FISICO-CHIMICA FISIOLOGICA
FISIOLOGICA Lo studio dei fenomeni fisico-chimici che si svolgono nei corpi viventi costituisce l'obietto fondamentale della fisico-chimica fisiologica; essa rappresenta l'applicazione di fatti e di leggi della fisico-chimica nel campo della fisiologia intesa come scienza degli esseri animati.
Se la soluzione del problema vitale sembrò per un certo tempo doversi attendere soltanto dalla chimica biologica, la quale in verità ha compiuto e compie incontestabili progressi, oggi ciascun problema biologico dev'essere esaminato anche dal lato fisico-chimico, giacché le azioni di superficie, gli equilibrî delle sostanze in soluzione e dei sistemi dispersi, le proprietà delle membrane, le funzioni degli ioni, la struttura colloidale mostrano chiaramente non esservi alcuna barriera tra i dominî della fisica e della chimica biologica, il cui felice connubio ha dato origine a quel moderno promettente ramo della scienza, che è la fisico-chimica biologica.
In Pisa, sin dal 1846, C. Matteucci sentiva la necessità di dettare le sue lezioni sui fenomeni fisico-chimici degli organismi viventi, le quali hanno rappresentato negli anni successivi il fecondo seme di opere e lavori sperimentali, italiani e stranieri, attinenti all'argomento. Allo stato presente della scienza, le applicazioni della fisico-chimica alla fisiologia riguardano fenomeni ai quali oggi si annette grande importanza nel campo biologico e medico in genere, come l'osmosi, la tensione superficiale, la viscosità, lo stato colloidale, la ionizzazione, l'equilibrio acido-base, i fenomeni d'ossidoriduzione, di diffusione, di catalisi.
L'acqua e il fenomeno dell'osmosi. - L'acqua (v.) entra nella composizione chimica della materia vivente in quantità sempre ragguardevoli, ma assai variabili (fino al 90% e più, in peso); essa rappresenta una condizione necessaria allo svolgersi dei processi vitali; è contenuta in una quantità costante in ciascun tessuto animale, e costituisce il mezzo solvente più importante in biologia.
Il fenomeno di soluzione presuppone l'esistenza d'un solvente e d'un soluto, o sostanza disciolta: questa, per diffusione, si distribuisce uniformente nel solvente, migrando dal luogo di concentrazione maggiore a quelli di concentrazione minore, sinché il soluto acquista una concentrazione uguale in tutte le parti del solvente. Se immaginiamo che tra una soluzione e il solvente puro si trovi una membrana porosa, la quale impedisca la diffusione del soluto nel solvente puro, si verificherà il cosiddetto fenomeno di osmosi (v.), osservato sin dal 1748 da J.-A. Nollet e dimostrato da R.-J.-H. Dutrochet (1827) mediante il suo apparecchio, oggi indicato col nome d'osmometro del Dutrochet. La ricerca e la preparazione di membrane semipermeabili, ossia di membrane permeabili all'acqua e impermeabili alle sostanze in essa disciolte (J. Traube), servirono a meglio chiarire il fenomeno dell'osmosi; W. Pfeffer, con una membrana di ferrocianuro di rame da lui preparata, costruì un osmometro più perfetto di quello del Dutrochet.
