FISICA NUCLEARE
Introduzione. - La f.n. è nata con la scoperta del nucleo atomico (v. App. IV, ii, p. 624) nel 1911 da parte di E. Rutherford, ossia del luogo, minuscolo alla stessa scala atomica (10−12÷10−13 cm rispetto a 10−8 cm), in cui è concentrata tutta la carica positiva dell'atomo (per cui v. atomo, V, p. 235; App. I, p. 187; II, i, p. 304; IV, i, p. 188), in equilibrio perfetto con la carica negativa degli elettroni periferici, e quasi tutta la massa atomica (il nucleo più piccolo, il protone, nucleo di idrogeno, è circa 2000 volte più pesante di un elettrone). Tuttavia, in senso stretto, la scoperta di Rutherford e il modello atomico che ne conseguì (nucleo centrale ed elettroni periferici) sono alla base della nascita della fisica subatomica e cioè delle strutture, dei costituenti e delle interazioni a una scala da 4 a 9 ordini di grandezza inferiore a quella atomica
È familiare oggi, non solo al fisico nucleare, il modello di nucleo atomico costituito da protoni (in quantità pari al numero atomico Z) e neutroni (N=numeri di neutroni) che concorrono a caratterizzarne sia la carica Ze, dove e è la carica elettronica, sia la massa A = Z + N (A = numero di massa). In effetti è con la scoperta del neutrone (nel 1932 da parte di J. Chadwick) che inizia lo studio dei costituenti nucleari della materia, ossia quella che più propriamente oggi si chiama fisica del nucleo (atomico) o dei nuclei atomici per distinguerla dalla fisica delle particelle elementari o delle alte energie. La fisica subatomica si è quindi divisa in due discipline a priori diverse tra loro, come lo sono la fisica atomica e la fisica dei solidi.
La fisica del nucleo o f.n. propriamente detta si distingue pertanto dalla fisica delle particelle elementari, occupandosi delle proprietà strutturali e dei comportamenti dinamici dei nuclei atomici sulla base delle interazioni dei suoi costituenti (nucleoni e particelle sub-nucleoniche) e delle sollecitazioni conseguenti a reazioni nucleari di vario tipo
Va detto tuttavia che il nucleo atomico è all'origine della scoperta di due nuovi tipi di interazione fondamentali (oltre a quella gravitazionale ed elettromagnetica): l'interazione forte, che ne assicura la coesione, e l'interazione debole, responsabile della disintegrazione β (beta). Da qui, del resto, nasce il problema della possibile unificazione delle forze primarie dell'Universo una volta stabilito che anche l'interazione debole, a partire dalla spiegazione del decadimento β tramite la teoria quantistica di campo (1934 - E. Fermi), può avvenire per scambio di un quanto d'interazione, in tal caso il bosone intermedio (W±, Z°) identificabile ad alte energie (1983 - C. Rubbia-S. Van der Meer). Tale identificazione dimostra l'unitarietà dell'interazione debole e di quella elettromagnetica (S. L. Glashow-S. Weinberg-A. Salam 1961-67), la prima di origine nucleare, la seconda di origine elettrica.
Dal 1932, anno che segna l'inizio di conoscenze e comprensioni basilari per la materia nucleare (scoperta del neutrone, del positrone o elettrone positivo, del deutone o idrogeno pesante costituito da un protone e un neutrone) nonché delle realizzazioni delle prime macchine acceleratrici (generatore di J. D. Cockcroft-E. T. Walton e il ciclotrone di E. O. Lawrence) e delle prime reazioni nucleari artificiali, il cammino della f.n. è stato indirizzato soprattutto alle indagini sempre più approfondite dell'interno del nucleo atomico, e cioè dell'edificio nel quale le particelle primarie, aggregandosi in nucleoni (neutroni e protoni), svolgono le loro interazioni per formare il primo mattone della materia vera e propria. I nuclei atomici costituiscono il 99,9% della materia dell'Universo. A tutt'oggi si conoscono circa duemila specie nucleari, con numeri di carica da 1 a 109 (forse 110) e numeri di massa da 1 a 263. Gli elementi 107, 108 e 109 (in dubbio il 110) sono stati recentemente scoperti, mediante reazioni nucleari indotte da ioni pesanti.
