FITOSOCIOLOGIA
. Costituisce una recente branca della geografia botanica (v. fitogeografia, in questa App.); per alcuni anzi rappresenterebbe un nuovo fondamentale indirizzo della botanica, sino a tempi recenti dedicata in prevalenza all'indagine di fenomeni individuali della vita vegetale ("idiobotanica"), oggi attenta anche ai fenomeni collettivi. Si potrebbe definire molto genericamente la f. come la scienza che studia gli aspetti della vita in comune degli organismi vegetali; tuttavia dalla vasta produzione scientifica degli ultimi quarant'anni suo compito essenziale appare chiaramente quello di tipizzare gli aspetti della vegetazione. Tipi fondamentali sono le "associazioni" vegetali. Il nome non deve far pensare a qualche cosa di simile alle "società" degli animali, con organizzazione centralizzata, ma a fatti di convivenza di significato ancora oscuro e da indagare causalmente, che giova analizzare, mettere in evidenza, confrontare.
I primi studiosi, fatti accorti dell'esistenza di aggruppamenti di piante, non casuali, ma con una certa costanza di caratteri e di fisionomia, hanno cercato di circoscriverli, di descriverli sulla base delle caratteristiche ambientali che si ripetevano al ripetersi degli aggruppamenti stessi. Ma risultò difficile mantenersi d'accordo su questo modo di tipizzazione dato il gran numero di fattori e di incognite dell'ambiente; così si ricorse al criterio della "dominanza" di una specie che risultasse specialmente evidente per massa di esemplari o per la loro grandezza. Furon così distinti boschi di Larix decidua (Lariceti), arbusteti a Calluna (Brugo, perciò Brughiera), pascoli a Nardus (Nardeti), e via dicendo; notevole imprecisione e incertezza ne derivavano però in tutti i casi in cui la specie dominante risultava possedere un'ecologia molto ampia in confronto ai diversi possibili corteggi di specie accompagnatrici.
Il metodo di tipizzazione oggi predominante e che si può considerare "fitosociologico" in senso più stretto, consiste nel prendere in considerazione un gruppo di specie che possa risultare in più alto grado "caratteristico" di un'associazione, cercando di rendersi conto anche delle corrispondenti condizioni ambientali. Rimane perciò fondamentale la definizione di "associazione" sanzionata nel Congresso internazionale di botanica del 1910: "Un'associazione è un aggruppamento di piante di determinata composizione floristica, di unitarie condizioni ambientali, e di unitaria fisionomia". Nel 1915 J. Braun-Blanquet precisava ulteriormente: "l'associazione è un aggruppamento vegetale più o meno stabile e in equilibrio col mezzo ambiente, caratterizzato da una composizione floristica determinata, in cui certi elementi esclusivi o quasi (specie caratteristiche) rivelano con la loro presenza un'ecologia particolare e autonoma".
Da questa definizione risulta che le associazioni devono essere fondate su un complesso di osservazioni qualitative e quantitative elaborate statisticamente. Di ogni singolo aggruppamento si precisa la "composizione floristica", e per ciascuna pianta, con cifre per lo più da 1 a 5, si apprezza l'"abbondanza" (numero di individui), la "dominanza" (grado di copertura), la "sociabilità" (grado di aggregazione), eventualmente la "vitalità", lo stadio fenologico, la forma biologica, e via dicendo. Si riuniscono in tabelle i dati floristici e le cifre riferentesi a un certo numero di "rilevamenti" onde porre in evidenza concordanze e diversità; queste tabelle costituiscono le diagnosi floristiche delle associazioni. Da tale lavoro statistico tabellare emerge la possibilità di riconoscere determinati gruppi di specie come esclusivi o quasi di determinate associazioni; è stato adottato perciò il criterio differenziale fornito dalle cosiddette "specie caratteristiche" riconoscibili sulla base della "fedeltà" cioè della preferenza, elettività o esclusività riconosciute nei confronti delle associazioni cui appartengono.
È importante osservare che la definizione floristica e statistica dell'associazione vegetale costituisce soltanto la prima fase, necessaria, su cui fondare le ulteriori indagini. Si può dire infatti che una definizione floristico-statistica non è fine a se stessa, né può fornire un soddisfacente quadro di un aggruppamento vegetale. Devono essere approfonditi quindi tutti i caratteri anche ecologici, genetici, corologici, che corrispondono e giustificano causalmente l'astrazione floristica. Avviene così che l'associazione vegetale risulti, dopo esauriente indagine, anche una unità ecologica, anzi una pietra di costruzione della sintesi fitogeografica considerata nel senso più esauriente e moderno. Indubbiamente il fondamento, il punto di partenza dell'associazione è "floristico", ma la larga esperienza di quasi mezzo secolo di ricerche permette di poter fare affidamento sull'associazione come specchio rivelatore di condizioni ambientali che altrimenti sfuggirebbero anche alle più attente e faticose indagini ecologiche.
