SULLO, Fiorentino.
– Nacque il 29 marzo 1921 a Paternopoli (Avellino) da Clorindo, maestro elementare, e da Giulia Emilia Calienno, casalinga, in una famiglia quindi della piccola borghesia (ma di origine operaia), con saldi principi religiosi cattolici.
Studiò prima a Castelvetere sul Calore, dove frequentò le scuole elementari e medie, e poi ad Avellino, dove seguì gli studi ginnasiali e liceali presso il convitto nazionale Pietro Colletta, distinguendosi come il miglior alunno dell’istituto e uno dei migliori d’Italia. Iscrittosi quindi alla facoltà di lettere e filosofia dell’Università di Napoli, nel gennaio del 1944 vi si laureò con il massimo dei voti, con una tesi in storia del Risorgimento. Dal 1944 al 1946 insegnò storia e filosofia negli istituti superiori. Iscrittosi quindi, di nuovo a Napoli, alla facoltà di giurisprudenza, si laureò nel marzo del 1949, con una tesi in scienze delle finanze.
Gli anni convulsi della transizione dal fascismo alla democrazia furono decisivi per la formazione politica e civile di Sullo. Dal 1936 fu dirigente diocesano e regionale dell’Azione cattolica (all’epoca Gioventù italiana di azione cattolica). Dal 1940 al 1942 fu responsabile per la provincia di Avellino della Federazione universitaria cattolica italiana (FUCI); nel corso di tale incarico fu controllato dal regime e avversato dal clero, come egli stesso scrisse al presidente nazionale della FUCI Aldo Moro, esprimendo «completo disappunto o meglio [...] scoraggiamento per la vanità di tanti sforzi» compiuti senza alcun sostegno delle autorità ecclesiastiche; Moro gli rispose raccomandandogli «grande prudenza» (lettere del 19 e del 23 novembre 1940, in Totaro, 2012, pp. 23, 52 nota 21). Questo scambio epistolare segnò l’inizio di una relazione che nei decenni successivi sarebbe diventata sempre più intensa e sarebbe rimasta caratterizzata da collaborazione e intese, ma anche da dissensi e prese di distanza.
Sullo fu mobilitato nel 1941 e venne nominato sottotenente di fanteria nel 1942; nell’estate del 1943 partecipò ai combattimenti in Sicilia. Dopo l’8 settembre 1943 visse mesi di travaglio intellettuale e politico. In quel periodo ebbe rapporti assidui con il suo conterraneo Guido Dorso, esponente del Partito d’azione, di cui condivideva l’antifascismo, la critica dello Stato liberale prefascista, la necessità della formazione di una nuova classe dirigente per risolvere la questione meridionale. Nonostante le pressioni di Dorso, nell’aprile del 1944 Sullo s’iscrisse alla Democrazia cristiana (DC) e il mese successivo ne divenne segretario provinciale. Negli anni successivi guidò il rinnovamento della DC in Irpinia, in contrasto con le vecchie élites e la gerarchia ecclesiastica. Alla vigilia del referendum istituzionale del 2 giugno 1946 si dichiarò a favore della Repubblica, anche se in questa scelta non era sostenuto apertamente dal partito. Candidato alla Costituente nella circoscrizione Salerno-Avellino, con 15.534 preferenze risultò il secondo degli eletti. Il voto alla DC nella sua circoscrizione (il 29%) fu però inferiore alle attese e alla media nazionale (il 35%), soprattutto per il successo ottenuto dalle principali liste di destra (quella liberale e quella monarchica).
All’età di venticinque anni (era il più giovane dei costituenti), Sullo assunse le funzioni di segretario nella seduta d’insediamento. Membro della I Commissione (Affari politici interni e generali), intervenne nel dibattito sull’istituzione delle Regioni, sostenendo che esse avrebbero favorito una «rivoluzione senza sangue» nel rinnovamento della politica e costituito il «banco di prova» della nuova classe dirigente, chiamata a misurarsi con leggi, bilanci, procedure per il governo del Mezzogiorno (Camera dei deputati, Portale storico, Assemblea costituente, 27 maggio 1947, pp. 4257-4263, in partic. pp. 4259 s.). Fu nominato membro del Comitato permanente per il Mezzogiorno della DC, sorto nel 1947.
