Folla
Per folla si intende il convenire in uno stesso luogo di più persone, spinte da una determinata finalità; per il fatto stesso di trovarsi insieme, le persone sviluppano relazioni e comportamenti che ciascun individuo di per sé non avrebbe. Il termine massa indica invece un insieme di individui astrattamente caratterizzato dalla tendenza verso comportamenti stabili e uniformi.
Una delle dimensioni più appariscenti del mondo moderno è costituita dallo svilupparsi e l'intensificarsi dei fenomeni di folla e dagli aspetti che ne conseguono. Caratteristiche del fenomeno folla sono: 1) il convenire episodico e finalizzato delle individualità che vi partecipano; 2) il mantenimento di una condizione atomistica e di anonimità da parte di questi soggetti; 3) l'emergere tra le varie individualità di una particolare attenzione reciproca e di un legame simpatetico-imitativo, peculiare di un insieme superficiale e mutevole; 4) l'adozione di comportamenti collettivi che si collocano spesso oltre le abitudini e il livello di razionalità delle singole persone.
Nel comportamento di folla la sfera emozionale si libera da ogni controllo e trova un potente elemento amplificatore nella compresenza di altri che manifestano la stessa tendenza. La forte concentrazione degli individui nello spazio fisico, quale si è verificata con lo sviluppo della società moderna, ha moltiplicato il fenomeno folla, che, in società premoderne, prive di reti permanenti di interazione e di strutture comunicative, rappresentava un evento raro. In una società a crescente densità sociale le aggregazioni di folla rappresentano un fatto ricorrente della vita quotidiana, nella quale introducono, a causa della loro instabilità e volubilità, consistenti minacce per l'unità del gruppo, per le norme morali, nonché per l'ordine sociale. A motivo di ciò, la società moderna ha cercato di contrastare la condizione di folla, determinata dalla concentrazione degli individui nello spazio fisico, attraverso la strutturazione di questo (per es. i quartieri della città), una più articolata collocazione degli individui nella società, la creazione di gruppi che rappresentassero diverse tendenze psicologiche e ideali (come i partiti politici) e, infine, l'istituzionalizzazione di bisogni emergenti (come la pianificazione, sempre più estesa e variegata, del tempo libero).
Una maggiore articolazione degli spazi sociali e simbolici ha perciò inteso dare ordine a una più elevata densità degli individui nello spazio fisico (Mongardini 1996). La condizione di semplice aggregazione e di anonimato è stata in parte corretta con segni esteriori, caratteri funzionali, atteggiamenti simbolici, organizzazioni istituzionali che dividessero, distinguessero, dessero un assetto a ciò che la compresenza nello spazio fisico rischiava di trasformare in uno stato di costante instabilità emozionale.
Nell'evoluzione della società moderna, è indubbio che 1'estensione dell'apparato normativo nella vita collettiva e la progressiva istituzionalizzazione dei comportamenti sono stati anche modi di far fronte alla concentrazione degli individui nello spazio e quindi alle crescenti possibilità della formazione di folle. Anche il tentativo di produrre e moltiplicare i fenomeni di massa è uno sforzo di istituzionalizzare le folle, dando a esse un oggetto e un assetto. Mentre la folla è instabilità e potenzialità di cambiamento, la massa fonda la stabilità e la continuità. Nel fenomeno di massa le individualità sono semplificate e uniformate nel comportamento che le accomuna. Questo fenomeno risponde quindi alla necessità di costruire un ordine, pur nell'addensamento spaziale degli individui, e di tradurre la composizione atomistica delle moltitudini in forme coerenti di aggregazione, anche superficiali e provvisorie, ma capaci di fissare le individualità in una comune esperienza. Proprio in ragione di questa puntualizzazione il fenomeno di massa nega la storia, è l'affermazione della cultura del presente (Mongardini 1973) e trova nelle mode la sua caratteristica espressione.
