Il contributo è tratto da Storia della civiltà europea a cura di Umberto Eco, edizione in 75 ebook
Se Lutero nutre profonda diffidenza per le humanae litterae, Melantone opera un recupero della tradizione aristotelica e dà impulso all’insegnamento delle scienze. La concezione calvinista della natura e della conoscenza umana contribuisce a mettere in crisi la filosofia aristotelica e apre la strada allo sviluppo di un approccio sperimentale. Tra i calvinisti l’attivismo etico e l’ideale di perfezionamento professionale contribuiscono allo sviluppo delle tecniche.
Tradizione classica e Riforma
Lutero nutre profonda diffidenza per le humanae litterae e una esplicita avversione per il culto dell’antichità, di cui mette in luce il carattere paganeggiante. Il recupero del Cristianesimo delle origini, che è proprio della Riforma, si fonda invece sul Vecchio e sul Nuovo Testamento e sulle Epistole di san Paolo. In rapporti tra la Riforma e la tradizione filosofica antica sono molto complessi e non possono essere definiti in termini di mera opposizione. Infatti, l’avversione per la scolastica degli umanisti tedeschi che seguono l’insegnamento di Johannes Reuchlin (1455-1522) e di Erasmo da Rotterdam diviene, con Lutero, disprezzo assoluto. Quest’ultimo e i luterani “ortodossi” condannano in blocco la scolastica, il diritto canonico e l’organizzazione della Chiesa. Dopo una prima fase caratterizzata da atteggiamenti intransigenti verso la cultura classica, e lo stesso aristotelismo, si assiste ad un loro recupero da parte di Filippo Melantone. Nella seconda metà del secolo si nota inoltre un inasprimento dei conflitti tra i seguaci di Melantone e i luterani ortodossi intorno alla tradizione classica e all’insegnamento della filosofia e delle scienze. Le università luterane registrano un rapido sviluppo delle scienze, che si basa anche sul recupero della tradizione classica.
Natura e Scrittura
L’affermazione della centralità della Bibbia e l’insistenza sulla debolezza della ragione umana nella teologia riformata potrebbero essere interpretate come un implicito ostacolo allo sviluppo della scienza. Nei Paesi riformati si assiste invece a un rapido sviluppo delle scienze e delle tecniche, sia in termini quantitativi (il numero di persone dedite ad attività scientifiche), sia in termini qualitativi (innovazioni nel campo delle teorie scientifiche e delle tecnologie). Per risolvere questa apparente contraddizione e per comprendere i rapporti tra scienza e religione in seno alla Riforma, occorre innanzitutto considerare gli argomenti di Lutero sui limiti della ragione umana. A questa, secondo Lutero, resta preclusa la conoscenza di Dio e del suo rapporto con l’uomo; tra ragione e fede vi è infatti un’insanabile separazione. Tuttavia, restringendo il campo della ragione all’indagine del mondo e vietandone altresì ogni pretesa conoscitiva circa le cose divine, Lutero libera la ragione dall’ipoteca teologica che ne aveva condizionato il contenuto e il campo di indagine. Lutero svincola la filosofia dal ruolo ancillare rispetto alla teologia e ne consente uno sviluppo autonomo anche nell’ambito dello studio della natura. In secondo luogo, Lutero non è sostenitore di un biblicismo stretto. Pur opponendosi all’interpretazione allegorica delle Sacre Scritture tipica della Chiesa romana, Lutero nega che l’Antico e il Nuovo Testamento abbiano un valore uniforme. La parola di Dio è la proclamazione della redenzione per mezzo di Cristo, quindi – secondo Lutero – la venuta di Cristo e il suo insegnamento sono la lente attraverso cui leggere la Scrittura. Lutero, inoltre, riconosce che uno stesso argomento può essere oggetto di un’interpretazione religiosa o di un’interpretazione scientifica: per esempio, un fenomeno celeste può essere considerato un segno della divina provvidenza (e pertanto rientrare nell’ambito della teologia) oppure un fenomeno astronomico (e rientrare nell’ambito della scienza). Ciò conferisce una relativa autonomia alla ricerca in campo scientifico rispetto alla religione. L’anti-razionalismo di Lutero è attenuato negli altri riformatori, soprattutto di coloro che, come Melantone e Calvino, hanno avuto una formazione umanistica. Calvino distingue due ambiti in cui l’intelletto umano esercita la propria attività: le cose divine e la scienza umana (le arti liberali, la politica, le arti meccaniche). Nei riguardi delle prime esso ha ben poca capacità (anche se Calvino non nega la conoscenza naturale di Dio), mentre per le arti e le scienze l’intelletto può certamente trarre frutti.
