NARDONI, Filippo
– Figlio di Giovanni e Laura, nacque ad Ascoli Piceno il 9 novembre 1791.
Il 14 febbraio 1812, nello stato di «libero e studente» (Gennarelli, 1859, p. 68), venne condannato dal Tribunale di prima istanza del dipartimento del Tronto all'esposizione alla berlina, cinque anni di lavori forzati e sorveglianza perpetua, per furto con scasso e falsificazione del passaporto. Non è noto se abbia scontato tutta la pena. Il 18 ottobre 1816 venne ammesso nella 2a compagnia di artiglieria pontificia come cannoniere, l'8 novembre fu trasferito al 1° reggimento dei carabinieri, col grado di carabiniere a piedi. Dopo una prima promozione a brigadiere (1° febbraio 1817) e una subitanea retrocessione (1° aprile) seguita da un momentaneo trasferimento al 2° reggimento (1° ottobre 1817 - 30 settembre 1818), iniziò a risalire i gradi fino a quello di sottotenente effettivo (2 ottobre 1825).
In quegli anni sposò Maria Polidori, da cui ebbe almeno un figlio, Vincenzo, nato il 5 maggio 1821, che venne ammesso nel corpo dei carabinieri e morì prematuramente a Roma il 18 luglio 1854, quando aveva il grado di tenente in 1a dei Sacri palazzi apostolici.
Nel 1825-26 Nardoni partecipò alla repressione del brigantaggio nella provincia di Marittima e Campagna, agli ordini del colonnello Giacinto Ruvinetti; ne guadagnò una decorazione e la promozione a tenente effettivo. Successivamente si recò nelle Legazioni servendo la Commissione speciale del cardinale Filippo Invernizzi e guadagnando altre decorazioni. La sua presenza a Ravenna restò impressa nella memoria di alcuni patrioti (Primo Uccellini, Domenico Antonio Farini) che ne tramandarono l'immagine, destinata a cristallizzarsi nel tempo, di poliziotto ingegnoso e privo di scrupoli, che faceva calzare ai carabinieri suole di feltro per spostarsi senza rumore.
Nei primi anni Trenta, anche con la raccomandazione di Ruvinetti, richiese ancora una promozione; ma solo nel settembre 1837 ottenne i gradi di capitano effettivo. La sua posizione migliorò sensibilmente sotto il pontificato di Gregorio XVI: venne creato cavaliere dello Speron d'oro (16 febbraio 1838) e dell'Ordine militare di s. Gregorio Magno (19 aprile 1839), e finalmente promosso alla carica di tenente colonnello onorario (16 novembre 1843).
Con ogni probabilità tale promozione fu il frutto del lavoro di sorveglianza e repressione che assicurava dagli uffici di Alta polizia: sfruttando una vasta rete di informatori e spie ('fiduciari'), tenne costantemente sotto controllo gli individui sospetti al governo, compreso il console francese a Civitavecchia, Marie-Henri Beyle, il noto scrittore Stendhal. Tale attività subì un brusco arresto nei mesi successivi l'elezione al pontificato di Pio IX, in conseguenza della nuova politica liberale del papa. Sempre più additato dall'opinione pubblica liberale, insieme ad altri esponenti dei vecchi apparati di governo e polizia, come elemento contrario al nuovo corso, percependo probabilmente l'ostilità della cittadinanza (e l'assenza di protezione da parte del governo), il 27 giugno 1847 lasciò Roma con un permesso di un mese, dirigendosi a Napoli. Poco dopo, il suo nome fu associato a quello del cardinale Luigi Lambruschini e di altri congiurati negli anonimi fogli che il 15 luglio denunciarono l'esistenza di un complotto contro il papa orchestrato da ambienti reazionari. Tuttavia, nel ristretto del Gran processo che seguì la denuncia della Gran congiura, la sua posizione venne stralciata per insufficienza di prove. Scoppiata la rivoluzione, abbandonò Napoli dopo avervi lasciato la famiglia e si diresse prima nel Beneventano, poi in Sicilia e infine a Malta, col falso nome di Filippo Moraschi.