E tuttavia, dopo più di 50 anni di indagini, durante i quali si è passati dallo studio dei decadimenti radioattivi nucleari alle disintegrazioni prodotte artificialmente da sempre più sofisticati acceleratori di particelle (oggi si dispone di macchine capaci di accelerare quasi tutte le specie nucleari, i cosiddetti ioni pesanti, producendo vere e proprie collisioni fra nuclei), i nuclei sintetizzati e noti sono meno di un terzo di quelli ancora raggiungibili. Ciò significa che la nostra conoscenza della materia nucleare e del suo comportamento sotto diverse condizioni è ben lungi dall'essere esaurita; non solo, ma è possibile che le nuove reazioni a disposizione inneschino nuovi fenomeni che non conosciamo, per es. il fatto che la materia nucleare si organizzi in strutture cosiddette giganti, o in sistemi esotici con eccesso di protoni o di neutroni rispetto ai nuclei noti o in strutture superpesanti più o meno stabili.
L'evoluzione della f.n. è inoltre legata all'espansione delle conoscenze relative ai gradi di libertà dei suoi costituenti sia nucleonici che sub-nucleonici (pioni, quark, gluoni) e alla varietà di eccitazioni del sistema nucleare oggi caratterizzabili anche a elevate energie (nuclei caldi) e con elevato momento angolare (rotazioni e deformazioni nucleari) nonché al superamento di confini con altre discipline (fisica delle particelle, fisica della materia condensata, astrofisica). Ciò è dovuto allo sviluppo di metodi sperimentali e teorici oggi correntemente in uso in ampi settori della fisica.
Questa fertilità deriva dalla posizione tipica del nucleo atomico al punto di frontiera tra la materia organizzata (atomi, molecole, materia condensata) e i costituenti primari (particelle elementari) del mondo subatomico. Tale posizione rende il nucleo atomico sede di fenomeni che risentono, da una parte, della tendenza a comportamenti d'insieme (collettivi) e dall'altra di proprietà specificatamente individuali, dettate dal comportamento delle particelle singole. Si può inoltre dire che il nucleo è uno stadio specifico di organizzazione della materia i cui costituenti obbediscono alla meccanica quantistica e subiscono interazioni forti (connesse a forze nucleari), ma è anche sede di interazioni deboli (radioattività β) ed elettromagnetiche (connesse alle forze coulombiane e alla radioattività γ).
Pur essendo un avamposto dei sistemi a multicorpi (insieme finito di particelle), il nucleo è troppo piccolo perché lo si possa considerare un pezzo microscopico di materia con proprietà macroscopiche, mentre è troppo grande per poterne ricavare tutte le proprietà dal semplice moto dei suoi nucleoni individuali.
Questo sistema di A nucleoni (Z protoni e N neutroni) ha un volume il cui raggio è dato approssimativamente da R=r0 A1/3 con r0 dell'ordine del fermi (1 fermi=10−13 cm=1 F). Ciò fornisce una prima immagine del nucleo, quella di una sfera approssimativamente omogenea per i nuclei medi e pesanti, con effetti di superficie importanti solo per i nuclei più leggeri. Nella misura in cui l'interazione forte tra due nucleoni ha una portata dell'ordine del fermi, una tale immagine dà del nucleo l'idea di un sistema compatto di nucleoni: aumentando il numero di questi, il volume nucleare aumenta linearmente (V῀R3῀A). Poiché la massa nucleare è anch'essa proporzionale ad A, ne consegue una densità nucleare approssimativamente costante. Ciò contrasta con il caso atomico in cui il raggio medio è abbastanza indipendente dal numero atomico Z, il che comporta una densità elettronica crescente con Z. Un'idea dell'ordine di grandezza della densità nucleare si può avere dal rapporto A/V, dove il volume V = 4πR3/3 = 4πr30A/3. Ponendo r0=1,3·10−13 cm (nucleo medio) si ha un valore della densità pari a n=1038 nucleoni/cm3. Un numero cioè 1015 volte più grande del numero di Avogadro, corrispondente a 1015 g/cm3. Ciò lascia immaginare la differenza tra un sistema nucleare e la materia ordinaria 1015 volte meno densa.
È appunto l'interazione forte che produce, a corta distanza (〈 1 F), un legame così intenso (1000 volte l'intensità tipica delle forze elettromagnetiche). Ciò spiega, da una parte, la preponderanza della materia nucleare nell'Universo e dall'altra l'enorme energia che può essere ricavata dalla disintegrazione del nucleo atomico derivante, per es., da processi di fissione nucleare (rottura del legame e diminuzione della massa di un nucleo pesante) oppure dalla combinazione di nuclei leggeri in processi di fusione nucleare (combustione di masse interagenti e creazione di energia). A un grammo di massa nucleare corrisponde, secondo la relazione di A. Einstein tra massa ed energia (E=Δm·c2), un'energia di 8,98 1013 J ovvero di 2,15 1013 cal, cioè un'energia equivalente alla combustione chimica di oltre 2000 t di materia. La compattezza della materia nucleare è dimostrata sperimentalmente dal fatto che l'energia di legame B di un nucleo cresce all'aumentare del numero di nucleoni A.