Venne eletto alla Camera nel 1948 (nella sua circoscrizione, ora la Benevento-Salerno-Avellino, la DC sfiorò il 50% dei voti); con 49.473 preferenze, triplicò la propria base elettorale personale. Nonostante il successo ottenuto in quelle elezioni, Sullo e gli altri dirigenti progressisti della DC irpina si convinsero che per acquisire ulteriori posizioni di forza nel partito e nella circoscrizione era necessaria una nuova strategia politica. Sullo lasciò quindi la carica di segretario provinciale della DC e s’impegnò a livello locale per riorganizzare e guidare enti e istituzioni, il che gli permise di rinsaldare i rapporti con il territorio e con il suo elettorato, di avviare un piano di interventi in grado di intercettare le risorse pubbliche per attivare acquedotti, fognature, bonifiche, trasporti, scuole. I risultati ottenuti in quei settori, in particolare alla guida del Consorzio idrico interprovinciale dell’alto Calore (1948-54), gli diedero grande visibilità e consenso elettorale. La sua ascesa politica e il radicamento nella circoscrizione si avvalsero, oltre che dell’appoggio della Chiesa e dell’Azione cattolica, della consolidata capacità di mediazione tra politica e società, di risposta agli interessi spesso frammentati dei diversi gruppi sociali, di canalizzazione della spesa pubblica, in specie della Cassa per il Mezzogiorno.
Venne rieletto deputato nel 1953, con una significativa affermazione personale. Infatti, se nella circoscrizione Benevento-Salerno-Avellino vi fu quell’anno un forte calo della DC (circa il 13%, dal 49,8 al 37,5, a favore soprattutto della destra monarchica), nella ‘roccaforte’ di Sullo, la provincia di Avellino, questo fu molto minore (circa il 6%, dal 46,5 al 40,4); e, soprattutto, Sullo aumentò i suoi già numerosi voti di preferenza (arrivando a 58.199), ampliando così la propria base elettorale personale. Il suo prestigio politico quindi crebbe, e a quel punto egli fu in grado di proiettarsi nell’agone politico nazionale.
Per molti anni deputato, consigliere nazionale della DC e leader della sua ala sinistra, uomo di governo in ministeri chiave, Sullo ebbe una non comune capacità progettuale e operativa e seppe cogliere le emergenze sociali ed economiche dei diversi periodi in cui operò. Negli anni Quaranta e Cinquanta guidò l’inserimento di una provincia arretrata, monarchica e conservatrice del Sud in un processo di modernizzazione politica, economica e sociale, emarginando il vecchio notabilato conservatore. In seguito, negli anni del miracolo economico, fu interprete lucido e inquieto degli squilibri sociali e territoriali che l’impetuoso sviluppo stava innescando nel Paese, fautore di un allargamento della democrazia tramite l’apertura ai socialisti, della programmazione economica e della pianificazione urbanistica, dell’attuazione delle Regioni a statuto ordinario. Dalla fine degli anni Sessanta, di fronte allo scoppio della contestazione giovanile e della conflittualità sociale, comprese la tendenza al protagonismo dei giovani e le istanze di ‘democrazia sostanziale’ che essi esprimevano, come la scolarizzazione di massa e il rinnovamento della politica (F. Sullo, Lettera agli elettori per le politiche 1972, in Archivio storico dell’Istituto Luigi Sturzo, Roma, fondo Democrazia cristiana, Segreteria politica, sc. 187, f. 8). Si rese conto del fatto che il conflitto intergenerazionale attraversava tutti i partiti e che non erano più rinviabili provvedimenti come il varo di riforme della scuola, dell’università e del servizio militare, o l’abbassamento della maggiore età al fine di estendere il diritto di voto. Inoltre, la crisi industriale in atto richiedeva investimenti nella ricerca scientifica e tecnologica, per produrre brevetti. Su quelle direttrici si esplicò il suo riformismo graduale e incisivo, sfociato spesso in provvedimenti legislativi, esito finale di un rapporto tra tecnica e politica e di una mediazione possibile tra interessi contrapposti.
