RUSTICI, Filippo.
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Nacque nel 1522 a Lucca da Aloisio, membro di un’influente famiglia cittadina e a più riprese membro del Senato. Ebbe un fratello di nome Antonio. Sugli studi medici che egli dovette intraprendere in un’università dell’Italia centrosettentrionale non abbiamo notizie precise.
Secondo Cesare Lucchesini (1825, p. 210), tra il 1546 e il 1547, Rustici soggiornò a Lione dove il padre era entrato a far parte di una compagnia commerciale specializzata nella seta. Fu durante la sua permanenza a Lione o immediatamente dopo che si allontanò dalla Chiesa cattolica e fu probabilmente per motivazioni religiose che nel 1555 si trasferì a Ginevra, condividendo così le sorti di numerosi dissidenti lucchesi che nei decenni centrali del Cinquecento vi trovarono rifugio (Archives d’État de Genève (d'ora in poi AEG), État Civil, Communautés Diverses, 1, c. 7v). Nel 1557 la città di Lucca lo dichiarò eretico e lo spogliò di tutti i suoi beni, che vennero poi riacquistati dal fratello (Pascal, 1935, pp. 51, 193).
A Ginevra Rustici sposò Caterina Cattani, figlia di Francesco, importante esponente della comunità lucchese. Da lei ebbe quattro figli maschi, Aloisio, Timoteo, Isidoro, Giovanni Battista (AEG, État Civil, Communautés Diverses, 1, cc. 9r, 20r, 27v) nati rispettivamente nel 1557, nel 1567, nel 1569 e nel 1571, e probabilmente una figlia femmina. Nella documentazione ginevrina Rustici è ricordato come medico. Tra i primi incarichi che ricoprì vi fu quello di medico della comunità italiana, carica che prevedeva l’obbligo di curare gratuitamente i membri indigenti. Rustici fece parte della Chiesa Italiana di Ginevra durante gli anni in cui l’istituzione si stava strutturando grazie all’impulso di Celso Martinengo e Lattanzio Ragnoni. Assieme al suocero e a Giorgio Biandrata, padrino del suo primogenito, fu tra quegli esuli che a Ginevra mantennero relazioni complesse con l’ortodossia calvinista, sostenendo in particolare posizioni antitrinitarie. Fu infatti uno dei sette esponenti della Chiesa italiana che si rifiutarono di firmare la professione di fede trinitaria che il ministro Ragnoni, aveva pubblicato nel maggio 1558 con l’obiettivo di ricomporre le dure contrapposizioni tra alcuni membri della Chiesa e Calvino (AEG, Registres du Conseil, 54, c. 187r).
Il suo periodo ginevrino fu segnato da un lavoro di traduzione della Bibbia in italiano che lo occupò per più di tre anni. Dopo aver ottenuto l’autorizzazione di pubblicazione il 17 aprile 1561 da parte del Consiglio cittadino (ibid., 56, c. 176v), La Bibia che si chiama il Vecchio Testamento nuovamente tradotto secondo la verità del testo Hebreo vide la luce nel 1562 a Ginevra presso i tipi di François Duron, in due diverse versioni. Rustici si fece carico delle spese di stampa, ma l’opera venne pubblicata anonima, così come l’appello «Ai principi e repubbliche d’Italia che si debbono leggere le Sante scritture in volgare» che precedeva la traduzione. Questo testo costituisce un manifesto del programma dottrinario politico-religioso di cui Rustici si faceva portatore fondato su fonti bibliche, patristiche e storiche.
Qui l’autore difende strenuamente l’importanza e la legittimità delle traduzioni in vernacolare dei testi sacri contro il divieto recentemente formulato dalla Chiesa cattolica; investe i poteri politici di un ruolo fondamentale nel garantire l’espressione della libertà religiosa e la circolazione di una letteratura spirituale non solo cattolica ma anche protestante e li invita ad assumere un ruolo propositivo nell’organizzazione «di un libero e legittimo concilio» (pp. [2r-5v]).
Nella sua traduzione in volgare della Bibbia, Rustici si sforzò di rendere il testo sacro intellegibile anche ai fedeli di scarsa cultura. L’opera si caratterizza infatti per il ricorso a uno stile semplice e piano e per la presenza di riassunti e annotazioni esplicative a margine. Numerose sono poi le carte e le illustrazioni che corredano il testo, secondo una tradizione che si ritrova in numerose Bibbie stampate in ambiente calvinista. Nell’edizione di Rustici, la traduzione della Bibbia era poi seguita da quella del Nuovo Testamento «riveduto e corretto secondo la verità del testo Greco, e di molte & utili annotationi illustrato, con una semplice dichiaratione sopra l’Apocalisse» che fu l’oggetto di una seconda edizione pubblicata a Ginevra da Jean-Baptiste Pinereul nel 1576.
