducia che tale accordo possa essere raggiunto: pertanto la ricerca di compromessi e transazioni, fondati sulla preterizione dei punti più ardui, che per M. non è forse soltanto un diplomatico giocare sull'equivoco; dall'altra un graduale avvicinarsi all'interpretazione simbolica dell'Eucaristia nel senso dei "sacramentarî" svizzeri, in specie M. Bucer e poi Calvino, e tentativi di stabilire un accordo almeno con essi. In realtà, il dissidio è tra un atteggiamento spirituale sostanzialmente mistico, per cui ciò che conta è l'unione col divino, le divergenze teologiche perdono importanza, quelle di rito e di costumi diventano del tutto "indifferenti" (adiaphora); e nello stesso tempo un razionalismo, che a M. rende sempre più difficile aderire senz'altro alla dottrina eucaristica di Lutero e lo spinge a rivalutare, nella stessa definizione della fede, l'elemento conoscitivo, l'assentiri universo verbo Dei. Questo contrasto evidentissimo spiega le esitazioni e la condotta incerta e talvolta ambigua di M., benché occorra avere presenti le situazioni difficilissime in cui, partecipe a quasi ogni discussione diplomatico-religiosa del suo tempo, volta a volta si trovò l'umanista e l'uomo di studio, incapace di esercitare un fascino profondo sulle folle e di trascinarle, negato all'azione, eppure costretto dalle circostanze a rappresentare, accanto all'impetuoso, irascibile e bandito Lutero, la parte dell'uomo pratico, del negoziatore conciliante e accetto alle corti, e insieme, di fronte al suo partito, quella del discepolo fedele d'un maestro che aveva poco spirito sistematico ed era sovente intrattabile.
Animato da tendenze conservatrici e da preoccupazioni etiche, M. (1525) è toto corde con Lutero nel volere repressa l'insurrezione dei contadini e nell'opporsi a Carlostadio, vede lo sfacelo morale cui dà luogo la dottrina della giustificazione per la sola fede e insiste, specie nelle Istruzioni per i "visitatori" delle chiese sassoni (1528), che si predichi anche la Legge. Ma nello stesso anno pubblica i Dialectices libri IV e ha luogo un secondo tentativo (dopo quello del legato papale Campeggio nel 1524 per mezzo di Federico Grau, detto Nausea) di ricondurlo alla Chiesa cattolica. E già nel 1525 M. era rimasto accorato per il matrimonio di Lutero e soprattutto per la polemica tra questo ed Erasmo. Da questo momento si fa strada in M. la convinzione che il peccato originale abbia attutito e ridotto, ma non completamente annientato, le facoltà dell'uomo. Nel 1529 è a Spira, e a Marburgo al fianco di Lutero; ma l'anno dopo, alla dieta di Augusta, cerca in ogni modo di attuare una conciliazione con la Chiesa cattolica e con l'imperatore non solo nella famosa Confessio augustana, ch'è quasi interamente opera sua, ma nella lettera a L. Campeggio, del 6 luglio, in cui si accontenta che la clemenza del pontefice conceda l'uso della comunione sotto le due specie e legalizzi i matrimonî degli ecclesiastici. Poi si riprese, nell'Apologia della confessione stessa. Ma nel Commento a Romani (1532) distingue la "giustificazione", giudizio pronunciato da Dio sull'uomo, dalla "santificazione interiore"; nella rielaborazione, incominciata lo stesso anno, dei Loci communes theologici (1535) il peccato originale ha attutito le capacità dell'uomo, lasciandogli solo la facoltà di adempiere ai suoi doveri verso la società, non quella di adempiere ai precetti divini. Ma non trae da questa seconda affermazione la conclusione logica, che sarebbe la negazione della libertà umana relativamente alla salvezza. Comincia cioè a manifestarsi quel "sinergismo", quel cercar di mettere sullo stesso piano e l'azione divina e il concorso umano, per cui già nel commento a Giovanni (1536) M. asseriva il valore delle opere buone: concezione cotesta che caratterizza la teologia di M. e spiega gli attacchi dei luterani intransigenti.
Mentre questo suo atteggiamento faceva sì che si rinnovassero, dopo il 1530, i tentativi di riconquistarlo al cattolicesimo, e d'altra parte la sua fama di sistematizzatore della Riforma e di spirito moderato gli procuravano inviti a recarsi in Francia e in Inghilterra, M. incominciava a staccarsi da Lutero anche a proposito dell'Eucaristia. Lo colpì l'opera di Ecolampadio, col ricorso alla patristica e l'argomentazione prevalentemente storica; e nel collopuio del 1534 col Bucer, a Cassel, si avvicinava molto al suo punto di vista.