Risale a quel periodo la prima massiccia offensiva da parte liberale contro Nardoni, la cui figura fu innalzata a simbolo dei soprusi della polizia pontificia: il 6 novembre 1848 Achille Gennarelli pubblicò sul giornale La Speranza la sentenza di condanna del 1812; numerose satire, sonetti e litografie lo raffigurarono con tratti diabolici e lo additarono all'esecrazione pubblica.
Ristabilito il governo pontificio a Roma, venne in un primo momento reintegrato nel corpo dei Veliti, il 18 settembre 1849, e poi giubilato col titolo di tenente colonnello effettivo il 28 ottobre; ma nel dicembre 1849, su espresso ordine del cardinale Giacomo Antonelli (allora pro-segretario di Stato), tornò nella capitale da semplice privato e assunse la direzione della polizia segreta, riattivando la sua rete di fiduciari e comunicando con regolari rapporti ad Antonelli lo stato dei sospetti. Alla fine del maggio 1850 assunse la direzione della polizia romana. La nuova nomina provocò ulteriori critiche dai giornali liberali e democratici, ed esacerbò l'ostilità dei patrioti romani. Il 19 luglio 1850 fu vittima di un tentato omicidio, che egli stesso riuscì a sventare. Nel marzo 1852 venne ufficializzata per ordine di Antonelli la nomina a segretario del Comando superiore della gendarmeria, le cui funzioni già espletava da due anni. Il 16 novembre 1860 venne definitivamente giubilato col grado di colonnello, in seguito a una sua richiesta «inaspettatamente inoltrata» (Arch. di Stato di Roma, Gend. pont., n. 14386), insieme al maggiore Andrea Sangiorgi, suo collaboratore. La voce pubblica immaginò che Nardoni avesse accumulato ingenti ricchezze e che volesse abbandonare Roma per dirigersi a Malta; ma la sua presenza nella capitale è registrata ancora nei primi anni Sessanta.
Secondo la Cronaca di Nicola Roncalli (Museo centrale del Risorgimento, Fondo Roncalli, ms. 117, p. 115v-116r) morì a Roma il 26 agosto 1864.
Le accuse contro i suoi metodi polizieschi vennero riproposte e diffuse da scrittori come Gennarelli, Edmond About, Ferdinando Petruccelli della Gattina, Luigi Zini, Luigi De Sanctis. Come tale la sua figura si cristallizzò nella memoria collettiva e il ricordo sopravvisse, non senza imprecisioni e forzature, fin entro il XX secolo, come dimostrano l'articolo di Alessandro Cavalli, firmato Nardoni (È arrivato il Podestà, in La Rivoluzione liberale, 27 settembre 1925, n.34) e il personaggio omonimo della pellicola di Luigi Magni, Nell'anno del Signore (1969), interpretato da Enrico Maria Salerno.
