ORSINI, Flavio
ORSINI, Flavio. – Nacque a Roma il 7 novembre 1620, secondogenito di Ferdinando, duca di Bracciano, e di Giustiniana di Giovannantonio Orsini, duca di Sangemini. Fratello del cardinale Virginio e di Lelio, principe di Vicovaro, appartenne al ramo più illustre e potente degli Orsini.
Nel febbraio 1642 sposò Ippolita Ludovisi, vedova dal 1637 del principe Giorgio Aldobrandini e madre di Olimpia. Rimasto vedovo a sua volta il 29 aprile 1674, il 17 febbraio dell’anno seguente sposò Marie-Anne de la Trémoille, vedova di Adrien-Blaise de Talleyrand, conte de Chalais. Dei 23 anni di matrimonio, ne trascorsero insieme solo nove: Marie-Anne soggiornò, infatti, più volte alla corte di Luigi XIV per difendere gli interessi del marito e i propri. Da entrambe le unioni, Orsini non ebbe figli. A Roma abitava nel palazzo di famiglia, che si ergeva al posto dell’attuale palazzo Braschi, nel lato sud di piazza Navona, il cosiddetto palazzo ‘a Pasquino’ perché nei pressi si trovava la celebre statua parlante. Spesso Orsini dimorava nel suo palazzo di Bracciano.
Divenuto quinto duca di Bracciano alla morte del padre, nel 1660, fu inoltre duca di Sangemini, principe di Nerola, Scandriglia, principe dell’Impero, grande di Spagna; con il principe Colonna divise la dignità di ‘principe assistente al Soglio Pontificio’, che dava loro il diritto di sedere a turno alla destra del pontifice durante le cerimonie solenni. Ebbe anche il rango di principe straniero presso la corte di Torino (dal 3 marzo 1653) e il 30 gennaio 1671 gli fu concessa la nobiltà veneziana.
Orsini fu al centro di una intensa rete di scambi epistolari con le diverse corti europee (Parigi, Vienna, Madrid ecc.), attraverso la quale riceveva notizie dai rappresentanti stranieri che vi risiedevano e ai quali chiedeva di inviargli Avvisi. Ciò gli consentì di svolgere anche un ruolo di mediazione tra le corti straniere e quella pontificia. Considerato il capo del partito filofrancese, intrattenne rapporti privilegiati con quella di Luigi XIV. Nel 1666 il re gli concesse una pensione; il 24 maggio 1675 fu accolto nell’ordine dello Spirito santo e fatto cavaliere di S. Michele; nella sala degli specchi di palazzo ‘a Pasquino’ sua moglie teneva una ‘conversazione’ ispirata al modello di socialità alla francese. Prese apertamente le parti della Francia nell’affare delle Guardie corse (1662), in quello delle franchigie (1687) e in occasione dell’arrivo del nuovo ambasciatore francese, Henri-Charles de Beaumanoir, marchese de Lavardin (novembre 1687). Le sue esplicite prese di posizione lo misero in difficoltà nei confronti della corte pontificia e nel 1688 fu costretto a cambiare partito e a riconciliarsi con il papa. Lasciò l’ordine dello Spirito santo e ricevette quello spagnolo del Toson d’oro. Luigi XIV ratificò la rottura facendo distribuire ai poveri di Roma la pensione che aveva concesso a Orsini nel 1666.
La profonda trascuratezza di Orsini nell’amministrazione del patrimonio familiare, cui contribuì anche una salute malferma, causò difficoltà finanziarie costanti e lo portò alla fine al fallimento. Nel 1678 fu costretto a mettere in vendita il palazzo di Roma, ma non trovò acquirenti. Liquidò allora altre proprietà (Oriolo, Viano, Ischia di Castro, Cerveteri, Anguillara ecc.). Nel 1690 evitò di misura la messa all’incanto del palazzo romano grazie all’intervento del cognato Joseph-Emmanuel de la Trémoille. Il 1° settembre 1696, infine, Livio Odescalchi acquistò il feudo di Bracciano e il titolo ducale.
