finanza internazionale
Settore della f. che studia le problematiche legate a operazioni che implicano transazioni valutarie o comunque questioni valutarie, coinvolgendo imprese, mercati finanziari, istituzioni e intermediari finanziari operanti sui mercati internazionali.
Le imprese che operano su mercati internazionali effettuano transazioni in valuta estera quando, per es., vendono a imprese che pagano in valuta estera, oppure comprano beni e servizi pagandoli in valuta estera. Quando i regolamenti di tali operazioni sono differiti nel tempo, l’impresa si espone a un rischio di cambio, dal quale può coprirsi con una gamma di derivati valutari (futures, ➔; opzioni su valute, ➔ opzioni vanilla). Problemi più complessi sorgono quando si devono decidere le modalità del finanziamento di investimenti all’estero. Rientra nella gamma delle opportunità anche la possibilità di ottenere finanziamenti in valuta estera per effettuare investimenti sul territorio nazionale. Più in generale, la f. i. si occupa dell’analisi dal punto di vista finanziario dei riflessi derivanti all’impresa dall’esercizio di attività commerciali in aree valutarie diverse da quella domestica. Mediante appropriati strumenti e metodologie di misurazione, lo studio della f. i. supporta l’accesso ai mercati globali e le decisioni finanziarie che ne derivano, prese da corporazioni multinazionali o da aziende comunque presenti sul mercato globale. L’importanza di queste transazioni è molto cresciuta nello scenario di accentuata globalizzazione dei mercati reali e finanziari, soprattutto nel settore dei cambi e dei debiti sovrani.
Nel mercato dei cambi una moneta è scambiata contro un’altra. In esso, oltre agli agenti economici che effettuano transazioni valutarie in vista delle esigenze (di profitto, provvista o copertura) legate alle loro attività, operano anche istituzioni finanziarie, come le grandi banche d’affari, le banche centrali di singole nazioni o di specifiche aree valutarie, e altre istituzioni sovranazionali e internazionali, come la Banca Mondiale e il Fondo Monetario Internazionale (FMI). Queste intervengono per influenzare gli equilibri sui mercati dei cambi, in vista di specifici obiettivi (target) di profitto o di politica economica e monetaria: come la stabilizzazione dei cicli economici o la promozione dello sviluppo, dell’occupazione e del prodotto interno.
Nella prima parte del 21° sec. hanno assunto grande importanza i mercati internazionali del debito sovrano (➔), in particolare quello dei Paesi dell’area euro ad alto rischio di insolvenza (➔) come la Grecia e l’Italia. L’indicatore di rischio corrispondente (lo spread,➔, fra i tassi di interesse sui Bund tedeschi e quello sui buoni del Paese in questione) è spesso sostituito dallo spread su un prodotto relativamente nuovo legato alla f. i. come il Credit Default Swap (➔ CDS). Per contenere il rischio, derivante anche dalla mancanza nell’area euro di un prestatore di ultima istanza (➔) che possa intervenire stampando moneta (si ritiene infatti che non lo possa fare la BCE, vincolata dallo statuto a difendere la stabilità monetaria dell’euro), si stanno organizzando strumenti alternativi come l’European Financial Stability Facility (➔ EFSF, detto anche fondo salva Stati) e l’ESM (➔) destinati ad affiancare il FMI. Parallelamente, la constatazione di una generalizzata vulnerabilità alle crisi finanziarie ha suggerito la creazione di organismi finanziari internazionali dotati di poteri di regolazione, ispezione e intervento molto ampi, anche a costo di restringere in questi campi la sfera della sovranità nazionale (per es. i comitati di Basilea per la supervisione e la regolazione del sistema bancario e assicurativo, ➔ Basilea, comitato di, e il Financial Stability Board, FSB).