Più precisamente l'energia di legame per nucleone B/A è, in prima approssimazione, indipendente da A e dell'ordine di 8 MeV. Si tratta di un valore medio (fig. 1), corretto soprattutto per i nuclei medi e pesanti (per i nuclei più leggeri l'andamento è crescente) con variazioni specifiche in corrispondenza di particolari stabilità nucleari (nuclei magici). Ciò permette un confronto con gli ordini di grandezza dei legami chimici: mentre per separare due costituenti della materia condensata interagenti con legame covalente occorrono alcuni eV, per separare un nucleone dal nucleo occorre un'energia (∼ 8 MeV) circa un milione di volte maggiore.
Oggi gli orizzonti della f.n., dopo aver chiarito i comportamenti del nucleo a basse energie di eccitazione (≲ 10 MeV, nuclei freddi) tramite i modelli di struttura, e a basse energie di interazione (≲ 1 GeV o 10÷100 MeV/nucleone) oltre che limitati alle zone superficiali nucleari (nucleoni di valenza) e a circa un terzo delle specie nucleari possibili, si sono notevolmente ampliati, dando luogo a una rinascita e a una più moderna collocazione di questa disciplina. In effetti la nostra comprensione di questioni basilari come la relazione fra il moto nucleare collettivo e le forze nucleonenucleone sottostanti si è approfondita ulteriormente facendo emergere necessarie correlazioni.
Di pari passo sono emerse nuove situazioni fenomenologiche quali le proprietà di una materia nucleare in condizioni estreme di densità (> 1015 g/cm3) e di temperatura (> 100 MeV), nonché possibili connessioni tra la descrizione di sistemi fortemente interagenti in termini di scambio di mesoni tra nucleoni nel nucleo e di scambio di gluoni tra quark nel nucleone e la conseguente applicazione della teoria fondamentale delle interazioni forti, la cromodinamica quantistica, ai sistemi nucleari. Nuove frontiere si sono aperte verso l'astrofisica (f. n. delle esplosioni delle supernove, stelle di neutroni, fisica dei neutrini solari), nei processi di sintesi di nuovi elementi e di nuclei esotici, nell'uso del nucleo come laboratorio di precisione per la verifica di proprietà fondamentali delle interazioni primarie della natura. I fenomeni nucleari di attuale interesse riguardano pertanto scale naturali che vanno dalle più piccole distanze che si possono scandagliare con i più moderni acceleratori (10−18 m) fino a quelle dei più grandi eventi dell'astrofisica (1025 m).
Il nucleo atomico e i modelli nucleari fenomenologici. - L'alta densità nucleare e la grande energia di legame hanno contribuito all'immagine di un nucleo atomico costituito di nucleoni in forte interazione fra di loro in analogia con le molecole di un liquido (modello della goccia liquida di N. Bohr, 1934) sulla base del quale si sono sviluppate le descrizioni delle proprietà d'insieme (i moti collettivi) del sistema nucleare. Malgrado ciò una gran parte dei fenomeni legati alla struttura e alla dinamica dei nuclei è descritta e interpretabile con modelli in cui il moto di un nucleone è considerato indipendente da quello degli altri, proprio come le molecole di un gas (modello a gas di Fermi, particelle indipendenti). In effetti gli spettri di eccitazione e le altre proprietà nucleari (energia di legame, probabilità di transizione, sezioni d'urto di reazioni nucleari, momenti elettrici e magnetici...) non possono a tutt'oggi essere descritti a partire dall'interazione fondamentale tra nucleoni liberi (forza nucleone-nucleone). La non completa conoscenza di quest'ultima e le difficoltà matematiche nel trattamento di un sistema complesso di A nucleoni hanno reso necessaria l'introduzione di modelli nucleari fenomenologici. Solo per sistemi costituiti da pochi nucleoni (A ≤ 4) o per la materia nucleare infinita (A →∞) è possibile introdurre esplicitamente l'interazione tra i singoli nucleoni.
I modelli nucleari sono basati in effetti sulle due concezioni opposte i cui capostipiti sono il gas di Fermi e la goccia liquida.