In rapporto al concetto di osmosi si hanno in biologia i seguenti fenomeni, da cui si può risalire alla misura della stessa pressione osmotica: 1. Plasmolisi (H. De Vries): le cellule vegetali hanno, oltre a una membrana cellulosica, senza importanza osmotica, una membrana plasmica, semipermeabile; se una cellula vegetale è immersa in una soluzione salina poco concentrata (concentrazione molecolare), ossia in una soluzione ipotonica, s'ha rigonfiamento del corpo cellulare per passaggio d'acqua dall'esterno all'interno; in una soluzione più concentrata o ipertonica s'ottiene passaggio di acqua dall'interno della cellula all'esterno, donde diminuzione del volume del corpo cellulare e raggrinzamento della membrana plasmica. Nel caso d'una soluzione isotonica, cioè a uguale pressione osmotica, non s'avrà nessuno scambio d'acqua, e quindi nessuna modificazione della forma cellulare. 2. Emolisi (H. J. Hamburger): globuli rossi posti in soluzioni ipotoniche si rigonfiano, in soluzioni ipertoniche si deformano e diventano spinosi; solo una soluzione isotonica non ne modifica la forma. In soluzioni ipotoniche si ha anche il passaggio dell'emoglobina dall'interno all'esterno dell'emazia (emolisi, con formazione di sangue laccato). Le modificazioni di forma e di volume dei corpuscoli rossi in soluzioni anisotoniche sono dimostrabili al microscopio e, meglio, per mezzo dell'ematocrito. 3. Tonometria: le soluzioni hanno una tensione di vapore inferiore a quella del solvente puro; inoltre l'abbassamento della tensione di vapore è proporzionale al numero delle molecole disciolte nello stesso volume di soluzione. Per queste misurazioni si può ricorrere al micrometodo di G. Barger e a quello recente di A. V. Hill. 4. Ebullioscopia: la soluzione d'una sostanza in un solvente ne innalza il punto di ebollizione; l'elevazione del punto d'ebollizione è proporzionale alla concentrazione molecolare. 5. Crioscopia: la soluzione d'una sostanza in un solvente ne abbassa il punto di congelamento; l'abbassamento è propozionale al numero delle molecole disciolte contenute nello stesso volume di solvente (legge di Raoult). Per la misura dell'abbassamento del punto di congelamento si usa comunemente il crioscopio di Beckmann (v. crioscopia). L'abbassamento del punto di congelamento s'indica con il simbolo Δ; da esso si può calcolare la pressione osmotica d'una soluzione, tenendo però presente che gli elettroliti e le soluzioni molto concentrate fanno eccezione alla regola.
Negl'Invertebrati marini l'ambiente interno ha una concentrazione molecolare uguale a quella dell'acqua di mare; modificando artificialmente la concentrazione di quest'ultima, ben presto si ristabilisce l'equilibrio osmotico fra l'interno degli animali e il liquido esterno (esseri poichilosmotici). Negli animali marini superiori esiste una certa indipendenza tra la propria pressione osmotica e quella dell'acqua di mare; infine, i Teleostei, gli Anfibî, i Rettili, gli Uccelli e i Mammiferi hanno una pressione osmotica sanguigna costante per ciascuna specie, e indipendente da quella dell'ambiente esterno; sono animali omoisosmotici, i quali posseggono sistemi regolatori della pressione osmotica, rappresentati in prima linea dai reni. Il Δ del plasma sanguigno, per i Mammiferi, è uguale a -0°,56; una soluzione di cloruro di sodio al 0,9% ha lo stesso valore essendo isotonica a quella del plasma sanguigno; il Δ dei tessuti è in genere superiore a quello del plasma. Le soluzioni saline aventi una pressione osmotica uguale a quella del plasma sanguigno si dicono fisiologiche; esse sono utili per la sopravvivenza di organi e tessuti isolati. Dei liquidi organici alcuni sono isotonici al plasma (versamenti, latte, bile, sperma), altri hanno un Δ variabile (succhi digerenti, sudore), altri un Δ di poco inferiore a − 0°56 (liquor, lacrime, saliva), altri di poco superiore (linfa) o di molto superiore (urina, il cui Δ varia da − 0°,59 a − 2°,24, secondo il genere d'alimentazione). In condizioni normali, l'urina ha una concentrazione maggiore del sangue; questa è opera del rene, che deve quindi eseguire un notevole lavoro osmotico; su questo fatto si basano alcune prove d'esplorazione funzionale del rene (della diluizione e della concentrazione). Anche la prova della resistenza sanguigna globulare si fonda sulla dottrina dell'emolisi: la resistenza minima viene misurata dalla concentrazione salina per cui ha inizio l'emolisi, mentre la massima è misurata dalla soluzione in cui l'emolisi è completa.
Oggi s'annette importanza anche alla cosiddetta pressione oncotica del plasma sanguigno, cioè alla forza con cui le proteine del plasma trattengono l'acqua; essa è in rapporto sia con la concentrazione delle sostanze proteiche, sia con il loro stato d'idratazione.
