Giuliano, Flavio Claudio (detto l’Apostata) Imperatore romano, filosofo e letteraro (Costantinopoli 331 d.C
Maranga, presso Tesifonte, Persia, 363). Figlio di Giulio Costanzo e di Basilina, fu col fratello Gallo superstite della strage operata alla morte di Costantino su tutti i discendenti maschi di Costanzo Cloro. Morto Gallo nel 354, fu nominato Cesare da Costanzo II nel 355. Nel 360 a Parigi fu acclamato Augusto dai soldati e marciò verso l'Oriente; mentre si preparava a resistergli, Costanzo morì (361). Morì nel 363 combattendo contro i Persiani. Imperatore dallo spirito acuto, filosofo e letterato, è autore di due opere importanti nella storia del neoplatonismo: l’inno Ad Helios re e l’inno Alla madre degli dei. Nel primo, riprendendo temi già presenti negli Oracoli caldaici, in Plotino e soprattutto nel trattato Sul Sole di Porfirio, G. interpreta il culto solare sviluppatosi nei territori dell’Impero a partire dall’età dei Severi e culminato in Aureliano, alla luce delle complesse gerarchie divine di Giamblico, distinguendo un Sole trascendente – assimilabile all’Uno – dal Sole visibile, di cui il Sole trascendente è fonte e radice. Nel secondo inno G. sviluppa la classica interpretazione neoplatonica del mito di Attis. L’autoevirazione di Attis (nel mito frutto della pazzia suscitata dalla gelosia della Grande Madre, offesa dall’interesse di Attis verso una ninfa) simboleggia il momento in cui il flusso di energia creativa delle intelligenze superiori trova il necessario limite, ritornando presso la propria fonte (la Grande Madre). Questa versione filosofica del culto della Grande Madre (una divinità presente a Roma fin dai tempi della seconda guerra punica, e della quale G. stesso ricostruisce le origini) verrà ripresa dal filosofo neoplatonico Sallustio (che G. nominò prefetto d’Oriente e al quale dedicò l’inno Ad Helios re) nell’opera Sugli dei e il mondo e soprattutto da Proclo, in partic. nel commento al Cratilo platonico. Altra opera importante di G. è il trattato Contro i Galilei, che possediamo solo in parte e che – insieme ai caratteri generali della sua politica di restauratore del paganesimo – spinse i cristiani a chiamarlo l’Apostata, termine con cui è per lo più conosciuto ancora oggi.