I modelli a particelle indipendenti o a debole interazione hanno trovato il loro quadro di riferimento nel modello a strati (M. Mayer Goeppert-J. H. D. Jensen, 1955) in cui si considera il singolo nucleone sottoposto a un potenziale medio (il cosiddetto campo medio, in prima approssimazione centrale) che simula l'interazione congiunta e simultanea di tutti gli altri nucleoni. Ciò è del tutto analogo al caso di un elettrone atomico sottoposto al campo elettrico coulombiano del nucleo centrale. L'analogia si spinge fino all'assegnazione al nucleo di una struttura a strati cui corrispondono orbite stazionarie che definiscono gli stati quantici o livelli energetici occupati via via dai nucleoni in sequenze simili a quelle dei livelli atomici occupati dagli elettroni.
Ciò che permette tale descrizione anche nel caso nucleare è la piccola probabilità di collisione tra due nucleoni o, in altri termini, il cammino libero medio grande a causa del principio di Pauli che esclude l'eccessivo avvicinamento spaziale di nucleoni identici. La differenza sostanziale tra strutture atomiche e nucleari è che nel primo caso il campo atomico, dovuto essenzialmente al nucleo centrale, data la grande massa in cui è concentrata tutta la carica positiva, può essere trattato come una quantità statica mentre, nel secondo, l'aspetto dinamico del campo, associato ai moti d'insieme dei nucleoni, ha un ruolo importante. I fatti sperimentali che hanno suggerito e ulteriormente confortato l'ipotesi della struttura a strati sono:
a) la particolare stabilità dei nuclei formati da 2, 8, 20, 28, 50 e 82 nucleoni (per i neutroni anche 126), i cosiddetti numeri magici (nuclei magici) corrispondenti al numero di nucleoni identici (protoni o neutroni) che sono necessari per completare l'occupazione degli strati maggiori analogamente al caso dei gas nobili nei sistemi atomici;
b) la curva dell'energia di legame per nucleone in funzione di A che mostra variazioni di pendenza in corrispondenza dei valori magici di N o Z. A tali valori in effetti cambiano bruscamente le energie di separazione di un nucleone dal nucleo, a seconda che esso si trovi in uno strato pieno (chiuso) o in uno strato al di fuori di quello completo (fig. 2);
c) le energie dei raggi β emessi dai nuclei radioattivi che presentano discontinuità per Z o N magici, e le energie dei primi livelli eccitati dei nuclei magici che sono considerevolmente più elevate di quelle dei nuclei vicini;
d) la possibilità di caratterizzare sperimentalmente le orbite stazionarie di un nucleone nel nucleo estraendolo con reazioni di diffusione quasi libera di protoni o elettroni e misurandone l'energia di legame, analogamente alle misure di ionizzazione di un atomo.
Nell'ambito dei modelli a particelle indipendenti è stato sviluppato per la descrizione delle reazioni nucleari il modello a buca di potenziale, dello stesso tipo del potenziale medio del modello a strati, che caratterizza l'interazione, limitata alla zona del nucleo bersaglio, che risente una particella incidente (un nucleone libero) funzionante da proiettile. Tale modello spiega per es. la diffusione elastica di tipo ottico (modello ottico) e le reazioni in cui un nucleone viene depositato nel nucleo bersaglio oppure viene strappato da esso (reazioni di trasferimento).
I modelli a forte interazione si contrappongono ai precedenti per il fatto che ogni nucleone interagisce fortemente con quelli vicini riducendo quindi il loro cammino libero medio. A basse energie di eccitazione il nucleo non è certamente un gas di particelle in moto casuale. Dalla goccia liquida discende il modello del nucleo composto introdotto da N. Bohr nel 1936 per spiegare le risonanze nelle sezioni d'urto delle reazioni nucleari indotte da neutroni termici.
La cattura di questi avviene in modo statistico, dando luogo a un nucleo composto che si comporta come un sistema termodinamico che, indipendentemente dal modo con cui è stato prodotto, riemette energia e particelle secondo un processo di vera e propria evaporazione. Da questo modello, a partire dal 1950, hanno preso le mosse modelli collettivi unificati (A. Bohr e B. R. Mottelson) che prendono in carico sia i moti di particelle singole che le descrizioni fenomenologiche degli spettri macroscopici di vibrazione (oscillazioni armoniche intorno a una forma sferica di equilibrio) e di rotazione (sistema rotante intorno a un asse di simmetria associato a particolari deformazioni permanenti del nucleo). Tali spettri sono stati sperimentalmente messi in evidenza in un gran numero di nuclei.