Teoria degli ioni e sue applicazioni fisico-chimiche. - Sulla base degli studî di M. Faraday, Svante Arrhenius poté, nel 1887, formulare l'ipotesi che le molecole di alcune sostanze, a contatto dell'acqua, si dissociano in frammenti, forniti di cariche elettriche di segni contrarî, detti ioni. Questa frammentazione si chiama dissociazione elettrolitica (v.) ed elettroliti i corpi che la subiscono; mentre anelettroliti sono le sostanze indissociabili.
Dall'elettrolisi bisogna distinguere l'idrolisi, la quale presuppone l'intervento degli ioni del solvente (acqua) nell'equilibrio finale risultante dalla dissociazione del corpo disciolto.
Le proprietà delle sostanze elettrolitiche sono le proprietà dei loro ioni, i quali hanno azioni biologiche importanti, dipendenti dalle loro proprietà fisiche e chimiche. A dimostrazione di queste ultime, ricordiamo che, se nel plasma sanguigno degli Anfibî, dei Pesci, ecc. varia la quantità assoluta del contenuto minerale, non variano invece i rapporti esistenti tra i diversi ioni; tali rapporti sono gli stessi di quelli esistenti tra i varî ioni dell'acqua di mare; ciò fece affermare a R. Quinton che le origini primordiali della vita si devono ricercare nel mare, il quale ha costituito il primo ambiente in cui è stata possibile la vita stessa. Le ricerche di J. Loeb, W. H. Howel, S. Ringer, ecc. hanno dimostrato l'importanza dei varî ioni per la funzione normale del cuore degli Anfibî, e il rapporto proporzionale che tra essi è necessario esista; l'antagonismo fisiologico degli ioni (per es. tra Ca e K) conferma l'indispensabilità di essi per l'esplicazione di tutte le funzioni organiche; e su questi principî si sono combinate le diverse soluzioni cosiddette fisiologiche o fisiologicamente equilibrate (di Ringer, di Locke, ecc.). Tra le proprietà fisiche degli ioni hanno importanza la loro carica elettrica, il loro peso atomico, l'adsorbibilità, la valenza e specialmente la radioattività, che ha dato lo spunto a una teoria di H. Zwaardemaker sull'importanza del K nella normale funzione del cuore, basata sulle proprietà radioattive dello ione K; per esse il potassio può essere sostituito da quantità equiradioattive d'uranio, torio, radio, ecc., che hanno in comune col K la proprietà d'emettere radiazioni; questi agirebbero sui substrati organici non chimicamente ma cineticamente, imprimendo un urto, un movimento alla sostanza vivente.
Se in una soluzione ionizzata s'immergono due elettrodi in comunicazione con i poli di una pila e si fa passare la corrente elettrica, gli ioni si mettono in movimento per le attrazioni e le repulsioni esercitate dagli elettrodi su di essi: i cationi vanno verso il catodo, gli anioni verso l'anodo. In tal caso gli ioni si comportano come portatori di cariche elettriche, e i liquidi come buoni conduttori di elettricità. In genere, gli elettroliti inorganici conducono l'elettricità meglio di quelli organici. Per conduttività elettrica d'una soluzione s'intende il valore reciproco della resistenza che questa oppone al passaggio della corrente; per valutarla, si misura in ohms la resistenza opposta dalla soluzione. Si distinguono una conduttività a bassa frequenza, che si riferisce solo ai liquidi intercellulari, mentre gli elementi cellulari oppongono una grande resistenza; e una conduttività ad alta frequenza, che si riferisce ai liquidi intracellulari, e quindi agli stessi elementi cellulari, che questa volta oppongono una debole resistenza (o impedenza).
I corpi morti, a causa dell'aumento di permeabilità delle loro membrane, hanno un alto valore di conduttività elettrica. Dei tessuti dell'organismo il liquor ha il più elevato potere di conduttività a bassa frequenza (0,016-0,019 in inversi di ohm); seguono la bile, il sangue (0,0106-0,0119 in inversi di ohm, a 25°), i muscoli striati, la sostanza grigia cerebrale, quella bianca, il cuore, il fegato, il polmone. Naturalmente, i valori della conduttività ad alta frequenza degli stessi liquidi e tessuti sono assai più alti.
