AMEGHINO, Florentino
Paleontologo, nato a Luján nel 1854 (secondo altre fonti a Moneglia, Chiavari, il 19 settembre 1853), morto nel 1911. È senza dubbio il principale studioso di scienze naturali che l'Argentina abbia avuto e uno dei maggiori paleontologhi dell'epoca attuale. Oriundo ligure, di famiglia modesta, fece i suoi primi studî a Luján, e dopo fu precettore nella scuola di Mercedes. In questi paesi (situati sul fiume Luján, provincia di Buenos Aíres), abbondano i resti dei mammiferi e fossili e dei molluschi di acqua dolce dell'epoca pampeana. La contemplazione di quei resti e i ruderi indigeni dei dintorni, così come la tradizione dei lavori e studî colà compiuti dal precursore della paleontologia argentina, il medico e naturalista Francisco Jabier Muñiz, furono le circostanze che svegliarono la vocazione certamente innata nel giovane A. Il suo grande talento naturale aveva trovato l'indirizzo intellettuale, che fu quello di tutta la sua vita. Presto comprese che in quella Pampa aveva un campo quasi vergine, per la storia delle faune estinte e delle razze aborigene americane. Perciò intraprese al tempo stesso il suo studio paleontologico e antropologico. La presenza a Buenos Aires dello scienziato tedesco Herman Burmeister, nominato nel 1862 direttore del Museo di storia naturale, dando un grande impulso agli studî paleontologici, esercitò un influsso assai notevole su Ameghino.
Dopo essersi ben familiarizzato coi fossili pampeani e dopo avere esaurito le fonti d'informazione che nel paese gli si offrivano allora, compì un lungo viaggio di studio in Europa (1878-1881), aiutandosi col prodotto della vendita di una parte delle sue collezioni, che gli servì anche per la pubblicazione delle sue prime opere. Rimase la maggior parte del tempo in Francia, discepolo e collaboratore di alcuni scienziati, e considerò poi sempre Albert Gaudry come suo maestro.
Nel Journal de Zoologie (V, 1875) aveva già pubblicato, a 21 anni, il suo primo saggio in francese su Nuovi resti dell'uomo e della sua industria mischiati con ossa di animali quaternarî, presso Mercedes. In collaborazione con H. Gervais pubblicò nel 1880, a Parigi, un'importante opera descrittiva su Les mammifères fossiles de l'Amérique du Sud.
Tornato in Argentina, cominciò a pubblicare attivamente libri ed articoli, pieni di dati nuovi e di osservazioni e generalizzazioni audaci e originali. Darwinista convinto, espose le sue teorie sull'evoluzione dei mammiferi in un libro in spagnolo Filogenia (1884), poco conosciuto in Europa perché non tradotto in altro idioma; Antigüedades del hombre en el Río de la Plata (Parigi, Buenos Aires, 1882), opera tuttora fondamentale; Los Mámiferos fósiles de la República Argentina (Buenos Aires 1889; ultima ed., La Plata 1916) che è la più voluminosa opera d'insieme su questo tema. La maggior parte di quest'opera, e lavori minori, si riferivano ai fossili pampeani; ma in quell'epoca pubblicò anche (Boletin de la Academia de Ciencia de Cordoba, 1883-86) studî molto importanti sulla fauna terziaria di Paraná (Entre Rios), basati soprattutto sulle raccolte fatte dal naturalista italiano Pietro Scalabrini, professore della scuola normale di quella città e promotore illustre ed entusiasta delle scienze naturali. Tra i mammiferi fossili così scoperti a Paraná, A. descrisse alcuni che risultavano i predecessori dei pampeani: così p. es., quello che chiamò Scalabrinitherium, rispetto alla Macrauchenia pampeana, scoperta da Darwin e descritta da Owen. In quell'epoca (1883-85), A. fu chiamato alla cattedra di zoologia dell'università di Còrdova, la quale gli conferì il titolo di dottore honoris causa in scienze naturali. Nel 1887 passò ad occupare la vicedirezione del museo provinciale di La Plata, fondato pochi anni prima sotto la direzione di Francisco P. Moreno; ma vi rimase poco tempo. Nel 1891 fondò, in collaborazione con altri colleghi, la Revista argentina de historia natural, della quale pubblicò solo un volume. Da quell'epoca visse privatamente a La Plata, gestendo col suo fratello Juan una piccola libreria, del cui reddito viveva modestamente con la famiglia e pagava tutte le spese dei viaggi di suo fratello minore Carlo. Nel 1902 fu nominato direttore del Museo nazionale di storia naturale di Buenos Aires; questa nomina significava la consacrazione ufficiale dei suoi meriti. L'A. dedicò alla nuova carica impegno ed entusiasmo dando nuovo impulso alla pubblicazione degli annali; ma morì (6 agosto con la profonda pena di non essere riuscito a ottenere per il suo museo un edificio proprio.