Tra il febbraio del 1954 e il luglio del 1958 svolse i suoi primi incarichi di governo: fu sottosegretario alla Difesa (nel I governo Scelba) e poi all’Industria e Commercio con delega all’artigianato (nei governi Segni e Zoli). In questo secondo ruolo, che svolse per quasi tre anni, portò avanti una difficile e complessa trattativa per il varo della legge sulla disciplina giuridica delle imprese artigiane (richiesta da tempo dal composito mondo dell’artigianato), ridimensionando così l’influenza della Confindustria.
Esponente di rilievo, come detto, dell’ala sinistra della DC, ne divenne il leader nazionale nel 1956, dopo la morte di Ezio Vanoni. Fu riconfermato deputato nel 1958 (in tutta la circoscrizione fu il candidato più votato – con ben 90.859 preferenze – e la DC risalì, con il 46,2%, quasi al livello del 1948).
Nel VII Congresso nazionale della DC (Firenze, 23-28 ottobre 1959), che confermò Moro come segretario del partito – ruolo già sancito, nonostante l’opposizione dei fanfaniani e delle sinistre, nella riunione del Consiglio nazionale che si era svolta tra il 15 e il 18 marzo alla Domus Mariae di Roma –, Sullo, a nome della corrente Sinistra di base, rilanciò la proposta di collaborazione con i socialisti e la necessità della programmazione statale in economia. Dopo il congresso non entrò nel Consiglio nazionale, ma fu nominato nella Direzione unitaria del partito, fortemente voluta da Moro, il quale avrebbe in seguito effettuato una graduale apertura a sinistra, senza compromettere la centralità della DC nel sistema politico né l’unità interna.
Sullo fu sottosegretario alle Partecipazioni statali nel II governo Fanfani, dal luglio del 1958 al febbraio del 1959. Venne confermato in tale incarico nel II governo Segni, insediatosi il 16 febbraio, ma si dimise dopo una settimana perché non condivideva la svolta a destra della DC che si andava delineando. Venne nominato per la prima volta ministro (ai Trasporti) il 25 marzo 1960, a soli 39 anni, nel governo Tambroni; tuttavia, come aveva fatto l’anno precedente, si dimise dopo pochi giorni – insieme agli altri due esponenti della sinistra democristiana, Giulio Pastore e Giorgio Bo – a causa dell’appoggio determinante dei deputati dell’estrema destra (il Movimento sociale italiano) al monocolore Tambroni.
Lunga e incisiva fu invece la sua attività come ministro del Lavoro e della Previdenza sociale (dal luglio del 1960 al febbraio del 1962, nel III governo Fanfani) e poi dei Lavori pubblici (dal febbraio del 1962 al dicembre del 1963, nel IV governo Fanfani e nel I governo Leone). In quei tre anni e mezzo di febbrile attività legislativa avviò una serie di riforme.
Come ministro del Lavoro – convinto com’era che il suo dovesse essere prima di tutto un ministero ‘politico’, di difesa del mondo del lavoro in Italia e all’estero, e che le ‘prime armi’ da utilizzare a tale scopo fossero i rapporti di collaborazione con i sindacati (Atti parlamentari, Camera dei Deputati, III legislatura, Discussioni, 4 ottobre 1960, p. 17045) – fin dal suo insediamento indicò i tre campi d’intervento della sua azione: i rapporti di lavoro (contratti collettivi, diritto di sciopero, disciplina delle commissioni interne); la sicurezza sociale (sanità, pensioni, assegni familiari); la formazione professionale dei lavoratori. A tal fine riorganizzò il ministero, avvalendosi della collaborazione di tecnici ed esperti. Varò numerosi provvedimenti per garantire i minimi di trattamento economico e normativo ai lavoratori, per modificare le norme sugli assegni familiari e sulla gestione della Cassa integrazione guadagni degli operai dell’industria, per avviare la revisione dell’assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro, per la tutela e la disciplina del lavoro femminile. S’impegnò per la tutela della libertà sindacale nelle fabbriche e per la disciplina dei conflitti di lavoro.
