FILTRAZIONE (da filtrare, propriamente fltrare [cfr. feltro])
Operazione mediante la quale si separano sostanze solide, più o meno suddivise, da un liquido nel quale si trovano in sospensione. Per compierla si fa passare la sospensione attraverso un materiale opportuno che trattiene la parte solida e lascia passare il liquido.
La filtrazione è stata studiata teoricamente, soprattutto per ricercare il rapporto tra la velocità di filtrazione, ossia il deflusso del liquido attraverso il filtro, e la pressione occorrente per ottenere la filtrazione, pressione che può venire esercitata in varî modi (v. più oltre). Questo rapporto è diverso secondo che si tratti di una sospensione che lascia un residuo solido omogeneo cristallino di scarsa o nessuna compressibilità o di un residuo colloidale compressibile. Nel primo caso, si può ammettere, per impostare il calcolo, che la sezione dei canaletti che si formano in seno al residuo solido si mantenga costante; quindi considerare valida la legge di Poiseuille sul deflusso nei canali capillari sinuosi. Nel secondo caso invece, variando la pressione, varia la sezione di passaggio del liquido, varia la resistenza attraverso questi canali, e la legge di Poiseuille non è applicabile. In entrambi i casi, bisogna tener conto delle caratteristiche del liquido (viscosità, temperatura, ecc.).
In generale se è V il volume del liquido che passa in un dato tempo t,
il volume del filtrato nella stessa unità di tempo, P la pressione di filtrazione, R la resistenza complessiva che presenta alla filtrazione, l'unità di spessore del residuo solido che si considera, è:
La resistenza R si può considerare dipendente dalla resistenza r che presenta l'unità di area del solido per l'unità di spessore, dalla percentuale p di solido contenuto nel liquido, dalla quantità Q di solido che si raccoglie sul filtro nell'unità di tempo, dal volume V del liquido filtrato e dalla resistenza rf che presenta il mezzo filtrante; ossia
La pressione di filtrazione dipende dallo spessore x del residuo solido esistente sul filtro, dalle dimensioni dei canali capillari in seno al solido, dalla viscosità ρ del liquido alla temperatura (ammessa costante) di filtrazione, e dalle caratteristiche fisiche del residuo solido sul filtro; ossia la variazione di pressione secondo lo spessore sarà data da:
indicando con K una costante che tiene conto del tipo di residuo solido cons i d e rato.
Si può pensare di eseguire la filtrazione in due modi: tenendo costante la pressione di filtrazione oppure tenendo costante la velocità di filtrazione e variando la pressione. Nel caso di precipitati cristallini solidi considerati incompressibili, il coefficiente K rimane costante, valendo la legge di Poiseuille e tenendo presente che lo spessore x è proporzionale alla quantità di liquido filtrato (ossia è x = AV) nel caso della pressione costante, il valore dell'efflusso liquido nell'unità di tempo sarà:
ossia,
da cui, integrando e limitando tra o e t:
cioè in questo caso il tempo richiesto dalla filtrazione è proporzionale al quadrato del volume di liquido filtrato.
Se si vuol tenere costante la velocità di filtrazione è
costante e allora, sempre per precipitati cristallini, la (I) diventa
ossia dx dp = K3 ρdx.
Se integriamo tra la pressione p0, necessaria per ottenere il voluto efflusso di liquido all'inizio della filtrazione, ossia quando x = 0, (p0 rappresenta quindi la resistenza del mezzo filtrante), e la pressione p, si ha p − p0 = K4x e poiché abbiamo visto che x dipende da V, si può dire p − p0 = K5 V: ossia per ottenere, nel caso di residui solidi cristallini, un deflusso liquido costante attraverso il filtro, la pressione deve crescere proporzionalmente al volume filtrato. Poiché a sua volta il volume del liquido filtrato è, in questo caso, teoricamente proporzionale al tempo, la pressione sarà pure proporzionale al tempo.
Nel caso di solidi più o meno compressibili, dato che variano le sezioni dei canali capillari ecc., l'efflusso per unità di area filtrante non può essere proporzionale alla pressione, ma sarà
si ha quindi
ossia
Queste considerazioni teoriche servono solo per dare un'idea generale del problema della filtrazione, problema eminentemente pratico; e metodi di lavoro a pressione costante o a deflusso costante non possono venire applicati rigidamente, ma con approssimazione. Praticamente se si deve studiare il problema filtrando a pressione costante, all'inizio della filtrazione, quando la resistenza R è limitata al solo mezzo filtrante e poi a un sottile strato di solido, la velocità di passaggio attraverso il filtro è molto forte, e il residuo solido si addensa intensamente, cosicché col procedere della filtrazione aumenta notevolmente la resistenza e quindi il flusso liquido diminuisce rapidamente. Se invece si fa crescere la pressione a mano a mano che aumenta la resistenza, in modo da mantenere pressoché costante il flusso, si può procedere più a lungo nella filtrazione, ossia raccogliere sul filtro un maggior spessore di residuo solido di compattezza uniforme, che permette un miglior lavaggio, comc spesso occorre fare nelle filtrazioni industriali.
