fissazione
Nella tecnica microscopica biologica, operazione necessaria a conservare l’oggetto che si vuole osservare (un intero organismo, o un frammento di organo, di tessuto, ecc.). Ha lo scopo di uccidere rapidamente le cellule, conservandone, per quanto possibile, l’intima struttura e inattivando gli enzimi che possono attaccare e disgregare le sostanze che costituiscono il protoplasma. La f. si ottiene con trattamenti capaci di denaturare rapidamente le proteine e di precipitarle in stato di gel, e di rendere insolubili gli altri componenti cellulari: ci si avvale per ciò di agenti fisici (congelamento, calore umido e secco), o più spesso di agenti chimici (opportune miscele a base di alcol, formalina, soluzioni di sali di metalli pesanti, acidi, basi, ecc.) che si possono usare a freddo o a caldo. ● In oculistica, la capacità dell’occhio di assicurare la formazione dell’immagine, in modo costante, sulla fovea della regione maculare della retina. ● In psicoanalisi, lo stretto legame tra certi impulsi istintuali e impressioni od oggetti dell’infanzia. Gli impulsi, in tal caso, non si sviluppano, e ciò può dar luogo sia a forme di perversione (qualora essi non siano ricusati dall’Io adulto) o a formazioni di compromesso e a sintomi nevrotici (se l’Io se ne difende con la rimozione o altro meccanismo). La f. è dovuta sia a fattori ereditari predisponenti, sia a esperienze d’acquisizione; in entrambi i momenti assume importanza la quantità delle energie e degli stimoli in gioco. La forma della nevrosi dipende dal luogo o dal livello di f. degli impulsi: così la f. agli oggetti infantili della fase fallica predispone all’isterismo, la f. alla fase anale alla nevrosi ossessiva, ecc.