FISICA COSMICA
Si potrebbe definire come ''fisica cosmica'' il settore della conoscenza che si occupa della struttura e dei fenomeni presenti nello spazio esterno alla Terra, da quello più vicino e direttamente influenzato dal nostro pianeta a quello più lontano fino ai limiti del percettibile, con particolare riguardo alle proprietà d'insieme dell'Universo (cosmo). In pratica questo settore, evidentemente troppo generale, è suddiviso in una serie di campi a sé stanti come scienze autonome: fisica solare; planetologia e studio del sistema solare; astronomia e astrofisica riferite specificamente allo studio dei corpi celesti; cosmologia come studio della natura e dell'evoluzione dell'Universo (per questi argomenti v. in particolare astrofisica, App. IV, i, p. 182; pianeti, App. IV, ii, p. 788; solare, sistema, App. III, ii, p. 765; sole, App. IV, iii, p. 367; spaziale, fisica, App. IV, iii, p. 386). Con l'espressione f.c. intendiamo convenzionalmente, in questo contesto, l'insieme degli argomenti che sviluppano i capitoli sovrammenzionati, o per tradizione consolidata o per l'esistenza di una fase transitoria, come si è verificato per le astronomie cosiddette spaziali (l'astronomia X e, più marcatamente, l'astronomia gamma) in attesa di un assestamento e sistematizzazione più definiti
Con un cero margine di arbitrarietà, come f.c. possiamo intendere allora lo studio di: campi e materia nello spazio interplanetario, vento solare; campi e materia nello spazio interstellare e intergalattico; la radiazione cosmica; le astronomie spaziali: astronomia X e gamma; la neutrino astronomia; le onde gravitazionali
Lo spazio interplanetario. - È lo spazio del sistema solare al di là dell'atmosfera dei pianeti, in cui i pianeti stessi svolgono la loro traiettoria; le proprietà di questo spazio sono state investigate direttamente con sonde spaziali aventi come obiettivo l'esplorazione ravvicinata dei vari pianeti. D'importanza particolare sono state: le missioni Helios I e II che hanno esplorato la parte più interna del sistema solare fino a 0,3 Unità Astronomiche dal Sole (1 U.A. = distanza media Terra-Sole ≃ 150.000.000 km ≃ 8 minuti-luce); Pioneer 10 e 11, lanciati nel 1972/73 e che nel 1983 hanno raggiunto i confini esterni del sistema solare; Voyager 1 e 2 lanciati nel 1977, aventi per meta Giove (1979), Saturno (1980/81), Urano (1986), Nettuno (1989). Voyager 2, sorpassata l'orbita di Plutone, continuerà a trasmettere dati per un'altra ventina di anni sullo stato del mezzo oltre i confini del sistema planetario. Missioni dirette all'esplorazione in loco di Marte sono previste nei prossimi anni.
Costituenti del mezzo interplanetario. - I costituenti del mezzo interplanetario possono essere indicati come segue.
La polvere interplanetaria: l'esistenza di polvere nello spazio interplanetario è rivelata dalla luce zodiacale, visibile subito dopo il tramonto del Sole, interpretata come luce solare diffusa da polvere orbitante attorno al Sole nel piano dell'eclittica; la densità delle particelle diminuisce radialmente con una potenza −1,3 della distanza dal Sole. Le particelle hanno una dimensione compresa tra 1 mm e 0,1 μm e massa tra 10−3 g e 10−16 g; il loro flusso è dell'ordine di 10−5/m2s (all'orbita della Terra) per masse dell'ordine di 10−10 g. La maggior parte (∼ 90%) viene incontro alla Terra, nella sua direzione di moto, con una velocità di 20-30 km/s. L'origine di questa polvere è attribuita all'evaporazione delle comete nel loro passaggio al perielio.
Il gas interplanetario: nelle vicinanze del Sole esiste un tenue gas neutro di origine interstellare (∼ 0,1 molecole/cm3), che non raggiunge la parte più interna del sistema solare perché viene ionizzato dai fotoni ultravioletti del Sole e quindi accelerato e trascinato dal campo elettrico associato con il vento solare.
Vento solare. Eliosfera: lo spazio interplanetario è permeato dal plasma che fluisce dal Sole a velocità supersonica: il vento solare (v.s.); la densità è così bassa da rendere poco probabili le collisioni tra gli atomi ionizzati che lo costituiscono. L'eliosfera è la regione dello spazio in cui il plasma di origine solare predomina su quello interstellare, simile a una grande magnetosfera delimitata da un'onda d'urto. L'eliosfera ha forma di goccia schiacciata ai poli solari con dimensioni di circa 50 U.A. nella direzione del moto del Sole e di almeno 100 U.A. nella direzione opposta. Il v.s. corrisponde a una perdita di massa da parte del Sole di circa 3 × 106 kg/s ed è responsabile di fenomeni molto appariscenti come le tempeste magnetiche e le aurore boreali sulla Terra, e la doppia coda nelle comete, una nella direzione opposta al moto e l'altra sempre radialmente via dal Sole.