Nel caso di materiali compressibili (sostanze gelatinose, colloidali, residui finissimi ecc.) un aumento di pressione fa aumentare il volume di liquido filtrato nell'unità di tempo, ma riduce il diametro dei canali capillari del residuo addensato sul filtro e rende più difficile la filtrazione. In questi casi occorre stabilire per via sperimentale qual è la pressione più conveniente che nell'unità di tempo consente di ottenere la massima quantità di liquido filtrato.
Tecnica della filtrazione. - Nell'operazione di filtrazione si distinguono varie fasi: separazione della parte solida sul filtro (filtrazione propriamente detta), lavaggio del residuo solido, distacco di esso dal filtro. Circa la filtrazione propriamente detta, è da osservare che, per ottenere sul filtro il panello più omogeneo possibile, occorre che la sospensione sia mantenuta a costante percentuale di solido, quindi conviene agitarla durante l'alimentazione del filtro. Anche la temperatura influenza la filtrazione: in molte sostanze una variazione di pochi gradi fa variare notevolmente la viscosità, in altre l'aumento di temperatura fa diminuire la tensione superficiale tra liquido e solido, rendendone più facile la separazione. Quando il liquido da filtrare tiene disciolti sali che cristallizzano per raffreddamento, occorre mantenere una temperatura tale che impedisca la cristallizzazione. Nel caso di filtrazioni di materiali finemente suddivisi, conviene preparare sulla tela filtrante un mezzo filtrante appropriato, facendo depositare sul filtro prima d'iniziare la filtrazione uno spessore voluto di materiale inerte appositamente scelto (carbone, farina fossile, asbesto, ecc.) che dia un primo strato di panello di determinata porosità. Si possono preparare setti filtranti minerali di porosità voluta anche artificialmente, comprimendo pezzi di materiali varî (quarzo, chamotte, ecc.), o già naturalmente porosi (per es. farina fossile) e calcinando le piastre compresse. Per filtrare più facilmente materiali colloidali che darebbero sul filtro un panello di insufficiente permeabilità e troppo facilmente compressibile (melassi, paste di sapone, idrati d'allumina, ecc.) si aggiungono talvolta alla sospensione materiali inerti cristallini polverulenti (farina fossile, silice, ecc.).
Il lavaggio del panello sul filtro si dovrebbe realizzare facendo arrivare l'acqua o il liquido di lavaggio sul panello in modo da spostare soltanto il liquido che lo imbeve senza mescolarsi ad esso. Il lavaggio risulta tanto migliore, quanto più è uniforme la resistenza che il panello offre al liquido di lavaggio; se questo trova parti di diversa porosità, il lavaggio avviene incompletamente. Può essere necessario anche togliere al panello la maggior quantità possibile del liquido che lo imbeve, cio che si realizza in varî modi, secondo il filtro impiegato.
Per realizzare una filtrazione economicamente conveniente, può essere talvolta opportuno sottoporre la sospensione da filtrare a trattamenti preliminari al fine di ottenere una sospensione con rapporto più favorevole fra liquido e solido. Se piccole quantità di solido sono contenute in grandi masse di liquido, conviene far precedere la filtrazione da una decantazione (v.); se al contrario il quantitativo di solido è tale da impedire una buona filtrazioae, o se il liquido è troppo denso, si diluisce la sospensione con acqua o con altro liquido. Se la sospensione è costituita da particelle solide fini e grossolane, possono convenire due filtrazioni successive: una prima rapida con mezzo filtrante che trattenga la parte solida più grossa e l'altra con mezzo filtrante idoneo a trattenere la parte fina.
Scelta del mezzo filtrante. - I mezzi filtranti possono essere o a letto filtrante o a semplice setto perforato. I filtri a letto filtrante sono costituiti da strati successivi di materiali (coke, scorie, granellini di quarzo, sabbia, asbesto, ecc.) di diversa granulazione: inferiormente stanno i granuli più grossi, e via via i grani superiori più minuti, fino allo strato superficiale più fino. Pare però più conveniente tenere costante la granulazione del letto filtrante in un filtro ed eventualmente porre due o più filtri in serie, con letti filtranti a granulazione decrescente.
I filtri a setto perforato sono costituiti da tele di fibre vegetali (cotone, iuta, ecc.) o animali (lana, pelo di cammello, ecc.) o minerali (asbesto, ecc.) o da tele metalliche diverse secondo la natura della sospensione da trattare. Tessuti minerali (amianto) si prestano bene per filtrazioni a freddo e a caldo e per liquidi acidi e alcalini. Per acidità e alcalinità basse può servire la tela di cotone (tessuto liscio per sospensioni fini o colloidali, a spina per materiali cristallini), per acidità più forti il pelo di cammello, la lana e anche il cotone nitrato. Per alcalinità e acidità elevate tessuti metallici di materiali appropriati.
Per filtrazioni neutre i filtri si costruiscono in ferro e ghisa. Per filtrazioni acide le parti a contatto con il liquido devono essere piombate o di piombo indurito, oppure di legno con parti di rame, bronzo, ecc. o anche rivestiti di gomma. Per filtrazioni ad alta acidità che intaccano anche il piombo e il legno, si sono fatti telai per filtri-pressa e vasche filtranti di materiali speciali (miscele compresse di amianto e bakelite, ecc.).
