Firenze
Negli anni dell'infanzia e della minore età di Federico II, la città di Firenze assestava la sua organizzazione comunale secondo linee del tutto analoghe a quelle delle altre città maggiori di Toscana e di gran parte d'Italia: con un vertice di governo rappresentato dal podestà (del 1193 la prima attestazione) e un consiglio cittadino composto da alcune decine di capifamiglia per lo più di estrazione aristocratica; importanti a Firenze erano sin da quest'epoca le corporazioni (arti), in particolare quelle della lana e del cambio, le cui autorità di vertice (capitudini) partecipavano alle sessioni consiliari e ai principali atti di governo. Ma il giuoco effettivo della politica passava attraverso clan familiari di volta in volta contrapposti e variamente capaci di coagulare gruppi di cittadini, e dagli inizi del Duecento orientati in maniera tra loro antagonistica sulle grandi opzioni dei conflitti politici europei. Così un atteggiamento formalmente fedele a Ottone IV e di contemporanea ostilità agli Svevi, espresso dalla maggioranza dello schieramento dirigente negli anni 1213 e 1214, andò di pari passo con forti tendenze filoromane di altre componenti della politica cittadina e soprattutto con una tensione tra clan familiari sfociata nella prima divisione guelfo-ghibellina, che la tradizione cittadina ascriverà, all'anno 1216, a una faida per una rottura di fidanzamento e al ruolo assunto da una famiglia potente, quella degli Uberti, nel capeggiare la tendenza favorevole agli Svevi, quindi a Federico II e allo schieramento imperiale.
All'incoronazione romana di Federico, nel 1220, accorsero numerosi cavalieri fiorentini, accampati alle porte della città e protagonisti di uno scontro armato con i cavalieri pisani presenti per la medesima circostanza. L'antagonismo tra Firenze e Pisa sarebbe stato una costante negli schieramenti politici di Toscana, e ad esso si collegò l'altro antagonismo fondamentale, quello con Siena, risalente nel tempo e che si era acquietato solo per un breve periodo agli inizi del secolo, quando le due città maggiori della Toscana interna si erano lasciate mano libera per la sottomissione, rispettivamente, di Semifonte (che i fiorentini distrussero) e di Montalcino. Un'altra cittadina minore, Poggibonsi, avrebbe giuocato un ruolo importante nel determinare l'ostilità fiorentino-senese: nello sforzo teso a sottrarsi a un'eccessiva preminenza fiorentina, i poggibonsesi si appoggiarono sempre più apertamente al comune di Siena e contrastarono l'espansione di Firenze sul versante meridionale e valdelsano del territorio. In questa politica ebbero anche il sostegno imperiale, ciò che non impedì un'importante vittoria dello schieramento fiorentino nel luglio del 1221, a Castel del Bosco.
Questa battaglia inaugurò la fase vittoriosa dell'espansione territoriale ed egemonica fiorentina negli anni Venti, culminata nella guerra contro Pistoia (1228) e nella strategica alleanza con Montepulciano, dove la politica fiorentina si imperniò sull'appoggio alla parte popolare contro i milites dell'importante castello. L'appoggio di Siena a questi milites fuorusciti fu il preludio a una guerra di ampia dimensione, che vide Firenze alleata con Orvieto e con il comune popolare di Montepulciano contro Siena e si protrasse per sei anni, dal 1229 alla pace stipulata, in senso favorevole a Firenze, nel giugno del 1235 a Poggibonsi. Per la seconda volta non aveva giovato il sostegno imperiale pesantemente espresso nel corso della guerra, come quando nel giugno del 1231 il legato Geboardo di Arnstein aveva pronunziato il bando contro il comune di Montepulciano e il suo podestà, il fiorentino Ranieri Zinghini, o come quando nel settembre del 1232 lo stesso imperatore, da Melfi, aveva ammonito il podestà, il consiglio e il comune di Firenze a desistere dalle ostilità armate contro i senesi.
