SALVIATI, Filippo Vincenzo Romolo
– Nacque in Firenze il 29 gennaio 1583 (1582 more florentino) da Averardo di Filippo e da Alessandra di Giovambattista Nerli, che morì a pochi giorni dal parto.
La sua fu una famiglia facoltosa e potente, consanguinea dei granduchi di Toscana per numerosi matrimoni; Cosimo I, figlio di Maria Salviati, fu cugino del nonno, il senatore Filippo, a sua volta sposato con la sorella uterina di papa Leone XI de’ Medici.
Filippo ricevette i fondamenti di grammatica, latino, geometria e matematica da un precettore, ma si dedicò pienamente fin dalla fanciullezza da un lato alla formazione cavalleresca, emergendo nei tornei e giochi di sbarra, scherma, caccia, nuoto, dall’altro a quella musicale, raggiungendo raffinata abilità nel suonare svariati strumenti.
Nel 1595, alla morte del padre, divenne pupillo dello zio paterno Antonio, che lo avviò alla gestione dei loro banchi, attivi fin dal Quattrocento in varie città europee.
Il 5 settembre 1602 sposò Ortensia di Francesco Guadagni e Laura Bandini; negoziatori e padrini il granduca e il cardinale Medici, artefici del matrimonio. Il 28 agosto 1603 nacque la loro unica figlia, Alessandra, che sarebbe morta bambina il 31 ottobre 1610.
Come molti membri del patriziato fiorentino, Salviati ebbe un ruolo nella vita della corte. Nel 1600 partecipò ai festeggiamenti per le nozze di Maria Medici con Enrico IV di Francia. Nel 1604 fu, ultimo del suo ramo, maestro di camera della granduchessa Cristina di Lorena. Nel 1608, prese parte agli allestimenti dei giochi festivi per le nozze del principe Cosimo con Maria Maddalena d’Austria.
In particolare, nel combattimento navale l’Argonautica offriva minerali alla sposa da un allegorico scoglio d’Arno. Nello stesso anno, fu padrino del principe Francesco Medici nello spettacolo della Giostra de’ venti.
Dalla seconda metà del 1606, Salviati aveva intrapreso studi avanzati: dieci ore al giorno senza farne parte ad alcuno né trascurare le attività abituali, acquistando molti libri. Perfezionò dapprima lo studio del greco e del latino attraverso la lettura dei classici, poeti e storici poi filosofi e matematici, inizialmente con la guida di Giulio Libri, il cruscante Abburattato, i cui insegnamenti peripatetici abbandonò presto per elaborare «ingegnosi ritrovamenti in molte verità naturali» soprattutto riguardo Aristotele, per accedere in seguito alla visione copernicana dell’universo, al moto, al magnetismo terrestre. Quando ebbe a palesare l’ormai solida dottrina, la sua casa in via del Palagio divenne «un fiorito liceo» (Arrighetti, 1614, pp. 37, 32). Lo stesso spirito eroico impiegato nelle imprese di homo ludens riversò in quella di homo novus, impegnando il suo valore a difesa della libertas philosophandi contro i dogmi dell’auctoritas.
Il 7 luglio 1610 era stato iscritto all’Accademia della Crusca con il nome di Affidato e Pala riproducente un manipolo militare romano da cui pende un fascio di grano con il motto «sotto ’l qual si trionfa» (F. Petrarca, Canzoniere CCCLXVI, 19), riferibile alla sua ansia di gloria militare. Per la sua lungimiranza culturale e nota liberalità, contribuì al buon esito dei lavori per il Vocabolario, quale maggior finanziatore della stampa della sua prima impressione (1612).
Pur di poter disporre del suo tempo per lo studio e l’indagine della natura, decise di recedere dall’attività nei banchi (1610) a conclusione di un lungo periodo di contrasti con lo zio, relativi al suo rifiuto verso tale impegno e al ritiro della sua quota di capitale, che restituì accontentandosi di una rendita inferiore ai precedenti ricavi.
Nel 1610 si definì anche stabilmente lo stretto rapporto di collaborazione e familiarità con Galileo Galilei, rimasto ininterrotto fino alla sua morte. Nel luglio 1611, questi scelse la dimora fiorentina di Salviati in via del Palagio come teatro del confronto sperimentale con l’aristotelico Ludovico delle Colombe a proposito delle cause che determinano il galleggiamento dei corpi. La disputa si risolse nella composizione di un testo scritto, il Discorso intorno alle cose che stanno in su l’acqua o che in quella si muovono (1612), che, con gli scritti degli avversari relativi alla controversia, venne annotato e postillato da Salviati. Dal gennaio 1611, questi ospitò per lunghi periodi nella sua villa Le Selve a Lastra a Signa lo scienziato fiorentino, che vi proseguì le osservazioni sui pianeti medicei e compì le «scrupolosissime osservazioni intorno alle macchie solari» (Viviani, 1907, p. 616), che confluirono nelle tre lettere a Marcus Welser (Istoria e dimostrazioni intorno alle macchie solari, 1613) licenziate da Le Selve e dedicate al suo ospite e compagno di lavoro.