Per sospensioni con poco liquido servono convenientemente filtri a lavoro discontinuo; per filtrazioni di grande finezza o da laboratorio le candele filtranti, per sospensioni dense sono preferibili i filtri continui rotativi o piani (v. più oltre). Si costruiscono anche filtri muniti di canali interni di riscaldamento o raffreddamento per filtrare a temperature fissate.
Per separare da un liquido materie solide grossolane (fibre, granelli, ecc.), per es. nella depurazione di acque luride o nei trattamenti idrominerarî, si adoperano prima dei filtri, vagli a scosse, che agiscono come filtri.
Filtri a letto filtrante. - Si usano filtri aperti a letto filtrante per chiarificazione di grandi masse di liquidi con piccole quantità di fini particelle in sospensione (acqua torbida) oppure se la natura del liquido (acidità elevata) non consente il conveniente impiego di altri filtri. Nel letto filtrante la sospensione entra dall'alto, e lo scarico del filtrato avviene a mezzo di sfioratore regolabile per mantenere un battente costante di liquido sul filtro (fig.1). Quando sul letto filtrante si è depositato uno strato di solido che rallenta troppo la filtrazione, si svuota il filtro dal liquido, si toglie il deposito ed eventualmente si rinnova lo strato filtrante superiore; più conveniente, quando è possibile, e nel caso di bacini filtranti di dimensioni non eccessive, è far passare una forte corrente d'acqua in senso contrario, dal basso all'alto.
I filtri sotto pressione a letto filtrante sono costituiti da recipienti chiusi in acciaio con il letto filtrante sostenuto da una griglia (fig. 2). La sospensione entra in alto, e sotto pressione, dalla tubazione munita di saracinesca a; il liquido filtrato si scarica in basso da c. Il lavaggio si compie chiudendo l'arrivo della sospensione e inviando l'acqua sotto pressione dal basso, dalla tubazione d; il lavaggio è facilitato da un agitatore che rimuove lentamente il letto filtrante. L'acqua di lavaggio si scarica da b. Il tempo totale per il lavaggio e rimessa in funzione del filtro si riduce a 10 minuti. In generale si usa per il lavaggio la stessa sospensione greggia. Filtri di 3 m. di diametro possono filtrare 200.250 mc. di acqua di fiume all'ora. Il consumo di acqua di lavaggio per sospensioni fini o per separazione di idrati di ferro in acque potabili varia dall'i al 2% dell'acqua filtrata.
Si usano anche batterie di filtri a letto filtrante lavoranti in aspirazione, collegando la parte inferiore del filtro con il recipiente di raccolta del liquido filtrato, e questo con una pompa a vuoto.
Filtri a setto filtrante. - Si distinguono in filtri a pressione, a lavoro discontinuo, e filtri a vuoto, a lavoro discontinuo e continuo.
Il tipo più semplice di filtro a setto e a pressione è schematicamente costituito (fig. 3) da un recipiente 4 di ferro che serve alla raccolta del filtrato sul quale appoggia una griglia 1 che sostiene il setto filtrante 2. La sospensione arriva sotto pressione nel recipiente chiuso 3. Anziché la pressione si può praticare l'aspirazione nel recipiente sotto il setto filtrante (filtri per sale ecc.). Un tipo semplice di filtro a pressione, adoperato per filtrazioni di quantità limitate, è la candela filtrante, costituita da un recipiente cilindrica forato, con all'esterno infilata la tela filtrante, immerso in un cilindro chiuso. Il cilindro filtrante è spesso costituito da materiale poroso (porcellana, farina fossile compressa e calcinata) che funziona da filtro. La sospensione arriva dalla camera a tenuta di pressione, e il liquido limpido passa all'interno del cilindro e si scarica superiormente. Si possono riunire in uno stesso filtro più candele filtranti. La fig. 4 mostra uno di questi filtri.
L'apparecchio industriale per filtrare sotto pressione in modo discontinuo - più largamente usato fino all'apparizione dei filtri continui - è il filtropressa. È costituito da un certo numero di piastre a sezione quadrata sostenute da due guide laterali e ricoperte dalla tela filtrante. Le piastre sono munite di scanalature parallele verticali, e sono forzate una contro l'altra a mezzo di una pressa a vite, fissata all'incastellatura di sostegno dei telai. Lo spazio per raccogliere il residuo solido si può ricavare nelle piastre stesse dando ad esse la forma di doppio T (filtri a camera; fig. 5), oppure ponendo, alternate tra le piastre piene P, dei telai vuoti R (filtri a telai, fig. 7). La tenuta tra le varie camere si ottiene nel caso dei filtri a camera per contatto fra le tele filtranti T che avvolgono le piastre, e nel caso dei filtri a telai fra il telaio R e la tela filtrante T che ricopre le piastre.
Nei filtri a camera il prodotto da filtrare entra generalmente al centro della piastra da un foro S praticato nel bocchettone a vite che serve per tenere la tela fissata alla piastra. Nei filtri a telai il foro di alimentazione S è ricavato lateralmente in tutti i telai e in tutte le piastre ed è messo in comunicazione attraverso l'apertura trasversale H con la camera del filtro nella quale entra la sospensione.