La posizione di Calvino sul linguaggio delle Scritture consente di evitare i conflitti tra scienza e religione per due ragioni. La prima è che Calvino ha una posizione non dogmatica in materia di esegesi biblica. Nei casi dubbi si limita a sostenere ciò che sembra più verosimile. La seconda, più importante, è che, secondo il riformatore di Ginevra, nella Bibbia si fa uso di un linguaggio comprensibile per il popolo, perché deve essere accessibile a tutti. Per questa ragione, nei Testi Sacri si adottano espressioni comprensibili anche al volgo ignorante. Ciò spiega la differenza che sussiste tra Testi Sacri e le recenti scoperte astronomiche. Chi vuole imparare l’astronomia – sostiene Calvino – non deve rivolgersi alle Scritture. Calvino stesso difende in modo esplicito lo studio dell’astronomia, in quanto mette in luce il potere e di Dio. Il calvinismo si rivela ben presto un forte stimolo a intraprendere attività scientifiche e tecniche – stimolo che ha tra le sue ragioni la dottrina calvinista dell’elezione da parte di Dio: le opere buone sono segno dell’elezione, ovvero, gli eletti sono salvati affinché compiano opere buone. Inoltre, l’uomo, sebbene non debba legarsi al mondo, deve tuttavia operare nel mondo e agire sulle creature. Tra i calvinisti l’attivismo etico e l’ideale di perfezionamento professionale contribuiscono allo sviluppo dello studio sperimentale della natura, così come quello delle tecniche. In seno al calvinismo, e tra i puritani inglesi, si sviluppa un’attitudine alla ricerca empirica e sperimentale così come il rifiuto delle pretese sistematiche della filosofia aristotelico-scolastica. Affermare il carattere contingente dell’universo, sottolineare l’onnipotenza di Dio – come fanno i calvinisti – non comporta una svalutazione della scienza, bensì la sua ridefinizione come impresa di tipo sperimentale, probabilistico e non-sistematico.
Melantone, il praeceptor Germaniae
Nella cultura dell’Europa settentrionale Filippo Melantone svolge una funzione che è seconda solo a quella di Erasmo. Il motivo che attraversa tutta l’opera di Melantone, abbracciando filologia, diritto, filosofia, matematica e astrologia, è il tentativo d’informare la religiosità luterana della cultura umanistica e delle tendenze razionali. Il proposito di Melantone è scoprire in tutte le attività umane quel lume naturale della ragione che l’educatore deve restaurare per restituire agli uomini regole di disciplina morale e fornire una preparazione alla conoscenza delle verità divine. In opposizione alle concezioni degli esponenti della Riforma radicale e degli anabattisti, Melantone afferma esplicitamente la necessità dello studio della filosofia aristotelica, della logica e delle matematiche. Melantone opera – rispetto a Lutero – una parziale rivalutazione della ragione: la caduta ha oscurato la conoscenza dell’uomo, ma non gli ha tolto del tutto il lume naturale. I principi innati di cui parlarono i filosofi antichi coinciderebbero con quelli affermati dal decalogo mosaico.
A fondamento del pensiero filosofico di Melantone vi è la filosofia di Aristotele nella versione degli umanisti e quindi contrapposta alle interpretazioni e ai commentari scolastici. Melantone coniuga gli insegnamenti di Aristotele ad altre tradizioni filosofiche, in particolare al platonismo. Centrale nella sua opera è l’esaltazione dello studio della natura, che consente di conoscere le qualità e i moti dei corpi (in particolare degli astri), le cause delle generazioni e delle corruzioni, contribuendo così a svelare le tracce che Dio ha lasciato per essere riconosciuto. La storia umana e la natura sono il teatro in cui opera la provvidenza divina. Dio, che governa l’universo e che dimostra costantemente il proprio interesse per le vicende umane, può in qualsiasi momento intervenire a mutare il corso ordinario degli eventi naturali e dei moti dei corpi celesti, al fine di preannunciare qualche evento straordinario. Di qui l’interesse di Melantone per l’astrologia. Egli si dedica allo studio delle congiunzioni astrali, della cometa del 1531, nonché di portenti e fenomeni straordinari di ogni genere, interpretandoli come segni del volere divino. Escatologia e filosofia naturale sono strettamente legate in Melantone.
