FLORIO da Vicenza
Frate predicatore, lo si trova menzionato per la prima volta nell'ottobre del 1278 a Ferrara, quando con ogni probabilità era già succeduto ad Aldobrandino, un suo confratello, nell'incarico di inquisitore in quella città. Il 16 febbraio ed il 25 agosto dell'anno successivo ricevette dal cardinal legato di Romagna e Tuscia Latino Orsini inviti a intervenire sia contro gli ebrei ferraresi, che perseguitavano un ebreo convertitosi al cristianesimo, sia contro ebrei di Aquileia, di Venezia, di Mantova e della stessa Ferrara, i quali, abbracciata la fede cattolica, erano poi tornati alla loro antica religione: il cardinale disponeva che si procedesse nei loro confronti e nei confronti di chi li avesse favoriti, adottando le medesime misure con cui si procedeva nei riguardi degli eretici, facendo ricorso - se necessario - al braccio secolare. Prima di agire, però, F. volle chiedere in proposito un consilium di esperti di diritto, che gli fu rilasciato solo il 26 genn. 1281.
Come inquisitore F. risulta attivo anche a Bologna e a Modena nell'estate del 1279. Il 17 giugno di quell'anno, infatti, esaminò a Bologna un borsarius di nome Giuliano, sospettato di eresia; dopo averlo di nuovo sottoposto ad esame il 13 luglio successivo, il 29 agosto emise la sentenza definitiva. Poco dopo era a Modena: il 20 settembre, in seguito al rogo di un eretico, scoppiò in quella città una sommossa contro di lui, nel corso della quale venne devastato il convento dei domenicani e trovò la morte un religioso. I predicatori abbandonarono perciò la città, dove fecero ritorno solo otto anni più tardi.
L'attività di F. a Bologna - dove ebbe come collega nell'ufficio di inquisitore frate Guglielmo da Cremona - è testimoniata sino allo scorcio del secolo.
Risulta infatti che egli aprì un'inchiesta contro un certo Bonpietro, ma che non riuscì a trovare prove per muovergli addebiti di particolare rilevanza: dovette infatti rimetterlo alla fine in libertà, dopo averlo fatto sottoporre a una non grave punizione corporale. Nel 1283 costrinse alla confessione un tale Bociarino, cui però poi concesse l'assoluzione. Allo stesso modo dovette condursi nell'azione contro una Rosafiore ed una Rengarda, promossa in quel medesimo giro di tempo (impossibile precisare l'anno a causa della laconicità delle fonti). Sempre in quel periodo - anche in questo caso ignoriamo la data esatta del fatto - ricevette da un cittadino di Firenze, certo Donato, garanzie per un altro fiorentino di nome Lippo.
A Bologna, tra il 1285 e il 1287, fu impegnato anche in attività di insegnamento e di studio. Siamo infatti informati che in quegli anni F. professò sacra teologia e compose un commento alle Sentenze di Pietro Lombardo. Sappiamo inoltre che fece ampliare l'edificio che era sede dell'Inquisizione in quella città.
A Ferrara si occupò soprattutto del problema dei relapsi - gli ebrei che, dopo la conversione al cattolicesimo, erano tornati alla pratica della loro antica religione - e di un difficile caso lasciatogli in eredità dal suo predecessore: quello di Aramanno Pungilupo.
L'azione svolta da F. contro i relapsi ferraresi è testimoniata sia dal fatto che il 5 e l'8 nov. 1284 vennero applicate nei confronti di alcuni di loro, riconosciuti colpevoli, le pene previste dal consilium del 1281, sia dalla circostanza che, tra il 1290 ed il 1300, egli fu amministratore dei beni di cinque suore di origine israelitica del convento di S. Caterina.
