fisonomia
. Il termine compare solamente in Cv IV XXIV 6 Platone, del quale ottimamente si può dire che fosse naturato e per la sua perfezione e per la fisonomia che di lui prese Socrate quando prima lo vide. Per comprenderne il significato, bisogna ricordare che, se per noi la f. rappresenta l'insieme delle fattezze del volto di una persona, per gli antichi, D. compreso, s'intendeva propriamente, secondo una tradizione ben viva nel Medioevo, " l'arte di congetturare le qualità interne dall'esterna figura dell'uomo ".
D. ci pala quindi di un " giudizio " che intorno alla buona costituzione psico-fisica di Platone dedusse Socrate dalle fattezze del filosofo. Il fatto a cui allude il poeta deriva da un aneddoto del De Dogmate Platonis di Apuleio (cfr. Opera, a c. di F. Oudendorff, Leyda 1823, II 182), mutuato da D. forse attraverso il De Somno et vigilia di Alberto Magno, ove (III I 1) si scrive che Socrate in Platone " ingenium optimum per physiognomiam de exteriore conspicatus est facie ".