Fedele alla lunga tradizione mecenatizia familiare, grande appassionato di musica, possedeva con la moglie un palco nei teatri di Tor di Nona e Capranica. Nel palazzo ‘a Pasquino’ manteneva alcuni musicisti e tenne al suo servizio un copista specializzato in spartiti musicali, Tarquinio Lanciani. Egli stesso scriveva testi destinati a essere musicati. è attribuito a lui il libretto del Dialogo in musica della fama e della gloria (Bracciano 1679), rappresentato nel 1679 nel palazzo ‘a Pasquino’ in onore di François-Hannibal marchese di Coeuvres e duca d’Estrées, ambasciatore straordinario di Francia. Nel 1681 scrisse il libretto di Moro per amore (Bracciano 1697, rist. anast., Roma 1992), messo in musica, su sua richiesta, da Alessandro Stradella, ma l’opera non fu mai rappresentata. Nel febbraio 1683 fece rappresentare, in un teatro costruito appositamente nel suo palazzo, La dama di spirito geloso e la guerriera costante (Bracciano 1683), per celebrare la nascita del duca di Borgogna Filippo, nipote di Luigi XIV. A questa rappresentazione ne seguì un’altra, L’Arsate di Alessandro Scarlatti, finanziata dal cognato Antonio Lante e della quale Orsini scrisse probabilmente il libretto. Oltre la nascita reale, il principe Lante si proponeva di celebrare l’arrivo a Roma della sua nuova sposa, Louise-Angélique de la Trémoille, sorella minore di Marie-Anne. Nel 1683 Orsini e la moglie allestirono un Dialogo per musica nella vittoria ottenuta dall’armi cristiane contro l’ottomane all’assedio di Vienna, per celebrare la fine dell’assedio di Vienna; il libretto (Bracciano 1679) è di attribuzione incerta a Orsini (Franchi, 1988, p. 557), per la musica di Giacomo Simonelli. Tra i musicisti protetti da Orsini, vi furono Alessandro Stradella, Anna Caruso (della quale sostenne attivamente il viaggio alla corte di Francia nel 1682), Ercole Bernabei, Alessandro Scarlatti, Paolo Lorenzani, Bernardino Pasquini, Giovan Battista Vulpio e suo fratello Francesco, Giacomo Simonelli e ancora Giuseppe Trivelli. Raccomandò anche cantanti romane, o attive a Roma, per il teatro S. Moisé di Venezia.
Coltivò inoltre interessi scientifici, in particolare per la matematica, per le belle arti, l’epigrafia e le medaglie. Il palazzo ospitava una collezione prestigiosa di quadri, oltre che di gemme e cammei antichi. La ricca biblioteca conteneva una sezione notevole di libretti e di spartiti. Entrò in Arcadia il 3 gennaio 1692 con lo pseudonimo di Clearco Simbolio, e utilizzò anche l’anagramma Filosinavoro.
Morì a Roma il 5 aprile 1698. Con lui si estinse il ramo degli Orsini di Bracciano.
Opere: Oltre a quelli menzionati, di Orsini sono attestati i libretti La Gelosia, L’Adalinda, Ermenegilda finta schiava, Gli eventi d’amore, Il geloso ingannato, La Doriclea, Le sventure di Lindauro, Il disperato amante (Mandosio, 1692, pp. 108 s.). Si ricordano inoltre: la cantata Lontananza del signor Duca di Bracciano detto Clearco Simbolio (recitata il 5 agosto 1694; Roma, Biblioteca Angelica, Accademia letteraria italiana dell’Arcadia, II, cc. 84r-85r n.n.); il prologo Reggetemi, non posso più (1668; Garavaglia, 2006, p. 182); le commedie in prosa: La Frode amorosa e La Dama Folletta (Mandosio, 1692, p. 109), oltre a Enimmi giocosi (ibid.), Le Rose di Parnaso dedicate ad Apollo, cioè varie composizioni in versi (ibid.).
