TRESTI, Flaminio
TRESTI, Flaminio. – Lodigiano, nacque intorno al 1560.
Non si hanno notizie circa l’estrazione familiare e l’iter ecclesiastico del musicista – soltanto dai Vespertini concentus del 1590 si apprende che i Tresti erano devoti del vescovo di Lodi, il milanese Luigi Taverna, e che il musicista apparteneva all’Ordine degli eremitani di s. Agostino – né tantomeno circa la sua formazione musicale. Le dediche dei primi due libri di madrigali (1585, 1587) sono firmate in Cremona; il suo nome tuttavia non compare negli scritti dell’erudito cremonese Giuseppe Bresciani (1589-1670), né nella Cremona literata di Francesco Arisi (Parma 1705). In città la coltura della polifonia profana, attestata da numerosi libri di madrigali e canzonette di musicisti locali, dovette fiorire in particolare nell’Accademia degli Animosi, fondata nel 1560 per iniziativa del vescovo Niccolò Sfondrati, il futuro papa Gregorio XIV, e soppressa nel 1588 (Tibaldi, 2013).
Le scelte poetiche del musicista lodigiano, così come la dedica del Primo libro de’ madrigali a cinque voci (Venezia, Gardano, 1585), mostrano qualche convergenza con l’attività dei compositori attivi a Cremona, tra cui Marc’Antonio Ingegneri e Claudio Monteverdi (Delfino, 1995). Tresti, in data 6 agosto, dedicò le sue «primizie musicali» al sedicenne Ranuccio Farnese, prossimo ad assumere la reggenza del Ducato di Parma e Piacenza in vece del padre Alessandro: può darsi che cercasse una protezione o un riconoscimento da parte dei Farnese, emulando l’atteggiamento di altri compositori che negli anni precedenti si erano rivolti a Ottavio Farnese, come Tiburzio Massaini e Pietro Vinci nel 1571, così come poi fece lo stesso Ingegneri nel 1586.
Dei quindici componimenti contenuti nel libro, quasi tutti in forma di madrigale, soltanto cinque sono riconducibili a poeti segnalati, come Giovanni Battista Amalteo, Torquato Tasso, Luigi Groto, Antonio Ongaro e Luigi Tansillo: suo è il sonetto proemiale, Felice l’alma che per voi respira, che Tresti poté attingere dal Primo volume delle rime scelte da diversi autori (Venezia, Giolito, 1563), in cui figurano anche il madrigale di Amalteo, Tra bei rubini e perle, e altri componimenti da lui musicati nei libri successivi. È notevole la presenza del madrigale Laura, mentre ti bacio del padovano Antonio Ongaro. Il testo presenta una variante che non trova riscontro nelle successive edizioni a stampa delle rime di Ongaro, apparse postume a partire dal 1600, né nelle intonazioni musicali date da altri musicisti, dove il nome di Laura è sostituito da una più generica Filli: la rara variante insinua il dubbio che Tresti abbia avuto per mano una primissima stesura del componimento (Ongaro fu al servizio di importanti famiglie nobili e membro della romana Accademia degli Illuminati, istituita da Isabella Pallavicini, consorte di Mario Farnese).
Il secondo libro de’ madrigali a cinque voci (Venezia, Gardano, 1587) fu dedicato il 27 agosto a Giovanni Carlo Lercari, figlio di Davide Imperiale e di Aurelia de Marini: Franco Lercari, marito della zia materna Antonia de Marini, aveva eletto Giovanni Carlo a erede testamentario e per fedecommesso gli aveva imposto l’uso del cognome Lercari in vece del patronimico Imperiale, al fine di mantenere la memoria della famiglia (Testamento di Franco Lercaro q. Niccolò, Genova 1799, pp. 15 s.; l’uso del cognome Lercari è confermato anche dall’atto di morte: «Gio. Carolus Lercarius – Die primo Iunii 1632», Genova, Archivio della Parrocchia di S. Maria Maddalena, Atti di battesimo, matrimonio e morte (1604-1668), c. 317r). Si ignora tuttavia la natura della relazione del musicista con il nobile genovese e con i «molti amici e servitori suoi» menzionati nella dedica.