Ben documentata è l'azione svolta da F. per giungere ad una soluzione del caso Pungilupo. Costui era stato un personaggio complesso e discusso sul piano ideologico-religioso: contrastanti erano i giudizi su di lui, anche dopo la sua morte. Nel 1254 era stato avviato contro di lui, per sospetto di eresia, un procedimento dall'inquisitore del tempo, frate Aldobrandino, ma con la sua vita e le sue opere si era acquistato stima e ammirazione dei concittadini, i quali, dopo la sua morte, avvenuta nel 1269, lo veneravano come santo. Il compito di veder chiaro nella vicenda era stato affidato a F., il quale, il 4 ott. 1274, registrò una deposizione avversa al Pungilupo, rilasciata da una donna, certa Filosofia. Il 29 novembre dello stesso anno verbalizzò quanto gli riferì - sempre sul conto del Pungilupo - un'altra testimone, certa Veneria. F. proseguì l'inchiesta nell'anno successivo, raccogliendo le deposizioni di un Manfredino (30 gennaio), di un Gabriele, di un Angelino, di un Modenese (7 febbraio), di una Rengarda (25 aprile), di un Niccolò (26 aprile), di un Simone (27 aprile), di un Bonaventura (12 ottobre). Aveva così riunito una buona documentazione e ritenne giunto il momento di trasmetterla, con le sue argomentazioni, al papa Onorio IV per demandargli la causa ed attendere da lui il giudizio definitivo. La scomparsa del pontefice (3 apr. 1287) e la lunga vacanza della Sede apostolica costrinsero F. a tornare ad occuparsi della questione Pungilupo. Nel corso del 1288, infatti, raccolse le deposizioni di certo Castellano (6 maggio), di una Iacoba (28 maggio), di Alberto Graziani (16 luglio), di un certo Iarobino. Il caso si trascinò negli anni successivi, senza trovare soluzione.
Le fonti note non serbano particolare ricordo dell'attività svolta da F. come inquisitore nell'ultimo decennio del secolo, a parte la notizia relativa alla sua presenza, appunto come inquisitore, in Ferrara, all'incorporazione del locale monastero di S. Caterina nell'Ordine domenicano (12 febbr. 1298).
Siamo informati che non fu lui, ma un suo vicario, frate Galvano da Budrio, a registrare in Bologna, il 29 maggio e il 14 luglio 1291, due deposizioni dell'eretico Ognibene; che il 4 nov. 1293 una Lucia, novizia del monastero ferrarese di S. Caterina, donò alle consorelle un terreno che F. aveva acquistato per lei; e che il 22 giugno 1297 non fu F., ma il confratello Guido da Vicenza a presenziare in Ferrara alla cessione di un'area di pertinenza del locale convento dei domenicani, da adibire all'esercizio dell'Inquisizione. Frate Guido, che era forse già allora coinquisitore accanto a F., succedette a quest'ultimo nell'ufficio di inquisitore in Ferrara almeno a partire dal 13 genn. 1301.
Il fatto che F. non abbia raccolto, nella primavera-estate del 1291, le deposizioni di Ognibene e che non abbia presenziato alla cessione dell'area di pertinenza del convento ferrarese dei domenicani nel 1297 può forse venire spiegato con una sua assenza connessa con il suo incarico di inquisitore. Certo è che, dopo il febbraio del 1298, egli non appare più ricordato dalle fonti per diversi anni, sino al 1308, quando venne coinvolto nell'inchiesta ordinata, il 28 ag. 1307, dal papa Clemente V sull'operato degli inquisitori dell'Italia settentrionale.
Con lettere del 3 aprile, dell'11 giugno e del 19 luglio 1308, infatti, il pontefice disponeva che si indagasse in particolare sulla consistenza delle accuse di malversazione mosse sia contro F. ed il suo confratello Parisio da Mantova, "un tempo inquisitori", sia contro i vescovi di Ferrara, Guido, e di Comacchio, Pietro.
È questa l'ultima notizia sicura su F. che sia giunta sino a noi.
Le fonti fanno menzione di altri tre domenicani attivi in area veneta tra la fine del Duecento ed il primo decennio del Trecento, che portarono il nome di Florio. Per uno solo di essi è ricordato anche il cognomen toponomasticum. Così stando le cose, è per noi problematico stabilire anche in via ipotetica collegamenti tra F. ed i frati predicatori coevi suoi omonimi.
Siamo informati che un Florio da Verona, coinquisitore in Padova ed in Vicenza, nel 1304 accompagnò presso la Curia romana frate Benigno da Milano, suo confratello e collega nell'ufficio di inquisitore in Padova ed in Vicenza. Questi era stato convocato, con lettera del 29 dic. 1303, dal papa Benedetto XI per sostenere le proprie ragioni sulla vertenza che lo opponeva al padovano Mascara dei Mascari, che venne risolta con sentenza definitiva il 16 giugno 1304, venti giorni prima della morte di quel pontefice.