Il complesso di regole per il rilevamento e per la tabellazione può ben dare l'impressione di un metodo automatico di schematizzazione, poco rispondente alla realtà così mutevole del mondo vegetale. Ma si può osservare anzitutto che la capacità dell'osservatore, anzi la stessa sua soggettività conservano una funzione decisiva, che si esplica specialmente nella scelta di aggruppamenti "omogenei" su cui fondare non ingannevoli osservazioni statistiche. In secondo luogo si deve tener presente il significato solo "metodicamente" statico dell'associazione; ogni associazione non rappresenta una condizione immobile, immutabile, ma una fase più o meno stabile in quel vasto dinamismo, in quel divenire continuo che è la vera caratteristica della vita vegetale nel mondo che ci circonda. Per quanto possa parer paradossale è proprio necessario fissare le associazioni, onde poter contare su qualche punto di appoggio e di riferimento nell'indagine e nei tentativi di rappresentazione del grandioso complesso fenomeno, altrimenti inafferrabile, del trasformarsi, evolversi e anche degradarsi del manto vegetale. Quando si domanda se l'associazione è una realtà o soltanto un'astrazione si pone una questione solo accademica; ciò che importa è che il concetto di associazione risulti conveniente, espressivo, non sostituibile allo stato attuale delle conoscenze, con altri più convenienti e più espressivi.
La vasta produzione scientifica fitosociologica che va espandendosi dai paesi europei anche all'Africa, all'Asia, all'America, ha determinato tale massa di unità associazionali da imporre un tentativo di classificazione, di ordinamento sistematico. Ad analogia di altre sistematiche, si è venuta creando anche una sistematica delle associazioni vegetali, per la quale queste si possono aggruppare in ranghi superiori: le alleanze, gli ordini, le classi. Con la desinenza -etum si conia il nome delle associazioni (es. Fagetum, Molinietum, ecc.), con -ion quello delle alleanze (es. Fagion), con -etalia quelle degli ordini (es. Arrhenatheretalia), con -etea quello delle classi (es. Querceto-Fagetea).
Tale sistematica, oggi paragonabile, quanto a intrinseco valore, alla classificazione artificiale Linneana delle piante, non deve esser ritenuta ingiustificata. Ha una funzione ordinatrice, permette collegamenti utili con vastissimo materiale offerto dalla letteratura scientifica, e assume ogni giorno di più un interessante valore e significato perché tende a trascendere una caratterizzazione meramente floristica. I complessi di associazioni si riuniscono ormai sempre più chiaramente in unità superiori di significato chiaramente ecologico ed anche corologico. In tale direzione va ricercato un superamento di schemi ritenuti troppo artificiosi dalla critica moderna.
L'importanza dell'indagine fitosociologica diventa sempre più notevole anche in campo applicativo (f. applicata). È facile comprendere che una tipologia della vegetazione spontanea (ma anche quella coltivata è suscettibile di analoghe ricerche) costituisca un prezioso fondamento per la sperimentazione agronomica e forestale. Tipi di pascoli, di prati, di foreste vengono oggi studiati ovunque non solo a scopo naturalistico, ma per permettere razionali bonifiche, miglioramenti, ricostruzioni, pianificazioni. Solo sulla base di una tipologia si può del resto fondare quella cartografia della vegetazione che sta diventando oggi il mezzo più efficace di sintesi delle condizioni della vegetazione e dell'ambiente per le più svariate esigenze della ricerca e dell'applicazione. Risulta oggi specialmente fertile di risultati l'abbinamento di ricerche fitosociologiche con quelle pedologiche, che perseguono una tipologia dei suoli; il dinamismo stesso della vegetazione risulta più chiaro e intelligibile coordinato con quello del terreno su cui la vegetazione stessa si evolve. Se poi si uniscono anche osservazioni macroclimatiche e microclimatiche si raggiunge la sintesi più soddisfacente: suolo-clima-vegetazione.
Ma una sintesi ancora più vasta è quella che oggi perseguono i biogeografi cercando di riconoscere non solo gli aggruppamenti vegetali, ma coordinati con questi, anche quelli animali. Le unità fondamentali sono in tal caso le "biocenosi", la disciplina che se ne occupa è la biosociologia.
La fitosociologia in accezione più larga (e si potrebbe allora più propriamente chiamarla fitocenologia) può comprendere anche orientamenti diversi da quello sin qui illustrato. Una classificazione degli aggruppamenti vegetali (in senso lato "fitocenosi") vien perseguita con criterî corologico-ecologici da E. Schmidt, con criterî dinamico-floristici da F. E. Clements e da A. G. Tansley, col criterio delle serie ecologiche da V. N. Sukačëv, su basi genetiche da V. B. Sočava. Tuttavia il metodo che ha ancor oggi più larga fortuna, e sia pure con orientamenti speciali da parte di scuole derivate, è sempre quello di J. Braun-Blanquet, che del resto rimane aperto a ulteriori sviluppi.
Bibl.: H. Gams, Prinzipienfragen der Vegetationsforschung, in Viert. Nat. Ges. Zürich, LXIII (1918); G. E. Du Rietz, Zur methodologischen Grundlage der modernen Pflanzensoziologie, Uppsala 1921; J. Braun-Blanquet e collab., Prodromus der Pflanzengesellschaften, 1-7, 1933-40; id., Pflanzensoziologie, 2ª ed., Vienna 1951; V. Giacomini, Considerazioni sul concetto di "associazione vegetale", in Archivio botanico, XXVIII (1952); R. Knapp, Experimentelle Soziologie der höheren Pflanzen, Stoccarda 1954; R. Tomaselli, Introduz. allo studio della fitosociologia, Milano 1956; H. Ellenberg, Grundlagen der Vegetationsgliederung, Stoccarda 1956; Periodici specializzati: Vegetatio (L'Aia); Angenwandte Pflanzensoziologie (Stolzenau a. W.); Angewandte Pflanzensoziologie (Vienna); Veröff Geobotan. Institut Rübel (Zurigo); Mitteil. florist.-soziol. Arbeitsgemeinsch. (Stolzenau a. W.).