Anche qui le scelte poetiche situano l’autore in un contesto idealmente cremonese. Senza disdegnare sonetti e stanze di rimatori di metà secolo (Benedetto Varchi, Vincenzo Quirini, Giovanni Guidiccioni, Girolamo Muzio, Sebastiano Gandolfi), Tresti mostrò una predilezione per i temi e le espressioni proprie del madrigale epigrammatico, componimenti caratterizzati dalla concisione e densità delle immagini, costellati di rimandi alla letteratura classica e al mito. Il libro si apre con il madrigale tassiano Dolcemente dormiva la mia Clori, che appena tre anni dopo ricomparve nel Secondo libro de’ madrigali di Monteverdi (Venezia, Raveri, 1590); a differenza di Monteverdi, tuttavia, la scrittura di Tresti lascia trasparire una formazione da organista, poco incline all’osservazione del contenuto testuale e più in generale alle innovazioni stilistiche che in quegli anni fermentavano nel genere madrigalesco. Dei quattro madrigali di Girolamo Casone, già allora considerato tra i massimi innovatori del genere poetico (Durante - Martellotti, 2015, pp. 367 s.), Che fai che non involi e Neve e rose ha nel volto erano disponibili nelle Rime degli Academici Affidati di Pavia (Pavia, Bartoli, 1565), ma Se con dolce armonia e Pasco gl’occhi e l’orecchie, all’epoca ancora inediti, dovettero pervenire al musicista in forma manoscritta. I madrigali di Casone avevano già suscitato l’interesse del cremonese Ingegneri, che nel 1579 ne intonò due ancora inediti (Durante - Martellotti, 2015, p. 144), mentre Monteverdi, nel citato Secondo libro, ne pubblicò poi un altro, Bevea Fillide mia: questo stesso madrigale Tresti musicò e incluse, pochi mesi dopo Monteverdi, nel proprio Terzo libro. Non si sa per quali vie i versi manoscritti di Casone siano arrivati a Tresti e agli altri cremonesi che ne intonarono i versi, ma l’origine cremonese del protettore del poeta, il barone Paolo Sfondrati (deceduto pochi mesi prima che Tresti pubblicasse il suo libro), deve aver svolto un ruolo: non si può escludere che il nobile mecenate fosse coinvolto nella citata Accademia degli Animosi (Tibaldi, 2013, p. 106). La fortuna incontrata dal secondo libro di madrigali di Tresti è avvalorata dal fatto che la sua intonazione di O come è gran martire, su versi di Battista Guarini, fu ristampata nel Primo libro a cinque voci del barese Giovanni Pietro Gallo (Venezia, Vincenti, 1597).
Il terzo libro de’ madrigali a cinque voci (Venezia, Gardano, 1590), firmato da Casale Monferrato il 12 novembre, è dedicato a Vincenzo Gonzaga: il duca di Mantova e del Monferrato, dice Tresti, li aveva ascoltati e apprezzati in una sua residenza monferrina («Mio signore, presento a V.S. serenissima quei madrigali stampati che scritti a penna udì tanto volentieri in San Salvatore»; Torelli, 2007, pp. 134 s.). Non si sa quale relazione avesse il musicista lodigiano con i Gonzaga o con Casale, ma è noto che nel 1604 collaborò, forse in veste di consulente, all’acquisto di un organo dei fratelli Vitani da parte del convento agostiniano casalese di S. Croce (Le fonti musicali in Piemonte, 2014, p. XXIX).
Il primo libro di musica da chiesa di Tresti, Vespertini concentus senis vocibus concinendi (Milano, eredi Tini, 1590; erronea la data 1589 registrata in taluni repertori), è indirizzato al citato vescovo Taverna (che fu in stretti rapporti con il cardinale Sfondrati; cfr. Porro, 1888). La dedica esprime la gratitudine dei familiari («totius [...] familiæ Trestorum») al presule lodigiano: segno di una relazione personale o implicito auspicio di poter presto trovare impiego nella città natale, come in effetti accadde l’anno dopo?
Già nel 1589 il concittadino Gabriele Pingirolo aveva inserito un Magnificat di Tresti in coda ai suoi Vespertini concentus quatuor concinendi vocibus (Venezia, Gardano, 1589), che dedicò al vicario cardinalizio Ottavio Saraceno, in data 26 novembre da Alessandria: circostanza non trascurabile, alla luce dei successivi incarichi che i due compositori lodigiani ebbero in quella città. Anche Pingirolo dovette appartenere all’Ordine degli eremitani: dalla dedicatoria del suo Primo libro di messe a cinque voci (Venezia, Vincenti, 1591) risulta che egli risiedeva allora nel convento agostiniano di S. Maria dell’Incoronata di Milano.
Nei primi anni Novanta Tresti rientrò a Lodi come maestro di cappella in duomo. Le dediche del Primo libro delle canzonette a tre voci (1594) e del Quarto libro de’ madrigali a cinque (1596), entrambi stampati a Venezia da Gardano, ne attestano la presenza almeno fino al 1596, ma non è improbabile che egli abbia mantenuto l’incarico fino al 1598, quando gli subentrò il cremonese Massaini, anch’egli eremitano. L’omaggio rivolto a due illustri membri della comunità lodigiana mostra il radicamento nel territorio natale: le canzonette sono intestate a Giovanni Francesco Costeo, letterato, filosofo, docente di medicina a Pavia, Macerata e Pisa (Agnelli, 1917, p. 301); i madrigali a Francesco Pontiroli, di una famiglia di ricchi possidenti terrieri, impegnato nel consolato civico (pp. 350, 607, 738).
