fiore
L'organo della riproduzione sessuale di molte piante
Il fiore è l'organo riproduttivo tipico delle Angiosperme, le piante più evolute. Sepali, petali, stami e carpelli sono gli elementi principali di un fiore tipico, che si succedono dall'esterno verso l'interno. I sepali e i petali racchiudono e proteggono stami e carpelli dove si formano rispettivamente i granuli di polline (cellule sessuali maschili) e gli ovuli (cellule sessuali femminili). Avvenuta la fecondazione dal fiore si sviluppa il frutto che contiene i semi. Comparso 125 milioni di anni fa circa, il fiore si è evoluto nel corso del tempo. I fiori più antichi e più primitivi possiedono numerosi elementi fiorali, quelli più recenti e più evoluti ne hanno invece pochi. I fiori delle piante coltivate sono più grandi, vistosi e colorati di quelli delle piante spontanee
Non tutte le piante producono un fiore. Quelle che lo producono appartengono a un unico grande gruppo, di circa 240 mila specie, che comprende piante acquatiche, erbacee, rampicanti, liane, arbusti e alberi. Attualmente sono le più diffuse e rappresentano la maggior parte delle piante conosciute, quelle che i botanici chiamano Angiosperme. Poiché sono comparse sulla Terra circa 125 milioni di anni fa, possiamo affermare che il fiore, cioè l'organo che distingue le Angiosperme da tutte le altre piante, conta anch'esso 125 milioni di anni.
Raccogliamo un fiore di rosa ed elenchiamo i singoli elementi che incontriamo, procedendo dall'esterno verso l'interno. Mano a mano che lo osserviamo stacchiamo le singole parti in modo da scoprire via via quelle più interne.
Le parti più esterne sono i sepali, quelle foglioline verdi che racchiudono completamente il bocciolo prima che maturi il fiore e, in alcuni casi, aiutano a sostenerlo. Tutti i sepali insieme formano il calice. Procedendo verso l'interno ecco i petali, foglioline modificate, a volte vellutate e profumate, dai colori vivaci: giallo, arancione, rosso, blu, viola, rosa o bianco. Più petali insieme costituiscono la corolla. Sepali e petali proteggono le parti più interne del fiore e, in particolare, altre foglioline modificate: gli stami e i carpelli che rappresentano, rispettivamente, gli elementi maschili e femminili del fiore. Gli stami sono piccoli filamenti allungati o peduncoli, simili a ciuffi di peli, che portano in cima sacche piene di polline: le antere. Nella maggior parte dei fiori gli stami circondano la parte femminile, che è formata da uno o più carpelli. Questi ultimi, liberi o saldati insieme, formano un recipiente dalla forma simile a quella di un vaso o di un fiasco: il pistillo, la cui base allargata, l'ovario, contiene e protegge gli ovuli, vale a dire le cellule sessuali femminili. Il collo allungato del pistillo, lo stilo, comunica con l'esterno attraverso un'apertura, lo stimma, che è spesso ricoperta di peli e di una sostanza appiccicosa.
Il fiore è l'organo indispensabile affinché una pianta possa riprodursi generando nuove piantine simili. Analogamente a ciò che avviene negli animali, in cui la riproduzione sessuata richiede la presenza di due genitori, nelle piante tale riproduzione avviene solo se la pianta fiorisce: il fiore infatti assicura la presenza di una parte maschile, che produce il polline, e una parte femminile, che produce gli ovuli.
Quando l'antera che contiene il polline è matura, quest'ultimo è liberato all'esterno e trasportato lontano attraverso l'impollinazione. Il termine del viaggio si ha nel momento in cui il granulo di polline raggiunge lo stimma di un altro fiore e vi rimane attaccato. È in questo momento che il polline emette un sottilissimo tubicino, il tubo pollinico, che gli permette di percorrere tutto lo stilo fino a raggiungere l'ovario situato in fondo al pistillo. Ed è qui che le cellule maschili, cioè i granuli di polline, raggiungono le cellule uovo femminili e si fondono insieme a queste; avviene così la fecondazione a cui seguirà lo sviluppo di un frutto che contiene al suo interno i semi.
Una volta avvenuta la fecondazione, cioè l'incontro e la fusione tra il granulo di polline e la cellula uovo, il fiore comincia ad appassire. Anche se riforniamo di acqua la pianta il fiore perde la sua bellezza e progressivamente si aggrinzisce: i petali acquistano un colore meno vistoso, cominciano a cadere l'uno dopo l'altro lasciando scoperti gli stami che avvizziscono, mentre i sepali perdono la loro consistenza e spesso si ripiegano all'indietro.
Il ricettacolo su cui si era sviluppato e appoggiato il fiore ospita perciò solo l'ovario, le cui pareti si ingrossano sempre più fino a quando non è evidente una piccola struttura verde, più o meno tondeggiante, sorretta dal peduncolo, che si trasforma in frutto, con un colore caratteristico tipico della specie.