Più recentemente (A. Arima, F. Iachello, I. Talmi, 1974) è stato sviluppato il modello a bosoni interagenti (MBI) nel quale le eccitazioni nucleari (entro certi limiti di energia) vengono descritte tramite coppie di fermioni, che si comportano come bosoni, in stati di momento angolare J=0 (bosoni s) o J=2 (bosoni d). Rispetto ai precedenti, che sono di tipo geometrico, questo modello è basato su algoritmi algebrici, definiti dalla teoria dei gruppi, che sottintendono strutture simmetriche di tipo universale. Da queste derivano i possibili tipi di eccitazioni nucleari: vibratore (SU5), rotore simmetrico (SU3), rotore triassiale (O6), dove i termini tra parentesi stanno a indicare i gruppi di simmetrie dinamiche sottostanti.
Le eccitazioni nucleari. - Le simmetrie, di tipo sia geometrico che dinamico, sembrano oggi spiegare buona parte dei fenomeni legati alle strutture nucleari, evidenziando anche analogie formali con ciò che avviene nella struttura delle particelle elementari.
Al crescere dell'energia di eccitazione il sistema quantistico costituito dall'insieme nucleare si ''scalda'' e produce stati particolari dei quali i più interessanti, messi recentemente in evidenza, sono:
a) gli stati ad alto momento angolare, in cui il nucleo si trova in rapida rotazione, tale in alcuni casi da modificarne la stessa struttura, ossia il modo di aggregarsi dei nucleoni, avendosi un cambiamento di fase del nucleo. A energie dell'ordine di 10 MeV la struttura sferica del nucleo lascia il posto a strutture deformate, sintomo di gradi di libertà collettivi, che al crescere dell'energia passano da forme ellissoidali oblate a forme prolate. Al crescere dell'energia e del modo di rotazione si possono produrre configurazioni molecolari (due nuclei separati e associati nel moto di rotazione come atomi in una molecola, fig. 3). Si tratta di energie di circa 70 MeV e momenti angolari J ≤ 40 ℏ, essendo ℏ l'unità quantistica di J. A energie ancora più alte la forma del nucleo si allunga a causa della forza centrifuga e si può produrre addirittura la scissione del nucleo. I più recenti esperimenti, che sono stati condotti con reazioni da ioni pesanti sufficienti a scaldare notevolmente il nucleo bersaglio e a imprimergli un grande momento angolare (rapida rotazione) a causa della loro grande quantità di moto e misurando il decadimento γ dei livelli prodotti, hanno permesso d'identificare momenti angolari, mai osservati prima. Caso record è quello del 152Dy, con J = 60 ℏ;
b) le risonanze giganti, corrispondenti a oscillazioni traslazionali, in cui i protoni oscillano coerentemente rispetto ai neutroni e viceversa (Risonanza Gigante di Dipolo) a un'energia di circa 10÷20 MeV. Di recente sono state messe in evidenza le risonanze di Gamow-Teller, esplorate con reazioni di scambio-carica (reazioni [p, n], un protone scambiato con un neutrone), che si ricollegano alla struttura del decadimento β. Le intensità sperimentali di queste risonanze trovano conveniente spiegazione introducendo effetti di quark nella struttura dei nucleoni;
c) vibrazioni di tipo multipolare (oscillazioni di forme esotiche della superficie nucleare) che sono associate alla presenza di aggregati nucleari, grappoli di nucleoni che si muovono oscillando rispetto al resto del nucleo, e a riflessioni di forme nucleari asimmetriche (nuclei a forma di pera);
d) oscillazioni torsionali di neutroni e protoni, gli uni rispetto agli altri, a bassa energia (3 MeV), corrispondenti a modi che producono nuove forme impensate di superficie nucleare.
Il sistema nucleare e le interazioni fondamentali. - Se molti aspetti della struttura e della dinamica nucleare, come quelli relativi alle basse energie, possono essere spiegati dalle correlazioni a lunga portata derivanti dai calcoli di modello a strati, altri, che via via si sono andati evidenziando grazie alle reazioni a più alta energia indotte da elettroni, fotoni, nucleoni e altri adroni (particelle che risentono dell'interazione forte, p. es. i mesoni), mostrano chiara evidenza di correlazioni a corta portata, associate al core (nocciolo) duro dell'interazione nucleone-nucleone. A questi livelli non appare più possibile prescindere dalla struttura degli stessi nucleoni.