L'andamento completo di un'operazione di filtrazione e lavaggio con filtropressa a camera e con scarico unico del filtrato è illustrato schematicamente dalla fig. 6. La sospensione è mantenuta continuamente agitata nel tino T. Si aprono i rubinetti I, III, VIII, IX, X, si chiudono i rubinetti II, IV, V, VI, VII e XI; poi si mette in funzione la pompa P la quale aspira da T la sospensione che attraverso il rubinetto III, arriva nella camera M, la riempie fino a metà, deborda nella successiva N fino a metà altezza, e così via finché tutte le camere sono riempite per metà. A mans a mano che la sospensione arriva, l'aria che si trova nelle camere viene spostata in alto e, attraverso le tele, giunge ai canaletti r e u, scorre lungo i tubi a, a1, d, d1, ed esce dal rubinetto IX. Continuando la pompa a funzionare, le camere si riempiono completamente della sospensione e la pompa comincia a esercitare una certa pressione, che costringe il liquido ad attraversare le tele di ogni telaio e, scorrendo lungo le scanalature dei telai, a uscire dai canaletti r, u, e poscia dal rubinetto IX. A questo punto si chiude il rubinetto IX assieme all'VIII e al X, si aprono invece i rubinetti V, VII, finché il liquido, che è ora costretto a uscire dai canaletti s e t per entrare nei tubi b, b1, c, c1, passa prima torbido e poi limpido nel tubo q, che lo riconduce al tino T. A questo momento la filtrazione è a regime; allora si chiude il rubinetto VII e si apre il VI il quale permette al liquido limpido di arrivare agli appositi serbatoi di raccolta, che possono essere posti anche a una certa altezza, compatibilmente con la pressione esercitata dalla pompa.
Quando tutte le camere M, N si sono riempite della sostanza solida, e il deflusso liquido diminuisce e la pressione di filtrazione aumenta, la filtrazione è ultimata. Si ferma allora la pompa, e s'inizia il lavaggio del panello, che può essere semplice o assoluto. Per il lavaggio semplice, si chiude il rubinetto I e si apre il II, si rimette in moto la pompa, la quale allora aspira il liquido di lavaggio contenuto nella vasca V e si continua in tal modo finché dal rubinetto VI esce un liquido di densità poco inferiore al liquido filtrato. Il lavaggio si può continuare finché passa liquido di lavaggio pressoché puro. Per ottenere un lavaggio assoluto, si aprono i rubinetti VIII, X e XI, e si chiudono il III e il V. In tal modo il liquido che viene pompato dalla vasca V, entra nel tubo a, d, e attraverso i canaletti r e u, si porta nelle scanalature delle due facce dei telai 2: per uscire è costretto ad attraversare orizzontalmente il panello che si trova nelle camere M, N, filtrare attraverso la tela delle due facce dei telai l, scorrere lungo le scanalature di questi telai, per uscire dai canaletti s e giungere al tubo b per andare al serbatoio di raccolta delle acque di lavaggio. L'acqua di lavaggio può giungere solo al tubo b, e non al tubo c, perché il rubinetto V è chiuso. Finito così il lavaggio, si chiudono i rubinetti II, VI e XI; si apre il rubinetto XII dell'aria compressa e il rubinetto IV, quest'ultimo per pochi secondi, di modo che l'aria vuoti il canale centrale O, si richiude subito il rubinetto IV e si apre il V e il VI. In questo modo l'aria è costretta a passare attraverso i panelli come avveniva per la sospensione durante la filtrazione, asporta gran parte del liquido che ancora imbeve i panelli, liquido che si raccoglie nel serbatoio delle acque di lavaggio. L'operazione è finita, si allontanano i telai, allentando la vite di pressione, e i panelli compatti e quasi asciutti si staccano dalle facce delle piastre e si raccolgono in una bacinella sottostante, montata su carrello.
L'andamento dell'operazione di filtrazione in filtri a telai differisce di poco; può seguirsi attraverso la fig. 7. Quando la sospensione entrata per il foro S ha riempito la camera e il vano tra i due telai, scacciando l'aria attraverso un canale apposito E, il liquido passa attraverso la tela, scorre lungo le scanalature della piastra e si raccoglie in basso, esce attraverso un canale W praticato nella piastra e scaricato all'esterno da ogni piastra a mezzo di un rubinetto a maschio, oppure in testa alla pressa se tutti i canali di scarico comunicano fra loro. È preferibile, quando si può, fare scaricare separatamente il filtrato da ciascuna piastra, potendo così sorvegliare l'andamento della filtrazione, verificare se, in seguito a rottura della tela, del liquido torbido passa assieme al limpido, e in tal caso isolare la piastra corrispondente.
Il lavaggio, semplice e assoluto, è eseguito all'incirca come nei filtri a camera.
Il grado di umidità dei panelli varia nei filtripressa dal 25 al 40% secondo il tipo di sostanza trattata e la maggiore o minore quantità di aria compressa o di vapore adoperata per lo scacciamento del liquido.
I filtripressa si fanno di dimensioni varie con telai di m. o,60 × 0,60 di lato fino a m. 1,50 × 1,50 e fino a 50 camere. Lo spessore della camera e quindi del panello è fissato in modo da consentire una buona filtrazione fino a riempimento del telaio, e quindi varia con le caratteristiche del panello. Si fanno telai con spessori variabili da 3 a 8-10 cm. Per panelli di piccolo spessore, si possono convenientemente adoperare filtri a piastre incavate. Un filtropressa è illustrato alla fig. 8.