Concentrazione idrogenionica ed equilibrio acido-base. - S.P.L. Sörensen ha introdotto in biologia il simbolo pH, il quale rappresenta il logaritmo con segno negativo della concentrazione in H-ioni, o l'esponente (privo del segno −) della potenza di 10 che indica in litri il volume della soluzione in cui è contenuto un grammoione d'idrogeno. La reazione neutra è indicata da pH = 7, la reazione acida da un pH inferiore, quella alcalina da un pH superiore a 7. Poiché la concentrazione degli idrogenioni ha grande importanza in biologia, è utile allo studioso la misura del pH, la quale può eseguirsi col metodo elettrometrico (fondato sul principio delle pile di concentrazione e sull'uso d'elettrodi a idrogeno), e col metodo colorimetrico o degl'indicatori, rappresentati da sostanze che hanno un determinato colore per un determinato pH del liquido in cui si trovano disciolte. Nei liquidi organici esistono sempre corpi capaci di far diminuire la concentrazione degli idrogenioni, derivati dalla dissociazione elettrolitica d'un acido, corpi chiamati sostanze tampone o regolatrici o smorzatrici. Questo potere regolatore o smorzatore è proprio anche degli amminoacidi (e quindi delle proteine), che possono comportarsi come acidi e come basi (anfoliti o elettroliti anfoieri); la loro dissociazione acida diminuisce con l'aumentare dell'acidità dell'ambiente in cui si trovano, mentre la dissociazione basica è tanto maggiore quanto più grande è la concentrazione idrogenionica dell'ambiente; a ciò è dovuto il potere smorzatore, posseduto dalle proteine in genere. Le varie funzioni organiche si compiono bene a un dato pH, che è quello del sangue (pH = 7,4), col quale sono in rapporto e in equilibrio i liquidi interstiziali o ambiente interno degli elementi cellulari. Essendo varie le cause che tendono ad alterare questo equilibrio acido-base (o H:OH-isoionia) del sangue, esistono necessariamente meccanismi regolatori, che sono intrinseci al sangue, ed estrinseci. Tra i meccanismi intrinseci ricordiamo i sali tampone del plasma (carbonati e fosfati), che costituiscono la cosiddetta riserva alcalina (la quale si misura in volumi per 100 di CO2; valori normali: 50-55 vol. di CO2%, secondo il metodo di D. D v. Slyke e G. E. Cullen); il potere smorzatore delle proteine del plasma; gli alcali dei corpuscoli rossi; il potere regolatore dell'emoglobina e dell'ossiemoglobina (anfoliti); gli scambî di ioni fra plasma ed emazie e fra plasma e tessuti. Tra i meccanismi estrinseci sono da annoverare: tutti i tessuti in genere, perché i loro componenti proteici sono veri sistemi regolatori; il fegato (sia perché capace d'ossidare acidi, sia perché, disamminando gli amminoacidi, fornisce ammoniaca, NH3: questa normalmente serve per la sintesi dell'urea, ma in presenza di grandi quantità d'acidi si lega a essi); il rene (che elimina le valenze acide o basiche eccessive, o secerne una minor quantità d'urina nel caso di grande perdita, per altra via, di valenze acide; vi concorre anche attivamente, producendo NH3); il tubo gastroenterico (la secrezione di succo pancreatico e di bile rappresenta un'eliminazione di valenze alcaline, mentre la secrezione del succo gastrico costituisce un'eliminazione di valenze acide); le ghiandole sudoripare (sudore più o meno acido); la respirazione (eliminazione dal sangue di CO2 attraverso la superficie polmonare, in quantità superiore alla norma quando nel sangue giungono acidi fissi; enorme importanza ha il centro respiratorio bulbare come regolatore dell'intensità della respirazione, in quanto esso è sensibilissimo alle modificazioni della concentrazione idrogenionica del sangue). I disturbi dell'equilibrio acido-base sono rappresentati dai due stati di acidosi (v.) e di alcalosi; esse si dicono compensate quando, funzionando i meccanismi regolatori su descritti, non si ha uno spostamento effettivo del pH sanguigno; nei casi in cui si verifica una reale modificazione della concentrazione idrogenionica del sangue, si parla di acidosi o di alcalosi scompensate. Il pH dei principali liquidi organici normali è il seguente: per l'urina, 5-7; per il liquor 7,5; per il latte di donna, 6,9-7,1; per la linfa, 9.