I modelli nucleari fenomenologici si limitano alla descrizione del nucleo composto da protoni e neutroni, senza fare ricorso a gradi di libertà sub-nucleonici (mesoni, quark, gluoni). In effetti l'interazione forte tra nucleoni per distanze superiori al raggio nucleonico (1F) può essere descritta abbastanza bene in termini di scambio di particelle chiamate mesoni (i mediatori di forza della teoria di Yukawa, 1935) come i mesoni π e ϱ. L'interazione forte può inoltre produrre eccitazioni dello stesso nucleone; questi stati eccitati nucleonici o risonanze si chiamano isobari e possono giocare anch'essi un ruolo importante nelle forze nucleari (tipica la risonanza Δ). Un esempio è dato dal fatto, sperimentalmente acquisito negli anni recenti, che la fotodisintegrazione del deutone non può essere spiegata se non includendo nell'interazione protone-neutrone gli effetti dovuti alla presenza di mesoni scambiati fra i due nucleoni e, in particolare, della risonanza Δ. Risultati simili si hanno nell'elettrodisintegrazione dell'elio. Questo è un fatto ormai acquisito alla fisica del nucleo, e cioè che particelle più elementari, che sono responsabili dell'interazione forte nucleare, giochino un ruolo determinante anche all'interno del nucleo, e se ne possono evidenziare gli effetti nella parte di corta portata delle forze nucleari.
Si tratta di andare al di là dei nucleoni senza più considerarli i soli responsabili dell'interazione forte nei nuclei. Si chiamano adroni le particelle soggette a tale interazione, e si distinguono in barioni (nucleoni) e mesoni (pioni). I gradi di libertà mesonici diventano quindi importanti alle corte distanze. Un ulteriore passo è quello di verificare il ruolo nucleare dei costituenti più elementari, i quark. È noto ormai che i nucleoni sono formati da quark che interagiscono scambiando gluoni. Tre quark costituiscono un nucleone, mentre un quark e un antiquark insieme producono un mesone. È quindi scopo primario della f.n. moderna collegare i fenomeni noti del mezzo nucleare ai quark e gluoni sottostanti e alla corrispondente teoria, la cromodinamica quantistica (QCD). In altre parole si tratta di spiegare l'interazione forte nucleone-nucleone (scambio di mesoni) nel nucleo come coda (infiltrazione) dell'interazione superforte quark-quark (scambio di gluoni) sottostante, così come avviene per le forze molecolari di Van der Waals per effetto delle forze atomiche che ne sono alla base.
Sonde e reazioni nucleari. - L'indagine delle proprietà nucleari si è arricchita negli ultimi anni per la possibilità di innumerevoli tipi di reazioni nucleari a seguito di ''sonde'' di specie ed energie diverse prodotte dai moderni acceleratori di particelle.
Gli strumenti basilari sono dati oggi da:
a) fasci di elettroni prodotti da acceleratori lineari di alta energia (ordine del GeV) e ad alto rendimento. La sonda elettronica interagisce con il nucleo e i suoi costituenti carichi (protoni, mesoni, quark) tramite l'interazione elettromagnetica, nota, e ciò permette di provare proprietà ignote all'interno del nucleo, con notevole precisione. Inoltre possono essere ottenuti anche fasci di muoni μ (elettroni pesanti) che giocano un ruolo analogo nell'indagare la struttura a quark dei nucleoni e dei nuclei. Recenti esperimenti condotti al CERN e in altri laboratori hanno mostrato che il comportamento dei quark all'interno del nucleo è diverso da quello nei nucleoni liberi (effetto EMC), a causa del ''confinamento nucleare'';
b) fasci di protoni prodotti da acceleratori di tipo diverso (lineari e circolari; di particolare importanza il protosincrotrone e il sincro-protosincrotrone del CERN, il primo usato in particolare per ottenere fasci di antiprotoni). Tali fasci, in uso da tempo per la f.n., oggi sono ottenibili a più elevate energie (decine di GeV) e vengono utilizzati non solo direttamente per provare aspetti particolari dell'interazione tra nucleoni, ma anche per produrre altre particelle, usabili come nuove sonde nucleari (neutroni, mesoni, antiprotoni, particelle strane, neutrini), o per funzionare da trasportatori di quark da immettere nei nuclei bersaglio. Gli esperimenti recentemente condotti al CERN con fasci di antiprotoni hanno rivelato una notevole ricchezza di nuovi fenomeni, al confine tra la materia nucleare e la materia adronica;