Le Angiosperme, tuttavia, possono riprodursi anche per via asessuata, cioè senza che si sviluppi il fiore. Un pezzetto di una pianta, per esempio, può generare un nuovo individuo identico al precedente. Piantando in terra un rametto di una rosa questo svilupperà nuove radici e attecchirà, cioè genererà in qualche settimana una nuova piantina. Questo tipo di riproduzione facile da realizzare soprattutto per alcune piante come la salvia, il rosmarino o il geranio è detta riproduzione per talea. Una nuova piantina si svilupperà anche se interrate una patata, una cipolla. Dalla patata, un tubero, dalla cipolla, un bulbo, o dai piccoli fusti della fragola, che strisciano orizzontalmente a terra (stoloni), si svilupperanno nuove radici di ancoraggio verso il basso e nuove foglioline verdi verso l'alto. Tutti questi casi sono esempi di riproduzione asessuata perché le nuove piantine si formano senza che si sviluppi il fiore.
Il primo fiore comparso circa 125 milioni di anni fa, simile all'attuale magnolia, si è via via trasformato nel corso dell'evoluzione. Gli incroci ripetuti tra un fiore e l'altro, che avvennero e avvengono spontaneamente in natura, determinarono nel corso del tempo quelle variazioni che hanno reso possibile la comparsa di fiori diversi l'uno dall'altro. Alcuni appaiono particolarmente vistosi e colorati, mentre altri, piccolissimi e semplici, sono poco appariscenti. I diversi tipi di fiore testimoniano un diverso livello di evoluzione. Nel corso di milioni di anni il numero di elementi fiorali, cioè sepali, petali, stami e carpelli, è diminuito progressivamente. I fiori più primitivi hanno molti elementi fiorali, dal numero imprecisato; tali elementi sono disposti per lo più a spirale come i gradini di una scala a chiocciola e ciascuno è separato da tutti gli altri. I fiori più evoluti, invece, hanno un numero preciso di sepali, petali, stami e carpelli che in alcuni casi si riduce a tre, due o addirittura uno. Tali elementi sono spesso fusi tra loro tanto che è difficile riconoscerli singolarmente. Il vantaggio evolutivo di un fiore con pochi elementi fiorali è quello di essere più 'economico': poche e semplici strutture in cambio di un numero molto elevato di fiori a ogni generazione.
Il fiore della magnolia rappresenta una delle forme più primitive: petali, stami e carpelli sono numerosi e disposti a spirale sul ricettacolo. La magnolia, inoltre, ha una simmetria radiale: anche questo è un carattere primitivo. Ciò significa che si può immaginare di tagliarlo in due metà identiche un numero di volte infinito, secondo un numero infinito di piani passanti per il centro come una torta.
Al contrario, uno dei fiori più evoluti è l'orchidea con pochi elementi fiorali: tre sepali, tre petali, uno stame e tre carpelli. Mentre i due petali laterali formano le ali, il terzo, largo, vistoso e orientato verso il basso è detto labbro. La disposizione dei petali dell'orchidea fa sì che questo fiore abbia una simmetria bilaterale: può essere tagliato in due metà identiche solo attraverso un unico piano longitudinale che passa per il centro, come la maggior parte dei fiori più evoluti.
Passeggiando per un bosco, in un prato incolto o lungo un sentiero, potremmo tentare di riconoscere alcune piante. Il loro aspetto, la loro altezza e la forma delle loro foglie però non forniscono informazioni sufficienti. Nella maggior parte dei casi dovremmo osservare il loro fiore, caratteristico di ciascuna specie. Gli studiosi delle piante, botanici particolarmente esperti a osservare il fiore, assegnano il nome preciso delle piante che hanno di fronte solo dopo averle esaminate attentamente; a volte basta una lente di ingrandimento per riconoscere precisamente di quale pianta si tratta e a quale categoria botanica appartiene poiché tutte le piante dello stesso gruppo hanno un proprio fiore caratteristico. Salvia, rosmarino, basilico, maggiorana, timo, menta e lavanda, per esempio, seppure sono piante molto diverse tra loro, appartengono tutte alla stessa famiglia, quella delle Labiate. I loro fiori hanno cinque petali che uniti insieme formano un labbro superiore e un labbro inferiore e sono provvisti di quattro stami, due più lunghi e due più corti.
Ogni pianta si è adattata a vivere in un ambiente caratteristico dove può completare il suo ciclo vitale e quindi generare nuove piantine attraverso il seme. Affinché ciò avvenga è indispensabile che la pianta fiorisca. Tuttavia, la fioritura è strettamente legata agli stimoli provenienti dall'ambiente quali, soprattutto, luce e temperatura. Ogni pianta per indurre la fioritura predilige un'illuminazione dalla durata specifica e intervalli specifici di temperatura; di conseguenza, ogni pianta fiorisce in un periodo ben preciso dell'anno. Il periodo di fioritura è strettamente legato perciò alle condizioni ambientali che dipendono dalla latitudine, dall'altitudine o addirittura dall'esposizione. Ciò significa che nei paesi dove le temperature sono più basse, la stessa pianta fiorirà in ritardo rispetto ai paesi più caldi situati a latitudini minori. Lo stesso avviene se si confronta la fioritura di una pianta che vive in pianura con quella di un'altra della stessa specie che vive in montagna. A parità di latitudine e di altitudine, inoltre, la stessa pianta fiorirà prima se è esposta sul versante più caldo orientato a sud, mentre fiorirà più tardi se esposta sul versante più freddo orientato a nord.