Filtri che possono lavorare sotto pressione o a pressione ordinaria sono il filtro Danek e gli altri da questo derivati. Sono costituiti (fig. 9) da telai ondulati e a sezione quadrata o rettangolare, riuniti in derivazione e ricoperti da sacchi filtranti; il liquido filtra dall'esterno all'interno, entrando da c, regolato dalla valvola d; il liquido limpido si scarica dai tubetti a nel canale di raccolta b, la melma che si raccoglie sulle tele viene eliminata a filtrazione finita con getti d'acqua. Questi filtri a piccola pressione dànno più facilmente filtrati limpidi.
Nell'intento di aumentare la superficie filtrante del filtro a pressione riducendo il più possibile lo spazio occupato, Kelly ha costruito (1907) un filtro costituito (fig. 10) da un cilindro orizzontale o leggermente inclinato fisso munito di testata c mobile sulla quale sono fissati i telai rettangolari filtranti b, posti verticalmente uno vicino all'altro in modo da occupare lo spazio interno del cilindro a. Ogni telaio è costituito da una robusta armatura ricoperta di tela metallica sopra la quale è fissato il tessuto filtrante. La testata mobile porta inferiormente, in corrispondenza di ogni telaio, un rubinetto dal quale si scarica il liquido filtrato. Fissate le tele filtranti sui telai, si fa scorrere la testata che porta i telai lungo due guide d, facilitando lo scorrimento a mezzo di funi f e contrappesi g, finché arriva contro la testata del telaio fisso. Si chiude il coperchio con bulloni e la tenuta è assicurata da una guarnizione. La sospensione da filtrare entra inferiormente nel cilindro a, sposta l'aria che esce dalla valvola automatica h, che si chiude quando tutta l'aria è uscita. Si aprono allora i rubinetti di scarico e dai quali comincia ad uscire liquido filtrato attraverso la tela filtrante. Quando lo strato di solido che si deposita nei telai ha raggiunto il voluto spessore (il che si vede dall'esterno su apposita scala graduata) si sospende l'arrivo del liquido, si riapre la valvola h d'ingresso d'aria e si scarica il liquido torbido che riempiva il cilindro a. Indi si ripete l'operazione con il liquido di lavaggio; a lavaggio ultimato si asciuga il panello, con aria sotto pressione o con vapore. Si allontana quindi la testata con i telai ai quali resta aderente il panello. Questo viene staccato iniettando all'interno del telaio aria compressa o vapore. La fig. 11 mostra la sezione del filtro Kelly dopo la filtrazione. Impiegando più di un filtro Kelly, si usa porne due uno di faccia all'altro, facendoli lavorare alternativamente, lasciando fra le due testate soltanto lo spazio per sfilare una testata e ponendo inferiormente una fossa unica nella quale si scaricano i panelli, che cadono in appositi carrelli sottostanti. Si riduce così lo spazio occupato, il costo d'impianto e la mano d'opera impiegata.
I filtri Kelly si sono rapidamente affermati in molte industrie, specie negli zuccherifici, perché, in confronto dei filtripressa, richiedono meno spazio, meno mano d'opera, realizzano una maggiore velocità di filtrazione e di lavaggio. Presentano tuttavia alcuni inconvenienti: le superficie filtranti sono poco accessibili, e le diverse dimensioni dei telai non ne permettono l'intercambiabilità. Per ovviare a questi inconvenienti, pur mantenendo il principio dei fogli filtranti sotto pressione, è stato studiato il filtro Sweetland (fig. 12) nel quale le superficie filtranti sono costituite da tanti dischi eguali ricoperti di tela, vicini uno all'altro. La vasca che contiene le superficie filtranti è cilindrica, divisa longitudinalmente in due metà. La parte inferiore può ruotare verso il basso per permettere lo scarico del panello a filtrazione avvenuta; la parte superiore è fissa, e a essa sono fissati i fogli filtranti. Durante la filtrazione, la vasca esterna è chiusa mediante appositi bulloni e a tenuta di pressione; la sospensione entra sotto pressione nella vasca, il liquido attraversa la tela dei telai e si scarica in alto. Il panello si lava e si asciuga come nel filtro Kelly. Per scaricarlo, vuotata la vasca dal liquido di lavaggio, si allentano i bulloni, si fa ruotare in basso il mezzo cilindro inferiore, e s'inietta aria compressa o vapore.
Altro tipo di filtro a pressione è il Vallez, derivato dallo Sweetland, ma nel quale i dischi filtranti fissati su di un asse ruotano in un recipiente cilindrico chiuso. Si ottiene così un panello di densità più unifomie, quindi più facilmente lavabile e staccabile; la costruzione è però complicata e le superficie filtranti non sono accessibili né facilmente ricambiabili.
Filtri a fogli filtranti sotto vuoto. - In tutti i filtri descritti precedentemente, non è possibile avere una superficie filtrante che raggiunga parecchie centinaia di mq. di superficie, come è desiderabile in industrie che hanno grandi quantitativi di liquidi da filtrare con sospensioni solide, fini o colloidali che pemettono soltanto un piccolo spessore di panello. La difficoltà è stata risolta, quando non erano ancora conosciuti i filtri rotativi continui, con filtri a lastre filtranti avvicinate, nelle quali la differenza di pressione necessaria alla filtrazione è ottenuta creando una depressione all'interno delle superficie filtranti.
