BARATELLI, Flaminio
Nacque a Fiscaglia, frazione di Migliarino (Ferrara), nel 1776. Fuggito il padre per evitare una pena per delitto comune, il B. trascorse una fanciullezza e una giovinezza misere e infelici a Ferrara dove fu portato e istruito da Giacinto Zanzi, ex gesuita spagnolo, uomo di poco limpida fama. Di ingegno vivo, riuscì negli studi, si iscrisse all'università e si distinse ottenendo nel 1798un premio negli esami di diritto costituzionale. Aderì con entusiasmo alla Repubblica cisalpina e fu tra gli animatori del Circolo costituzionale di Ferrara, ove tenne discorsi in cui propugnava la necessità di educare i giovani alle virtù repubblicane e all'amore per la libertà e l'indipendenza (Discorso pronunciato nel Circolo Costituzionale di Ferrara sotto li 7. Fiorile dal cittadino Baratelli..., Altro discorso del cittadino Baratelli... nel circolo Costituzionale il giorno 17. Fiorile Anno 6, riuniti in opuscolo edito a Ferrara nel 1798).
Al sopraggiungere degli Austriaci, abbandonò Ferrara, peregrinò in vari luoghi e, dopo Marengo, si stabilì a Bologna ove ricoprì l'ufficio di membro dell'amministrazione ambulante del Basso Po e, più tardi, quello di commissario organizzatore del dipartimento, ufficio che poté tenere solo per breve tempo per le irregolarità amministrative e gli arbitri commessi. Tornato a Ferrara, dapprima si diede ad esercitare l'avvocatura e, più tardi, fino al 1813, fu amministratore di una vasta azienda di Mesola, di proprietà di uno straniero: anche in questa attività fu accusato di irregolarità e di falso.
Perduto l'appoggio del governo napoleonico per la sua torbida attività, passò alla parte avversaria e si pose al servizio dell'Austria per cui, al ritorno delle truppe imperiali (novembre 1813), fu eletto commissario generale di polizia dal gen. L. Nugent (9 genn. 1814),che egli seguì a Parma ove ebbe, tra l'altro, l'incarico di disporre quanto era necessario per il libero e sicuro viaggio del pontefice che era stato consegnato dai Francesi agli avamposti imperiali. Per questa ed altre attività fu insignito di onorificenze. Fu poi a Roma e a Vienna chiamato dal Nugent per testimoniare contro il Murat: nel 1815infatti scrisse anche un libello nel quale intendeva dimostrare che solo scopo del Murat era stato quello di servire la causa del Bonaparte sotto la maschera di alleato di casa d'Austria (Memorie sulla condotta politica e militare tenuta da Gioacchino Murat...,Italia 1815). Le argomentazioni del B., esposte sotto forma epistolare, si fondavano soprattutto sull'esperienza diretta dell'autore nelle vicende politico-militari della pianura padana.
Dopo la restaurazione era di nuovo a Ferrara: il 31 marzo 1816 fu nominato commissario camerale delle valli di Comacchio, incarico per il quale brigava sin dall'anno precedente presso il cardinale Consalvi e che tenne sino al 1821 quando seguì il gen. J.-M. Frimont a Napoli.
Nei quattro anni della sua gestione commissariale il B. tenne con la Segreteria di stato una fitta corrispondenza, inviando in particolare dettagliate relazioni sulla produzione e sulle rendite delle valli e progetti per un riscatto da parte della S. Sede degli antichi diritti su Comacchio, nonché proposte di un nuovo regolamento (soprattutto significativo è un suo voluminoso Ristretto generale delle ragioni, che assistono la R. C. A. alla ricupera delle antiche sulle Valli di Comacchio…, conservato in Arch. di Stato di Roma, Fondo Camerale,III, busta 904;altra copia, ivi, busta 921, e in Biblioteca Comunale di Ferrara).
Allorché il B. seguì le truppe austriache a Napoli, ottenendovi la carica di commissario generale di polizia per tutte le province al di qua del Faro (28 luglio 1821 - 5 giugno 1822), decadde dal precedente incarico, che venne soppresso. Il B. tuttavia nell'autunno 1822 e nell'anno seguente continuò invano a chiedere alla S. Sede, con interventi della corte di Napoli, del Nugent e del Frimont, di essere ripristinato commissario camerale per Comacchio.
A Napoli iniziò quella attività antiliberale che doveva renderlo negli anni seguenti assai odiato dai rivoluzionari italiani; in quel periodo appoggiò in particolare il gen. Frimont anche contro l'attività del principe di Canosa intesa a far rivivere la setta dei "calderari".