Nel 1961 sposò Viretta De Laurentiis – appartenente a una ricca famiglia della borghesia professionale, originaria di Torella dei Lombardi nell’Alta Irpinia – da cui avrebbe avuto una figlia, Marcella.
Quando fu varato il IV governo Fanfani, Sullo chiese per sé la riconferma al ministero del Lavoro, ma, non essendo gradito alla Confindustria, dovette passare ai Lavori pubblici, dove avviò una serie di interventi per il governo del territorio nel quadro di un rapporto organico tra programmazione economica e pianificazione urbanistica. Riuscì a varare una serie di provvedimenti: il riordinamento strutturale dell’ANAS (Azienda Nazionale Autonoma delle Strade) e la revisione dei relativi ruoli organici; il Piano regolatore generale degli acquedotti; la liquidazione del patrimonio edilizio della Gestione INA-Casa – il piano di intervento dello Stato per realizzare edilizia residenziale pubblica, tramite fondi amministrati dalla citata organizzazione presso l’Istituto nazionale delle assicurazioni – e l’istituzione di un programma decennale di costruzione di alloggi per lavoratori, in attesa dell’approvazione della legge sui suoli da lui presentata. Ma quest’ultimo disegno di legge avrebbe subito nel 1963 una dolorosa battuta d’arresto, tanto clamorosa da legare in maniera quasi esclusiva l’intensa e ampia attività governativa di Sullo a quello che egli stesso avrebbe in seguito chiamato lo «scandalo urbanistico», in un libro (Lo scandalo urbanistico: storia di un progetto di legge, Firenze 1964) scritto dopo la conclusione della vicenda, da lui definita «assurda» (p. 16).
Nel marzo del 1962 Sullo confermò la commissione di esperti che era stata nominata dal suo predecessore Benigno Zaccagnini, ma agli urbanisti già presenti affiancò giuristi, sociologi e funzionari ministeriali, con il mandato di regolamentare il regime di edificabilità dei suoli per evitare la crescita caotica e speculativa delle città e per definire la legge quadro in vista dell’attuazione delle Regioni a statuto ordinario. In luglio fu presentata la proposta di una nuova disciplina urbanistica, che ridisegnava radicalmente il regime dei suoli, con la sostanziale separazione tra la proprietà delle aree, che rimaneva in mano pubblica, e il diritto di edificare su di esse. Nel Paese si sviluppò allora una durissima opposizione, che coagulò forze sociali ed economiche eterogenee (costruttori, grandi e piccoli proprietari fondiari, inquilini); essa fu amplificata da una violentissima campagna di stampa, alimentata dalla destra economica e politica, che sperimentò con efficacia la ‘macchina del fango’, insinuandosi nella stessa vita privata del ministro. Sia il presidente del Consiglio, Amintore Fanfani, sia il segretario della DC, Moro, presero tempo prima di discutere il disegno di legge nel Consiglio dei ministri, chiedendo preventivamente il parere del principale organo consultivo delle istituzioni, il CNEL (Consiglio Nazionale dell’Economia e del Lavoro), che arrivò solo a ridosso delle elezioni politiche, fissate per il 28 aprile 1963. Il colpo finale fu dato dalla stessa segreteria della DC, che il 13 aprile, cioè a due settimane dalle elezioni, fece pubblicare sul quotidiano del partito, Il Popolo, una nota non firmata (Precisazione della DC sullo schema di legislazione urbanistica) in cui si sconfessava di fatto Sullo, poiché si dichiarava che «nello schema non è in alcun modo impegnata la responsabilità della Democrazia cristiana» e si richiamava «il senso di prudenza» necessario nell’esame di quei progetti (Lo scandalo urbanistico, cit., pp. 459 s.). La mancata legge urbanistica indicò chiaramente gli ostacoli per il governo del territorio e, più in generale, per la modernizzazione dell’Italia repubblicana: il peso del ‘blocco edilizio’, il ritardo delle culture politiche prevalenti nel centro-sinistra e, probabilmente, la radicalità dello stesso riformismo di Sullo e dei suoi tecnici.