Le caratteristiche del v.s. nell'eliosfera sono state investigate in dettaglio in numerose missioni spaziali: la parte dell'eliosfera vicina al Sole da parte di Helios 1 e 2, la parte opposta da Pioneer 10 e 11 e da Voyager 1 e 2. Le proprietà del v.s. alla distanza di 1 U.A. dal Sole sono molto variabili e dipendono dalle condizioni al contorno all'origine e dalle modifiche cui il v.s. è sottoposto nel fluire via dal Sole, di cui costituisce l'estensione della corona a grandi distanze.
Si possono considerare i seguenti valori caratteristici (per 1 U.A.) per la composizione: l'abbondanza ionica rispecchia quella esistente sul Sole; protoni (H+), particelle alfa (He++) ed elettroni (in numero uguale a quello delle cariche positive) sono i componenti principali; altri ioni identificati sono O+6, O+7, Si+8, Si+9, Fe+9, Fe+10, Fe+11, ..... Il rapporto He/H nel v.s. varia in misura notevole con un valore medio del 5%; in caso di esplosioni solari importanti (provenienza del v.s. dagli strati più profondi della corona) il rapporto He/H può raggiungere il 20%.
Per la densità: il numero dei protoni è ∼ 5 cm−3 (con valori estremi da 0,01 cm-3 a 200 cm-3), risultando quello degli elettroni lo stesso.
La velocità media è ∼ 410 km/s, essendo la stessa per tutti gli ioni e per gli elettroni, con valori limiti: 250 km/s e 1200 km/s.
Struttura a settori e campo magnetico interplanetario. - Il campo magnetico nello spazio interplanetario è congelato nel plasma del vento solare. A causa della rotazione solare, le linee di forza magnetiche diventano spirali di Archimede originanti nel Sole (fig. 1). Misure sistematiche con satelliti e sonde spaziali hanno mostrato una variabilità che si ripete a ogni rotazione solare (27 giorni) e anche in funzione di ogni settore di polarità del campo magnetico; infatti, in un periodo di 27 giorni, il campo magnetico mostra almeno due chiari periodi di uguale lunghezza (quattro periodi per numerose rotazioni) in cui il campo di induzione magnetica B è in media nel piano dell'eclittica, ma o diretto via dal Sole o verso di esso.
Le caratteristiche del campo magnetico interplanetario sono espresse nei suoi valori medi dall'intensità: ∼ 6 nT; dalle direzioni: θ ≃ 0° e ϕ ≃± 135° (su 4 quadranti).
Variazioni temporali. - I parametri caratteristici del v.s. mostrano, in aggiunta alla variabilità legata alla struttura a settori sincrona con la rotazione solare, altre variabilità molto marcate, su diverse scale temporali, quali onde non lineari di media e bassa frequenza per tempi inferiori a 100 minuti, variazioni aperiodiche collegate con brillamenti solari o quasi periodiche (collegate con il ciclo solare di 11 anni) per tempi più lunghi.
I brillamenti (o esplosioni) solari interessano fenomenologicamente tre campi diversi: l'emissione di onde elettromagnetiche (da radio a X e gamma) che arrivano alla Terra dopo un tempo di transito di 8 minuti circa e trasportano l'informazione sul profilo temporale del brillamento all'origine; particelle energetiche (raggi cosmici solari), identificate in protoni e particelle alfa con energia fino a 50÷100 MeV ma che può raggiungere occasionalmente la regione dei GeV, arrivano a 1 U.A. con ritardo di alcune ore, seguite da un flusso di particelle a energia inferiore; in occasione del brillamento dalla corona solare parte un'onda d'urto dietro alla quale si forma una cavità (bottiglia) magnetica con linee chiuse che risulta di difficile penetrazione da parte dei raggi cosmici galattici provocandone una diminuzione del flusso osservabile a Terra (effetto Forbush).
Le caratteristiche del v.s. subiscono variazioni legate al ciclo solare di 11 anni. Il numero dei brillamenti è massimo al massimo del ciclo di attività solare, parametrizzato dal numero di macchie osservabili sulla superficie del Sole. Valori medi di velocità maggiori e di densità minori per il v.s. corrispondono al massimo di attività del ciclo; la percentuale di He++ è massima al massimo di attività suggerendo la sua provenienza dagli strati più profondi della corona.