A Galilei Salviati non offrì semplicemente appoggio logistico e protezione. Queste esperienze diedero vita a un fruttuoso sodalizio intellettuale, fondato sulla speculazione filosofica della natura, libera dall’autorità di Aristotele. Esso si concretizzò dapprima nell’ascrizione lincea di Salviati, promossa da Galilei e formalizzata nel settembre del 1612. Più tardi, sia per il profondo affetto verso di lui, sia per la condivisione di idee e ricerca in pochi ma intensissimi anni, Galilei ne fece l’interlocutore che maggiormente veicola il suo pensiero e le sue scoperte nel Dialogo sopra i due massimi sistemi del mondo (1632) e nei Discorsi e dimostrazioni matematiche intorno a due nuove scienze (1638).
Salviati non lasciò mai che questa attività venisse turbata dalle minacce subite in seguito a un increscioso incidente di carrozza con Bernardetto Medici occorso nel 1609. Dopo che egli fu assalito da Ottaviano Medici, fratello di Bernardetto, il 2 gennaio 1612 il granduca stabilì la pace tra i due Medici e Salviati. A dicembre di quell’anno, i primi, scontenti, ordirono un attentato per uccidere il rivale, fortunatamente sventato; nel 1613 pervenne al S. Uffizio una denuncia a suo carico. Forse avvisatone, il 23 ottobre 1613 Salviati partì improvvisamente per un viaggio da cui non fece ritorno. Certa è la causa della partenza: la «inimicizia non ordinaria» dei due Medici (Firenze, Biblioteca nazionale, sez. Palatina, Lincei, vol. 6, 2, 6, c. 131r, in Favaro, 1966, pp. 304 s.).
Durante i suoi spostamenti nel Nord Italia, incontrò studiosi e personaggi illustri, divulgando scoperte e opere di Galilei.
A novembre fu nella Repubblica di Venezia, da dove inoltrò allo scienziato informazioni sulle nuove tecniche telescopiche, su Cesare Cremonini, sulle discussioni matematiche avute con i figli di Guidobaldo Del Monte. Il mese successivo, a Genova fece la conoscenza di Giovanni Battista Baliani, che descriveva a Galilei come «filosofo alla nostra usanza», che «filosofa sopra la natura, si ride di Aristotile et di tutti i Peripatici» (Le opere di Galileo Galilei, a cura di A. Favaro, XI, Firenze 1901, p. 610).
Imbarcatosi in gennaio per la Spagna, il 22 marzo 1614 morì per attacco d’asma a Barcellona, ove fu sepolto nel convento di S. Francesco.
Il 15 maggio il suo corpo rientrò in Firenze e fu tumulato nella cappella di famiglia in S. Marco. Compianto per le sue generosità e dottrina, fu ricordato dall’Accademia della Crusca nel suo stesso palazzo, ove Niccolò Arrighetti ne lesse le Lodi; in Roma il principe Cesi gli fece tributare onoranze solenni e ne commissionò la biografia a Iustus Riquius, che compose solo un carme e un cenotafio. Di lui esiste in Padova la statua.
Fonti e Bibl.: N. Arrighetti, Delle lodi del Sig. F. S., Firenze 1614; I. Rycquii, Parcae, Gandavi 1624, pp. 43-46; G.B. Nelli, Vita e commercio letterario di Galileo Galilei, II, Losanna 1793, pp. 768, 828; V. Viviani, Racconto istorico della vita di Galileo, in Le opere di Galileo Galilei, a cura di A. Favaro, XIX, Firenze 1907, pp. 597-632 (in partic. pp. 616, 621, 628); N. Gherardini, Vita di Galileo, ibid., pp. 633-646 (in partic. pp. 638-640); F. S., ibid., XX, 1909, pp. 314 s. (indice delle ricorrenze di Salviati nei 19 volumi precedenti), 530 (scheda biografica); G. Abetti, Amici e nemici di Galileo, Milano 1945, pp. 131-138; A. Favaro, Galileo Galilei e lo studio di Padova, II, Padova 1966, pp. 304 s.; R.P. Ciardi - L. Tongiorgi Tomasi, Le Pale della Crusca, Firenze 1983, pp. 120, 282 s., 476, 496, 522; Catalogo degli Accademici, a cura di S. Parodi, Firenze 1983, pp. 126 s.; P. Hurtubise, Une famille-témoin. Les Salviati, Città del Vaticano 1985, pp. 296-298, 519 (indice delle ricorrenze di Salviati nel volume); G. Gabrieli, Degl’interlocutori nei dialoghi galileiani e in particolare di F. S. linceo, in Id., Contributi alla storia della Accademia dei Lincei, I, Roma 1989, pp. 959-986; Id., Il carteggio linceo, Roma 1996, pp. 245, 247, 269, 324, 333, 426-429, 431, 436, 449, 1018 ss., 1034, 1043; A. Caracciolo, I filosofi dispersi. Storia segreta di F. S. galileista negli anni della Controriforma, Napoli 2001; Ead., Minimi e massimi moti. Documenti inediti per una biografia di F. S., in Annali della Facoltà di lettere e filosofia. Università di Macerata, XXXIV (2001), pp. 341-416; F. S. filosofo libero, a cura di A. Caracciolo, Macerata 2016.