Dopo le elezioni del 1963 Sullo fu riconfermato ai Lavori pubblici, come detto, nel I governo Leone, ma la riforma da lui promossa segnò il passo.
Disegni di legge per una nuova riforma urbanistica sarebbero stati ripresentati, senza successo, nei successivi governi di centro-sinistra; soltanto nel 1967 sarebbe stata varata la ‘legge ponte’ n. 765, in attesa di una legislazione urbanistica generale. La mancata riforma Sullo, quindi, non solo ha segnato una svolta essenziale nel fallimento del riformismo di quegli anni, ma ha anche favorito fino a oggi una rilevante appropriazione privata della ricchezza nazionale prodotta dalla rendita urbana.
Sullo continuò a lavorare intensamente all’interno del partito per la formazione del centro-sinistra, anche se poi non fu chiamato a far parte dei governi organici con i socialisti, guidati da Moro. Sostenne con convinzione l’opportunità di un’azione unitaria all’interno del partito per guidare la nuova fase politica «in posizioni dinamiche e di concorrenza competitiva», come aveva affermato già nel 1957 (Speranze, in Politica, 1° agosto). Proprio sulla linea di unità del partito e di esaurimento della funzione politica svolta dalla sinistra, avvenne lo strappo di Sullo con la sua corrente (Sinistra di base) nel 1964, anche se già da qualche anno i rapporti, in particolare con Ciriaco De Mita, erano diventati difficili. Sullo aderì alla corrente di Impegno democratico, che sosteneva la linea di Moro e del nuovo segretario Mariano Rumor; fu riconfermato come membro del Consiglio nazionale nel 1964 e nel 1967. Privo di incarichi di governo, si dedicò all’attività parlamentare e alla direzione (dall’aprile del 1967 al febbraio del 1969) del quotidiano romano La Discussione, vicino alle posizioni della DC.
Nelle elezioni politiche del 1963 e in quelle del 1968, Sullo vide confermate le vaste dimensioni della sua base elettorale (nella sua circoscrizione la DC, con rispettivamente il 42,4% e il 43,3% dei voti, raggiunse quasi il livello del 1958). Tuttavia la sua leadership, prima indiscussa, era ormai apertamente criticata e osteggiata dalla sinistra giovanile e dall’emergente De Mita, che gli tolse potere e spazio.
Nel dicembre del 1968, nel clima infuocato della contestazione giovanile, fu nominato ministro della Pubblica Istruzione nel I governo Rumor. Dopo poche settimane presentò un disegno di legge che modificava le norme per l’attribuzione dell’assegno di studio universitario. Liberalizzò l’accesso alle facoltà anche ai diplomati degli istituti magistrali, abolendo il concorso di ammissione. Riordinò gli esami di Stato di maturità, di abilitazione e di licenza della scuola media. Favorì l’iter parlamentare della proposta di legge di riforma universitaria, nota come legge Codignola, che sarebbe stata poi approvata l’11 dicembre 1969 (n. 910) e che avrebbe segnato la nascita dell’università di massa.
Nella sua circoscrizione era ormai in atto lo scontro aperto con De Mita; Sullo chiese il rinvio del congresso provinciale di Avellino, ma l’allora segretario nazionale della DC, Flaminio Piccoli, rifiutò. Amareggiato anche per lo scarso sostegno del partito alla sua politica universitaria, non esitò a dimettersi da ministro, nel febbraio del 1969, dopo soli due mesi e mezzo dalla nomina. All’XI Congresso nazionale (Roma, 27-30 giugno 1969), Sullo, con la sua corrente Nuova sinistra, raccolse voti sufficienti per entrare nel Consiglio nazionale; in quel congresso venne eletto segretario Arnaldo Forlani, con De Mita vicesegretario.