Interazione del vento solare con corpi planetari. - Nel suo fluire dal Sole verso l'esterno, il v.s. interagisce con i corpi planetari con caratteristiche variabili, dipendenti dal corpo incontrato, a seconda che questo sia conduttore o no. Si conosce l'effetto provocato dalla Luna, che viene considerata un corpo non conduttore: le cariche elettriche del plasma vengono neutralizzate dall'impatto sulla superficie lunare formando un tenue gas neutro che viene ad aggiungersi agli altri gas liberati dalle rocce superficiali. Dalla parte della faccia buia della Luna si forma un cono d'ombra, praticamente privo di v.s. e con aumento di valore del campo magnetico, di lunghezza 4÷5 raggi lunari, circondato da una zona di penombra.
Per quanto concerne i pianeti, questi costituiscono un ostacolo conduttore elettrico: alcuni sono provvisti di campo magnetico dipolare proprio (Mercurio, Terra, Giove, Saturno, Urano), altri invece non hanno campo magnetico apprezzabile (Venere, Marte); a quest'ultima categoria appartengono anche le comete.
I corpi dotati di campo magnetico sono circondati dalla magnetosfera delimitata da una superficie (la magnetopausa), che contiene e delimita il campo magnetico e l'atmosfera planetaria. L'ostacolo frapposto al v.s. è costituito dalla magnetopausa; nell'interazione il v.s. provoca un'onda d'urto che staziona di fronte alla magnetopausa nella direzione subsolare. La magnetosfera viene compressa verso il Sole e si allunga nella direzione opposta. Per la Terra la dimensione subsolare è di una decina di raggi terrestri, mentre la coda raggiunge i 200÷300 Re (fig. 2); nel caso di Giove la coda si estende per 3÷4 U.A.
Per i corpi privi di campo magnetico intrinseco o con campo molto piccolo, come Venere e Marte, il v.s. interagisce direttamente con la ionosfera del pianeta, formando un'onda d'urto molto ravvicinata e a grande curvatura. Nel caso di Venere il v.s. è deflesso dall'onda stazionaria e scorre di fianco lungo la ionopausa, formando una lunga coda e trascinando via materiale di origine planetaria; la coda è circondata da un mantello di penombra simile a quello lunare.
Un'interazione analoga avviene con la ionopausa (o discontinuità di contatto) per le comete; in questo caso però il processo è complicato dal fatto che l'atmosfera, a causa del modestissimo campo gravitazionale dovuto al corpo centrale, si estende per milioni di chilometri, a seconda del tasso di produzione di gas, che risulta essere di 1026÷1030 particelle/s. Il gas cometario, ionizzato dall'ultravioletto solare, è accelerato e trascinato via dal v.s. e costituisce la coda ionica della cometa, visibile dalla Terra nella direzione radiale opposta al Sole.
Lo spazio interplanetario è permeato dalla radiazione cosmica, le cui caratteristiche sono influenzate dal campo magnetico presente e, nella magnetosfera, da quello terrestre in particolare.
Lo spazio interstellare. - Nella Galassia, nello spazio non occupato da oggetti condensati (stelle, pianeti), è presente materia allo stato atomico e molecolare in varie forme di aggregazione. La Galassia presenta anche evidenza (indiretta) di un campo magnetico diffuso molto debole (1/1000 in intensità di quello interplanetario) ordinato su ampie zone e generalmente collegato con la struttura a braccia.
La materia interstellare è costituita per il 99% circa da gas e per il restante 1% circa da polvere cosmica, o grani interstellari, formata da particelle solide con dimensioni da 10−7 a 10−5 cm. Gas e polvere sono direttamente connessi, con una densità media su scala galattica di ngas≃1 atomo/cm3 e npolvere≃10−10 particelle/cm3, risultando la distribuzione disomogenea.
Gas e polvere sono concentrati nelle braccia a spirale con una densità di almeno un ordine di grandezza maggiore di quella esistente nello spazio interbraccia. All'interno delle braccia la materia interstellare si presenta in fasi differenti: sotto forma di nubi, di materia fredda (Tgas∼104 K) e rarefatta (ngas∼0,1 cm−3), gas coronale molto rarefatto (ngas∼0,1 cm−3) e molto caldo (105÷106 K) contenente atomi con alto grado di ionizzazione (per es.: O+6 e Fe+10). Lo spessore dello strato di materia interstellare varia da alcune decine di pc nelle regioni centrali della Galassia ad alcuni Kpc alla sua periferia. Globalmente la massa della materia interstellare corrisponde a circa il 2% della massa totale visibile della Galassia, con un rapporto in densità rispetto alla massa in forma di stelle e oggetti condensati che va da 0,1 nei dintorni del Sole a 0,001 nelle regioni galattiche centrali.