Fenomeni d'ossido-riduzione. - L'ossidazione può avvenire o per mezzo dell'ossigeno dell'aria (ossigenazione) o per mezzo d'ossigeno sottratto ad altro sistema chimico, che in tal caso si riduce (ossidazione anaerobia o legata). Quest'ultimo tipo d'ossidazione appare un fenomeno di deidrogenazione, e ha dato origine alla teoria dell'attivazione dell'idrogeno di H. Wieland. Sottraendo idrogeno, si può operare un'ossidazione; l'idrogeno sottratto viene fissato da un corpo che ha con esso molta affinità, e che viene detto accettore d'idrogeno: questo può essere l'ossigeno molecolare (che vi si combina a formare acqua), oppure è dato da altre sostanze come il blu di metilene (che fissando idrogeno attivo si trasforma in un composto incoloro), i nitrati (che si riducono a nitriti), il m-dinitrobenzolo, ecc. Secondo tale dottrina, non esiste un'azione ossidante, ma un'azione ossido-riducente; questi fenomeni d'ossido-riduzione si compiono anche nei tessuti viventi, in presenza d'enzimi detti deidrogenasi, e spiegano molte ossidazioni intracellulari complicate, quali quelle degli acidi grassi superiori e degli amminoacidi. Tali reazioni accoppiate si verificano anche per opera d'un tripeptide, il glutatione, che esiste in quasi tutti i tessuti e può agire da riduttore quando si trova allo stato di solfidrato, e da ossidante quando si trova allo stato di disolfuro.
Col simbolo rH si indica il logaritmo naturale dell'inverso della pressione di H nei tessuti o nelle soluzioni (W. M. Clark); un rH alto è l'espressione d'una bassa pressione parziale di H, cioè d'un alto potenziale di riduzione del sistema. Per la misura di rH oggi si fa uso di metodi colorimetrici, basati sull'impiego di materie coloranti capaci d'essere ridotte, acquistando una colorazione diversa da quella della forma ossidata; poiché il colore degl'indicatori è in rapporto anche col pH delle soluzioni, è necessario stabilire questo prima di fare ogni determinazione di rH.
Tensione superficiale. - La tendenza che hanno i liquidi ad assumere la forma sferica, ossia a occupare, per un dato loro volume, la minima superficie, è l'espressione d'una forza, detta tensione superficiale (v. capillari, vasi), per intendere la quale si è fatta l'ipotesi d'una membrana superficiale, avvolgente i liquidi in modo da separarli dal mezzo in cui essi si trovano.
Le sostanze disciolte nell'acqua ne fanno spesso variare la tensione superficiale (sostanze tensioattive); alcune, e sono poche, la elevano; le più la abbassano e si dicono batotone: fra queste ultime ricordiamo i composti organici con molti atomi di carbonio, le sostanze proteiche, i saponi, gli alcoloidi, gli acidi e le basi organiche deboli. Nel caso delle sostanze solubili e pseudosolubili, le molecole indissociate abbassano la tensione superficiale, non gli ioni (F. Bottazzi).
In biologia si sono chiamati in causa i fenomeni di tensione superficiale per la spiegazione di varî fatti, come la possibilità d'alcuni insetti di locomuoversi sulla superficie delle acque, l'ascensione dei liquidi nei capillari delle piante, i movimenti delle amebe e l'emissione di pseudopodî da parte di queste là dove diminuisce la tensione superficiale, la fagocitosi, la contrazione muscolare (dovuta alla tendenza delle miofibrille ad assumere la forma sferica, a causa dell'aumento di tensione superficiale provocato dall'aumentata concentrazione idrogenionica da acido lattico), la conduzione nervea (identificata in una perturbazione di stato superficiale lungo il nervo), ecc. Il metodo di L. Michaelis e P. Rona per la determinazione delle lipasi, e la reazione meiostagminica di M. Ascoli e G. Izar rappresentano entrambi applicazioni pratiche dei concetti di tensione superficiale. Poiché i sali biliari sono batotoni, la loro ricerca nelle urine si suole fare con i fiori di zolfo che precipitano al fondo (reazione di Hay); anche la teoria di J. Traube sulla narcosi si basa su fenomeni di superficie; e la reazione di Wassermann sarebbe dovuta a un aumento della tensione superficiale del siero sifilitico, che avrebbe acquistato un potere precipitante di fronte all'antigene (W. Kopaczewski). La tensione superficiale del sangue (67-70 dine) è un po' minore di quella dell'acqua, a causa dell'azione batotona delle proteine; così quella dell'urina normale (70 dine) e della linfa; invece il valore di tensione superficiale del liquor normale (72-73 dine) s'avvicina molto a quello dell'acqua, per il basso contenuto in proteine.