Fonti e Bibl.: Arch. segr. Vaticano, Segreteria di Stato, Rubricelle (1831-50), ad ind.; ibid., 1848-50 (corrispondenza di Gaeta e Portici), rubr. 165, f. 40, cc. 110-213; 1848, rubr. 193, cc. 110-130; 1849, rubr. 193, cc. 35-41; 1850, rubr. 165, f. 4, cc. 152-186; f. 6, cc. 109-121; Arch. di Stato di Roma, Gendarmeria pontificia, b. 206; Ministero delle Armi, reg. 1363, matr. 4; reg. 1361, matr. 20; reg. 1360, n. 60; reg. 1557, matr. 485; un numero imprecisato di rapporti redatti da Nardoni sono conservati ibid. nel fondo Direzione Generale di Polizia ; Roma, Museo centrale del Risorgimento, b. 77, n. 367/1; b. 78, f. 3; b. 180, f. 23; b. 33, f. 32/1; b. 69, f. 22 (rapporti di Nardoni); b. 37, f. 16 (copie di rapporti di Nardoni al governatore di Roma); ibid., ms. 378, nn. 144 s., 151, 162, 196; ibid., Fondo Roncalli, ms. 117, p. 115v.-116r.; sez. iconografica, R(629), S(108), Ved4a(283), Ved4b(33), cassetta XXIX(7); L'arresto di N. in Sicilia, [s. l. 1848]; Tribunale criminale supremo della Consulta, Al supremo tribunale della Sacra Consulta Romana di cospirazione per la curia e fisco contro Severino Bertola [et al.], Roma 1848, pp. 19 s.; Sentenza martedi 17 settembre 1850, della Sacra Consulta Romana di tentato assassinio con promessa di danaro indeterminata per ispirito di setta a danno del cavalier F. N., Roma 1850; Il principio d'Autorità e gli uomini d'autorità, in Gazzetta del Popolo, 19 giugno 1850, pp. 2 s.; Chi è F. N. ora nominato Capo della Polizia in Roma?, in Vessillo vercellese, 24 giugno 1850, pp. 3 s.; una biografia di Nardoni risulta pubblicata a puntate sul Don Pirlone a Torino nell'autunno del 1852, ma il giornale non è reperibile in alcuna delle principali biblioteche italiane e straniere (cfr. Spadoni, 1933, p. 678); I misteri del clero romano o rivelazioni e memorie sulla teocrazia cattolica per un cittadino romano, Torino 1853, pp. 119 s.; A. Gennarelli, Sopra un'allocuzione ed una lettera enciclica di Sua Santità. Osservazioni, Firenze 1859, pp. 49-51, 68-75; Id., Il Governo pontificio e lo Stato romano. Documenti preceduti da una esposizione storica e raccolti per decreto del governo delle Romagne, Prato 1860, I, pp. 111 s., II, pp. 425-431; E. About, Préliminaires de la Question romaine, Londres 1860, pp. 167-178; Il papa e la sua corte. Ricordi inediti d'un Carabiniere al servizio di Sua Santità, a cura di A. Bianchi-Giovini, Bastia 1860, pp. 69-75; L. De Sanctis, Roma papale, Firenze 1865, pp. 429 s.; L. Zini, Storia d'Italia dal 1850 al 1866 continuata da quella di Giuseppe La Farina, I, 1, Milano 1866, pp. 284-286; P. Uccellini, Memorie di un vecchio carbonaro ravegnano, a cura di T. Casini, Roma 1898, pp. 28 s.; La Romagna dal 1796 al 1828, memoria di Domenico Antonio Farini, a cura di L. Rava, Roma 1899, p. 181, n. 85; R. De Cesare, Roma e lo Stato del Papa: dal ritorno di Pio IX al XX settembre, I, Roma 1907, p. 27; D. Spadoni, N. F., in Diz. del Risorgimento nazionale, a cura di M. Rosi, III, Milano 1933, pp. 677 s.; Patrioti e legittimisti delle Romagne nei registri e nelle memorie della polizia (1832-1845), a cura di G. Maioli - P. Zama, Roma 1935, p. 36; i dati riportati in E. Bottrigari, Cronaca di Bologna, I (1845-1848), a cura di A. Berselli, Bologna 1960, p. 200, n. 1, sono errati; N. Roncalli, Cronaca di Roma, I (1844-1848), a cura di M. L. Trebiliani, Roma 1972; II (1848-1851), a cura di A. F. Tempestoso - M. L. Trebiliani, ibid. 1997, ad ind.; III (1852-1858), a cura di D.M. Bruni, ibid. 2006; IV (1859-1861), a cura di Id., ibid. 2009, ad ind.; G. Martina, Pio IX (1846-1850), Roma 1974, pp. 399, 401, 403, 421; Con animo liberale. Piero Gobetti e i popolari. Carteggi 1918-1926, a cura di B. Gariglio, Milano 1997, pp. 91 s.; Italie, il sogno di Stendhal (catal., Genova), a cura di G. Marcenaro - P. Boragina, Cinisello Balsamo 2000, pp. 218 s.