Per quanto concerne il gas interstellare, il 70% in massa e il 90% circa in numero di atomi è costituito da H; per il restante da He ed elementi più pesanti, con un impoverimento rispetto alla composizione solare di alcuni elementi come Al, Fe e Ni. Sono presenti diverse specie molecolari tra cui una cinquantina identificate, sia organiche che inorganiche. Per quanto riguarda l'idrogeno, esso è presente nello stato atomico (regioni HI), identificabile dalla caratteristica emissione a λ=21,1 cm (frequenza ν=1420,4 MHz) corrispondente alla transizione tra due livelli della struttura iperfine del suo stato fondamentale, e nello stato molecolare H2.
La stima della massa totale di quest'ultimo è incerta e varia dal 25% al 100% della massa della componente atomica. La distribuzione del H2 viene studiata usando come tracciante quella del CO, che costituisce la seconda molecola interstellare per abbondanza. La massa totale dell'idrogeno neutro nella Galassia viene stimata attorno a 5 × 109 masse solari. Idrogeno completamente ionizzato è presente nelle regioni H II, attorno alle stelle calde delle prime classi spettrali (O e B).
Nelle nubi molecolari, la ionizzazione delle specie prodotta da processi di collisione e, più facilmente, da raggi cosmici di bassa energia, provoca fenomeni aggregativi e formazione di molecole vieppiù complesse.
Alla domanda se sia ipotizzabile giungere alla sintesi di composti biologici, si può rispondere indirettamente, tenendo presente che le molecole organiche identificate sono da 3 a 4 volte più numerose di quelle inorganiche. Inoltre fra le specie molecolari presenti nelle nubi interstellari sono state identificate quelle corrispondenti alla cosiddetta reazione di Miller-Urey: NH3, H2O, CH4. Questa miscela irradiata con UV o gamma è in grado di sintetizzare amminoacidi. Sono presenti nel gas interstellare la metanimina e l'acido formico che costituiscono i precursori della glicina (il più semplice degli amminoacidi). È presente anche l'acido cianidrico HCN, che è precursore molto attivo di composti di importanza biologica.
In conclusione si può affermare che il mezzo interstellare rivela gli effetti di processi chimici simili a quelli che sulla Terra, e possibilmente su pianeti simili sparsi nell'Universo, hanno originato la sostanza biologica quale noi la conosciamo.
La polvere interstellare, costituita da materiale presente sotto forma di grani solidi, per quanto molto rarefatto, gioca un ruolo importante nell'evoluzione del mezzo interstellare per la presenza di processi di riscaldamento e raffreddamento delle nubi attraverso emissione di fotoelettroni, collisioni gas-grani, assorbimento e riemissione di radiazione. Con il trasferimento di cariche elettriche all'interno delle nubi molecolari, essa regola infine la chimica ione-molecola.
La radiazione cosmica. - È rappresentata dal flusso di particelle energetiche di origine extraterrestre, incidente sull'atmosfera, presente nello spazio interplanetario (dove è stato direttamente osservato) e presumibilmente in quello galattico e intergalattico. Le particelle primarie, principalmente protoni e nuclei atomici completamente ionizzati, interagendo con i componenti dell'atmosfera producono una componente secondaria in cui sono presenti tutte le particelle elementari a vita sufficientemente lunga (elettroni, nucleoni, mesoni, fotoni, neutrini, ecc.). Il flusso dei primari incidenti sulla magnetosfera terrestre è fortemente variabile in funzione dell'attività solare; esso è massimo al minimo di attività solare, quando il campo magnetico interplanetario è minimo (e quindi sono minime le sue proprietà di ostacolo all'entrata di particelle presenti nello spazio esterno all'eliosfera). Il suo ordine di grandezza corrisponde allora a una particella al secondo e al cm2, con un flusso di energia di circa 10−5 Wm−2.