Rientrato a Ferrara, tornò alla ribalta delle vicende politiche delle Legazioni quando nel 1830, scoppiata in Francia la rivoluzione, offrì di nuovo la sua opera all'Austria e organizzò un vasto servizio di spionaggio nelle Romagne e nelle Marche allo scopo di prevenire sommosse.
Scoppiata la rivoluzione nel febbraio del 1831, operò attivamente, sia pur inutilmente, per impedire la sollevazione di Ferrara, e, quando le truppe austriache occuparono la città, venne chiamato a far parte di una commissione di governo della quale egli fu in pratica l'arbitro. Seguendo ancora una volta l'esercito austriaco, fu ad Ancona ove, secondo quanto narra egli stesso, fu lui a consigliare l'arresto della nave che portava in salvo i profughi.
Negli avvenimenti seguenti (1831-32) il B. si appoggiò più al commissario pontificio cardinale Albani che all'Austria (fu tra l'altro contrario all'intervento austriaco presso il pontefice con la missione Sebregondi nel 1832) in un gioco non del tutto chiaro: quando nel maggio 1832 ottenne il richiamo del cardinale Albani, Metternich avrebbe voluto che il B. fosse allontanato come console in qualche paese lontano o chiamato a Vienna con un incarico direttamente sotto il controllo del governo imperiale.
Il B. tuttavia fu sostituito solo più tardi dal conte Tellarini, rimanendo in Romagna come intendente delle dogane pontificie nelle Legazioni, mentre l'imperatore Francesco I, con diploma del 24 apr. 1833, lo creava barone con titolo ereditario. Non cessava intanto il B. di corrispondere con Roma con proposte di riordinamento o riforme amministrative, talora in contraddizione con la sua posizione antiliberale: il pontefice nel 1834 si lamentava per un progetto di riforme, inviatogli dal B., contenente proposte nettamente liberali, forse dettate al B. dalla preoccupazione di mantenere il governo pontificio nelle Legazioni. D'altro canto il B. continuava la sua politica di persecuzione dei liberali attirandosi l'odio della popolazione.
Caduto in disgrazia presso il governo pontificio perché sospetto di aver tentato di introdurre e diffondere a Ferrara e nelle Romagne la setta "ferdinandea" filo-austriaca, fu esiliato dalla città per breve periodo, nel 1843. Ritornato a Ferrara, ebbe ulteriori poco chiare vicende finanziarie. Cadde trafitto con una pugnalata, pare per vendetta politica, la sera del 14 giugno 1847.
Fonti e Bibl.: Arch. di Stato di Roma, Fondo Camerale,III, buste 904, 921-922; Memoria autoapologetica di F. B. ferrarese Commiss. gener. di polizia 1813-1833, con pref. e note di p. Antolini, in Atti della Dep. ferrarese di storia patria, XIII(1901), pp. 165-286; C. Zaghi, Grazio Ronchi Braccioli deputato al Congresso Cispadano,in Rass. stor. del Risorgimento, XXI(1934), pp. 1396-99, 1412-21; La rivoluzione del 1831 nella cronaca di Francesco Rangone,a cura di G. Natali, Roma 1935; La rivoluzione del 1831 nella cronaca di Francesco Rangone. I moti riformisti nelle Legazioni (giugno 1831-gennaio 1832),a cura di G. Natali, Roma 1936; Lo Stato pontificio e l'intervento austro-francese del 1832 nella cronaca di Francesco Rangone,a cura di G. Natali, Roma 1937, v. Indice dei tre voll.; R. Moscati, IlRegno delle Due Sicilie e l'Austria. Documenti dal marzo 1821 al novembre 1830, Napoli 1937, I,pp. 42 s., 58, 152; II, pp.95, 101, 164, 241; W. Maturi, Ilprincipe di Canosa,Firenze 1944, pp. 162 s. e n. 3, 168 e n. 4, M s., 239; E. Morelli, La politica estera di Tommaso Bernetti, Segretario di Stato di Gregorio XVI,Roma 1953, p. 153 e n. 21; L. Pásztor- P.Pírri, L'archivio dei governi provvisori di Bologna e delle Provincie Unite del 1831, Città del Vaticano 1956, pp. XVI n. 1, XLVII n. 2, LIII n. 1, LVIII n. 1, 588, 591; L. Pásztor, L'intervento austriaco nello Stato pontificio nel 1832 e i cardinali Albani e Bernetti, in Studi Romagnoli, VIII(1957), pp. 551-552 e n. 95, 556, 573-576 (estr.); N. Nada, Metternich e le riforme nello Stato pontificio. La missione Sebregondi a Roma, Torino 1957, pp. 31 s., 35 n. 19, 43, 46 n. 44, 53 n. 68, 151, 157 n. 108.