In relazione col fenomeno di tensione superficiale è quello dell'adsorbimento, che consiste nell'accumulo di sostanze su una superficie limitante, senza che vi sia formazione d'un composto chimico nuovo; lo presentano tutti i corpi che hanno grandi superficie libere, come le sostanze porose, le soluzioni colloidali; esso quindi ha una parte importante nei fenomeni cellulari.
Viscosità. - La viscosità d'un liquido è la resistenza al movimento che manifestano le molecole quando si vuole spostarle in rapporto alle molecole vicine, cioè l'attrito interno che si produce tra le molecole del liquido quando esso si trova in movimento.
Essa dipende dalla coesione esistente fra le molecole, e (nel caso di soluzioni vere) anche dal carattere e dalla concentrazione della sostanza disciolta, nonché (per le soluzioni colloidali) dallo stato d'idratazione delle micelle. Con l'aumento della temperatura la viscosità diminuisce, perché le molecole s'allontanano fra di loro. Per la misura della viscosità del sangue, contenendo esso una porzione corpuscolata che sedimenta in un tubo verticale, s'adopera il viscosimetro di Hess, orizzontale, il quale esige poca quantità di liquido ed evita la coagulazione del sangue, per il fatto che la misura avviene rapidamente. Il viscosigrafo di Viale offre la rappresentazione grafica della viscosità dei liquidi. La viscosità relativa all'acqua distillata del sangue totale, a 37°, è 5; quella del solo siero 1,56 − 1,78; quella del solo plasma (per il fibrinogeno che contiene) è 2.
La viscosità del sangue dipende dalla concentrazione totale delle proteine, dalla concentrazione relativa delle singole proteine, dallo stato colloidale di queste, e anche dal numero e dal volume dei corpuscoli rossi e bianchi nell'unità di volume, e dal tenore in CO2; perciò nelle anemie il valore s'abbassa, mentre s'eleva nell'eritremia e nelle leucemie; e la viscosità del sangue venoso è superiore a quella del sangue arterioso. La viscosità del sangue diminuisce nella digestione, aumenta nella fatica, per l'ingestione d'alcool o di caffè, nella profusa sudorazione e per iniezione endovenosa di gelatina o di gomma. La viscosità relativa della linfa è uguale a quella del siero di sangue; la viscosità del liquor s'avvicina a quella dell'acqua (1,02, a 38°).
Un fenomeno fisico-chimico a cui oggi si dà una certa importanza, legato forse ai concetti di tensione superficiale e di viscosità, è quello della velocità di sedimentazione dei globuli rossi, la quale si misura in speciali tubi verticali ed è in rapporto con la proprietà dei corpuscoli rossi d'avere un peso specifico maggiore di quello del plasma. La velocità di sedimentazione aumenta ogni volta che v'è aumento del fibrinogeno e, più che dai corpuscoli, dipende dai caratteri speciali del plasma sanguigno; essa inoltre varia per condizioni patologiche e fisiologiche (è maggiore durante la gravidanza). Il fenomeno è da alcuni riferito al gioco di speciali sostanze a carica elettropositiva sugli eritrociti a carica elettronegativa; da altri a variazione della viscosità del plasma; da altri ancora a modificazioni della tensione superficiale del plasma stesso.
I colloidi. - Poiché la vita è legata allo stato colloidale della materia, è necessario considerare i colloidi (v.) e le loro proprietà.