La radiazione cosmica, dalla sua origine alla sua eventuale rivelazione, subisce l'effetto delle interazioni con la materia e i campi presenti nello spazio in cui si propaga. Questa interazione risulta nella modificazione sia della composizione attraverso frammentazione sia dello spettro di energia attraverso processi di accelerazione o perdita di energia con la creazione di componenti secondarie; queste componenti segnalano la presenza della radiazione cosmica stessa e possono dare informazioni sulla natura e proprietà del mezzo (radiazione di sincrotrone, bremmstrahlung, raggi gamma, neutrini, ecc.). I campi magnetici esistenti nella Galassia deviano le traiettorie e rendono casuale il moto dei raggi cosmici carichi, distruggendo l'informazione relativa alla direzione di propagazione dal luogo di origine. Gli elettroni, nel subire l'azione magnetica, irraggiano radiazione di sincrotrone e perdono in questo modo energia. Nelle vicinanze di una stella quale il Sole il flusso di raggi cosmici di energia più bassa è influenzato dal v.s. e dai campi magnetici in esso congelati ed è quindi soggetto alla variabilità di questi fattori. In aggiunta alla componente media galattica si frammischia quella di origine stellare (solare) locale. Nell'avvicinarsi alla Terra, il campo geomagnetico agisce come uno spettrometro, imponendo un taglio alle basse energie, che è funzione della latitudine geomagnetica e della direzione di incidenza. Successivamente i raggi cosmici interagiscono con i nuclei dell'atmosfera producendo una componente secondaria. I primari di alta energia (>1015eV) creano sciami estesi (Extensive Air Showers, EAS) contenenti un grande numero di particelle secondarie (e±, gamma, mesoni, neutrini) con dimensioni legate all'energia dei primari. Penetrando dentro la superficie terrestre, la componente elettrofotonica viene rapidamente assorbita, mentre quella dei mesoni μ di alta energia sopravvive fino a notevole profondità (anche migliaia di metri di spessore di roccia). Invece il flusso di neutrini, per cui l'assorbimento risulta estremamente piccolo, prosegue praticamente indisturbato.
Per la determinazione della composizione e spettro di energia dei raggi cosmici primari, misure dirette di composizione e spettro primario sono possibili solo con palloni stratosferici ai limiti dell'atmosfera o con veicoli spaziali al di fuori di essa. Per dedurre i valori della componente media esistente nello spazio galattico occorre inoltre tenere conto degli effetti legati alla presenza della magnetosfera, dell'eliosfera e della contaminazione proveniente dal flusso di raggi cosmici di origine solare. Fino a energie di circa 1014eV il flusso primario consente misure dirette; a energie maggiori, i valori troppo bassi del flusso costringono a misure indirette utilizzando gli sciami estesi e la componente muonica sottoroccia.
La componente nucleonica dei primari costituisce circa il 97%, con il 3% dovuto a elettroni e una traccia di gamma (∼1‰). La composizione chimica della radiazione cosmica (∼90% idrogeno ionizzato, protoni; ∼9% elio ionizzato, particelle alfa; e per il restante tutti gli elementi completamente ionizzati fino all'uranio e agli elementi transuranici) è confrontabile con la composizione chimica dell'abbondanza universale ottenuta da analisi spettroscopiche del Sole, di stelle, meteoriti, nubi interstellari, altre galassie. Esiste tuttavia una discrepanza notevole, rappresentata dall'abbondanza relativamente alta di nuclei leggeri (Li, Be, B) nella radiazione cosmica di fronte alla pratica assenza nella composizione universale, giustificata dalla fusione di questi elementi in processi termonucleari. La presenza nei raggi cosmici può essere spiegata come derivata dalla frammentazione di nuclei più pesanti durante la propagazione nel mezzo interstellare; lo spessore di materia attraversata di 2,5 g/cm2, con una densità media di ∼1 atomo/cm3 di materia interstellare presente nel disco, porta a valutare l'età media della radiazione cosmica galattica nell'ordine di 106÷107 anni (tempo intercorso tra produzione e collisione).
Lo spettro energetico può essere rappresentato con una legge di potenza (differenziale) del tipo I=k exp(−γ) in tutto l'intervallo di energia da 1010eV a 1020eV (ordine di grandezza dell'energia massima osservata) con γ variabile da 2,7 alle energie più basse a ∼3,2. Una variazione netta della pendenza dello spettro si produce a energie ∼1015eV ed è interpretata come il passaggio dalla zona in cui predomina la componente di origine galattica alla zona in cui prevale la extragalattica.
L'interpretazione corrente è che la radiazione cosmica abbia origine e confinamento galattici. Sorgenti probabili sono identificate nell'esplosione di supernove oppure in sistemi binari in cui una delle componenti è una pulsar. Per mantenere la densità di equilibrio della radiazione cosmica nella Galassia e compensare le perdite per fuga e collisione è necessaria una produzione con potenza di ∼1040 erg/s.
Le particelle dalla sorgente si propagano nello spazio interstellare dove sono sottoposte a processi di accelerazione (onde d'urto o processi statistici alla Fermi); il confinamento è dovuto al campo magnetico interstellare all'interno del disco galattico (spessore ∼500 pc), con un'eventuale diffusione nell'alone esteso a ∼104 pc dal disco. Un protone di 1016eV ha un raggio di curvatura di circa un millesimo dello spessore del disco per un campo medio dell'ordine di 10−10 T e quindi risulta ancora efficacemente confinato. A energie superiori inizia un processo di perdita dalla Galassia e questo spiegherebbe il ginocchio nello spettro di energia, indicante l'innesto di una componente extragalattica dominante nella parte terminale dello spettro dei raggi cosmici.