Sullo ricoprì i suoi ultimi incarichi ministeriali nel I e nel II governo Andreotti (dal febbraio del 1972 al luglio del 1973), nei quali fu ministro senza portafoglio, rispettivamente per il coordinamento della ricerca scientifica e tecnologica e per l’attuazione delle Regioni a statuto ordinario.
In quegli anni cominciò il declino della sua carriera politica. I rapporti con Fanfani – rieletto segretario dopo il XII Congresso (Roma, 6-10 giugno 1973), anche con il sostegno della corrente capeggiata da Sullo – si deteriorarono nei primi mesi del 1974, quando iniziò la battaglia propagandistica in vista del referendum popolare (fissato per il mese di maggio) sulla legge che aveva istituito il divorzio: Sullo, al contrario di Fanfani e della grande maggioranza della DC, era contrario all’abrogazione della legge. Dopo trent’anni di militanza attiva nella DC, l’abbandonò nel marzo del 1974.
S’iscrisse al gruppo misto della Camera, e in giugno aderì al Partito socialdemocratico italiano (PSDI). Ormai lontano e deluso dalla sua Avellino, nelle elezioni amministrative del 1975 fu eletto da indipendente nelle liste del PSDI per il Comune di Salerno. Nel 1976, per la prima volta non si candidò alle politiche; ritornò alla Camera nel giugno del 1979 nelle liste del PSDI, e presiedette per due anni (fino al luglio del 1981) la Commissione Lavori pubblici. Il richiamo della DC lo spinse a lasciare il PSDI e, dopo l’adesione per alcuni mesi al gruppo misto, a rientrare nel suo partito di origine nell’agosto del 1982. Superato il periodo traumatico successivo al delitto Moro (1978), nella DC si erano delineati nuovi rapporti politici, che avevano visto infine l’ascesa di De Mita alla segreteria nel maggio del 1982. Nonostante l’antica rivalità con De Mita e il conflitto con lui aperto anche a livello locale, Sullo accettò la sfida del rientro. Nelle file della DC si ricandidò nella sua circoscrizione per le politiche del 1983, e per la nona e ultima volta fu eletto alla Camera. Completò la legislatura nel luglio del 1987, quando il Parlamento fu sciolto anticipatamente. Da allora, deluso e isolato, anche per i ripetuti attacchi alla sua vita privata, si ritirò dalla politica attiva. Mantenne il suo impegno come consigliere di Stato, svolto fin dal 1978.
Debilitato dal diabete, morì a Salerno il 3 luglio 2000.
Fonti e Bibl.: Roma, Archivio centrale dello Stato, Ministero della Pubblica Istruzione, Gabinetto, Affari generali, b. 30, f. 71; Gabinetto Sullo 1968-1969, b. 10, f. 328, b. 11, ff. 362, 372; Ministero del Lavoro e della Previdenza sociale, Ufficio legislativo 1948-1996, bb. 217, 151; Archivio storico dell’Istituto Luigi Sturzo: Fondo Democrazia cristiana, Segreteria politica, sc. 187, f. 8; Fondo Consiglio nazionale, 1958, sc. 29, ff. 51-52, 1959, sc. 30, f. 53, 1962, sc. 46, f. 67, 1963, sc. 48, f. 70. La biblioteca personale di Sullo è presso la Biblioteca provinciale di Avellino. La Fondazione Sullo custodisce le sue memorie, inedite e in attesa di pubblicazione; ne sono comparsi alcuni stralci in Totaro, 2012 , cap. Documenti, sez. Dalle memorie inedite di Fiorentino Sullo, pp. 365-374.