Come già detto, anche la durata della luce influisce sulla fioritura: ciò significa che le piante possiedono una specie di sensore capace di misurare la durata del giorno e della notte. È come se fossero programmate per fiorire quando il giorno è più lungo o quando il giorno è più breve. Così i botanici distinguono le piante longidiurne (come il grano) che hanno bisogno di giornate lunghe e che perciò fioriscono soprattutto in estate, dalle piante brevidiurne (come il ciclamino o la primula) la cui fioritura avviene quando le giornate si accorciano.
Se confrontiamo i fiori delle piante coltivate con quelli della stessa specie che crescono spontaneamente nei prati o nei boschi, rimarremo stupiti dalla loro differenza! I fiori delle piante coltivate sono generalmente più grandi, più vistosi e hanno una molteplicità di colori. Questo perché l'uomo, attraverso ripetuti incroci tra fiori più grandi o più colorati, li ha progressivamente selezionati favorendo quelli più vistosi. Le piante coltivate e, in particolare, i loro fiori, hanno perciò un aspetto molto diverso dalle loro antenate che crescevano spontaneamente in natura. Un esempio è dato dalla rosa. Quella selvatica è molto diversa dalla rosa dalle molteplici varietà che siamo abituati a vedere dai fiorai o nei vivai. Queste ultime hanno moltissimi petali che, progressivamente durante la fioritura, si discostano gli uni dagli altri senza far vedere gli stami, a volte addirittura assenti. La riproduzione delle rose coltivate, infatti, è spesso affidata all'uomo, che spezzando e interrando un rametto genera un'altra piantina per talea.
Al contrario la rosa selvatica, il cui nome scientifico è Rosa canina, ha solo cinque petali e numerosissimi stami, fondamentali per produrre quantità elevate di polline e garantire perciò la riproduzione sessuata.
I fiori sono tra gli organi vegetali quelli che presentano la massima varietà. I fiori delle Monocotiledoni, come il giglio o il tulipano, per esempio, non hanno sepali e i petali, chiamati tepali, sono disposti sul peduncolo in gruppi di tre. I fiori delle Dicotiledoni, invece, hanno per lo più petali disposti in gruppetti di quattro o di cinque.
Oltre ai petali e ai sepali è importante fare attenzione anche alle parti maschili e a quelle femminili più interne, indispensabili per la riproduzione. Alcuni fiori, completamente privi di stami e carpelli, sono sterili. Molti altri, invece, sono ermafroditi perché possiedono sia stami sia carpelli. Altre piante, infine, hanno o solo fiori maschili perché provvisti di sepali, petali e stami o solo fiori femminili perché provvisti di sepali, petali e pistilli. Quelle che portano sullo stesso individuo sia fiori maschili sia femminili, come le querce, il castagno o le betulle, sono dette piante monoiche. Il salice e il pioppo, invece, sono dioiche perché una pianta porta solo i fiori maschili mentre un'altra solo quelli femminili. Affinché si produca il seme è quindi necessaria la presenza di due individui di sesso diverso, uno maschile e l'altro femminile, nelle immediate vicinanze.
Rispetto a quanto premesso sembrerebbe naturale concludere che i fiori ermafroditi, poiché provvisti della parte maschile e di quella femminile, cioè di stami e di carpelli, siano capaci di produrre da soli i frutti, i semi e quindi una nuova piantina. I granuli pollinici presenti nelle antere, infatti, potrebbero raggiungere facilmente lo stimma dello stesso fiore, fecondando le proprie cellule-uovo. In realtà è piuttosto raro che ciò avvenga perché all'interno di uno stesso fiore prima maturano le antere, poi matura la cellula uovo; talvolta, invece, succede il contrario. La maturazione delle cellule sessuali dello stesso fiore in tempi diversi ha favorito gli incroci tra piante diverse, la comparsa di nuovi caratteri e quindi la rapidissima evoluzione delle Angiosperme. Proprio perché l'autofecondazione non favorisce la variabilità importante per tutti gli organismi, le piante hanno adottato una strategia: il polline prodotto da un fiore non è capace di fecondare la cellula uovo situata nello stesso fiore. Solo alla fine della fioritura può avvenire la fusione delle due cellule sessuali provenienti dall'interno dello stesso fiore, poiché a questo punto l'autofecondazione è sempre preferibile all'assenza di riproduzione.