Si sono fatte diverse classificazioni dei colloidi; la divisione in sol (soluti) e gel (gelificati) non è sostanziale, perché facilmente si può trasformare un idrogel in idrosol (p. es. la gelatina per mezzo del calore), e viceversa; anche la distinzione in colloidi organici e inorganici è poco soddisfacente; invece la classificazione in sospensoidi ed emulsoidi è quella oggi più accettata, intendendosi per sospensoidi quei colloidi le cui particelle solide sono come sospese nell'acqua, senza contrarre però alcuna relazione con le molecole di questa; e per emulsoidi quei colloidi le cui particelle solide sono come emulsionate nell'acqua e, per la loro affinità con questa, sono circondate da una sfera acquosa, cioè imbevute d'acqua, idratate. Ecco perché i sospensoidi sono detti anche colloidi idrofobi e gli emulsoidi colloidi idrofili. Per di più, gli idrofobi sono chiamati anche colloidi irreversibili, perché, una volta separati dall'acqua, non sono in grado di ritornare allo stato colloidale quando sono riportati in quella; mentre i colloidi idrofili sono detti anche reversibili, perché capaci di riprendere lo stato colloidale perduto.
Tra i colloidi idrofili meritano una distinzione le sostanze proteiche, le quali, essendo costituite da grosse molecole, s'avvicinano ai colloidi, e, comportandosi come elettroliti anfoteri, s'avvicinano ai cristalloidi e (in soluzione) alle soluzioni vere; anzi, secondo J. Loeb, l'unione delle proteine agli acidi e alle basi avviene come per i cristalloidi, ossia secondo la legge delle proporzioni definite, tenuto però presente il pH delle soluzioni. Infatti, essendo anfolita, una proteina può esprimersi con la seguente formula generale: H • R • OH. In soluzione acida, la proteina si dissocierà così: H • R • OH ⇄ (H • R)+ + OH-, e si comporterà come base, formando sali con gli acidi presenti; in soluzione alcalina: H • R • OH ⇄ H+ + (R • OH)-, e si comporterà come acido, formando proteinati. Ne risulta che le sostanze proteiche, a differenza degli altri colloidi idrofili, posseggono una conduttività elettrica e una pressione osmotica relativamente alte, variabili secondo il loro stato di dissociazione. Ma al punto isoelettrico (che, tranne poche eccezioni, per le proteine risiede sempre nella zona acida, tra pH 4 e pH 6) le sostanze proteiche si trovano allo stato di molecole indissociate, sono quindi scaricate. Ne consegue che al punto isoelettrico le proteine presentano la minima stabilità, la massima precipitabilità e quindi la minima solubilità, la minima pressione osmotica, la minima conducibilità elettrica, la minima tensione superficiale e la minima viscosità; di qua e di là dal punto isoelettrico, i valori di pressione osmotica, di conducibilità, di viscosità, di tensione superficiale aumentano, ma fino a un certo punto, perché, raggiunto un massimo (coincidente col massimo grado di ionizzazione del sale di proteina formatosi), l'aggiunta ulteriore d'acidi o di basi provoca nuova diminuzione di questi valori (per diminuzione della dissociazione del sale di proteina). Si comprende da ciò quale importanza abbia il pH isoelettrico delle proteine dei tessuti e dei liquidi dell'organismo; a esso sono legati molti fenomeni fisiologici e patologici.
Fenomeni di diffusione e permeabilità cellulare. - Ponendo a contatto due liquidi miscibili, essi si mescolano tra loro per formare un mezzo omogeneo, ossia d'uguale composizione in ogni sua parte; questo mescolamento costituisce il fenomeno della diffusione, che varia con la natura dei liquidi (essendo più rapida quanto più piccole sono le molecole), è accelarata dalla temperatura, e la sua velocità è proporzionale alla concentrazione (Th. Graham).
