Vancini, Florestano
Regista e sceneggiatore cinematografico, nato a Ferrara il 24 agosto 1926. L'amore per la terra natale, specie per il delta del Po, ha animato i suoi esordi, mentre tutta la sua carriera è stata caratterizzata dall'interesse per i temi storico-politici, come appare in La lunga notte del '43 (1960), premiato alla Mostra del cinema di Venezia quale migliore opera prima. Di quasi tutti suoi film è stato anche sceneggiatore, sempre in collaborazione con altri.
Diplomatosi al liceo scientifico, fu giornalista al quotidiano "Il corriere del Po" dal 1945, e documentarista dal 1949; tra i suoi cortometraggi spiccano Delta padano (1951), Uomini della palude (1953), Tre canne un soldo (1954) e Uomini soli (1959), tutti incentrati sui problemi sociali della sua regione. A questa sono legati anche i suoi primi passi nel lungometraggio, come aiuto regista di Mario Soldati per La donna del fiume (1954), realizzato a Comacchio, e di Valerio Zurlini per Estate violenta (1959), ambientato sulla riviera adriatica e a Bologna. Il suo primo film a soggetto, La lunga notte del '43, scritto con Ennio De Concini e Pier Paolo Pasolini, è tratto dal racconto di G. Bassani Una notte del '43, ispirato al massacro di undici antifascisti avvenuto a Ferrara, nella notte tra il 14 e il 15 novembre 1943; ma ha un finale più amaro, che stabilisce una continuità tra l'ideologia del fascismo e le ipocrisie del periodo postbellico: dopo vent'anni il figlio di una vittima e il gerarca fascista responsabile dell'eccidio si incontrano salutandosi cordialmente, come se nulla fosse accaduto. Girò poi La separazione legale (1961), episodio del film-inchiesta collettivo Le italiane e l'amore, e La banda Casaroli (1962), efficace ricostruzione delle imprese di un gruppo di rapinatori che avevano seminato il terrore in tutta Italia.
I suoi film successivi non riuscirono a eguagliare l'incisività delle prime opere: La calda vita (1964), dal romanzo di P.A. Quarantotti Gambini, e Violenza al sole o Un'estate in quattro (1969), entrambi sui problemi della coppia; Le stagioni del nostro amore (1966), che ripropone, ma in maniera meno convincente, il tema affrontato nel finale di La lunga notte del '43, quello del tradimento degli ideali della Resistenza; il western all'italiana I lunghi giorni della vendetta o Faccia d'angelo (1967), firmato con lo pseudonimo di Stan Vance; La violenza: quinto potere (1972), dal dramma La violenza di G. Fava, convenzionale affresco del potere mafioso. Con Bronte: cronaca di un massacro che i libri di storia non hanno raccontato (1972) V. offrì invece la sua opera più riuscita: il film denuncia come una macchia sull'epopea garibaldina del 1860 la spietatezza di cui i 'liberatori', guidati da Nino Bixio, diedero prova nella repressione della rivolta contro i proprietari terrieri scoppiata in quel centro agricolo del catanese.
Il successivo Il delitto Matteotti (1973), focalizzato sul consolidarsi della dittatura fascista dopo il rapimento e l'assassinio di G. Matteotti, ha costituito la conferma dell'impegno politico di V., ma è stato anche il suo ultimo film a essere accolto con favore dal pubblico.
Lontani dall'asciutto impianto delle due opere precedenti, ma al tempo stesso privi di un efficace rinnovamento artistico, sono risultati Amore amaro (1974), dal racconto Per cause imprecisate di C. Bernari, e Un dramma borghese (1979), dal romanzo di G. Morselli, entrambi incentrati su tormentate passioni, Passioni popolari o La baraonda (1980), sul mondo del ciclismo, e La neve nel bicchiere (1984), tratto dal romanzo di N. Rossi, sulle vicende di una famiglia di contadini dalla fine dell'Ottocento agli anni Venti.
In seguito V. si è dedicato all'attività televisiva, realizzando tra l'altro le serie La piovra 2 (1986), Piazza di Spagna (1992) e Ferrara (1995).
G. Gambetti, Florestano Vancini, Roma 2000.