FOLCO
Figlio di Alberto Azzo (II) della stirpe degli Obertenghi, e di Gersenda, figlia di Erberto conte del Maine, sua seconda moglie, nacque probabilmente poco dopo la metà dell'XI secolo. A buona ragione può essere considerato il vero capostipite dei marchesi d'Este, che furono poi signori di Ferrara, Modena e Reggio.
F., all'inizio della sua vita pubblica, agì all'ombra del padre Alberto Azzo, "ditissimus marchio Italiae", il quale - forse come ricompensa per l'azione mediatrice da lui svolta presso Gregorio VII a favore dell'assoluzione di Enrico IV a Canossa - ai primi di marzo dell'anno 1077 riuscì ad ottenere dall'imperatore la conferma dei suoi beni per i figli. Nel documento essi risultano titolari di un vastissimo patrimonio che si estendeva nei comitati di Gavello, Padova, Ferrara, Vicenza, Verona, Brescia, Cremona, Parma, Luni, Arezzo, Piacenza, Modena e Tortona. Proprio la spartizione di tale patrimonio sarà all'origine di diversi contrasti tra F. - che con il padre dopo il 1080 si era schierato dalla parte gregoriana, allacciando contatti con la contessa Matilde di Canossa - e il fratello Ugo, tanto da costringere quest'ultimo ad appoggiarsi, tra il 1093 e il 1095, al partito imperiale.
Nel 1097 la morte del padre segnò l'inizio di una nuova serie di discordie patrimoniali tra F. e il fratellastro Guelfo (IV). Quest'ultimo, escluso in un primo momento dalla successione, avendo già ereditato i beni dello zio Guelfo (III) duca di Carinzia, pretendeva ora di partecipare anche alla divisione, di quelli italiani. In tale disputa, a Guelfò (IV), morto nel 1101, subentrò il figlio Guelfò (V), marito della contessa Matilde di Canossa, il quale, a quanto sembra, poté governare per qualche tempo su diversi luoghi della parte orientale del Regno d'Italia, e in particolare della zona centro-meridionale della Marca Veronese, ad Este, dove la famiglia aveva spostato da tempo il centro dei suoi interessi e donde in seguito essa trarrà il nome. In questo periodo, invece, F. riuscì ad ottenere Monselice e Montagnana, dove con ogni probabilità risiedeva, forse alternando - specie quando il ramo tedesco era impegnato altrove - questa sua sede con la stessa Este. Presso il castello d'Este, infatti, F. nel 1115 compì un atto alla presenza del vescovo padovano Sinibaldo. Tra i due rami della famiglia, la vertenza patrimoniale andrà avanti per diversi anni e si concluderà solamente il 27 ott. 1154, quando Enrico il Leone, duca di Sassonia e nipote di Guelfo (IV), investirà i figli di F. dei beni italiani contestati.
F., soprattutto a partire dal terzo decennio del XII secolo, iniziò ad interessarsi attivamente della zona più meridionale nella quale erano situati i possessi aviti, e particolarmente andò tessendo stretti rapporti con la società ferrarese, nel tentativo di rafforzare il proprio potere in quella città. Centro politico della sua azione divenne il monastero camaldolese di S. Maria di Vangadizza (posto nel Polesine di Rovigo), verso cui la sua famiglia era sempre stata larga di concessioni. Una carta del 7 dic. 1123 mostra un folto gruppo di vassalli dell'abbazia riuniti in Vangadizza; presiedette tale riunione il marchese F., che, quasi a dimostrazione di una sua già riconosciuta preminenza, era stato designato dagli altri vassalli a pronunciare la sentenza in merito ad una controversia per un feudo.
Alcuni anni prima, F. era entrato in rapporti anche con il monastero di S. Maria di Pomposa e con Pietro Torello, eminente rappresentante della nobiltà ferrarese. Con questa, in particolare, i contatti erano divenuti sempre più intensi: nel 1117 e nel 1122 il marchese, infatti, aveva donato beni e diritti di decima al monastero cittadino di S Romano, del quale erano avvocati i Marchesella (famiglia con cui, a detta del Muratori, sembra che F. fosse legato da stretti vincoli di parentela). Tale supposizione si basa su un documento del 12 ott. 1123, ove il marchese compare come teste ad una donazione di Guglielmo (I) dei Marchesella e della moglie Adelasia - figlia forse di Alberto Azzo (II) e, quindi, sorella di F. - alla chiesa di Porto.
Probabilmente ancora in vita nel 1134, F. lasciò diversi figli: Obizzo, Bonifacio, Folco (II), Alberto, Azzo (IV) e, pare, Beatrice. Saranno loro, e in particolare Obizzo (I) e i suoi diretti discendenti, a raccogliere i frutti dell'azione politica iniziata da F., che si concretizzerà pienamente un secolo dopo, nel 1264, con il conferimento ad Obizzo (II) della signoria sulla città di Ferrara.
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