Fonti e Bibl.: Arch. di Stato di Roma,Trenta notai capitolini, uff. 29, b. 281, cc. 1169r-1379r (inventario dei beni di Orsini); Roma, Arch. storico capitolino, Fondo Orsini, I serie, Corrispon-denza con Flavio Orsini (in particolare bb. 133 s., 145, 277-284, 302-304, 314); Corrispondenza amministrativa (in particolare bb. 320, 377 s., 381, 392, 414: inventario dei mobili, quadri e statue); Ibid., Biblioteca Angelica, Atti d’Arcadia, I; F. Balducci, Per don F. O., figliuolo di don Ferdinando, in Id., Rime, Venezia 1663, p. 169; P. Mandosio, Bibliotheca Romana seu Romanorum scriptorum centuriae, II, Roma 1692, pp. 108-110; C. Issunteo [C. Doni], Notizie istoriche degli arcadi morti, III, Roma 1721, pp. 172-174; P. Litta, Famiglie celebri italiane, f. LXII, 118, Milano 1848, tav. XXIX; F. Boyer, Les tableaux de la Princesse des Ursins à Rome (1713), in Bulletin de la Société de l’histoire de l’art français, 1931, pp. 29-37; Id., La princesse des Ursins et la musique italienne, in Revue musicale, V-VI (1954), pp. 37-41; G.B. Colonna, Gli Orsini, Milano 1955, pp. 190-219; C. Pietrangeli, Palazzo Braschi, Roma 1958, pp. 16 s.; V. Celletti, Gli Orsini di Bracciano. Glorie, tragedie e fastosità della casa patrizia più interessante della Roma dei secoli XV, XVI e XVII, Roma 1963, ad ind.; M. Cermakian, La Princesse des Ursins, sa vie et ses lettres, Paris 1969, pp. 81-86; C. Gianturco, The Operas of Alessandro Stradella (diss., University of Oxford, 1970), pp. 102-105; Id., Sources for Stradella’s “Moro per amore”, in Memorie e contributi alla musica dal Medioevo all’Età moderna, II, Bologna 1971, pp. 129-140; G. Morelli, Giovanni Andrea Lorenzani: artista e letterato romano del Seicento, in Studi secenteschi, XIII (1972), pp. 193-251; G. Rubsamen, The Orsini inventories, Malibu 1980, pp. 26 s.; F. Della Seta, La musica in Arcadia al tempo di Corelli, in Nuovissimi studi corelliani, Atti del Terzo Convegno internazionale (Fusignano, 4-7 settembre 1980), a cura di S. Durante - P. Petrobelli, Firenze 1982, pp. 123-148; S. Franchi, Drammaturgia romana, I, Roma 1988, pp. 461, 477, 483, 552, 557, 564, 576, 670, 721; P. Fabbri, Questioni drammaturgiche del teatro di Stradella, in Chigiana, XXXIX (1988), pp. 91-108; C. Gianturco, O., F., in The New Grove dictionary of Opera, London 1992, ad nomen; S. Franchi - O. Sartori, Le impressioni sceniche, Roma 1994, p. 274; R. Valeriani, La Princesse des Ursins e l’eredità Orsini, in Antologia di belle arti, LIX-LXII (2000), pp. 5-29; E. Simi Bonini, Giovanni Battista Vulpio cantore pontificio, compositore e collezionista, in Florilegium musicae. Studi in onore di Carolyn Gianturco, a cura di P. Radicchi - M. Burden, Pisa 2004, pp. 927-966; A. Garavaglia, Alessandro Stradella, Palermo 2006, pp. 135-138; R. Ago, The Orsini and the aesthetics of everyday life, in Viator, XXXIX (2008), pp. 381-399; C. Castiglione, When a woman “takes” charge. Anne-Marie de La Trémoille and the end of the patrimony of the Dukes of Bracciano, ibid., pp. 363-379; C. Timms, A lost volume of Cantatas and Serenatas from the ‘Original Stradella Collection’, in Aspects of the secular Cantata in late baroque Italy, a cura di M. Talbot, Farnham 2009, pp. 40-42; A.-M. Goulet, Le cercle de la princesse des Ursins à Rome (1675-1701): un foyer de culture française, in Seventeenth-century French Studies, XXXIII (2011), pp. 60-71; Id., Il caso della princesse des Ursins a Roma (1675-1701) tra separatezza e integrazione culturale, in Recercare, XXIII (2012), pp. 175-187.