FLORA
Si dà questo nome al complesso delle piante che vegetano spontanee, naturalizzate e più largamente coltivate in un dato territorio o paese e nello stesso tempo a quegli scritti nei quali esse vengono enumerate e illustrate: esso trova il suo perfetto corrispondente nel termine fauna (v.).
Le specie che compongono le varie flore naturali appartengono alle famiglie e ai gruppi più disparati: esse non si riuniscono per affinità sistematico-filogenetiche, ma in quanto trovano nell'ambiente il minimo di condizioni indispensabili per la loro esistenza, e ciò è dimostrato dal loro raggrupparsi in consorzî o fitocenosi. La ricchezza o povertà di una flora, la zonazione delle specie in rapporto alla latitudine, all'altitudine e all'esposizione, la localizzazione di molte di esse in substrati speciali, lo stato di densità delle cosiddette formazioni chiuse come sono i prati e i boschi, quello di più o meno accentuata rarefazione delle steppe, savane e in genere delle regioni subdesertiche e la stessa fondamentale distinzione delle flore in terrestri ed acquatiche dipendono da svariati fattori che si sogliono distinguere in locali o edafici, in generali o climatici e in biologici. La loro azione è combinata, ma lo stabilirsi di una flora di rupe o di terreno sabbioso è più direttamente dipendente dalla struttura fisica del suolo che non una formazione boschiva, la quale riflette più specialmente le qualità e fattezze del clima e soprattutto la temperatura e la piovosità. Tutti questi fattori operano attualmente, e sin che dura la loro azione sono essi a permettere l'intrattenimento di una specie in seno a una data flora, ad ostacolarne l'espansione oltre certi limiti (solo le piante cosmopolite sfuggirono in qualche modo a tale freno) e dànno ai consorzî vegetali un certo grado di stabilità. D'altro canto la disgiunzione delle aree di molte piante, l'endemismo di conservazione (paleoendemismo), la presenza di specie isolate o di colonie di piante prese in mezzo a una vegetazione diversamente costituita e di più recente irradiazione e molti altri fatti analoghi obbligano a chiamare in causa anche i fattori anteriori o storici e particolarmente la diversa configurazione delle terre e dei mari e i paleoclimi. In altre parole la struttura di una compagine floristica, a meno che non si tratti di un assieme di piante che ripetono il loro avvento dall'azione dell'uomo che può essere quasi contemporanea, non sarà mai ben compresa se non risalendo alle origini e studiandone la storia dello sviluppo, appoggiata, quando possibile, alla fitopaleontologia, specialmente dell'era terziaria e più ancora della quaternaria, durante la quale le varie flore vennero acquistando la fisionomia e l'assetto attuali.
In generale si può dire che le regioni del globo dove persistettero condizioni climatiche di elevata temperatura e di alta piovosità, come sono le tropicali umide, o di isolamento da epoca remota come l'Australia, hanno conservato elementi di paleoflora, molti dei quali fruirono di un'ampia area geografica anche nelle regioni attualmente temperate e fredde, donde furono gradatamente respinti o accantonati dal lento abbassamento di temperatura che si verificò durante il terziario e culminò nelle varie fasi glaciali. Queste favorirono una larga dispersione di tipi micro- ed echistotermici che si mescolarono con la vegetazione orofila originaria delle alte catene montuose nel momento in cui questa, per l'abbassamento dei limiti delle nevi perpetue, discendeva verso le valli, e con essa le risalirono quando le condizioni climatiche tornarono normali, lasciando però qua e là anche in pianura, soprattutto nelle stazioni umide e torbose, le cosiddette colonie microtermiche. Ma durante il quaternario, che fu un'era di forti oscillazioni climatiche, un grande sviluppo nell'emisfero boreale assunsero le formazioni forestali a foglia caduca (faggete, querceti, ecc.) e vi furono anche fasi propizie all'infiltrazione di tipi steppici sin nel cuore delle Alpi e che si son potuti mantenere specialmente nelle vallate a bassa piovosita (Valle d'Aosta, Val Venosta, ecc.). Invece i territorî circummediterranei e le isole atlantiche, per citare solo due esempî più salienti, hanno conservato numerose specie di origine subtropicale già esistenti in Europa nel Terziario, come la paleontologia ha dimostrato per alcuni componenti del bosco umido di Laurinee delle Macaronesie.
