BORFONI, Folchino
Appartenente a un'agiata famiglia cremonese, di cui si hanno notizie a partire dal 1204, esercitò la professione di retore e di grammatico nella sua città natale tra la fine del secolo XIV e l'inizio del XV.
Scarsissimi i dati biografici: da una lettera indirizzatagli dal grammatico parmense Modio si può desumere che egli nel 1380 fu precettore presso una ricca famiglia cremonese. Nel 1401 protestò, assieme ad altri grammatici, contro il progetto del Consiglio patrimonale di Cremona di abolire il privilegio dell'esenzione da alcune imposte, goduto da giuristi, medici e grammatici. Non è nota la data della sua morte.
La figura del B. si ricostruisce meglio dalle sue opere, tutte ancora manoscritte: il De orthographia (codici ambrosiani H 66 inf. e L25 sup.), che si accosta ad una anonima Orthographia, contenuta nel cod. Ashburnham, app. 1893, del primissimo '400, è, sia pure per poco, la più antica compilazione del genere, nella quale è seguito il metodo medievale di accoppiare la struttura espositiva a quella lessicale. Il B. espone in prosa le teorie ortografiche e riassume in pochi versi le regole e gli esempi. I tre commenti, detti Divisiones, alle Georgiche, all'Eneide e alla Farsaglia di Lucano sono una sorta di appunti ad uso degli scolari (cod. della Biblioteca governativa di Cremona, 12227.129, già L. 9.19). Tre epistole: la prima è indirizzata al Modio e contiene anche un epigramma sulla Farsaglia, la seconda e la terza a Tommaso de Iohannis, un letterato forse lombardo (cod. Ambrosiano C. 141 inf.);il Memoriale Borfonis super decem libris Lucani che riporta un passo di Isidoro in dieci versi leonini e si riallaccia alle Divisiones (cod. Ambrosiano O145 sup.) e il Memoriale Borfonis super Eneyda Virgilii (Oxford, Bibl. Bodleiana, cod. Caonicianus lat. 17), in cui pure riprende le Divisiones e le sunteggia.
L'importanza del B. nella storia della cultura si deve considerare abbastanza modesta e di ordine prevalentemente scolastico. Ebbe tuttavia una certa notorietà fra i contemporanei, come dimostrano le sue lettere.
Il figlio Bartolomeo grammatico come il padre, nel 1400 risulta professore di grammatica e retorica a Verona, col salario di sei lire mensili; nel 1406, quando era "rector scollarum ad Pignam", in seguito a un'offerta assai vantaggiosa da parte del Comune di Vicenza, chiese, per restare a Verona, un considerevole aumento. Poiché il Consiglio dei dodici e quello dei cinquanta non glielo concessero nella misura desiderata, si recò a Vicenza, dove si stabilì definitivamente forse già dall'anno accademico 1406-07; ad ogni modo la prima notizia vicentina a suo riguardo è del 1408, quando ottenne la Sala dei notai per tenervi i suoi corsi.
Nel 1443, probabilmente ormai in età avanzata, lasciò la sua cattedra a Ognibene Bonisoli da Lonigo. Morì il 22 agosto dell'anno successivo. Nel suo testamento, redatto il 7 febbr. 1444, lasciò le sue cospicue sostanze ai mansionari della chiesa di S. Antonio Vecchio, dove fu sepolto; distrutta la chiesa nel secolo XVIII, il suo corpo fu traslato nella cattedrale di Vicenza e tumulato in sagrestia.
Bibl.: I. Savi, Memorie antiche e moderne intorno alle pubbliche scuole in Vicenza, Vicenza, 1815, pp. 25 s.; V. Lancetti, Biografia cremonese, II, Milano 1820, pp. 471 s.; R. Sabbadini, Lettere inedite di Ognibene da Lonigo con una breve biografia, Lonigo 1880, p. 13; Id., Dei metodi dell'insegnamento della sintassi latina, in Rivista di filologia e di istruzione classica, XXX (1902), pp. 310 s.; G. Biadego, Un cremonese maestro a Verona, Verona 1905 (per nozze Avena-Tebaldini); Id., Il grammatico Bartolomeo B. da Cremona maestro a Verona e Vicenza nel sec. XV, in Arch. stor. lomb., XXXIII(1906), pp. 353-365; R. Sabbadini, Elementi nazionali della teoria grammaticale dei Romani, in Studi italiani di filologia classica, XIV (1906), pp. 114 s.; G. Manacorda, Storia della scuola in Italia, II, Palermo 1914, pp. 236, 241; F. Ghisalberti, Mitografi latini e retori medievali..., in Archivum romanicum, VII (1923), pp. 137-154; Id., Per Folchino dei B. grammatico cremonese del Trecento, in Arch. stor. lomb., s. 6, LIX (1932), 1, pp. 159-171; G. Mantese, Memorie stor. della Chiesa vicentina, III, Vicenza 1964, pp. 727-730.