Un filtro di questo tipo, molto usato, è il Moore, costituito da una serie di vasche di lamiera a fondo conico poste una di fianco all'altra (fig. 13) e da telai filtranti costituiti da piastre forate di notevoli dimensioni (fino a m. 2,50 × 3) in legno o in metallo e munite di nervature verticali per sostenere la tela filtrante. Questi telai sono avvicinati gli uni agli altri, alla distanza di 100, 120 mm. e fissati su robuste armature di ferro, così da formare una sezione filtrante A che può giungere fino a 1000 mq. di superficie. Nella vasca 1 arriva dalla tubazione a la sospensione tenuta agitata con aria compressa proveniente da b. A mezzo di apposito paranco la sezione dei telai viene immersa in questa vasca, si pratica poi il vuoto all'interno dei telai a mezzo di pompa e il liquido filtrato viene evacuato da una tubazione collettrice. Quando si è formato il panello dello spessore voluto, si sollevano i telai filtranti, si reimmergono nella vasca adiacente 2, ove si trova il liquido di lavaggio proveniente da c, e si ripete l'operazione di aspirazione. Se si desidera un lavaggio successivo si compie nelle vasche 3 e 4. Dopo il lavaggio la sezione filtrante viene posta al disopra di un recipiente apposito e il distacco del panello avviene facendo arrivare a varie riprese l'aria compressa o vapore nell'interno dei telai a mezzo della tubazione di aspirazione. Lo spessore del panello varia a seconda delle qualità della sospensione, e per solidi cristallini fini va da 1 a 2 cm. Ogni filtro possiede due serie di telai, cosicché mentre una sezione è in filtrazione, l'altra è in lavaggio. I vantaggi di questo filtro sono dati dalla possibilità di riunire in piccolo spazio una grandissima superficie filtrante e di sospendere la filtrazione appena il panello ha raggiunto lo spessore conveniente, e quindi di poter filtrare anche sospensioni fini; permette un buon lavaggio, richiede poca mano d'opera ed è di costruzione semplice. L'inconveniente è dato dal fatto che, lavorando il filtro sotto vuoto, la pressione disponibile è limitata (al massimo mezza atmosfera) e serve male per liquidi caldi. In tal caso sono preferibili i filtri sotto pressione tipo Kelly. Il filtro Moore fu largamente usato in industrie minerarie importanti.
Filtri continui. - I filtri illustrati finora sono a lavoro discontinuo, il che richiede un lungo tempo per le varie operazioni di filtrazione. Furono perciò studiati e largamente adottati nelle industrie filtri continui, schematicamente illustrati alla fig. 14. La superficie filtrante è costituita dalla superficie laterale di un cilindro suddiviso internamente in tanti spicchi, indipendenti secondo piani assiali. Su questa superficie viene fissata una tela metallica perforata, o un grigliato di legno, e sopra viene steso il tessuto filtrante. Il cilindro ruota attorno al proprio asse e pesca per poco meno della metà in una vasca A nella quale si fa arrivare da 1 la sospensione agitandola con l'agitatore 4. Iniziando la filtrazione si crea all'interno del cilindro, nel settore immerso, un'aspirazione con apposita tubazione collegata alla testata del filtro ove si trova un distributore automatico del vuoto e della pressione nei varî scompartimenti del filtro. Il liquido filtrato viene evacuato da e. Il cilindro continuando a girare, il settore prima immerso esce dal liquido, mentre all'interno si continua a praticare l'aspirazione e il panello si asciuga. Continuando a girare il settore coperto di panello viene lavato da una pioggia di liquido (a mezzo di uno o più spruzzatori superiori 2) e il liquido di lavaggio che viene aspirato all'interno si scarica da f. Dopo il lavaggio si sospende automaticamente il vuoto sempre a mezzo del distributore, e si fa arrivare dall'interno del cilindro in g per il distacco del panello aria compressa o vapore o acqua sotto pressione. Il distacco completo è fatto da apposito coltello raschiatore 3, più o meno avvicinabile alla superficie del filtro. Staccato il panello, si può far arrivare da i un fluido sotto pressione per pulire la tela filtrante; a questo punto il settore considerato torna a immergersi nella sospensione, e ricomincia la filtrazione. Regolando opportunamente il distributore automatico, si può variare il tempo di aspirazione e di compressione secondo il tipo di sospensione da trattare. Il liquido filtrato e le acque di lavaggio vanno a raccogliersi in recipienti separati; il panello cade su un nastro trasportatore o in una coclea che lo allontana dal filtro. I filtri continui (Oliver, Wolff, Dorr ecc.) vengono costruiti in legno, ghisa, bronzo, ecc. a seconda della qualità del liquido da filtrare; fanno pochi giri al minuto e la velocità di rotazione varia a seconda della ricchezza in solido delle sospensioni e della facilità della filtrazione. Dispositivi speciali permettono di staccare il panello, anziché a ogni giro, ogni tanti giri, così da potere ottenere panelli dello spessore voluto. Per materiali facilmente filtrabili (sali ecc.) lo spessore del panello può raggiungere gli 8-10 cm. In altri tipi (p. es. filtri Herbenbein) il panello è staccato, anziché da un coltello, da un rullo di gomma ruvido, dal quale si stacca poi con un coltello, preservando così meglio la tela filtrante.