Per il terzo e il quarto libro di madrigali e per le canzonette Tresti selezionò ben tredici componimenti di Livio Celiano, nom de plume sotto il quale si celò il monaco benedettino Angelo Grillo nel pubblicare i propri madrigali erotici, apparsi nelle Rime di diversi celebri poeti dell’età nostra (Bergamo, Ventura, 1587). Dalla stessa raccolta attinse madrigali nuovissimi di Battista Guarini, frammischiandoli a rare rime di Tasso, di Alessandro Guarini e di Filippo Alberti. Ma tra i madrigali del 1596 vi sono anche un sonetto di Benedetto Varchi e uno stralcio dall’Arcadia di Iacopo Sannazaro, peraltro assai fortunato tra i compositori di tutta Italia, I lieti amanti e le fanciulle tenere. Da questo libro il milanese Aquilino Coppini trasse il contrafactum latino del madrigale Se la mia vita sete, incluso nel Secondo libro della musica di Claudio Monteverde e d’altri autori fatta spirituale (Milano 1608).
Nel 1601 fu assunto come organista nella cattedrale di Alessandria, con Pingirolo maestro di cappella (Baldi, 2003, p. 67). Nel 1613 mandò alle stampe gli ultimi due libri noti, le Messe a quattro voci, libro primo, con il basso continuo per l’organo (Milano 1613) e le Messe a cinque voci con il basso continuato per l’organo, libro primo (Venezia 1613); firmò le due dediche il 22 gennaio e il 24 marzo da Alessandria, rivolgendosi ai canonici della cattedrale di S. Pietro in Bergoglio e a Cornelio dal Pozzo, abate nella stessa cattedrale. Nel 1628 l’editore strasburghese Johann Donfried inserì la Missa super Adjuro vos, dalle Messe a quattro, nella Corolla musica missarum XXXVII.
Morì in data e luogo imprecisati. Nel 1612 un Flaminio Tresti è annoverato tra i presidenti e consoli del Comune di Lodi (Timolati, 1888, p. 15), ma non è certo che si tratti dell’organista.
Resta notizia di alcune opere perdute. Un libro di Messe a otto voci con la parte per l’organo dovette uscire prima del 1605, quando comparve nel catalogo librario dei Giunti (Firenze 1604 ab Incarnatione; Mischiati, 1984, p. 129); ancora nel 1651 le Messe a otto con partitura e le Messe a quattro figuravano nel catalogo musicale della cattedrale bavarese di Freising (sotto il nome ‘Flaminio Resti’), mentre non è ben chiara la presenza ivi di un ulteriore volume di Messe a otto voci senza partitura per l’organo di ‘Flamminio Presti’ (Fellerer, 1924). Ai primi del secolo XVIII Giuseppe Ottavio Pitoni menzionò un quinto libro di madrigali a cinque voci (Venezia 1607) di cui non si ha altra traccia.
Nella dedica delle Messe a cinque voci del 1613 Tresti allude a un libro di mottetti a quattro, dedicato «molto tempo fa» allo stesso abate Cornelio: se ne conosce soltanto la ristampa effettuata nel 1610 a Francoforte sul Meno da Wolf Richter per Nikolaus Stein (Flaminii Tresti sacrae cantiones, motectae appellatae, a IV vocibus suavissimis breviter commodeque concinnatae, et iam primum in Germania impressae). È però probabile che un esemplare della perduta edizione italiana fosse ancora reperibile nel 1732 in S. Francesco in Ferrara (lettera di Giovanni Giacinto Sbaraglia a padre Giambattista Martini; Bologna, Museo della musica, H.61.246). L’edizione pubblicata da Stein ebbe una buona diffusione Oltralpe: comparve nelle fiere librarie del 1610 e 1611 e fu segnalata nella Bibliotheca classica sive Catalogus officinalis di Georg Draud (Frankfurt 1611) e nel catalogo dell’augustano Georg Willer (Augsburg 1622; cfr. Schaal, 1963, p. 129). È possibile che l’edizione italiana del volume risalisse a prima del 1607, giacché un mottetto a quattro voci di Tresti, Decantabat populus Israel, ridotto in intavolatura per organo, fu incluso in quell’anno nel Tabulaturbuch von allerhand ausserlesnen, schoenen, lieblichen Præludijs, Toccaten, Motteten, Canzonetten, Madrigalien unnd Fugen von 4, 5 und 6 Stimmen [...] auff Orgeln und Instrumenten zu gebrauchen di Bernhard Schmid iuniore, stampato a Strasburgo.