Mentre l'idea di folla dà la sensazione di un fatto fisico legato allo spazio al quale si connette una condizione psicologica primitiva, l'idea di massa mette in rilievo una condizione psicologica fissata nel tempo, che è senza futuro e spesso slegata dal fatto fisico. L''uomo massa', secondo la definizione di J. Ortega y Gasset, è l'uomo medio, ciò che era quantità viene tradotto in una qualità che s'identifica in un tipo generico di uomo. Questo "è l'uomo la cui vita manca di programma e corre alla deriva. Per questo non costruisce mai, sebbene le sue possibilità, i suoi poteri siano enormi" (Ortega y Gasset 1930, trad. it., p. 71). Rispetto a quello concreto della folla, il concetto di massa ha un carattere astratto, proprio in quanto gli individui "vengono percepiti in base ad atteggiamenti, rappresentazioni, comportamenti di tipo medio, non necessariamente corrispondenti a persone concrete, anche se danno indicazioni su tendenze statisticamente rilevanti, presenti nella maggioranza dei membri di una società" (Crespi 1966, p. 211). Queste caratteristiche fanno dell'uomo massa, secondo Ortega, l'antitesi dell'uomo che ha prodotto la modernità. L'uomo massa non agisce se non per ripetersi. Esso è l'homme situé (Burdeau 1966) e al limite l''uomo gregario', legato attraverso l''ombelico' di una comune esperienza a una quantità di altri per un aspetto della propria personalità. In rapporto a individui che sono parte di istituzioni, l'uomo massa si colloca a un livello più astratto.
Se nelle istituzioni si manifestano tratti che si situano al di sopra del carattere individuale (Simmel 1907), all'interno della massa il carattere individuale scompare del tutto, mentre nella folla esso si manifesta senza controllo, semplicemente legandosi agli altri e giustificandosi con questi, sulla base di emozioni, suggestioni, stimoli e influenze nervose. La folla produce uno 'stato di regressione' nel quale scompare la personalità singola cosciente (Freud 1921), nella massa la personalità si oggettiva in un comportamento comune e uniforme. La massa è storicamente e culturalmente conseguenza delle folle. Nel passaggio dalle folle alle masse c'è lo sforzo della cultura moderna di ridurre a esperienza omogenea quella densità di elementi eterogenei che essa per altro verso ha generato: un'esperienza che naturalmente non è un fatto spontaneo, ma il prodotto "delle imposizioni e delle immagini di alcuni che, dominando, si oppongono a una minoranza che viene giudicata di 'individui perturbatori'" (V. Pareto, in Mongardini 1973, p. 198).
Nella massa c'è perciò il pericolo del totalitarismo, in quanto la si può manovrare per eliminare il diverso e distruggere l'autonomia dell'individuo (Bettelheim 1960), così come nella folla c'è il pericolo del primitivismo che lascia affiorare tutta la natura istintuale dell'uomo. Si può ben dire che la massa è la nuova totalità storica, emersa - contro l'instabilità e il pericolo delle folle - come elemento conservatore di una modernità che tende a estinguersi nei suoi slanci vitali. Frutto della paura delle folle, essa ha mutato la costituzione sociale, l'esercizio del dominio, la struttura del potere e le sue giustificazioni. Come fatto culturale, ha segnato "l'atrofia della cultura individuale dovuta all'ipertrofia di quella oggettiva" (Simmel 1903, trad. it., p. 55). Nell'uomo nuovo, l'uomo massa, "i problemi della cultura diventano meno importanti dei problemi elementari dell'esistenza" (Perticone 1984, p. 107). L'uomo nuovo semplifica, appiattisce e risolve i suoi problemi spirituali nel comportamento di massa. La massa lo libera da ogni responsabilità. Egli però ne assicura l'omogeneità accettando "di essere influenzato dalle prospettive e dalle preferenze altrui" (Riesman 1950, trad. it., p. 13) e rinunciando con ciò a ogni libertà e autonomia. Attraverso i fenomeni di massa si arriva a una pluralizzazione dell'idea di società oggi inutilizzabile. Ma, rispetto a quest'ultima, l'idea di massa presenta caratteristiche diverse: in primo luogo, parzialità e provvisorietà invece di totalità e continuità; in secondo luogo, superficialità omogenea e alienante invece di interiorità conflittuale e creatrice. Sembrerebbe che l'affermarsi dei fenomeni di massa debba condurre a un'organizzazione sociale totalizzante e inerte.