G. Rotondi, Viva S.: ascesa e declino, trionfi e tonfi di un leader che la DC non capì, in I quaderni de La discussione, 2000, monografico; P. Totaro, Modernizzazione e potere locale: l’azione politica di F. S. in Irpinia, 1943-1958, Napoli 2012, http:// www.cliopress.unina.it/totaro% 202012/totaro %202012.pdf (27 gennaio 2019); di qualche utilità (sebbene di taglio cronachistico-elogiativo e non privo di inesattezze) può essere N. Lanzetta, F. S.: una biografia politica, Avellino 2010, http://www. ildialogo.org/NotizieIrpinia/personaggi/fiorentinosullo13022007.htm (27 gennaio 2019). Sull’attività parlamentare di Sullo si vedano: P. Esposito, F. S., in Il Parlamento italiano, 1861-1988, XIX, 1964-1968. Il centro sinistra: la stagione di Moro e di Nenni, Milano 1992, pp. 118-121; Camera dei deputati, Portale storico, Fiorentino Sullo, http:// storia.camera.it/deputato/fiorentino-sullo-19210 329#nav. Sulla sua attività al ministero del Lavoro, generalmente poco studiata, si veda M. Magnani, Alla ricerca di regole nelle relazioni industriali: breve storia di due fallimenti, in Storia del capitalismo italiano dal dopoguerra a oggi, a cura di F. Barca, Roma 1997, pp. 501-544 (in partic. pp. 526-530). Sulla mancata legge urbanistica del 1963 si vedano (oltre al già citato libro di Sullo del 1964): Storia dell’Italia repubblicana, a cura di F. Barbagallo, II, La trasformazione dell’Italia: sviluppo e squilibri, 1, Politica, economia, società, Torino 1995 (in partic. G. Dematteis, Le trasformazioni territoriali e ambientali, pp. 639-709, in partic. pp. 668 s.; C. Trigilia, Dinamismo privato e disordine pubblico: politica, economia e società locali, pp. 711-777, in partic. pp. 723 s., 796 nota 30); A. Becchi, La legge S. sui suoli, in Meridiana, III (1997), 29, pp. 107-134; F. Oliva, L’uso del suolo: scarsità indotta e rendita, in Storia del capitalismo italiano dal dopoguerra a oggi, a cura di F. Barca, Roma 1997, pp. 545-578 (in partic. pp. 554-556, 558 s.); Lo scandalo urbanistico 50 anni dopo: sguardi e orizzonti sulla proposta di riforma di F. S., a cura di I. Blečić, Milano 2017. Notizie su Sullo sono reperibili anche in: Atti e documenti della Democrazia cristiana, 1943-1967, a cura di A. Damilano, I-II, Roma 1967-1968, ad ind.; G. Baget Bozzo, Il partito cristiano e l’apertura a sinistra: la DC di Fanfani e di Moro, 1954-1962, Firenze 1977, ad ind.; P. Scoppola, La repubblica dei partiti: profilo storico della democrazia in Italia (1945-1990), Bologna 1991, pp. 356-380; P. Castellani, La Democrazia cristiana dal centro-sinistra al delitto Moro (1962-1978), in Storia della Democrazia cristiana, a cura di F. Malgeri, IV, Dal centro sinistra agli ‘anni di piombo’ (1962-1978), Roma 1992, pp. 3-116 (in partic. pp. 12, 19, 29, 47, 52, 55, 71); F. Malgeri, La stagione del centrismo: politica e società nell’Italia del secondo dopoguerra (1945-1960), Soveria Mannelli 2002, ad ind.; G. Crainz, Il Paese mancato: dal miracolo economico agli anni Ottanta, Roma 2005, ad ind.; A. Fanfani, Diari, II-IV (1949-1963), Soveria Mannelli 2012, ad ind.; P. Totaro, Ricostruire ‘Iniziativa democratica’? La DC dalla Domus Mariae al Congresso di Firenze, in Studi storici, 2014, n. 4, pp. 819-857 (in partic. p. 855 nota 84); A.P. Paladini, Confartigianato: dalle origini al consolidamento democratico (1946-1958), Milano 2016, pp. 165, 167-169, 178 s.