FMI (Fondo Monetario Internazionale)
FMI
I compiti del Fondo Monetario
Internazionale
Il mandato del FMI si basa su due pilastri fondamentali: contribuire a risolvere le crisi economiche e finanziarie (crisis resolution) e, allo stesso tempo a prevenirle. Gli altri compiti sono: offrire ai propri membri una piattaforma per la discussione di questioni economiche; aiutare i Paesi in via di sviluppo a ridurre la povertà; fornire assistenza tecnica a quei Paesi che cerchino di migliorare le proprie politiche economiche.
Il FMI ha quasi 70 anni di esperienza in questo campo: il primo prestito fu richiesto infatti dalla Francia nel 1947, 3 anni dopo la Conferenza di Bretton Woods. L’approccio seguito dal Fondo nella risoluzione delle crisi mira a creare le condizioni iniziali per la ripresa economica e finanziaria del Paese interessato, in modo tale da consentirne il rinnovato accesso ai mercati finanziari a condizioni non proibitive. A tal fine, il Fondo subordina l’erogazione dei propri prestiti a misure di aggiustamento economico (domestic adjustment). Tale ‘condizionalità’ (ingl. conditionality) è indispensabile per affrontare le radici economiche profonde di una crisi, evitando che questa si ripeta in futuro; essa mira anche a contenere il rischio che le limitate risorse del FMI – in ultima istanza, le tasse pagate dai contribuenti dei suoi Paesi membri – siano messe troppo facilmente a disposizione per creare una rete di salvataggio. Ciò deresponsabilizzerebbe sia i Paesi debitori che i loro creditori privati (moral hazard, ➔ azzardo morale), di fatto creando le premesse per la crisi successiva. La conditionality del FMI è, tradizionalmente, ex post, nel senso che le varie tranche che compongono i suoi prestiti vengono erogate soltanto dopo aver verificato la concreta attuazione di un programma precedentemente concordato fra il FMI e il Paese contraente. Ciò avviene nel corso di missioni, tipicamente a cadenza trimestrale, da parte dello staff del Fondo. Alla conditionality ex post si sono tuttavia affiancate, nel corso dell’ultimo decennio, forme di conditionality ex ante, miranti a prevenire il contagio finanziario verso quelle economie che sono già fondamentalmente sane. In questo caso una linea di credito viene accordata dal FMI, in via precauzionale, a quei Paesi richiedenti che siano già in grado di soddisfare un insieme di criteri di buona condotta predefiniti dal Fondo.
L’esperienza del FMI ha dimostrato che l’attuazione dei suoi programmi di risanamento economico può avere successo nel ripristinare la stabilità macroeconomica e finanziaria, così come la fiducia degli investitori. Ma ciò soltanto se i cittadini del Paese in crisi riconoscono l’importanza e l’utilità delle misure da attuare, nonostante i sacrifici che queste comportano (cosiddetta country ownership). A sua volta, il Fondo ha imparato nel corso del tempo, sulla base degli errori compiuti in passato, a evitare programmi eccessivamente onerosi e dettagliati.
Ai finanziamenti del FMI si possono affiancare quelli di altre entità ufficiali, quali le banche multilaterali regionali, i governi di singoli Stati e, come accaduto negli anni più recenti, l’Unione Europea (official financing). Idealmente, la combinazione di domestic adjustment e official financing dovrebbe fungere da catalizzatore nel generare nuovi flussi spontanei di capitali privati verso il Paese in questione. L’esperienza ha insegnato, tuttavia, che questo non sempre avviene. Nei casi più estremi si rendono inevitabili forme più o meno severe di ristrutturazione del debito sovrano. Nella fase di negoziazione di tali ristrutturazioni, il coinvolgimento dei creditori privati (Private Sector Involvement, PSI) aspira a risolvere problemi di coordinamento che dovessero emergere con il Paese debitore, oppure all’interno del gruppo stesso dei creditori. Essendo questo, infatti, molto numeroso e composito, è naturalmente soggetto a problemi di comunicazione interna ed esterna, a difficoltà nel prendere decisioni e così via.
È il secondo pilastro dell’operato del FMI e consiste in un’attenta sorveglianza (surveillance), mirata a monitorare le economie dei Paesi membri, sia individualmente sia collettivamente, per identificare vulnerabilità che potrebbero condurre a forme di instabilità economica o finanziaria. Così facendo, il FMI formula raccomandazioni da cui le autorità degli Stati membri possono trarre beneficio nella definizione delle loro politiche economiche.
Tradizionalmente, la sorveglianza del Fondo è stata di tipo bilaterale, cioè si è concentrata sui singoli Paesi. Essa è obbligatoria per tutti gli Stati membri, come prevede l’articolo IV degli accordi istitutivi (Articles of agreement) del FMI, e consiste in un processo continuo che raggiunge il proprio apice, di solito una volta l’anno, quando lo staff del Fondo si reca in missione presso il Paese per svolgere una consultazione con le rilevanti autorità locali (Article IV consultations). Il rapporto che ne consegue viene presentato dallo staff al comitato esecutivo (executive board) del Fondo, dove i Paesi membri sono rappresentati. Una sintesi delle discussioni che hanno luogo al board viene poi pubblicata sul website del FMI (www.imf.org) e prende il nome di Public information notice. L’intero rapporto viene anche, di solito, pubblicato a condizione che il Paese interessato ne dia autorizzazione.
L’esperienza della crisi globale iniziata nel 2007-08 ha portato il Fondo a dedicare maggiori sforzi e risorse alla cosiddetta sorveglianza multilaterale. Quest’ultima tiene conto del ruolo cruciale che giocano le interconnessioni fra le varie economie e i vari mercati, e cerca di fornire una lettura integrata dei diversi rischi, inclusi quelli provenienti dal settore finanziario. Il FMI ha pertanto, fra le altre iniziative, compiuto uno sforzo particolare per migliorare i suoi due prodotti principali in tema di sorveglianza multilaterale: il World Economic Outlook (WEO) e il Global Financial Stability Report (GFSR). Quest’ultimo approfondisce gli sviluppi, le prospettive e le tematiche di policy che riguardano i mercati finanziari internazionali. Entrambi i rapporti sono pubblicati due volte l’anno, dopo essere discussi dal board del Fondo.