La composizione e lo spettro di energia dei raggi cosmici nell'eliosfera (in cui si propaga il v.s. che porta congelato il campo magnetico a esso collegato) sono condizionati dalla presenza del Sole. Misure dirette nello spazio interplanetario lontano con le sonde Pioneer e Voyager hanno mostrato che la modulazione solare si estende fino ad almeno 30 U.A. Sovrapposta a una situazione semistazionaria legata alla struttura del campo magnetico interplanetario, appare una modulazione prodotta dai brillamenti solari con una rapida diminuzione d'intensità (scala di tempo di un giorno) e più lento ricupero (scala di tempo dalla settimana a quindici giorni) della componente galattica e con l'iniezione impulsiva di un flusso di raggi cosmici di origine solare. Gli spettri dei raggi cosmici solari sono generalmente più ripidi di quello galattico e variabili da evento a evento. La composizione è anch'essa variabile da evento a evento.
Astronomie spaziali. - Sono identificate con questo nome le branche dell'astronomia che usufruiscono di ''finestre'' di lunghezza d'onda della radiazione elettromagnetica che non sono accessibili a terra a causa dell'assorbimento dovuto all'atmosfera: X-astronomia da energia di fotoni di ∼0,1 KeV (corrispondente a ∼100 ]) fino a qualche centinaio di KeV e gamma-astronomia per energie superiori fino a qualche migliaio di GeV. X-astronomia e gamma-astronomia di media e bassa energia si servono di rivelatori montati su veicoli spaziali operanti al disopra dell'atmosfera.
Astronomia X. - Nata nel 1949 con la rivelazione di emissione X solare (il Sole emette nella banda X una frazione molto piccola e variabile della sua luminosità totale), ha registrato la prima sorgente X extrasolare nel 1962 con la scoperta di SCO X-1, identificato qualche anno dopo con un oggetto celeste peculiare che emette nella banda X circa mille volte l'emissione in tutto il resto della banda spettrale. Attraverso una serie di missioni susseguitesi dal 1971 (anno in cui è stato messo in orbita uhuru, il primo satellite dedicato) l'astronomia X si è sviluppata in modo tale da occupare oggi un posto confrontabile con quello delle astronomie più tradizionali (ottica e radio).
Ne diamo qui un breve cenno. L'astronomia X ha scoperto sorgenti corrispondenti a fenomeni prima del tutto inattesi, che coprono un intervallo di luminosità da 1020 W per le corone stellari simili al Sole, ai 1040 W di quasar lontane, per sorgenti appartenenti a tutte le classificazioni note nelle altre branche dell'astronomia generale, dalla radio alla gamma. Accanto alle sorgenti discrete è stato osservato un fondo diffuso isotropo extragalattico, la cui interpretazione tocca i fondamenti della cosmologia.
I meccanismi di emissione attivi nella banda X cadono in due grandi categorie: a) processi termici, per cui l'emissione è attribuita a gas nello stato di plasma ad alta temperatura (T ∣106 K); b) processi non termici dovuti a elettroni ultrarelativistici.
Le sorgenti galattiche puntiformi ad alta luminosità (da 30 volte a 105 volte la luminosità totale del Sole) presentano forti variazioni su tempi scala dalla frazione di secondo ai mesi. Sono associate con sistemi binari costituiti da una stella ordinaria e da un oggetto collassato (stella a neutroni, buco nero); tra esse si registrano numerosi casi di pulsar X con periodi di pulsazione da ∼70 ms a ∼800 s e periodi orbitali dalla frazione di giorno a mesi (tra i più noti: Cen X3 e Her X1).
L'apparire di righe di ciclotrone nello spettro fa stimare l'esistenza di campi magnetici superficiali con B dell'ordine di 108 T. Lo studio di questi sistemi binari ha permesso di valutare la massa delle stelle a neutroni in valori consistenti tra 1,5 e 3 masse solari. Le sorgenti a bassa luminosità (Lx〈10L) comprendono le variabili cataclismiche, che sono costituite da sistemi binari contenenti una nana bianca e l'emissione coronale di stelle normali (non degeneri) sia isolate che in sistemi binari.
Nelle sorgenti galattiche estese, come i resti di supernove, l'emissione X (Lx=1027÷1030 W) è di natura termica e deriva dall'interazione del gas espulso con la materia interstellare. Per la parte rimanente l'emissione è attribuita a emissione di sincrotrone da parte di elettroni relativistici in un campo magnetico di qualche T; un esempio di questa classe è dato dalla supernova della nebulosa del Granchio, esplosa nel 1054. Il suo rifornimento energetico è assicurato dalla sorgente pulsata con periodo di 33 ms (PSR 0531+21) che emette su tutto lo spettro dalle frequenze radio al dominio gamma estremo.