Nondimeno, il suo accordo con Lutero non ne venne turbato. A fianco di Lutero, M., sacrificando le sue idee personali, firma nel 1537 gli "articoli di Smalcalda", con lui nel 1539 dà a Filippo d'Assia il famoso "consiglio di coscienza", divulgato il quale si ammala o si finge ammalato. Nelle conferenze religiose di Worms e di Ratisbona del 1540 assume un atteggiamento assai rigido; ma, nel 1543, il progetto di riforma ch'egli e il Bucer preparano per Hermann von Wied, arcivescovo di Colonia, provoca nuovi sospetti a Wittenberg, proprio a proposito dell'articolo relativo alla Cena. Ma ancora nella prefazione alle sue opere latine (1545), Lutero ha parole di alto riconoscimento per l'opera di M.: al quale precisamente toccò di commemorarlo, il 22 febbraio 1546.
Ma dopo la morte di Lutero, M. rivelò ancora maggiormente le sue deficienze come capo di un movimento. Se durante la guerra smalcaldica e di fronte all'interim di Augusta (1548) fu poco fermo, egli si sentì più libero di esprimere le sue opinioni personali, accostandosi ancora di più al punto di vista di Erasmo nella nuova rielaborazione dei Loci praecipue theologici (dal 1542) con una definizione della libertà (facultas applicandi se ad gratiam), che ha potuto essere qualificata come "forse semipelagiana" (Paquier); con una definizione della fede in cui viene prima l'elemento dell'assenso e poi quello della fiducia; e con una definizione della Chiesa che rifà posto alla concezione della chiesa visibile e dà valore al possesso della vera dottrina evangelica. Ma appunto con tale sua indipendenza M. autorizzava implicitamente altri a valersi della stessa libertà e nello stesso tempo suscitava lo sdegno dei luterani più intransigenti; onde le fiere polemiche dottrinali, in momenti nei quali l'unione sarebbe stata più che mai necessaria. E M. l'avrebbe desiderata; più d'una volta egli, che nel 1551 si preparava a recarsi al concilio di Trento per cui aveva redatto una Confessio saxonica, manifesta il suo desiderio di concordia e quello d'essere finalmente libero dall'ira dei teologi, che da tanti anni ormai gli rendeva amaro anche il vivere in Wittenberg. Ma la morte non sopraggiunse che il 19 aprile 1560. Fu sepolto accanto a Lutero.
Il valore storico dell'opera di M. consiste appunto in quel suo sforzo continuo di mantenere associati, anche là dove ripugnano l'uno all'altro, e a costo di sacrifici e di mutilazioni, gl'ideali dell'umanesimo e quelli della riforma protestante; la cultura profana, scientifica, letteraria e filosofica (i suoi manuali, specie la Grammatica greca e l'Etica, hanno avuto un'importanza enorme, pari alla diffusione) e la teologia. Nella quale egli trasportò le sue doti e le sue abitudini mentali di umanista, considerando i dogmi sotto l'aspetto storico. E, praeceptor Germaniae, introdusse in Wittenberg quella riforma dell'insegnamento universitario (1536) che doveva servire di modello alle altre università.
Con la controversia ridestatasi intorno agli adiaphora in seguito all'interim di Augusta e strettamente connessa con quelle svoltesi intorno alle idee di G. Maier e dell'Osiandro, s'intrecciò quella provocata dalle posizioni quasi calvinistiche assunte da M. negli ultimi anni intorno all'Eucaristia. I suoi seguaci, che dopo la morte di M. ebbero come capo il genero di lui, Kaspar Peucer, s'accostarono ancora maggiormente a Calvino, pure mostrando di mantenersi fedeli all'ortodossia del luteranesimo: onde accanto alla designazione di "filippisti" il nomignolo dato loro di "criptocalvinisti". Nelle università di Wittenberg e di Lipsia essi si mantennero, vivacemente combattuti, fino al 1567 e al 1574; anzi nella nuova Sassonia elettorale (in cui era Lipsia) ripresero anche più tardi il sopravvento, finché furono eliminati definitivamente nel 1591.
Ediz.: Le opere di M. sono pubblicate nel Corpus Reformatorum, Halle-Brunswick 1834-60, voll. 28, e nel Supplementum melanchthonianum, Lipsia 1910 segg.; inoltre G. Plitt e T. Kolde, M. s Loci communes in ihrer Urgestalt, 4ª ed., Lipsia 1925; K. Hartfelder, Melanchthoniana paedagogica, Lipsia 1892.
Bibl.: K. Hartfelder, Ph. M. als praeceptor Germaniae, Berlino 1889; G. Ellinger, Ph. M., ivi 1902; G. Kawerau, Die
Versuche M. zur kath. Kirche zurückzuführen, Halle 1902; F. Fischer, M.s Lehre von der Bekehrung, Tubinga 1905; H. Römer, Die Entwicklung der Glaubenslehre bei M., Bonn 1902; H. Maier, An der Grenze der Philos., Tubinga 1909, pp. 3-139; H. Busch, M.s Kirchenbegriff, 1918; O. Ritschl, Die Entwicklung der Rechtfertigungslehre M.s, in Theol. Studien und Kritiken, 1912, p. 518 segg.; id., Dogmengesch. des Protestantismus, 1912-27, voll. 4; Chavan, M. et la prédestination, in Rev. d'hist. et de philos. relig., IV (1924); J. Paquier, in Dict. de théol. ath., X, i, s.v.