Nel 1887 A. pubblicò il suo primo contributo alla conoscenza delle faune del Terziario di Patagonia, come risultato delle memorabili esplorazioni di Carlo Ameghino, che fu suo degno collaboratore per tutta la vita. Queste esplorazioni che si prolungarono per quasi vent'anni in condizioni abbastanza penose, fruttarono numerosi fossili sconosciuti, non solo di mammiferi, ma anche di uccelli, rettili, pesci, molluschi, ed altri invertebrati; ma i mammiferi, che A. descrisse con la brevità che imponeva il loro grande numero, sono quelli che presentano maggior numero di forme straordinarie, diverse da quelle che allora si conoscevano. Questi rinvenimenti sono stati qualificati dalla più alta autorità del tempo (Karl von Zittel, Geschichte der Geologie und Palaontologie, Monaco 1899, p. 840), come "l'avvenimento paleontologico più importante delle due ultime decadi del sec. XIX", dopo la scoperta dei fossili dell'ovest degli Stati Uniti. Ma insieme con quelle centinaia di generi nuovi, che rappresentavano parte del Cretacico e tutti i piani cenozoici, Carlo Ameghino raccolse osservazioni stratigrafiche originali, ciò che permise al fratello di dare, insieme con le descrizioni tassonomiche, un abbozzo delle formazioni geologiche della Patagonia e metterle in relazione con il resto del territorio argentino. E qui che l'opera dell'A. acquista un gran valore geologico. Delle numerose monografie che l'Ameghino dedicò a questa questione, e nelle quali egli stesso dovette modificare più di una volta le sue opinioni, ha dato felicemente un ampio riassunto, con tutta la bibliografia, in un'opera che, malgrado il suo carattere polemico, è fondamentale: Les formations sedimentaires du crétacé superieur et du tertiaire de Patagonie (in Anales del Museo de Buenos Aires, XV, 1906, pp. 558 segg., 568 segg.). Delle lunghe discussioni tra specialisti europei, degli Stati Uniti, e argentini, che precedettero e seguirono quest'opera dell'A. non possiamo dare qui nemmeno una sintesi, ma è indispensabile, per avere un'idea almeno approssimata dell'opera ameghiniana, sapere in che cosa consistono essenzialmente le divergenze. Si deve riconoscere che A. considerò, in generale, le formazioni cenozoiche dell'America del Sud più antiche di quel che sono in realtà. I piani del Notostylops e del Pyrotherium (generi da lui scoperti), che supponeva appartenessero al Cretacico superiore, si ammette oggi che appartengano al Terziario inferiore (Eocene); la formazione di Santa Cruz (una delle più ricche di fossili, e dalla quale procede l'Homunculus, unica scimmia fossile finora conosciuta nell'America del Sud) si considera del Terziario medio (Oligocene Miocene), invece che dell'Eocene; e così gli altri piani, fino alla formazione pampeana (la più interessante in certo senso), che A. considerava quasi tutta del Terziario superiore (Pliocene) e che oggi si deve ammettere come quaternaria (Pleistocene) almeno nella sua maggior parte, mentre i piani di Monte Hermoso e Chapadmalal nel litorale bonaerense si è incerti se attribuirli al Terziario o al Quaternario. Ciò nonostante il grande merito di A. consiste nell'aver scoperto le faune con cui caratterizzò quasi tutti questi piani e nell'aver dato uno schema ben fondato della loro correlazione e dell'antichità relativa di essi.
Negli ultimi tre anni della sua vita, A. si dedicò completamente al problema dell'uomo fossile in Argentina che ha pure dato luogo a grandi e spesso aspre discussioni. Descrisse allora varî resti ossei umani del pampeano, nei quali credette di vedere generi e specie di hominides differenti dall'Homo sapiens. Alla luce dell'antropologia dobbiamo ammettere che A. attribuì eccessiva importanza alle differenze morfologiche, che comprovava basandosi spesso su cranî incompleti, deficientemente restaurati o di provenienza stratigrafica non troppo sicura, tanto più che, come abbiamo visto, esagerò anche l'antichità geologica degli strati stessi: ciò nonostante, non si può ammettere nemmeno l'atteggiamento negativo di alcuni dei suoi avversarî. In cambio, le scoperte moderne, compiute dopo la sua morte, confermano in maniera sicura l'esattezza delle sue idee dimostrando che razze umane, geologicamente antiche, erano venute in Argentina (e in altre parti dell'America del Sud) insieme con i rappresentanti delle loro faune estinte. Ciò risulta indiscutibile almeno per la formazione pampeana, ma rimangono molti punti da chiarire definitivamente. Tra questi punti acquista massimo interesse quello che riguarda la presenza dell'uomo nei piani prepampeani (specialmente quello di Chapadmalal), affermata da A. per induzione; i rinvenimenti moderni di diversi ricercatori argentini ed europei, tendono a dargli ragione. L'atteggiamento della scienza europea continua, tuttavia, a mostrarsi troppo scettico, e talvolta a sdegnare questo problema; ma oggi che le passioni personali sono spente, s'impone una considerazione attenta e obiettivamente equanime, cioè scientifica. Il contenuto della prolissa relazione di Ales Hrdlička (Early Man in South America, Washington 1912), pubblicata subito dopo la morte di A., e che sembrava risolvere la questione in maniera negativa, dovra quindi essere ampiamente riveduta.
In sintesi si può affermare che della vasta opera di A. paleontologica (la più importante), e geologica, sussisterà quel tanto che è sufficiente per perpetuare il suo nome nella scienza moderna.
Il governo nazionale ha disposto l'acquisto delle sue collezioni, della biblioteca e dei manoscritti, per il Museo di storia naturale di Buenos Aires, nella cui sala di paleontologia è stato collocato un suo busto in marmo.
Bibl.: Dei numerosi studî biografici e bibliografici sullo scienziato, basterà ricordare i seguenti: Obras completas y correspondencias cientificas, edito dal governo della provincia di Buenos Aires, in corso di pubblicazione (vol. I, La Plata 1913, contiene una ricompilazione di articoli biografici e una enumerazione bibliografica); Juan B. Ambrosetti, in Anales Museo de h. n., Buenos Aires, V, 22 (1912); M. Doello Jurado, in Physis (Rev. Soc. Arg. ciencias naturales), V, 1° (1912).