FODRO (dal longob. fōdr "foraggio")
Durante l'Alto Medioevo era così chiamato il diritto che avevano gli ufficiali pubblici e il sovrano, che si fossero recati in un paese per le loro funzioni, di farsi dare dalle popolazioni foraggi e biada per i cavalli.
Non è improbabile che tale diritto riposi, come altri dell'organizzazione pubblica barbarica, su precedenti romani, cioè sull'annona militaris, prestazioni in natura che si dovevano all'esercito durante il Basso Impero. Il diritto di fodro spettava ai funzionarî che per il loro ufficio si spostavano di paese in paese, come i messi imperiali, all'esercito che accorreva in difesa dal nemico, e, in prima linea, all'imperatore e alla sua corte. Il fodro regale o imperiale si distingue dagli altri perché rara ne era l'esenzione, accordata invece spesso dagl'imperatori alle chiese, insieme con altre immunità. Così nel 792 Carlomagno concesse alla Chiesa Patriarcale Aquileiese l'immunità dal fodro, eccettuato il caso in cui venisse in Italia egli stesso, oppure suo figlio Pipino, e ancora nel 1194, con diploma di Enrico VI, l'abbazia di S. Salvatore sul Monte Amiata fu esentata da ogni gravezza, eccettuato il fodro imperiale.
Nel sec. XI il fodro si trasformò in un'imposta in denaro, che era pagata, secondo una consuetudine stabilita, dai feudali dell'Impero, quando l'imperatore scendeva in Italia.
Vi erano soggette anche le terre della Chiesa, lungo il percorso seguito ordinariamente dagl'imperatori, quando si recavano a Roma per l'incoronazione. Talvolta questa conversione in denaro delle antiche prestazioni in natura era stata sanzionata dagl'imperatori con appositi diplomi, altre volte s'era formata in via consuetudinaria: la famosa costituzione data dall'imperatore Corrado il Salico, nell'assedio di Milano, che fu il nucleo della legislazione feudale, riconobbe che l'imperatore poteva esigere dai possessori di castelli il fodro soltanto nella misura in cui era stato esatto dai suoi antecessori.
Nel periodo che seguì alla lotta delle investiture, nel quale le città italiane stabilirono i loro governi autonomi ai danni dei feudali imperiali, esse s'arrogarono anche il diritto di fodro, che divenne una specie d'imposta di carattere militare. Fu questo uno dei motivi di dissidio fra i comuni italiani e Federico Barbarossa, giacché i primi pretendevano di riscuotere legittimamente il fodro e di esigere la colta, cioè l'imposta ordinaria, mentre l'imperatore asseriva che il fodro era di sua esclusiva spettanza. La pace di Costanza portò a una transazione: i comuni riconobbero all'imperatore il diritto di riscuotere il fodro mediante speciali nunzî, l'imperatore ammise che i comuni potessero conservare le consuetudines che si erano formate nell'esazione di tale tributo a loro favore. Nel corso del sec. XIII il fodro sparì con l'estinguersi della casa di Svevia e con la nuova organizzazione delle finanze comunali.
Bibl.: A. Pertile, Storia del dir. ital., I e II, i, Torino 1896-97; G. Waitz, Deutsche Verfassungsgesch., 2ª ed., IV, Berlino 1885, p. 21 seg.