Sassetti, Filippo
Nacque a Firenze il 26 settembre 1540 da Giambattista e Margherita de’ Gondi; membro di una famiglia importante ma economicamente decaduta, fu avviato all’attività mercantile, che abbandonò fin dal 1564 per dedicarsi agli studi letterari. Dopo aver ricevuto una formazione di alto livello a Firenze – suo maestro per le lingue classiche fu Pietro Vettori – S. si iscrisse nel 1568 allo Studio pisano, dove approfondì la conoscenza della filosofia aristotelica, stringendo amicizie destinate a durare per tutta la vita. Tornato a Firenze, nel gennaio 1574 S. entrò a far parte dell’Accademia fiorentina, inaugurando così un lustro di intensa operosità: nel 1575 entrò anche nell’Accademia degli Alterati, e in questi anni portò a termine alcuni dei suoi scritti più impegnativi. Spiccano un incompiuto tentativo di traduzione e commento della Poetica di Aristotele, un Discorso in difesa di Dante, un Discorso contro l’Ariosto e una Vita di Francesco Ferrucci. La vita di S. mutò radicalmente quando, al principio del 1578, decise di partire alla volta della penisola iberica quale sovrintendente all’azienda commerciale di una famiglia fiorentina, quella dei Capponi: fu dapprima a Madrid e Siviglia, quindi a Lisbona, dove rimase fino al 1582, approfondendo le proprie conoscenze geografiche e astronomiche (Milanesi 1973). Nell’aprile del 1582, dopo essersi accordato con Giovan Battista Rivellasco per coprire la carica di sovrintendente alla spedizione del pepe dal Malabar (costa sud-occidentale dell’India), S. partì da Lisbona alla volta dell’India, ma una navigazione sfortunata gli impedì di raggiungere la meta. Reimbarcatosi l’anno successivo, S. giunse a Cochin (od. Kochi) dopo sette mesi di navigazione, il 9 novembre 1583: in Malabar trascorse gli ultimi anni della sua vita, facendo base a Cochin e a Goa, dove morì il 3 settembre 1588 (per la ricostruzione della biografia si veda Rossi 1899). Soprattutto agli anni 1583-88 risalgono le lettere alle quali è affidata la fama di S.: vi diede notizia di vari aspetti naturalistici e culturali della vita indiana (donde la cospicua documentazione di esotismi ricavabile dall’epistolario, studiato soprattutto in quest’ottica: si veda Soravia, in Una giornata di studio su Filippo Sassetti..., 1989). Nelle sue lettere emerge inoltre la lezione stilistica di Machiavelli: si tratta di un aspetto mai affrontato dagli studi precedenti, ma è certo che il gusto per l’espressione icastica e spesso anche idiomaticamente connotata deriva a S. anche dalla lettura dei testi del Segretario. Non è dunque un caso che la memoria di uno stesso luogo della Mandragola riemerga a distanza di quasi quindici anni nell’epistolario sassettiano: in una lettera scritta da Pisa il 20 dicembre 1570 al cugino Lorenzo Giacomini si legge che «finalmente, dopo tanta pioggia, per la grazia di Dio, va un poco piovendo dell’altro; e dica *** come diceva Messer Nicia del mare: “Non si vede altro che acqua acqua”» (Lettere da vari paesi, 1570-1588, a cura di V. Bramanti, 1970, p. 54; si veda anche Bramanti, in Una giornata di studio su Filippo Sassetti..., 1989, p. 346 nota). Assai più tardi, in una delle prime missive indiane – quella scritta a Francesco Valori da Cochin nel dicembre 1583, alla quale S. consegna le sue prime, vivissime impressioni – la battuta della Mandragola è di nuovo evocata: «Sette mesi in mare sempre sempre, e non diventare pesce, eh? Elle sono cose salvatiche, e Messer Nicia per certo non arrivò fin qui, ché durava fin adesso a dire acqua» (Lettere da vari paesi, cit., p. 378). Il riferimento è in entrambi i casi tratto da Mandragola I ii, dove Nicia dà l’ennesima dimostrazione della propria ottusità definendo il mare in questi termini: «Che Arno? Egli è per quattro volte, per più di sei, per più di sette mi farai dire: e non si vede se non acqua acqua acqua». Giusto un anno prima, il 27 dicembre 1582, mentre si trovava ancora a Lisbona, S. scrisse a Baccio Valori riflettendo sulla propria decisione di ritentare il viaggio per l’India:
Non so oggi se io mi posso attribuire alla necessità o alla inclinazione, o a che altra causa, la mia tornata in India. Trovai una volta scritto da uomo valente che la fortuna, come femmina, avea bisogno talvolta d’essere strapazzata e tenersi poco di lei, e così se le metteva il cervello a partito (Lettere da vari paesi, cit., p. 335; si veda anche Bramanti, in Una giornata di studio su Filippo Sassetti..., 1989, p. 346 nota).
L’«uomo valente» è M., tenuemente coperto dalla criptocitazione che parafrasa la celebre immagine di Principe xxv 26.
A S., M. offre un modello anzitutto tonale, come prova una lettera del 2 aprile 1576, nella quale S. riferisce comicamente degli amori omosessuali di Federigo di Lorenzo Strozzi (Lettere da vari paesi, cit., pp. 188-93), adottando una tecnica di tipo teatrale-novellistico che Vanni Bramanti (in Una giornata di studio su Filippo Sassetti..., 1989, pp. 348-49) ha accostato a quella della lettera di M. dedicata alla caccia sodomitica di Giuliano Brancacci (M. a Francesco Vettori, 25 febbr. 1514, Lettere, pp. 313-16). Ma la lezione di M. opera anche al di là del riutilizzo comico, come dimostra la Vita di Francesco Ferrucci, una delle opere più impegnate della prima stagione intellettuale di S., dedicata all’eroe della Firenze repubblicana caduto per mano di Fabrizio Maramaldo nel 1530: l’impianto plutarcheo di quello scritto risente infatti «non poco di uno degli archetipi del genere in questione, la Vita di Castruccio Castracani» (Bramanti, in Una giornata di studio su Filippo Sassetti..., 1989, p. 345, e si veda la sua ed. del 2000 di quest’opera di S.).
Bibliografia: Lettere da vari paesi, 1570-1588, a cura di V. Bramanti, Milano 1970; Lettere dall’India, 1583-1588, a cura di A. Dei, Roma 1995 (con bibl. prec.); Vita di Francesco Ferrucci, a cura di V. Bramanti, Torino 2000.
Per gli studi critici si vedano: M. Rossi, Un letterato e mercante fiorentino del secolo 16°: Filippo Sassetti, Città di Castello 1899; M. Milanesi, Filippo Sassetti, Firenze 1973 (con bibl. prec.); Una giornata di studio su Filippo Sassetti nel quarto centenario della morte. Firenze 12 ottobre 1988 in Accademia e in Palazzo Vecchio, «Atti e memorie dell’Accademia toscana di scienze e lettere La Colombaria», 1989, 54, pp. 285-379 (in partic. V. Bramanti, Filippo Sassetti e il viaggio della scrittura, pp. 343-59; G. Soravia, Filippo Sassetti: note sul secolo delle scoperte linguistiche, pp. 360-79).