Le fonti serbano anche memoria di un altro Florio domenicano, di cui non tramandano il cognomen toponomasticum. Questi fu attivo tra Venezia, Padova, Vicenza, Verona, Montagnana, Castelfranco Veneto, San Pietro in Gu, fino a Trento. Il 16 marzo 1306, a Venezia, assunse l'incarico di inquisitore in Padova e Vicenza. Presentò il rendiconto della gestione economica del suo ufficio al capitolo provinciale di Vicenza del 10 marzo 1307 ed a quello di Verona, tenutosi nell'ottobre successivo. Dovette venire a morte tra la fine di dicembre ed i primi del 1308. Di lui ci è pervenuto il registro (Arch. segr. Vaticano, Collect. 133), in cui segnò le entrate e le uscite del suo ufficio sino a tutto il novembre del 1307. Sotto il 1° dicembre appare, in questo manoscritto, la nota "principium infirmitatis", dopo la quale risulta subentrare nella registrazione finanziaria il coinquisitore di Florio, frate Gerardino da Reggio. Questi nel registro segnò anche le spese sostenute per pagare il medico ed i servitori, che assistettero il suo collega ammalato ed annotò cursoriamente la notizia della morte di quest'ultimo, non tralasciando di annotare le somme impegnate per i funerali e la sepoltura del confratello.
Poiché in questo prezioso documento Florio ricorda come suo coinquisitore un frate Benigno, di cui peraltro non menziona il cognomen toponomasticum, egli deve certamente identificarsi con il frate Florio da Verona, che fu inquisitore a Padova e a Vicenza nel 1303-1304. La circostanza che dalle annotazioni contenute nel citato registro egli risulti quasi del tutto contiguo a F. ed in buoni rapporti, probabilmente per continuità, con il frate Guido da Vicenza, che - come si è detto - era già successo a F. nell'ufficio di inquisitore a Ferrara almeno dal 13 genn. 1301, consente di avanzare sia pure con grande cautela l'ipotesi che egli ed F. siano la stessa persona - ponendo però la pregiudiziale che F. fosse già morto quando il papa Clemente V ordinò l'inchiesta sul suo operato di inquisitore.
Forse è da identificare con F. anche il domenicano Florio, di cui le fonti non ricordano il cognomen toponomasticum: priore del convento dei domenicani a Venezia, penitenziere apostolico e cappellano di S. Pietro, dopo la morte del patriarca Lorenzo, di Grado (prima metà del 1295), venne candidato a succedergli in quella sede, ma preferì rinunziare.
Fonti e Bibl.: Arch. di Stato di Padova, Archivio Corona, gen. 7175; Arch. segr. Vaticano, Instn misc., 370, 429, 435; Ibid., Collectoria, 133, cc. 84-102; Ferrara, Bibl. comunale Ariostea, G.A. Scalabrini, Notizia degli uomini e donne illustri, I, 445/3, ff. 61 s.; Ibid., N.A. 40, II, h: A. Franceschini, Regesti di pergamene di archivi ecclesiastici ferraresi, Inquisizione, p. 1 n. ib; Historia fratris Dulcini..., a cura di A. Segarizzi, in Rerum Italicarum Scriptores, 2 ed., IX, 5, p. 57; Chronicon Parmense ab anno MXXXVIII usque ad annum MCCCXXXVIII, a cura di G. Bonazzi, ibid., XV, 2, pp. 35 s., 41, 52 s.; Salimbene de Adam, Cronica, a cura di G. Scalia, Bari 1966, pp. 732, 736.s., 742, 911; G. Zanella, Malessere ereticale in Valle Padana (1260-1308), in Riv. di storia e letter. religiosa, XIV (1978), pp. 346, 364 (ora in Hereticalia. Temi e discussioni, Spoleto 