Gl'inconvenienti di questi filtri sono dati dalla difficoltà di ottenere sempre un perfetto lavaggio e dal fatto che si ottengono panelli molto umidi (in media 35% di umidità) per la poca pressione disponibile (½ kg./cmq. in media). Se ne costruiscono del diametro da 1 a 4 m. e lunghi fino a 6 m. La fig. 15 ne mostra un tipo.
Varie modifiche sono state apportate per assicurare l'uniformità di lavaggio e il facile distacco del panello: p. es. ponendo sopra il filtro (Filt. Engin. Incorp.) delle lasce continue di tela che ne facilitano il lavaggio e comprimono il panello; s'impediscono così le screpolature durante il lavaggio e l'essiccamento, e si ottiene un panello più asciutto. Gli stessi costruttori fabbricano filtri continui uniti all'essiccatoio del panello: la tela del filtro è la stessa tela continua che va all'essiccatoio, e si riavvolge al ritorno sul tamburo del filtro (fig. 16).
Altro filtro continuo è l'Ameritan Filter nel quale al cilindro filtrante sono sostituiti tanti dischi avvicinati, assiali, divisi in settori. I dischi sono fissati a un albero centrale rotante (fig. 17). Le operazioni di aspirazione, lavaggio e distacco avvengono nei varî settori come nei filtri rotativi; il panello è scaricato tra un disco e l'altro. Si ottiene così in piccolo spazio una grande superficie filtrante, ma l'ispezionabilità è imperfetta e laborioso lo smontaggio.
Oltre ai filtri continui a tamburo o a dischi rotanti, sono entrati nella pratica i filtri piani a celle, che servono per sospensioni con molto solido cristallino non finissimo. La superficie filtrante è costituita da un piatto orizzontale girante lentamente attorno ad un asse verticale, e diviso in varî settori. La tela filtrante appoggia sul piatto al di sotto del quale avviene l'aspirazione; le operazioni di filtrazione si susseguono come nel fitro rotativo; il panello lavato viene asportato a mezzo di un coltello. Si fanno fino a 4 m. di diametro esterno e sono di facile ispezione e di comodo esercizio. La fig. 18 ne mostra un tipo.
Filtrazione in laboratorio. - In laboratorio la filtrazione avviene in generale con filtri a cono in cellulosa sostenuti da imbuti di vetro con angolo dell'imbuto a 60%. La carta da filtro è costituita da fibre di cellulosa pura, e quando le filtrazioni si fanno per determinazioni analitiche, la carta non deve essere collata, e la superficie deve essere liscia per permettere il completo distacco del precipitato. Per filtrazione di colloidi si usano carte da ultrafiltri (v. più oltre) rivestite di acetilcellulosa. Si può filtrare anche su letto filtrante costituito da lana di vetro, asbesto, ecc.
La filtrazione è più rapida se il liquido filtrato riempie completamente il tubo di scarico del filtro senza bolle d'aria, il che si ottiene strozzando leggermente il tubo di scarico all'attacco dell'imbuto di vetro. Se il tubo di scarico dell'imbuto è lungo, la filtrazione è facilitata; la velocità di filtrazione si può aumentare praticando il vuoto sotto il filtro a mezzo di una derivazione laterale del tubo di scarico collegata a una pompa a vuoto da laboratorio. Se il cono di carta da filtro viene pieghettato, si aumenta la superficie filtrante. Anziché il cono di carta da filtro, si può porre nell'imbuto una piastra forata sulla quale si pone la carta da filtro, curando la tenuta tra la piastra e l'imbuto di vetro, eventualmente a mezzo di un anello di guarnizione.
La carta da filtro è in molti casi sostituita vantaggiosamente da piastre porose di porcellana, vetro, quarzo, ecc., che possono venir saldate direttamente alla parete dell'imbuto. Tali filtri possono venire riscaldati in stufa fino a 600°; per riscaldamenti più elevati (fino a 1200°) si usano filtri di quarzo. A seconda della finezza dei pori si arriva alla separazione di particelle solide del diametro di 5 μ. Per filtrazioni di liquidi con poche sospensioni finissime, si usano cilindri o candele filtranti in porcellana porosa (già descritte) pulendo la superficie esterna del deposito solido mediante spazzole o spugne.
Ultrafiltrazione - È adoperata per la filtrazione di colloidi (v.). Il setto filtrante è costituito da un materiale di supporto (carta da filtro) coperto dal materiale filtrante (collodio separato in modo opportuno) e si possono graduare le finezze dei pori del filtro secondo il modo di precipitazione da 22 a 600 mμ. Ultrafiltri con nitrocellulosa lucida sono di durata limitata.
Per l'industria si usano ultrafiltri sotto pressione per trattenere completamente torbidità o sospensioni gelatinose finissime. Gli ultrafiltri di Plauson sono costituiti da dischi di tela finissima di ottone sovrapposti e pressati. Il liquido da filtrare viene pompato attraverso il filtro alla pressione di 150 atm. Le parti colloidali restano sul filtro come una pellicola. Le particelle trattenute sulla rete metallica contribuiscono alla filtrazione come mezzo filtrante. L'ultrafiltro di Shaw è costituito da fogli di carta rugosa sovrapposti e pressati e il liquido da filtrare deve passare tra un foglio e l'altro. Si riesce con questi ultrafiltri a decolorare liquidi opalescenti, ecc. Speciali filtri a membrane sono usati per scopi batteriologici e sierologici. Batterî da 1 ′u sono trattenuti da filtri con pori da 2 μ, ossia tali filtri non hanno soltanto effetto filtrante, ma anche di assorbimento.
