fiso
S'incontra sedici volte, sempre in poesia e, a eccezione di If IV 5 e Pd XXIII 9, XXIX 9, sempre in rima. Ha di solito valore avverbiale, di " fissamente ", " intensamente "; è invece aggettivo, col significato di " fisso con lo sguardo o col pensiero ", " intento ", " intensamente attento " in Vn XXXI 14 49 E quando 'l maginar mi ven ben fiso, e in Pg XI 77 tenendo li occhi con fatica fisi, unico esempio di plurale. In Pg XXXII 9 per forza mi fu vòlto il viso / ver' la sinistra mia da quelle dee, / perch'io udi' da loro un " Troppo faso! " potrebbe essere aggettivo se, anziché sottintendere nell'apostrofe " Troppo fiso! " rivolta a D. dalle virtù teologali il verbo ‛ guardi ' o ‛ contempli ', come crede la maggior parte dei commentatori, si pensasse all'ellissi della forma verbale ‛ sei ' o di un costrutto più ampio, contenente anche un sostantivo (‛ il tuo sguardo, il tuo contemplare è '), come hanno suggerito il Landino e il Vellutello, e tra i commentatori moderni il Mattalia.
Ben sette volte si ripete la correlazione fiso/viso (nelle varie accezioni di " volto ", " aspetto " e " vista ") in fine riga (Vn XIX 12 55-56, XXXI 13 48-49, Rime LXXXVII 18-20, Cv III Amor che ne la mente 60-61, Pg III 104-106, XXIII 41-43, XXXII 7-9); e ancora nella non troppo rigorosa rima interna Ma guarda fiso là, e disviticchia / col viso quel che vien sotto a quei sassi (Pg X 118-119; un caso simile si avrebbe in Pg XIII 43, seguendo l'edizione del'21: Ma ficca 'l viso per l'aere ben fiso; il Petrocchi però legge Ma ficca li occhi). In Rime XCIII 10, in rima con avviso, significa " certo ": 'n ogni parte mi pare esser fiso / ch'ella verrà a farti gran disdetta.
In nove passi l'avverbio f. è strettamente unito a un verbo indicante l'azione del " fissare lo sguardo ": tre volte nel costrutto fraseologico ‛ mirar f. ' (Vn XIX 12 56, Rime LXXXVII 20, Cv III Amor che ne la mente 61); cinque volte in ‛ guardar f. ' (Rime CIII 76, Pg III 106, X 118, XXIII 41, Pd XXIII 9), e due volte nella forma rafforzata ‛ riguardar f. ' (If IV 5, Pd XXIX 9; in quest'ultimo passo, però, l'edizione del '21 reca fisso).
In Pd XXXI 54 La forma general di paradiso / già tutta mïo sguardo avea compresa, / in nulla parte ancor fermato fiso, il Casini aveva optato per la lezione fermato il viso, spiegandola: " Dante dice che lo sguardo non aveva fermato il viso, cioè che il suo contemplare non aveva fissati gli occhi ecc. "; tale lezione non trova riscontro in nessuno dei commentatori citati nel Secolare commento, né nei moderni, a eccezione del Passerini e del Torraca, il quale ultimo però nel commento pare essersi dimenticato della sua scelta, dal momento che chiosa: " il poeta aggiunge che non ancora aveva firmato fiso lo sguardo, non aveva guardato attentamente in nulla parte ".
Mentre la varietà degli usi tra f. e ‛ fisso ' (f. è documentato, sempre in rima con ‛ viso ', anche nel Tesoretto 2915; in Guido Cavalcanti Era in penser d amor 41; in Lapo Gianni Angioletta in sembianza 12; ‛ fisso ', stando alla documentazione di cui finora si dispone, sembra trovarsi in D. per la prima volta) è delimitabile abbastanza chiaramente, non altrettanto chiaro è il rapporto etimologico tra le due parole. Per ‛ fisso ' è ovvia la derivazione dal latino fixus (partic. pass. di figere, " figgere "), per f. è molto probabilmente da escludere che si tratti di una variante grafica: è stato proposto (Battisti-Alessio, Dizionario) che sia un deverbale, o più esattamente un participio senza suffisso di ‛ fisare ', voce però datata al XVI secolo, da ‛ fissare ' per incrocio con ‛ visare ' (latino volgare visare, per il latino classico visere, iterativo di videre).
Il diminutivo ‛ fisuzzo ' è attestato, con significato affine, solo in Rime dubbie VI 10 io mi pensava di darti copiuzza / di quella donna che miri fisuzzo, in un componimento di tono burlesco. Le rime o desinenze in -uzzo, -uzza e simili sono frequenti nelle poesie e anche nelle prose ‛ comiche ' dei primi secoli.