1995, pp. 20, 39); A. Franceschini, Istruzioni benedettine in diocesi di Ferrara (secc. XXV), in Analecta pomposiana, VI (1981), pp. 57 ss.; Acta S. Officii Bononie ab anno 1291 usque ad annum 1310, a cura di L. Paolini - R. Orioli, Roma 1982, in Fonti per la storia d'Italia, CVI, pp. XXXVIII, 12, 14, 17, 21, 33, 35 s., 38 s., 45, 47, 85 s., 94, 99, 114, 302 s., 307, 318, 598 s.; Fra Dolcino. Nascita, vita e morte di un'eresia medievale, a cura di R. Orioli, Novara-Milano 1984, pp. 80, 226; G. Zanella, Itinerari ereticali.patari e catari tra Rimini e Verona, Roma 1986, pp. 28, 30, 33, 91; F.M. Delorme, Un homonyme de S. Antoine de Padoue inquisiteur dans la Marche de Trévise vers 1300, in Arch. franciscanum historicum, VIII (1915), pp. 312-316; G. Presutti, Altri documenti su l'omonimo fr. Antonio da Padova O. M. e l'Inquisizione in Lombardia, ibid., pp. 662-667; G. Biscaro, Eretici ed inquisitori nella Marca Trevisana (1280-1308), in Arch. veneto, s. 5, XI (1932), pp. 150, 159; J. Guiraud, Histoire de l'Inquisition au Moyen Âge, II, L'Inquisition au XIIIe, siècle en France, en Espagne et en Italie, Paris 1938, pp. 575-578; A. Benati, Armanno Pungilupo nella storia religiosa ferrarese del 1200, in Atti e mem. della Deput. provinc. ferrarese di storia patria, s. 3, IV (1966), p. 110; V. Colomi, Ebrei in Ferrara nei secoli XIII e XIV, in Miscell. di studi in onore di D. Disegni, Torino 1969, pp. 77-83, 99-106; Id., Nuovi dati sugli ebrei a Ferrara nei secoli XIII e XIV, in Rass. mensile di Israel, luglio-agosto 1973, pp. 6-13; L. Paolini, L'eresia catara alla fine del Duecento, in L'eresia a Bologna fra XIII e XIV secolo, a cura di L. Paolini - R. Orioli, Roma 1975, I, pp. 2 s., 8 s., 32, 41, 89, 97, 99, 112, 117 ss., 123, 127, 129 ss., 136 s., 139; R. Orioli, L'eresia dolciniana, ibid., II, p. 19; A. Benati, Frater Armannus Pungilupus. Alla ricerca di una identità, in Analecta pomposiana, VII (1982), p. 14; A. Samaritani, La "cura animarum" e la religiosità popolare nella vita ecclesiale di Ferrara dei secc. XIII-XIV, ibid., IX (1984), p. 15; P. Marangon, Il pensiero ereticale nella Marca Trevigliana e a Venezia dal 1200 al 1350, Abano Terme 1984, pp. 29, 31; A. Samaritani, Francescanesimo e società a Ferrara nel Duecento, in Analecta tertii Ordinis regularis Sancti Francisci, CXXXIX (1985), pp. 205 s.; Id., Vita religiosa tra istituzioni e società a Comacchio dall'alto al basso Medioevo (secc. VII-XIV), in Analecta pomposiana, XI (1986), p. 117; Mariano da Alatri, L'eresia nella Cronica di fra Salimbene, in Eretici e inquisitori in Italia. Studi e documenti, I, Il Duecento, Roma 1986, pp. 68, 73; M.G. Muzzarelli, Gli ebrei, in Storia illustrata di Ferrara, Repubblica di San Marino 1987, p. 466; A. Samaritani, I frati predicatori nella società ferrarese del Duecento, in Analecta pomposiana, XIII (1988), pp. 23 ss., 33, 35, 39 s.; Id., La Chiesa di Ferrara tra pieno e basso Medioevo (secc. VIII-XIV), in A. Benati - A. Samaritani, La Chiesa di Ferrara nella storia della città e del suo territorio. Secoli IV-XIV, Ferrara 1989, pp. 286, 310 ss., p. 6 s., 320; C. Eubel, Hierarchia catholica..., II, Monasterii 1914, P. XXV; J. Quetif - J. Echard, Scriptores Ordinis praedicatorum..., I, col. 429.