Se tra due liquidi miscibili si interpone una membrana permeabile, la diffusione si compie ugualmente bene. La permeabilità delle membrane varia a seconda della grandezza dei pori: alcune trattengono solo le particelle grossolane in sospensione (carta da filtro); altre si lasciano attraversare soltanto dall'acqua e non dalle sostanze disciolte (membrane semipermeabili); altre infine lasciano passare l'acqua e le molecole dei cristalloidi, mentre trattengono quelle colloidali (membrane dializzatrici). Di queste ultime (pergamena, collodione, cellulosa, ecc.) si fa uso in biologia per isolare le sostanze colloidali (dialisi); applicazioni pratiche sono: l'ultrafiltrazione dei colloidi attraverso una membrana colloidale, l'elettrodialisi e la dialisi compensata (L. Michaelis e P. Rona), in cui le molecole cristalloidali non attraversano la membrana dializzatrice se dall'altro lato esiste una uguale concentrazione di esse; quest'ultima si è dimostrata utile per stabilire se un ione metallico si trova libero in una soluzione colloidale oppure è legato ai colloidi. Oggi si dà importanza al cosiddetto equilibrio di Donnan, il quale si crea tutte le volte che due elettroliti, di cui uno possiede un ione colloidale, sono separati da una membrana dializzatrice: per effetto di esso non può stabilirsi un'eguaglianza degli ioni cristalloidali di qua e di là dalla membrana, perché in tal modo la carica dello ione colloidale non verrebbe neutralizzata; invece la concentrazione globale degli ioni cristalloidali diviene maggiore dal lato ove si trova il colloide elettrolitico, creandosi così una differenza di potenziale (potenziale di membrana) tra i due lati della membrana stessa. Con questo equilibrio è possibile stabilire la genesi fisico-chimica del liquor e di altri liquidi dell'organismo, i quali sono dializzati naturali del siero di sangue.
Supponendo che le cellule viventi siano limitate esternamente da una membrana, si resta dubbiosi a quale tipo essa appartiene; in verità, non può essere né una membrana semipermeabile, né una membrana dializzatrice, perché non si potrebbero spiegare i fenomeni del metabolismo cellulare. Né la struttura lipoidea di questa membrana (teoria di C. E. Overton), né il rapporto tra capacità delle sostanze di penetrare nelle cellule e capacità batotona delle sostanze stesse (teoria di J. Traube) soddisfano pienamente; talché il problema della permeabilità cellulare è tuttora aperto. Oggi, con R. Höber, S. Baglioni e altri biologi, è necessario distinguere una permeabilità fisica da una permeabilità fisiologica, quest'ultima in relazione ai bisogni fisiologici della cellula.
Legge di azione di massa e fenomeni catalitici. - Lo studio della cinetica chimica è dominato da un principio fondamentale, o legge di azione di massa di Guldberg-Waage (1864), secondo cui, a temperatura costante e in mezzo omogeneo, la velocità d'una reazione chimica è proporzionale alle concentrazioni delle sostanze che si trasformano. Essa si verifica per le reazioni reversibili che si compiono cioè in entrambi i sensi e che possono esprimersi con la seguente equazione: A ⇄ B (le due frecce indicano il doppio senso della reazione).
La costante di velocità d'una reazione e il suo equilibrio possono variare per l'azione della pressione (nei sistemi gassosi, la velocità aumenta con la pressione), della temperatura (il cui aumento fa aumentare la velocità di reazione), in alcuni casi per l'azione delle radiazioni luminose (reazioni fotochimiche), ma specialmente per l'azione dei catalizzatori chimici, i quali sono corpi che fanno aumentare la velocità d'una reazione per mezzo della loro massa che è piccolissima di fronte a quella delle sostanze in reazione; essi poi si ritrovano inalterati alla fine di questa. Al fenomeno si dà il nome di catalisi. Si distingue una catalisi omogenea, in cui il catalizzatore ha lo stesso stato fisico dei corpi che reagiscono; e una catalisi eterogenea, in cui esso è allo stato solido, quasi sempre finemente suddiviso. Le spiegazioni dei fenomeni catalitici in mezzo omogeneo sono puramente chimiche; queste però non sempre s'adattano alla catalisi eterogenea, per la quale intervengono fenomeni d'adsorbimento, in quanto i corpi che prendono parte alla reazione si concentrano sulla superficie del catalizzatore; esso dunque agisce per la sua superficie. L'accelerazione qui dipende non da un aumento della costante di velocità, ma dall'aumento della concentrazione che i corpi raggiungono sulla superficie adsorbente. I catalizzatori più attivi di questo gruppo sono quindi quelli di natura colloidale; a questi si possono avvicinare quei catalizzatori biologici che sono i fermenti. Ma per questi, oltre ai fenomeni d'adsorbimento, hanno forse importanza anche i fenomeni chimici (come nella catalisi per trasmissione), il che verrebbe attestato e dalla loro specificità, e dall'esistenza d'un optimum di pH, di temperatura, ecc., al quale l'attività dei fermenti è massima.
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