c) fasci di ioni pesanti resi possibili dall'avvento di acceleratori elettrostatici (tandem), lineari (LINAC) o circolari (ciclotroni, sincrotroni), capaci di fornire elevate energie (da qualche MeV/nucleone a decine di GeV/nucleone) a nuclei atomici ionizzati di quasi tutte le specie stabili e anche instabili. Questi fasci possono depositare nei nuclei bersaglio una grande energia e un grande momento angolare. Possono essere utilizzati, quindi, per produrre nuclei esotici, comprimere e scaldare la materia nucleare, indurre rapide rotazioni. I fenomeni legati a queste collisioni nucleari sono di una notevole ricchezza. Nelle reazioni a bassa energia (≤ 10 MeV/nucleone) i due nuclei si scambiano nucleoni formando altre specie nucleari (reazioni di trasferimento) oppure fondono letteralmente in un nucleo composto che può dar luogo, decadendo, a nuovi stati e strutture nucleari. Allo stato attuale non è più possibile identificare sempre la fusione con il processo di formazione del nucleo composto dove i due partners perdono completamente la loro identità. I risultati sperimentali degli ultimi anni hanno mostrato come tale fusione possa essere in competizione con meccanismi di separazione successiva in frammenti di tipo intermedio tra la disintegrazione senza memoria del nucleo composto e la frammentazione in due nuclei simili a quelli di partenza dopo una grande e inattesa dissipazione di energia (reazioni profondamente inelastiche). Oggi possono ottenersi e sono in progetto fasci di ioni a energie talmente elevate (ioni relativistici e ultrarelativistici all'ordine dei 10÷100 GeV/nucleone) da sperare di comprimere e riscaldare la materia nucleare al punto da far ''strizzare'' i nucleoni fino al deconfinamento dei quark;
d) fasci di neutroni dai reattori nucleari e da reazioni indotte da particelle cariche accelerate. Malgrado si tratti di particelle largamente usate fin dagli inizi della f. n., esse sono tuttora di grande interesse per la produzione di nuclei lontano dalla valle di stabilità e per la loro caratteristica di sonde puramente nucleari, essendo prive di carica.
Le specie nucleari e gli ipernuclei. - La fig. 4 mostra la ''mappa'' dei nuclei atomici nel diagramma Z (numero di protoni) - N (numero di neutroni). Nel corso degli ultimi cinquant'anni sono stati studiati 263 nuclei stabili e 2000 radioisotopi (raggruppati nella valle centrale, detta valle di stabilità nucleare).
La linea di stabilità non segue la bisettrice N=Z, al fine di compensare, con l'eccesso neutronico, la crescente repulsione coulombiana con il crescere della massa e della carica nucleare. Questa penisola centrale si trova all'interno della rappresentazione delle 5000÷7000 specie nucleari identificabili tramite le reazioni nucleari oggi possibili.
Due sono le frontiere tuttora aperte. La prima riguarda la ricerca di specie nucleari superpesanti, al di là dei transuranici. Le recenti scoperte dei nuovi elementi Z = 107, 108, 109 e forse 110 con reazioni indotte da ioni pesanti costretti a ''fondere'' a bassa energia sono indicative al riguardo. La seconda riguarda la produzione di isotopi sovrabbondanti in neutroni o in protoni, rispetto alla valle di stabilità centrale. Si tratta di specie nucleari ''esotiche'' che per l'eccesso di un tipo di nucleoni rispetto agli altri possono rivelare nuove proprietà della struttura nucleare. A tutt'oggi, per es., sono stati prodotti e studiati gli isotopi del calcio dalla massa 35 alla massa 52, mentre ci si aspetta di trovarne da 31 a 70. Ciò fa inoltre intravedere la possibilità di produrre radioisotopi di tutti i tipi adatti alle richieste della medicina e della tecnologia moderne.
Vi è un ulteriore aspetto relativo a condizioni limite di ''esoticità'' della materia nucleare: è quello della produzione di specie ipernucleari, e cioè dei cosiddetti nuclei strani, in cui una specie nucleonica si combina con una specie mesonica (i cosiddetti iperoni, come le particelle Λ e Σ). L'interazione iperone-nucleo, che produce stati legati, diventa oggetto di studio che permette di meglio indagare i legami effettivi delle particelle nucleari ed è all'origine di una nuova spettroscopia adronica. Essa rappresenta una possibile strada dai nucleoni e mesoni ai quark. Ciò perché, oltre ai tipi di quark che entrano come costituenti dei nucleoni, ve ne sono altri, detti strani, che possono essere creati in laboratorio producendo nucleoni strani (gli iperoni, appunto) che vanno a sostituire quelli normali all'interno del nucleo. I vari stati possibili di questi ipernuclei pongono le basi per la creazione di nuove forme di materia strana.