Sorgenti extragalattiche. - I nuclei galattici attivi (AGN) rappresentano una classe comprendente oggetti di vario tipo: galassie di Seyfert, oggetti quasi stellari (QSO), Lacertidi (BL Lac), ecc. L'emissione X si estende da circa 1034 W fino ai 1040 W dei QSO più potenti trovati fino a red shift ∼3,5. Gli AGN mostrano una variabilità temporale generalmente con tempi scala ∣ 0,5 giorni, ma in qualche caso si sono osservati Δt=102÷103 s. L'origine dell'energia è presumibilmente gravitazionale con valori di massa coinvolti dell'ordine di 106÷109 masse solari, probabilmente sotto forma di buco nero.
La luminosità X da ammassi di galassie, compresa tra 5·1034W e 5·1038W, ha origine nel gas interstellare ad alta temperatura distribuito al loro interno. Esso costituisce la prova diretta dell'esistenza di materia sotto forma di gas nello spazio intergalattico e permette di studiarne le condizioni fisiche, la composizione chimica e la distribuzione spaziale. I valori stimati della massa totale del gas intergalattico non sono sufficienti, aggiunti alla materia luminosa visibile nelle Galassie, a legare gravitazionalmente gli ammassi: l'implicazione è dell'esistenza preponderante di materia oscura che complementa la massa gravitazionale totale: questa massa potrebbe essere non barionica.
La radiazione X di fondo diffuso, a energie E>2 KeV, presenta una forte isotropia: essa è di evidente natura extragalattica. Lo spettro di energia è piuttosto piatto, presentandosi con una legge del tipo E-0,4, fino a E∼30 KeV e poi declina estendendosi fino a qualche centinaio di KeV nel campo gamma e oltre. È difficile attribuire questo fondo al contributo di sorgenti puntiformi non risolte spazialmente: esse sembrano giustificare una percentuale non superiore al 30% del valore osservato. Il problema che viene posto dall'osservazione di questa radiazione consiste nel verificare se esiste una nuova classe di sorgenti non ancora identificate oppure se si tratta di un processo di emissione effettivamente diffuso che potrebbe essere attribuito a un gas intergalattico ad altissima temperatura.
Astronomia gamma. - Contigua all'astronomia X, copre le energie da qualche centinaio di KeV ai valori superiori fino ai massimi osservati. Costituisce un tracciante diretto per i fenomeni di alta energia, di natura non termica, che avvengono nel cosmo e, a causa della bassa sezione d'urto per assorbimento nello spazio interstellare e intergalattico, permette osservazioni fino alle zone più profonde.
Per quanto concerne le sorgenti compatte di radiazione gamma, le temperature richieste per generare fotoni termici dell'ordine del MeV sono così elevate che devono essere ipotizzate sorgenti in fase esplosiva oppure il big bang primordiale.
Una generazione di radiazione gamma di sincrotrone può avvenire da parte di elettroni di energia relativamente bassa (centinaia di MeV÷GeV) nei campi magnetici estremamente intensi (∼108 T) esistenti nella magnetosfera delle pulsar. Gamma di diseccitazione di livelli nucleari sono emessi in processi di nucleosintesi (cattura di neutroni da idrogeno o altre reazioni nella fotosfera delle stelle), brillamenti di tipo solare, nucleosintesi esplosiva di stelle, supernove, ecc.
Per quanto riguarda le sorgenti estese, emissione gamma può aversi da interazione campi-particelle: elettroni di circa 1 GeV per interazione Compton inverso con fotoni ottici interstellari generano gamma di 1 MeV. Analogamente, gamma della stessa energia sono generati da elettroni di 40 GeV per interazione con il campo della radiazione universale a 2,7 K. Sempre elettroni energetici possono generare radiazione gamma di sincrotrone nei campi magnetici interstellari. Nell'interazione particelle-materia interstellare (intergalattica) radiazione viene prodotta attraverso collisioni nucleari (prevalentemente via decadimento di mesoni π°) o da elettroni attraverso Bremmstrahlung o annichilazione e+e-.
La maggior parte dell'informazione del cielo a energie gamma esistente all'inizio degli anni Novanta proviene da due missioni spaziali: la prima della NASA con SAS II (1972-73) e l'altra dell'Ente Spaziale Europeo con COS-B (1975-82), e riguarda l'intervallo di energia 30 MeV÷10 GeV. Dai dati di COS-B, nell'intervallo 70 MeV÷5 GeV, la nostra Galassia rivela un'emissione (1039 erg/s) associata con il disco, con una marcata correlazione tra la struttura a grande scala della radiazione gamma e quella conosciuta ad altre lunghezze d'onda.
