fischio
Attestato solo in Pd XXV 135 li remi, pria ne l'acqua ripercossi, / tutti si posano al sonar d'un fischio, il termine trova ampia esegesi in Benvenuto: " est enim sciendum, sicut aliquando vidi, quod patronus galeae, quando vult remiges cessare a ductu remorum, vel ad quiescendum, vel ad vitandum aliquod periculum imminens, facit unum sibilum, ad quem subito omnes quiescunt; nec est rex vel dux in mundo, cui tam citus pareatur a suis, sicut tali patrono paretur a navigantibus ".
Trattasi quindi del " sibilum " o " signum " con cui l'" hortator " o il " patronus " impartivano ordini alla ciurma, secondo un uso ancor vivo oggi, e di cui troviamo vestigia in un poeta vicino alla cultura dantesca, Stazio, che nella Tebaide scrive: " sic... per litora ponti / nauticus in remis iuvenum monstrante magistro / fit sonus " (IV 806 ss.), e " sic ubi longa vagos lassarunt aequora nautas / et signum de puppe datum posuere parumper / bracchia: vix requies, iam vox citat altera remos " (VI 799 ss.). Il rinvenimento di questa matrice classica, confermata da una lunga tradizione esegetica (da Scartazzini a Sapegno) rende difficilmente accettabile l'ipotesi del Torraca, propenso a identificare nel f. il fischietto che lo produce, con l'appoggio della chiosa del Buti: " quando lo comito suona lo fischio, tutti li remi, ripercossi prima nell'acqua più volte si posano ".