Il programma di pubblicazione di testi sacri in vernacolare di Rustici non si interruppe con questa prima opera. Nel novembre del 1563, infatti, egli si indirizzò nuovamente al Consiglio per avere un privilegio di pubblicazione di una raccolta di salmi, questa volta in francese (AEG, Registres du Conseil, 58, c. 120v). Il permesso gli venne negato, in quanto la traduzione non fu considerata all’altezza (c. 123v).
Parallelamente alla sua attività di traduzione e al suo impegno politico-religioso, Rustici continuò a esercitare le funzioni di medico e la sua fama si diffuse ben presto al di là della comunità italiana. Nel 1569, egli fu infatti tra i medici firmatari delle Anciennes Ordonnances sur l’estat de la Médecine, Pharmacie et Chirurgie, Passées en Conseil le XI mai 1569 (AEG, Santé F, n. 1, cc. 1r-14v) che regolavano l’esercizio della medicina. Tra la primavera e l’autunno 1570, durante un’epidemia di peste che aveva colpito la città, affiancò il medico Jean Bauhin nella cura dei malati (ibid., Registres du Conseil, 56, cc. 80r-81r, 93v, 144v, 163r). L’anno successivo ricevette dal Consiglio l’incarico di medico dell’Ospedale cittadino (ibid., 57, cc. 7v, 10r, 11v). La retribuzione dell’uno come dell’altro incarico fu oggetto di lunghe negoziazioni tra il medico e le autorità municipali.
A partire dalla fine del 1571 Rustici ebbe alcuni problemi con la giustizia che misero a repentaglio la sua carriera e la sua permanenza a Ginevra. Il 22 novembre del 1571, fu infatti condannato «à être trois heures au collier et douze jours en prison au pain et à l’eau» per aver commesso adulterio con una domestica (ibid., Procès civil, n. 1675; Juridiction pénale, A.6, c. 72v). Nel giugno del 1572 fu invece arrestato per aver percosso un collega e per non essere incarcerato lasciò la città (ibid., Registres du Conseil, 57, c. 104).
Ritornò a Ginevra solamente alla fine del 1583, ma non abbiamo notizie sul luogo dove risiedette nel periodo precedente. Nel novembre 1583 esercitava nuovamente la professione medica in città (ibid., 78, c. 162r) e tre anni dopo venne reintegrato nelle sue funzioni di medico dell’ospedale (ibid., 81, c. 35v).
Il ritorno a Ginevra segnò anche la ripresa della sua attività editoriale. Nel 1583 venne autorizzato dalle autorità cittadine a pubblicare un almanacco di cui però non è rimasta traccia. Nei due anni successivi, lo stesso Consiglio gli accordò di ristamparlo previa integrazione di alcune correzioni riguardanti i pronostici, che per l’anno1585 vennero realizzate da Théodore de Bèze (Gautier, 1906, p. 48).
Morì a Ginevra il 7 ottobre 1586 (AEG, État Civil, Morts, n. 17, Registre des morts de l’an 1586, p. 124) per una febbre continua con renella.
Fonti e Bibl.: C. Lucchesini, Della storia letteraria del Ducato lucchese: libri sette, IX, Lucca 1825, pp. 210 s.; L. Gautier, La médecine à Genève jusqu'à la fin du dix-huitième siècle, Genève 1906, pp. 35, 42-49, 155, 426; A. Pascal, Da Lucca a Ginevra. Studi sulla emigrazione religiosa lucchese nel secolo XVI, Pinerolo 1935, pp. 51, 174 nota, 176, 193-203; E. Barbieri, Le Bibbie italiane del Quattrocento e del Cinquecento. Storia e bibliografia ragionata delle edizioni in lingua italiana dal 1471 al 1600, I-II, Milano 1992, pp. 352-355; S. Adorni-Braccesi, Mecenatismo e propaganda religiosa dei mercanti lucchesi tra Ginevra, Lione e l’Italia, in Bollettino della Società di studi valdesi, 1995, n. 177, monografico: Frontiere geografiche e religiose in Italia. Fattori di conflitto e comunicazione nel XVI e XVII secolo, a cura di S. Peyronel Rambaldi, pp. 27-52; Ead., Religious refugees from Lucca in the sixteenth century: political strategies and religious proselytism, in Archiv für Reformationsgeschichte - Archive for Reformation History, 1997, vol. 88, pp. 338-379; La Bibbia. Edizioni del XVI secolo, a cura di A. Lumini, Firenze 2000, pp. 94-96; S. Adorni Braccesi, Le chiese italiane del rifugio e i luoghi dell’esilio, in La Réforme en France et en Italie: contacts, comparaisons et contrastes, a cura di Ph. Benedict et al., Roma 2007, pp. 513-534 (in partic. pp. 530 s.).