La correlazione tra l'emissione gamma e la presenza di gas interstellare (determinata attraverso la mappatura dell'idrogeno atomico con lo studio della riga a 21 cm e di quello molecolare attraverso il tracciante CO) indica la sorgente della radiazione nell'interazione tra la radiazione cosmica (componente nucleonica ed elettroni) e la materia interstellare. Uno studio comparato tra le mappe a 21 cm, complementate da quelle del CO, e quelle d'intensità della radiazione gamma, ha permesso ai ricercatori associati con la missione COS-B di ottenere informazioni sulla distribuzione della radiazione cosmica nella Galassia, distribuzione nota per misura diretta solo all'interno del sistema solare. Per la zona intermedia della Galassia (tra 5 Kpc di distanza radiale dal centro fino a 10÷12 Kpc, comprendenti il sistema solare) esiste un accordo soddisfacente tra densità di idrogeno atomico e intensità di radiazione cosmica misurata nel sistema solare. Per la parte più interna si deve supporre o un forte gradiente in aumento dei raggi cosmici oppure un sostanziale contributo d'idrogeno molecolare oppure, ancora, una popolazione importante di sorgenti gamma compatte non risolte spazialmente. Per quanto riguarda la Galassia esterna (al di là del circolo solare) l'informazione porta a concludere che la componente elettronica della radiazione cosmica è eminentemente galattica ed è in via di esaurimento, mentre quella nucleonica (responsabile delle energie gamma maggiori) mostra un gradiente molto piccolo fornendo un forte argomento in favore di modelli che ne assegnano un'origine extragalattica o di confinamento in un grande alone.
Il Catalogo 2CG fornito da COS-B elenca in tutto 25 sorgenti discrete (puntiformi), di cui 22 distribuite lungo il piano galattico e 3 ad alta latitudine. L'indeterminazione posizionale è abbastanza elevata (∼1° di raggio) a causa delle caratteristiche del telescopio di rivelazione e rende quindi difficile un'identificazione per coincidenza spaziale con oggetti già noti ad altra lunghezza d'onda. La distribuzione angolare attorno al piano galattico fa dedurre una popolazione galattica con distanze non superiori a 7 Kpc dal nostro sistema solare.
Due sorgenti (2CG184-05 e 2CG263-02) sono state certamente identificate, attraverso la caratteristica struttura temporale dell'emissione, rispettivamente con la pulsar 0531+21 della nebulosa del Granchio e la PSR0833-45 della Vela. Per alcune altre sorgenti (come per es. la 2CG353+16 con la Nube ϱ−Ophiuchi), l'identificazione sembra indicare l'esistenza di nubi interstellari che emettono radiazione gamma per interazione delle particelle cosmiche cariche (protoni, elettroni) con la massa gassosa della nube. L'unica sorgente extragalattica individuata è la quasar 3C273, in coincidenza posizionale non ambigua con la sorgente 2CG289+64. Evidenza di linee spettrali è stata ottenuta in osservazioni del Sole, del Centro Galattico (0,511 MeV) e della supernova 1974A (righe di decadimento del Co56).
Astronomia con neutrini. - Produzione di neutrini in corpi celesti è attesa sia nella fase quieta che in quella esplosiva dell'evoluzione stellare: come prodotto, nel primo caso, di reazioni termonucleari, nel secondo, delle reazioni che hanno luogo durante il collasso e l'instabilità terminale. Neutrini accompagnano inoltre tutte le reazioni d'interazione coinvolgenti materia interstellare e intergalattica. Grazie all'alto potere penetrante, i neutrini possono fuoriuscire dall'interno delle stelle (almeno in gran parte) e attraversare spessori di materia e campi diffusi corrispondenti alle dimensioni dell'Universo.
Il flusso di neutrini emessi dal Sole, misurato in un esperimento in caverne destinate a rivelare A37 della reazione νe + Cl37 = A37 + e-, è risultato inferiore di un fattore 3 rispetto al valore aspettato assumendo un modello solare standard. Un flusso di neutrini emessi dall'esplosione della supernova 1987A è stato probabilmente osservato da rivelatori posti sotto terra in alcuni esperimenti operanti in varie parti della Terra.
Onde gravitazionali. - È previsto che collassi in corpi celesti provochino l'emissione di onde gravitazionali con flussi tali da renderne possibile la rivelazione in laboratori terrestri. Si tratta tuttavia di una scienza ancora a livello pionieristico e in fase di rapido sviluppo.
Bibl.: M. Longair, High energy astrophysics, Cambridge 1982; V.S. Berezinskii, S.V. Bulanov, V.A. Dogel, V.L. Ginsburg, V.S. Ptuskin, Astrophysics of cosmic rays, Londra 1990.