Bibl.: F. A. Bühler, Filtern und Pressen, 2ª ed., Lipsia 1921; A. Wright, Industrial filtration, New York 1923; F. Ulmann, Enzyclopädie der technischen Chemie, Berlino 1929; E. Molinari, Trattato di chimica organica, Milano 1930.
Filtrazione in batteriologia. - Questo metodo è importantissimo, in quanto, ricorrendo a particolari dispositivi (candele di Chamberland, di Berkfeld: v. batteriologia, VI, p. 392), permette di separare i germi dai prodotti che essi versano nei terreni di coltura (esotossine), o di mettere in evidenza germi ultramicroscopici, filtrabilí (v. virus filtrabili), oppure di separare dai germi i liquidi di coltura con la tecnica recentemente proposta da A. Besredka, ottenendo i cosiddetti filtrati sterili delle brodocolture, i quali contengono sostanze che uccidono specificamente i germi che avevano esaurito le colture.
L'uso di questi filtrati, che costituiscono un vero antisettico biologico, ha molta importanza, specialmente nella cura delle malattie prodotte da germi della suppurazione.
Filtrazione dei vini. - In enologia la filtrazione interessa tanto i vini quanto i mosti.
La filtrazione dei vini si fa per ottenere vini limpidi, o meglio limpidissimi (brillanti). Tale carattere è soprattutto importante per taluni vini di particolare pregio (vini di lusso e da pasto superiori). La limpidezza si potrebbe anche ottenere ricorrendo ad altra pratica, la chiarificazione; ma questa non può sempre sostituirsi alla filtrazione, sia perché essa può modificare la composizione chimica dei vini, sia perché richiede, in generale, un tempo abbastanza lungo. La filtrazione inoltre (a differenza della chiarificazione) può rendere limpidi, almeno per qualche tempo, anche vini in fermentazione (alcoolica o patogena).
I tipi principali di filtri usati dall'industria enologica sono: filtri a tela; filtri a pasta di cellulosa, filtri ad amianto. Vi sono anche filtri che adoperano altre materie filtranti (es. la lana; la porcellana porosa), ma sono meno importanti. I filtri a tela (così detti perché il vino torbido passa attraverso speciali tele di cotone; fig. 19) bene s'adattano a liquidi densi e ricchi di sostanze sospese (come mosti, vini dolci, residui fecciosi, ecc.). Tuttavia si possono anche utilmente filtrare con essi vini relativamente poco torbidi, aggiungendo al primo vino che si versa nel filtro qualche sostanza che ostruisca in parte i pori della tela: per es. carbone vegetale in polvere, o anche un po' di gelatina d'ossa, o anche carta da filtro spappolata nel vino. Alcuni di tali filtri sono molto semplici ed economici, e perciò adatti anche a piccole cantine (tale il notissimo Filtro olandese o Carpenè). I filtri a pasta di cellulosa (fig. 20) hanno per materia filtrante della pasta di carta, formata da fibre di cotone spesso mescolate con un poco di pasta di legno e d'amianto fibroso. Tale pasta, opportunamente imbevuta prima dell'uso con acqua, si dispone nei filtri, che sono per lo più specie di tamburi di rame stagnato, forniti di diaframmi e dischi a rete, e su di essi costituisce degli strati feltrosi, attraverso i quali il vino, passando, deposita le sostanze sospese. Questi filtri servono per vini poco torbidi, e sono adatti a rendere i vini stessi brillanti. Funzionano sotto pressione (che s'ottiene o con una pompa o per dislivello). La pasta, dopo l'uso, può ancora essere adoperata per successive filtrazioni, a condizione che sia subito ben lavata e fatta bene asciugare. I filtri ad amianto usano come materia filtrante dell'amianto fibroso, preparato in modo speciale. Esso viene spappolato nel vino stesso da filtrare, -d entrando col primo vino nel filtro va a depositarsi sopra appositi telai di finissima rete di rame o bronzo stagnato, e su di essi forma quasi un tessuto compatto, a pori finissimi, passando attraverso il quale il vino, come nei filtri a pasta, deposita le sostanze sospese. Anche i filtri ad amianto vengono per lo più usati per vini poco torbidi, che si desiderano avere brillanti. Infine si può ricordare un tipo più moderno di filtro, detto sterilizzatore, in quanto è destinato a trattenere anche i più piccoli microorganismi dei vini. Esso consta di speciali dischi di carta, che vengono fortemente compressi fra altri dischi metallici. Serve però solo per vini già limpidi. Per la filtrazione dei mosti s'usano in generale filtri a tela. Scopo di tale filtrazione è quello d'impedire la fermentazione alcoolica dei mosti stessi. S'ottengono così i "filtrati dolci", largamente usati come correttivi d'altri mosti o di vini. Una sola filtrazione però non basta per rendere un mosto permanentemente infermentescibile; ma bisogna ripetere l'operazione varie volte, a intervalli più o meno lunghi.