Per contro, essa nasconde un profondo dualismo e una conflittualità dirompente, anzitutto perché deve mettere in conto "la resistenza del soggetto a venir livellato e dissolto all'interno di un meccanismo tecnico-sociale" (Simmel 1903, trad. it., p. 35) e inoltre perché, come spiega lo stesso Simmel, l'essere 'a massa' coinvolge solo un aspetto superficiale della personalità e per il tempo limitato alla durata del fenomeno al quale partecipa. La libertà perduta per un aspetto viene recuperata interamente per altri aspetti dell'esperienza, dove, per opposizione, si viene a riaffermare l'uomo primitivo, l'uomo della folla, con le sue libertà senza limitazioni. Il dualismo oppone dunque anarchia e totalitarismo.
La folla invece di scomparire dalla storia, diventa un fatto 'sub-massa' che riproduce nelle crepe della razionalizzazione e nella rottura degli stessi episodi di massa fenomeni di primitivismo e neotribalismo (Maffesoli 1988). Nella massa che diventa folla, suscitando fenomeni anarchici, e nella folla che diventa massa, generando fenomeni totalitari, si rivela l'antinomia della cultura tardomoderna: un'antinomia che appare senza soluzione perché manca la mediazione dell'individuo consapevole e creatore. Folla e massa socializzano e radicalizzano il problema della libertà e dell'eguaglianza. A un'esigenza di ordine non gerarchico, che spinge a costruire un'eguaglianza fondata sulla puntualizzazione dell'esperienza, reagisce un primitivismo emozionale che respinge ogni istituzione culturale. Se queste sono le linee di tendenza della tarda modernità, a un'utile riflessione può indurre un passo del libro di D. Riesman, intitolato The lonely crowd (1950): "L'idea che l'uomo sia stato creato libero e uguale è vera e ingannevole allo stesso tempo. Gli uomini sono creati diversi fra loro ed essi perdono la libertà sociale e l'autonomia individuale per cercare di rendersi simili l'un l'altro" (trad. it., p. 367).
b. bettelheim, Aufstand gegen die Masse. Die Chance des Individuums in der modernen Gesellschaft, München, Szczesny, 1960.
g. burdeau, La démocratie, Paris, Éditions du Seuil, 19662.
f. crespi, Manuale di sociologia della cultura, Bari, Laterza, 1966.
s. freud, Massenpsychologie und Ich-Analyse, Leipzig-Wien-Zürich, Internationaler Psychoanalytischer Verlag, 1921 (trad. it., in id., Opere, 9° vol., Torino, Boringhieri, 1977, pp. 261-332).
m. maffesoli, Le temps de tribus. Le déclin de l'individualisme dans les sociétés de masse, Paris, Meridiens Klincksieck, 1988 (trad. it. Roma, Armando, 1988).
c. mongardini, Vilfredo Pareto dall'economia alla sociologia, Roma, Bulzoni, 1973.
id., Spazio sociale e cultura moderna, in Teoria sociologica e stratificazione sociale, a cura di C. Mongardini, Roma, NIS, 1996, pp. 43-61.
j. ortega y gasset, La rebelión de las masas, Madrid, Ed. Revista de Occidente, 1930 (trad. it. Il Mulino, Bologna, 1962).
g. perticone, Scritti sul regime di massa, Milano, Giuffrè, 1984.
d. riesman, The lonely crowd, New Haven, Yale University Press, 1950 (trad. it. Bologna, Il Mulino, 1956).
g. simmel, Die Grosstädte und das Geistesleben, "Jahrbuch der Gehestiftung", 1903, 9 (trad. it. Roma, Armando, 1995).
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