Quanto alle opere che vanno sotto il nome di flora, giova sapere che questo nome sorse in Germania nel sec. XVII (G. F. Hoffmann, J. Elsholz, J. G. Volckamer, ecc.), ma si fece strada e s'impose nella prima metà del successivo dopo che Linneo ebbe dato alla luce, con la Flora Lapponica (Amsterdam 1737 e Londra 1792) e con la Flora Suecica (Stoccolma 1745), due modelli del genere, che però non vennero sempre tenuti presenti. Una trattazione floristica deve contenere dati relativi alla località, altitudine, esposizione, e dati di frequenza, sociabilità, sporadicità, ecc. Occorre inoltre rilevare i consorzî e le zonazioni, le specie endemiche o rare e le recenti introduzioni o scomparse. Tanto più il lavoro acquisterà carattere fitogeografico, quanto più i dati accumulati sulle singole specie saranno sottoposti a un'analisi ecologica e storico-genetica.
Parecchie delle antiche flore emergono e s'impongono per il largo corredo di figure, e alcune anzi rappresentano imponenti e preziose iconografie, quali la serie delle opere degli Jacquin e dei Reichenbach, la Flora graeca, voll. 10 in-fol. di J. Sibthorp e Jacq. Ed. Smith (Londra 1806-1840), la Flora neapolitana di M. Tenore (Napoli 1811-38), la Flora fluminensis del Vellosio (Parigi 1827), la Flora brasiliensis di K. F. Martius e continuatori (Lipsia 1840), la Phytographia canariensis di Ph. BarkerWebb e Sab. Berthelot (Parigi 1836-50). Quanto la figura giovi a dare un'idea di piante che, in base alla sola diagnosi, non è sempre facile riconoscere, è a tutti noto; ma un progresso nella stessa diagnostica fu introdotto da J. B. Lamarck nella Flore française che vide la luce in voll. 3 nel 1778, nella quale i caratteri veramente distintivi fra le varie specie si trovano contrapposti in forma di chiavi dicotomiche che ne rendono facile, soprattutto ai principianti, il riconoscimento e la determinazione, sistema che, perfezionato, si trova in numerose flore moderne e specialmente in quelle in cui è preminente lo scopo didattico e divulgativo e che per meglio conseguirlo sono pure corredate da figure incluse nel testo o separate. Va aggiunto che la stessa distribuzione geografica può aiutare, in quanto è noto che, in molti generi, le specie affini tendono a escludersi e perciò, nell'ambito di un territorio, di una zona, di una stazione non esiste, con una funzione vicaria, che quella specie che la flora riporta come propria di quello e di queste. Una flora recente nella quale i varî indirizzi hanno un equo sviluppo e si completano e che porta pure frequenti rimandi alle fonti bibliografiche, alle monografie, cartine fitogeografiche e riproduzione di paesaggi botanici, insomma tutto quel corredo che è giusto richiedere in un' opera modernamente e genialmente concepita, è la Illustrierte Flora von Mitteleuropa di G. Hegi e collaboratori (Monaco 1910-1931; in 13 parti, voll. 7), corredata di 280 tavole a colori e di oltre 5000 figure nel testo.
L'influenza esercitata da Linneo fu tale che tutte le flore del sec. XVIII sono imperniate, quanto alla classificazione, sul sistema sessuale: la 3ª ed. della Flore française del Lamarck, completamente rifusa da A. P. De Candolle (Parigi 1805 e 1815), è il primo esempio di un'opera floristica con classificazione naturale, ma in Italia, salvo qualche eccezione, si seguitò nel vecchio sistema sin verso la metà del secolo scorso, sia per flore regionali, sia per la prima flora generale, quale è la veramente classica Flora italica di A. Bertoloni (voll. 10, Bologna 1833-1854), cui seguirono altri due dedicati alle Crittogame (Bologna 1858-62). Non era ancora ultimata, quando nel 1848 F. Parlatore dava alle stampe il vol. I della Flora Italiana, orientata secondo un sistema di classificazione proprio e che s'inizia con le Monocotiledoni; ma quest'opera importante, di cui videro la luce 10 volumi, cinque dei quali postumi (a cura di T. Caruel), non fu condotta a termine (Firenze 1848-1894).