La materia nucleare in condizioni estreme. - La materia nucleare può essere sollecitata in laboratorio a spingersi in condizioni estreme, ai limiti delle situazioni presenti per es. nelle stelle, o in combinazioni nucleari diverse dalle solite, in cui il ruolo dei protoni e neutroni viene sostituito da altre particelle adroniche. La possibilità di disporre di acceleratori di ioni pesanti permette di valicare le frontiere dell'energia concentrata in un volume nucleare. Lo scopo qui è diverso da quello della fisica delle particelle elementari. Per quest'ultima si costringono sempre più elevate energie in sempre più piccoli volumi di materia per creare e studiare le nuove particelle pesanti (energia che si trasforma in massa). Nella fisica degli ioni pesanti ad alta energia, detta ultrarelativistica, invece, lo scopo è di aggiungere energia sempre crescente in un volume abbastanza grande da contenere un numero di nucleoni sufficiente a ottenere effetti d'insieme inusuali, tali da riprodurre il plasma di particelle primarie costituenti. Qui la velocità degli ioni supera quella del suono nella materia nucleare (un quinto della velocità della luce), cosicché le compressioni (e le rarefazioni) hanno luogo durante gli urti e le energie in gioco producono temperature superiori a un milione di gradi (100 MeV). Si tratta di un campo in piena espansione, quello in cui la materia nucleare può sconfinare nella materia adronica (plasma di nucleoni e mesoni) fino alla materia costituita da soli quark (plasma di quark e gluoni). Questi fatti possono essere messi in relazione con un vero e proprio cambiamento di fase della materia nucleare ad alta temperatura (maggiore di 200 MeV) e altissima densità (da 3 a 5 volte quella dell'ordinaria densità nucleare) in cui i quark non sono più confinati e, insieme con i gluoni, i quanti dell'interazione forte, formano un magma di quark e gluoni che si muovono liberamente.
La fig. 5 mostra il cosiddetto diagramma di fase della materia nucleare ai diversi stadi nucleare, adronico e di quark e gluoni. Le varie situazioni rappresentate sul piano T-ϱ (temperatura-densità) dovrebbero essere descrivibili con un'equazione di stato (come avviene in termodinamica per le sostanze reali). Il deconfinamento della materia adronica al plasma di quark e gluoni dovrebbe avvenire alla frontiera segnata dal limite di Hagedorn.
Esperimenti condotti al BEVALAC (Berkeley) con fasci di ioni 238U da 1÷2 GeV/nucleone, a Brookhaven, negli Stati Uniti, e successivamente al CERN, in Europa, con fasci di 16O e 32S, a energie di 15 GeV/nucleone nel primo caso e 200 GeV/nucleone nel secondo, lasciano aperta la possibilità di creare materia calda e densa e trovare indizi caratteristici della fase di quark e gluoni con fasci di ioni più pesanti progettati per i prossimi anni (oro e piombo a energie maggiori di 200 GeV/nucleone).
La fig. 6 mostra due tipi di collisioni di ioni di uranio di circa 1 GeV/nucleone con nuclei di un'emulsione (argento o bromo). Il primo consiste nella fissione in 2 frammenti; il secondo nella completa frammentazione dei nuclei proiettile e bersaglio. Tale disintegrazione indica la possibilità di far esplodere un nucleo nei vari costituenti primari.
Un altro possibile modo di avvicinarsi alla zona di deconfinamento è quello di introdurre nella materia nucleare proiettili che depositano, in brevissimo tempo, senza compressione, sufficiente energia da scaldare i nucleoni fino alla loro fusione con produzione del plasma di quark e gluoni. Ciò è possibile con fasci di elettroni e di antiprotoni, questi ultimi in grado di subire processi di annichilazione con i nucleoni dell'interno del nucleo, liberando energia concentrata.
Raggiungiamo qui il confine con la natura primordiale della materia agli albori del nostro Universo. Questo aspetto dell'astrofisica nucleare si riallaccia allo stato della nucleosintesi primordiale, dopo la prima fase di espansione dell'Universo. La densità di energia che caratterizza la transizione dai nucleoni ai quark, o viceversa, si è prodotta probabilmente all'atto del big bang. Questa transizione può avere lasciato il suo segno nell'abbondanza relativa degli elementi leggeri che noi oggi osserviamo. Analogamente, un collasso stellare come quello dovuto all'esplosione di una supernova può fornire la possibilità di studiare la materia nucleare ai limiti di densità e temperatura e con rapporti neutroni/protoni mai raggiunti in laboratorio. Così la f.n. diventa essenziale per la comprensione dei processi chimici e fisici che governano l'evoluzione del nostro Universo.
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