ANDÒ, Flavio
Tra i nostri primi attori, fu il più memorabile interprete delle commedie d'amore. Nacque il 17 gennaio 1851 a Palermo; morì il 31 agosto 1915 a Marina di Pisa. Assistendo, fanciullo, alle recite dei filodrmmmatici, nel collegio dove compiva i primi studî, non sognò che il teatro. A quattordici anni portò via al padre duecento lire e fuggì a Napoli, per offrirsi alle compagnie che recitavano al Sebeto, al Partenope, al San Carlino. Adolescente, esile e insignificante, non trovò che ripulse. Tornò a Palermo, e il padre, per punizione, lo tenne chiuso in casa, in mutande, per tutto un mese. Aveva iniziato gli studî classici, ma li lasciò, svogliato, e frequentò le scuole tecniche; pessimo scolaro, ché pensava solo a recitare coi dilettanti. Costretto più tardi a concorrere a un posto di segretario comunale, riuscì terzo o quarto nella graduatoria; ma preferì scritturarsi a trenta lire al mese in una compagnia che recitava al teatro Garibaldi. Sosteneva piccole parti di generico, e si faceva "beccare" tutte le sere. Ma resisteva imperterrito, più che mai risoluto a far l'attore. L'Holler, che aveva fatto parte della Compagnia reale sarda ed era finito a Palermo, lo prese con sé, ma, spaventato dai fischi palermitani, non gli permise di recitare che a Catania. Furono, per Flavio Andò, anni di miseria. Per comperare un paio di pantaloni di tela bianca per La signora dalle camelie, visse cinque giorni di pane e ciliegie. Dopo un anno entrò nella compagnia dell'attore siciliano Rizzotto, il famoso autore ed interprete dei Mafiusi, che batteva i paesetti siciliani e recitava persino nei magazzini di formaggio. Successivamente fece parte delle compagnie Boldrini e Maieroni, Naro, Lambertini; finché fu scritturato da Ernesto Rossi. Gli parve d'aver toccato il cielo. La sua paga era di quattro lire al giorno per il primo anno, di sei per il secondo, di sette per il terzo, di otto per il quarto. Ma aveva la gioia di vivere accanto al Rossi, grande attore, grande maestro. In quel tempo sposò Celeste Paladini, prima attrice della compagnia. Da allora, una continua ascensione. Fu nella compagnia di Achille Dondini, del Vestri, del Belli Blanes, del Ciotti, poi di Cesare Rossi assieme alla Pezzana; finché divenne il primo attore di Eleonora Duse. Dalla vicinanza della grandissima attrice non fu schiacciato. Riuscì, anzi, a far valer meglio la chiara appassionata energia della sua recitazione, tanto è vero che Armando, nella Signora dalle camelie, parve ai pubblici e alla critica, non solo italiani, ben degno dell'insuperata Margherita che era la Duse. Ma, più ancora che la giovinezza di Armando Duval, Flavio Andò era fatto per rappresentare l'innamorato dell'amore, l'uomo che soltanto per l'amore vive, che dei problemi dell'anima femminile solo si occupa, ora tenero, ora galante, ora impetuoso ora scettico, ora credulo ora ironico; il don Giovanni moderno, senza perfidie ma con inesausta curiosità; esperto fino alla scaltrezza e al compatimento, trepido ed aspro, suadente e risoluto, bruciatosi e bruciantesi a tutti i fuochi. Il suo volto dai tratti decisi, la sobria e scaltra eleganza del suo gesto, la vibrazione della sua voce, la finezza semplice e varia della sua dizione, gli davan modo d'impersonare mirabilmente tutte le figure di amanti, o con amarezza pungente, o con gioia trionfante, o con spasimo irritato, sempre con forza umanamente temperata, con una schiettezza rivelante che erano le sue stesse esperienze che rendevano sì vive, comunicative, e quasi autorevoli le parole d'amore che pronunciava. Il repertorio del suo tempo gli offerse singolari opportunità. Basterà ricordare che egli fu, in Italia, il primo interprete degli Amanti di Donnay e del Marchese di Priola di Lavedan. Quest'ultima commedia coincise con la sua maturità un po' grigia e un po' stanca, e gli diede modo di esprimerne artisticamente la sazietà e le nostalgie.
Con la Duse rimase sette anni; poi si associò a Virginia Reiter e a Claudio Leigheb, per diventare poi per sei anni direttore e primo attore della compagnia di Tina di Lorenzo. Tina ed Andò: una coppia artistica perfetta, anche dal punto di vista estetico. Primo interprete di Romanticismo di Gerolamo Rovetta, Flavio Andò vi ebbe un vero trionfo: e, appunto con Romanticismo, nel primo anno della guerra (dopo essere stato con Irma Gramatica, dopo aver rivelato al pubblico Maria Melato, dopo aver recitato con Teresa Mariani, e nella compagnia Paoli-Gandusio, e nella compagnia Piperno-Gandusio con Lyda Borelli), aveva sognato di chiu̇dere, già vecchio e malinconico, la bella carriera. Aveva anzi sperato di potere, per il primo, recitare a Trieste liberata, dove la censura l'aveva sempre proibita, la commedia del Rovetta. La morte lo portò via mentre viveva ormai di questa pura passione.