Tresti fu organista famoso. Per Adriano Banchieri, lui e Antonio Mortaro sono «organisti cellebri» (Conclusioni nel suono dell’organo, Bologna 1609, p. 16). Nelle Rime et altri versi di Giovanni Francesco Medici, canonico nella cattedrale di Lodi e membro dell’Accademia degli Improvvisi, compare un sonetto encomiastico indirizzato «al R.F. Flaminio Tresti musico et organista lodigiano a cui si faceva instanza di alcune sue opre, che per essere finite si doverono ristampare» (Lodi, Biblioteca comunale, ms. XXI/B/37, c. 4r). Due sue canzoni alla francese, La Comasina e La Bignamina, figurano nella Nova musices organicae tabulatura di Johann Woltz (Basilea 1617).
Fonti e Bibl.: G.O. Pitoni, Notitia de’ contrapuntisti e compositori di musica (1713-1730 circa), a cura di C. Ruini, Firenze 1988, p. 189; G.A. Porro, Monsignor Ludovico Taverna 64° vescovo di Lodi, in Archivio storico per la città e comuni del circondario di Lodi, VII (1888), pp. 97-105 (in partic. p. 97); A. Timolati, Serie cronologica dei podestà di Lodi..., ibid., pp. 7-16 (in partic. p. 15); A. Göhler, Verzeichnis der in den Frankfurter und Leipziger Messkatalogen der Jahre 1564 bis 1759 angezeigten Musikalien, Leipzig 1902, p. 87; G. Agnelli, Lodi ed il suo territorio nella storia, nella geografia e nell’arte, Lodi 1917, pp. 301, 350, 607, 738; K.G. Fellerer, Ein Musikalien-Inventar des fürstbischöflichen Hofes in Freising aus dem 17. Jahrhundert, in Archiv für Musikwissenschaft, VI (1924), pp. 473, 478; R. Schaal, Georg Willers Augsburger Musikalien-Lagerkatalog von 1622, in Die Musikforschung, XVI (1963), p. 129; O. Mischiati, Indici, cataloghi e avvisi degli editori e librai musicali italiani dal 1591 al 1798, Firenze 1984, ad ind.; E. Durante - A. Martellotti, Don Angelo Grillo O.S.B. alias Livio Celiano. Poeta per musica del secolo decimosesto, Firenze 1989, pp. 67, 474; L. Pietrantoni - R. Fiorentini, Due musicisti nelle rime di Francesco Medici, in Archivio storico lodigiano, CX (1991), pp. 94, 97, 105-110; A. Delfino, Ingegneri didatta. Alcune ipotesi per una ricerca, in Marc’Antonio Ingegneri e la musica a Cremona nel secondo Cinquecento. Atti della Giornata di studi, Cremona... 1992, a cura di M.T. Rosa Barezzani - A. Delfino, Lucca 1995, p. 45; M. Donà, T., F., in The new Grove dictionary of music and musicians, XXV, London 2001, pp. 720 s.; Miscellanea di studi 5, a cura di A. Basso, Torino 2003 (in partic. S. Baldi, Organisti in Piemonte durante la Controriforma, pp. 66-69; P. Cavallo, Le infrastrutture della musica. Strumenti e repertori delle cappelle musicali del Piemonte centro-meridionale fra XVI e XVII secolo, pp. 96 s.); M. Della Sciucca, T., F., in Die Musik in Geschichte und Gegenwart, Personenteil, XVI, Kassel 2006, coll. 1032 s.; D. Torelli, Il madrigale nella Casale dei Gonzaga: nuove fonti, testimonianze inedite e un unicum milanese, in Musica se extendit ad omnia. Studi in onore di Alberto Basso, a cura di R. Moffa - S. Saccomani, Lucca 2007, pp. 134 s.; R. Tibaldi, Dal Quattrocento alla fine del Seicento, in MusiCremona. Itinerari nella storia della musica di Cremona, a cura di R. Barbierato - R. Tibaldi, Pisa 2013, pp. 106 s.; Le fonti musicali in Piemonte, IV, Alessandria e provincia, a cura di S. Baldi, Torino-Lucca 2014, pp. XXVIII s. , XXXIII; E. Durante - A. Martellotti, «Amorosa fenice». La vita, le rime e la fortuna in musica di Girolamo Casone da Oderzo (c. 1528-1592), Firenze 2015, p. 293; R. Tibaldi, La musica a Cremona all’epoca di Monteverdi, in Philomusica on-line, XVII (2018), pp. 9-12.