La definizione di un metodo applicabile a tutte le aree del sapere, un ordinamento razionale delle conoscenze umane, è un obiettivo cui Melantone dedica tutte le proprie energie. Tale metodo, che serve anche a dare alla dottrina teologica un semplice e organico ordinamento, secondo Melantone si fonda su principi innati dell’intelletto (analoghi alle notiones communes ciceroniane) e fa uso della matematica e della dialettica.
Melantone considera la dialettica lo strumento più adatto alla trasmissione delle nozioni, che deve avvenire secondo un piano sistematico. Costante preoccupazione di Melantone è quella di fondare un nuovo sistema educativo: a lui si devono la riorganizzazione dell’istruzione scolastica e la pubblicazione di numerosi libri di testo utilizzati per quasi due secoli.
Genero di Melantone, Caspar Peucer (1525-1602) è uno dei protagonisti del rinnovamento scientifico delle università luterane. Umanista, matematico e medico, prosegue l’opera didattica e scientifica del suocero. I suoi libri di testo scientifici destinati all’insegnamento, come il trattato di cosmografia intitolato De dimensione Terrae (1550), contribuiscono più di altri alla formazione dei giovani tedeschi. Peucer esalta l’importanza delle matematiche, che a suo avviso hanno sia utilità pratica, sia la funzione di allenare le menti al ragionamento logico. Accusato di cripto-calvinismo dai luterani ortodossi, trascorre dodici anni in carcere, al termine dei quali diviene medico personale del principe elettore Augusto di Sassonia.
Pietro Ramo
Umanista e seguace delle dottrine di Calvino, il francese Pietro Ramo (1515-1572) esercita un’influenza considerevole sull’organizzazione e l’insegnamento delle scienze. Oppositore di Aristotele, attribuisce un ruolo centrale alla matematica, di cui sottolinea soprattutto l’utilità per il commercio, la navigazione e la cartografia. Avversario della filosofia scolastica, propone un progetto (non attuato) di riforma dell’insegnamento universitario a Parigi che contempla un potenziamento dello studio delle matematiche. In Ramo sussiste uno stretto legame tra ricostruzione della scienza e riforma religiosa. Il rinnovato contatto con le cose, l’eliminazione delle oziose dispute scolastiche coincidono con l’autentica parola di Dio. Il ramismo si diffonde in vari Paesi, in Francia (presso il Collège Royal), in Germania, nei Paesi Bassi e in Inghilterra. La sua influenza tra gli educatori e scienziati è soprattutto legata al suo metodo “dicotomico”, un metodo particolarmente adatto all’insegnamento: l’insegnante inizia con la definizione dell’argomento e prosegue dividendolo in due parti e divide poi ogni parte in altre due. Al ramismo sono legati il metodo espositivo (un modo di disporre e trasmettere le conoscenze già date), l’organizzazione sistematica delle conoscenze, le tavole sinottiche e i lessici filosofici e scientifici.
Cesare Vasoli
L’attività di Melantone
L’insegnamento logico del Melantone
Logico e teologico, matematico e filosofo, astronomo e filologo, giurista e “politico” ma, soprattutto, maestro ed educatore, Filippo Melantone volle infatti abbracciare col suo insegnamento e coi suoi scritti così precisi, misurati ed eleganti, tutti i problemi che la riforma umanistica aveva sollevato o proposto nei vari campi della vita intellettuale. (...) Nei suoi diversi manuali “didatticamente perfetti”, il professore di Wittenberg seppe così unire all’estrema semplicità del metodo, all’elegante facilità dell’esposizione una dottrina solida e chiara. Con notevole moderazione e cautela Melantone, mentre si adoperava a mitigare la durezza della teologia luterana e cercare, da buon umanista, argomenti e temi di colloquio, punti di incontro tra le confessioni cristiane, perseguì l’ambizioso programma di rinnovare la grande tradizione peripatetica alla quale era stato educato alla luce dell’esperienza umanistica, dei nuovi metodi filologici da essa elaborati, delle nuove esigenze educative e intellettuali della nascente società borghese. La passione e la tenacia con cui si dedicò ad organizzare un tipo di scuola superiore, destinata a sopravvivergli per quasi due secoli, confermano la profonda convinzione che lo guidò in tutta l’attività di maestro. Egli volle, soprattutto, operare una riforma generale dei principî educativi e dei metodi di conoscenze che fosse capace d’inserire in una genuina cultura cristiana i migliori frutti della civiltà classica.
C. Vasoli, La dialettica e la retorica dell’umanesimo. “Invenzione” e “metodo” nella cultura del XV e XVI secolo, Milano, Feltrinelli, 1968