Sarebbero state le vittorie federiciane nell'Italia del Nord (soprattutto il trionfo di Cortenuova del 27 novembre 1237) a far inclinare i fiorentini verso un avvicinamento all'imperatore, sancito dall'accordo stipulato nel giugno del 1238 con Geboardo di Arnstein. Come sempre, non si trattava di un unanime atteggiamento del ceto dirigente comunale ma del risultato di una lotta interna, che vedeva adesso un temporaneo prevalere dei clan familiari antiguelfi e che si sarebbe inasprita a mano a mano che si inaspriva il conflitto di più ampio respiro, con la scomunica dell'imperatore pronunziata da papa Gregorio IX la domenica delle Palme del 1239. Così la preminenza imperiale in Toscana, avviata dall'estate 1239 con l'autorità di re Enzo e del capitano generale Pandolfo di Fasanella, e la sostanziale fedeltà fiorentina all'Impero dagli inizi degli anni Quaranta si intrecciarono con ricorrenti conflitti interni alla città (di particolare acutezza quello tra il clan dei guelfi Adimari e quello dei ghibellini Bonfanti nel 1242). Una svolta fu rappresentata verso la metà di quel decennio dalla questione della presenza ereticale in Firenze, dagli interventi dei Frati predicatori e dall'istanza dei loro inquisitori per la repressione dei 'paterini' e di altri tacciati di eresia; a un atteggiamento ambiguo del podestà Bernardo Orlando Rossi da Parma, persona di fiducia di Federico II ma anche strettamente legato per vincoli familiari e poi per opportunismo politico a papa Innocenzo IV, seguì nel 1245 la più netta posizione del podestà bergamasco Pace Pesamigola, fermo aderente della parte imperiale e renitente a eseguire le sentenze contro gli eretici fiorentini. D'altronde in questo stesso torno di tempo si era manifestata di nuovo, dopo una breve fase di acquietamento diplomatico, una conflittualità irriducibile tra Sede Apostolica e vertice imperiale, con la sentenza di deposizione di Federico II pronunziata da Innocenzo IV nel luglio del 1245. La posizione imperiale in Firenze appariva solida anche nella nuova enorme tensione e pochi giorni dopo quella sentenza di deposizione le autorità fiorentine confermavano patti di alleanza con l'imperiale Siena, in un quadro di pacificazione tra città toscane sotto l'egida di Federico II e dei suoi legati, vicari e capitani (uno dei documenti fiorentino-senesi di questa congiuntura, del 20 agosto del 1245, costituisce tra l'altro un testo molto importante perché permette di conoscere la composizione familiare e istituzionale del ceto dirigente fiorentino).
Nondimeno, di fronte all'accentuarsi dell'iniziativa papale e alla sua ricaduta nel determinare i conflitti interni in Firenze, e forte della conquista di Grosseto e della contea aldobrandesca, Federico II assunse l'iniziativa di un più ravvicinato controllo. Ambasciatori furono inviati a Firenze per sollecitare l'affidamento all'imperatore della composizione delle liti cittadine e della nomina del prossimo podestà. Dopo una sofferta approvazione dell'istanza imperiale nel consiglio cittadino, Federico poté procedere, nel febbraio del 1246, alla nomina di un suo figlio, Federico d'Antiochia, a podestà di Firenze e vicario generale della Toscana. Lo schieramento guelfo non tardò a organizzare una sollevazione, l'anno seguente, ma la preponderanza imperiale fu ristabilita in tempi altrettanto veloci: spostatosi in un primo tempo su Prato, dove fece confluire forze militari e maestranze diverse, Federico d'Antiochia entrò in Firenze alla fine di gennaio del 1248 e poté imporre la cacciata dei guelfi e la distruzione delle loro case. Diffusi nelle città e nei castelli di Toscana, in particolare nel castello di Capraia che sarebbe stato espugnato da Federico d'Antiochia nel maggio del 1249, i guelfi ripresero vigore in seguito alle sfortune delle forze imperiali a Parma (1248) e Fossalta (1249), e ancor più quando si diffuse la notizia della morte di Federico II. Di pochissimo tempo successiva a questa fu una restaurazione guelfa in Firenze che si espresse anche in una rinnovata costituzione cittadina, celebrata nella tradizione come il 'Primo Popolo', in realtà esito di un lungo e tortuoso processo di elaborazione politica teso a instaurare un ordine che in qualche modo potesse disinnescare il governo comunale dall'endemico antagonismo delle famiglie.
fonti e bibliografia
Il riferimento fondamentale è ancora oggi R. Davidsohn, Geschichte von Florenz, I-IV, Berlin 1896-1927 (trad. it. Storia di Firenze, I-VIII, Firenze 1972-1973), in particolare il vol. II, 1, del 1908, da integrare con Id., Forschungen zur älteren Geschichte von Florenz, I-IV, Berlin 1896-1908 (riprod. anast. Torino 1964).
Per la struttura politica, amministrativa e giudiziaria interna v. il profilo di D. De Rosa, Alle origini della Repubblica fiorentina. Dai consoli al 'Primo Popolo' (1172-1260), Firenze 1995.
Sul vertice di governo: A. Zorzi, I rettori di Firenze. Reclutamento, flussi, scambi (1193-1313), in I podestà dell'Italia comunale, I, Reclutamento e circolazione degli ufficiali forestieri (fine XII sec.-metà XIV sec.), a cura di J.-C. Maire Vigueur, I, Roma 2000, pp. 453-594.